L'appartamento segreto Capitolo 2
di
Fuuka
genere
prime esperienze
Dopo quella notte, la casa cambiò. O forse, cambiai io. Ogni volta che passavo davanti alla loro stanza, il mio orecchio si tendeva involontariamente, cercando di captare un suono, un sospiro, un indizio. Immaginavo i loro corpi intrecciati, i gemiti che avevo sentito mi risuonavano nella testa nei momenti più impensati, facendomi arrossire durante una lezione o mentre ero in metropolitana. La loro porta era quasi sempre socchiusa, mai completamente chiusa, mai completamente aperta. Un invito perenne, una tentazione costante. Lasciavano sempre la porta aperta, come per dire "entra e guarda".
Una sera, tornai tardi dall'università. L'appartamento era silenzioso. Il corridoio, lungo e stretto, era immerso nell'oscurità, ma in fondo, da sotto la loro porta, filtrava la solita, sottile lama di luce. Il mio cuore cominciò a battere più forte. Mi avvicinai piano, un passo dopo l'altro, sentendo un'ondata di vergogna per quello che stavo facendo, per il mio spiarli di nascosto. Ma l'eccitazione era più forte, una marea che sommergeva ogni altro sentimento.
Accostai l'occhio alla fessura. La scena che vidi mi bloccò il respiro.
Mika era inginocchiata, completamente nuda, proprio di fronte alla porta. La sua pelle era ambrata nella luce soffusa della stanza, i muscoli della schiena tesi. Indossava uno strap-on nero lucido, di generose dimensioni, che sporgeva dal suo pube come una parte naturale del suo corpo. Sotto di lei, sdraiata sulla schiena con le gambe aperte e piegate, c'era Reina. Indossava solo la sua camicia bianca, completamente sbottonata, il tessuto candido che faceva da contrasto con la pelle nuda del suo petto e del suo ventre.
Mika cominciò a penetrare Reina con lo strap-on, lentamente. Si muoveva con una sensualità ipnotica, affondando dentro di lei fino a quando la base del dildo non le toccava il pube. Poi si fermava, e dava dei piccoli colpetti, profondi e precisi. Ad ogni spinta completa, il corpo di Reina si sollevava leggermente dal tappeto, un'onda che seguiva il movimento di Mika. I gemiti di Reina erano bassi, quasi gutturali, e mi fecero stringere le gambe per l'eccitazione.
Sentivo che mi stavo bagnando. Quasi senza accorgermene, la mia mano scivolò sotto la gonna. Non riuscivo a resistere. Ero lì, in piedi nel corridoio buio, a spiare dalla fessura della porta. Cominciai ad accarezzare la mia vagina umida sopra gli slip grigi. Mentre loro continuavano e Reina gemeva, gemeva senza sosta, la mia mano scivolò sotto il tessuto. Ogni spinta di Mika mi portava sempre più al limite. Il suono dei colpi lenti, umidi e sordi, mi arrivava fin dentro lo stomaco, e in quel momento desiderai con tutta me stessa di essere al posto di Reina.
Ad un certo punto, mentre era ferma con il dildo completamente affondato in Reina, Mika sollevò lo sguardo. I suoi occhi incrociarono i miei attraverso la porta socchiusa. Mi si gelò il sangue. Ma lei non disse nulla. Anzi, un angolo della sua bocca si sollevò in un sorriso silenzioso, malizioso. Sapeva che stavo guardando.
Vedendo che non mi ero mossa, Mika cambiò ritmo e forza. I colpi diventarono più decisi, più veloci, più brutali. Reina era in estasi, la testa rovesciata all'indietro, le sue mani affondate tra i suoi stessi capelli corvini, stringendoli dal piacere.
A quel punto mi lasciai andare. Non potevo più trattenermi. Stavo masturbando il mio clitoride da dietro la porta, con la vista di loro due che mi riempiva la mente. Misi due dita dentro la mia figa fradicia e le muovevo con lo stesso ritmo di Mika, sempre più veloce, fino a quando l'orgasmo mi travolse in un'onda silenziosa. Mi morsi il labbro inferiore con forza per non farmi sentire, soffocando un grido.
Mentre il mio corpo si placava, scosso solo da piccoli brividi, una consapevolezza si fece strada nella mia mente, chiara e inequivocabile. Capii che non era un caso se lasciavano la porta aperta. Loro volevano che io le guardassi.
La mattina seguente fu surreale. Camminavo per la casa come un fantasma, la pelle ancora vibrante per il ricordo dell'orgasmo della notte prima. Mentre stavo ingoiando un toast che non aveva sapore, entrò in cucina Mika. Indossava solo una maglietta lunga che le arrivava a metà coscia. Mi sorrise, i suoi occhi che brillavano di una malizia che ora non mi era più sconosciuta.
«Tutto bene?» mi chiese, la sua voce falsamente innocente.
Prima che potessi rispondere, arrivò Reina dietro di lei, silenziosa come sempre. Indossava una vestaglia di seta color avorio che le scivolava sul corpo. Le loro mani si sfiorarono a malapena mentre Reina prendeva una tazza, ma in quel contatto vidi un intero universo di intimità. Mika tornò a guardarmi, il suo sorriso si addolcì, la sua voce si abbassò fino a diventare un sussurro cospiratorio.
«Perché non ti unisci a noi stasera?»
La fissai, sentendo il sangue affluirmi al viso, arrossendo violentemente. Le parole mi si bloccarono in gola. «Unirvi a voi?» riuscii a balbettare.
Fu allora che Reina si mosse. Per la prima volta, si avvicinò a me, così tanto che potei sentire il calore del suo corpo e il profumo delicato di tè verde e sandalo che emanava dalla sua pelle. La guardai da vicino: le sue mani erano lunghe ed eleganti, con dita affusolate e unghie curate ma senza smalto. Un unico anello d'argento le adornava l'indice. La seta della vestaglia le cadeva morbida, lasciando intravedere la linea delicata della sua clavicola. I suoi occhi scuri mi scrutarono con un'intensità calma, quasi rassicurante.
«Non devi avere paura,» disse, la sua voce musicale e profonda. «Ma solo lasciarti guidare.»
Quella sera, il mio cuore era un tamburo impazzito. Bussai piano alla loro porta, che si aprì subito. Quando entrai nella stanza, Mika era seduta sul letto a gambe incrociate, nuda. Reina, accanto a lei, indossava ancora la sua vestaglia di seta. Si muoveva lentamente, lisciandole i capelli color miele con un gesto quasi ipnotico. Mi sentii osservata, ogni loro movimento sembrava studiato, una performance messa in scena per me.
«Vieni,» disse Mika, allungando una mano e tirandomi dolcemente verso il letto.
Reina si accostò dall'altro lato. E prima che potessi rendermi conto di cosa stesse succedendo, le loro labbra mi circondarono. Fu un bacio a tre, lungo e intenso. Sentii il sapore di Mika, dolce e leggermente fruttato, e quello di Reina, più complesso, che sapeva di tè e mistero. Le loro lingue si intrecciarono con la mia, a volte delicate, a volte esigenti. Le mani di Mika mi tenevano il viso, le dita di Reina si insinuarono tra i miei capelli, alla base della nuca, mandandomi brividi lungo la schiena. Fu un assalto ai sensi, un annegamento meraviglioso nella loro intimità.
Mi sdraiarono sul letto. Mika mi accarezzava la schiena, la sua mano che scivolava sotto la maglietta per toccare la mia pelle nuda. Reina era chinata su di me, le sue mani che esploravano i miei fianchi mentre il suo respiro caldo mi solleticava il collo. Le carezze diventarono più audaci; le mani di Mika scivolarono sotto i miei pantaloni, le sue dita erano leggere ma decise, sapevano dove andare.
«Lasciati andare, Aiko,» sussurrò Reina, la sua voce un incoraggiamento che sciolse le mie ultime resistenze.
Le dita di Mika trovarono il mio clitoride. Lo accarezzò con una perizia che mi fece ansimare. Poi, scivolò dentro di me, due dita che entrarono nella mia figa già bagnata. Mentre Mika mi dava piacere, Reina la osservava, e poi, con un movimento lento, mi sfilò i pantaloni e gli slip.
Prese il posto di Mika. E se le dita di Mika erano state un preludio eccitante, quelle di Reina erano pura maestria. Con una precisione incredibile, trovò subito il mio punto G. Non si limitava a muoversi; sembrava che stesse suonando uno strumento, alternando la pressione, la velocità, l'angolazione, con una conoscenza del mio corpo che io stessa non possedevo. Sentii il piacere salire, un'onda inarrestabile. Arrivai quasi subito. L'orgasmo mi travolse con una violenza inaudita. Inarcai la schiena e squirtai, bagnando il letto e la sua mano.
Aprii gli occhi. Mi osservavano, i loro visi illuminati da un sorriso di profonda soddisfazione per quello che mi avevano fatto. Ormai ero loro. Non avevo mai provato nulla del genere. Il brivido di essere desiderata da entrambe, la consapevolezza che il piacere poteva crescere, esplodere, travolgermi, mi faceva sentire viva come mai prima.
Quella notte, scoprii che esisteva un modo di amare e desiderare che non avevo mai conosciuto. E che, finalmente, non avevo paura di volerlo.
Una sera, tornai tardi dall'università. L'appartamento era silenzioso. Il corridoio, lungo e stretto, era immerso nell'oscurità, ma in fondo, da sotto la loro porta, filtrava la solita, sottile lama di luce. Il mio cuore cominciò a battere più forte. Mi avvicinai piano, un passo dopo l'altro, sentendo un'ondata di vergogna per quello che stavo facendo, per il mio spiarli di nascosto. Ma l'eccitazione era più forte, una marea che sommergeva ogni altro sentimento.
Accostai l'occhio alla fessura. La scena che vidi mi bloccò il respiro.
Mika era inginocchiata, completamente nuda, proprio di fronte alla porta. La sua pelle era ambrata nella luce soffusa della stanza, i muscoli della schiena tesi. Indossava uno strap-on nero lucido, di generose dimensioni, che sporgeva dal suo pube come una parte naturale del suo corpo. Sotto di lei, sdraiata sulla schiena con le gambe aperte e piegate, c'era Reina. Indossava solo la sua camicia bianca, completamente sbottonata, il tessuto candido che faceva da contrasto con la pelle nuda del suo petto e del suo ventre.
Mika cominciò a penetrare Reina con lo strap-on, lentamente. Si muoveva con una sensualità ipnotica, affondando dentro di lei fino a quando la base del dildo non le toccava il pube. Poi si fermava, e dava dei piccoli colpetti, profondi e precisi. Ad ogni spinta completa, il corpo di Reina si sollevava leggermente dal tappeto, un'onda che seguiva il movimento di Mika. I gemiti di Reina erano bassi, quasi gutturali, e mi fecero stringere le gambe per l'eccitazione.
Sentivo che mi stavo bagnando. Quasi senza accorgermene, la mia mano scivolò sotto la gonna. Non riuscivo a resistere. Ero lì, in piedi nel corridoio buio, a spiare dalla fessura della porta. Cominciai ad accarezzare la mia vagina umida sopra gli slip grigi. Mentre loro continuavano e Reina gemeva, gemeva senza sosta, la mia mano scivolò sotto il tessuto. Ogni spinta di Mika mi portava sempre più al limite. Il suono dei colpi lenti, umidi e sordi, mi arrivava fin dentro lo stomaco, e in quel momento desiderai con tutta me stessa di essere al posto di Reina.
Ad un certo punto, mentre era ferma con il dildo completamente affondato in Reina, Mika sollevò lo sguardo. I suoi occhi incrociarono i miei attraverso la porta socchiusa. Mi si gelò il sangue. Ma lei non disse nulla. Anzi, un angolo della sua bocca si sollevò in un sorriso silenzioso, malizioso. Sapeva che stavo guardando.
Vedendo che non mi ero mossa, Mika cambiò ritmo e forza. I colpi diventarono più decisi, più veloci, più brutali. Reina era in estasi, la testa rovesciata all'indietro, le sue mani affondate tra i suoi stessi capelli corvini, stringendoli dal piacere.
A quel punto mi lasciai andare. Non potevo più trattenermi. Stavo masturbando il mio clitoride da dietro la porta, con la vista di loro due che mi riempiva la mente. Misi due dita dentro la mia figa fradicia e le muovevo con lo stesso ritmo di Mika, sempre più veloce, fino a quando l'orgasmo mi travolse in un'onda silenziosa. Mi morsi il labbro inferiore con forza per non farmi sentire, soffocando un grido.
Mentre il mio corpo si placava, scosso solo da piccoli brividi, una consapevolezza si fece strada nella mia mente, chiara e inequivocabile. Capii che non era un caso se lasciavano la porta aperta. Loro volevano che io le guardassi.
La mattina seguente fu surreale. Camminavo per la casa come un fantasma, la pelle ancora vibrante per il ricordo dell'orgasmo della notte prima. Mentre stavo ingoiando un toast che non aveva sapore, entrò in cucina Mika. Indossava solo una maglietta lunga che le arrivava a metà coscia. Mi sorrise, i suoi occhi che brillavano di una malizia che ora non mi era più sconosciuta.
«Tutto bene?» mi chiese, la sua voce falsamente innocente.
Prima che potessi rispondere, arrivò Reina dietro di lei, silenziosa come sempre. Indossava una vestaglia di seta color avorio che le scivolava sul corpo. Le loro mani si sfiorarono a malapena mentre Reina prendeva una tazza, ma in quel contatto vidi un intero universo di intimità. Mika tornò a guardarmi, il suo sorriso si addolcì, la sua voce si abbassò fino a diventare un sussurro cospiratorio.
«Perché non ti unisci a noi stasera?»
La fissai, sentendo il sangue affluirmi al viso, arrossendo violentemente. Le parole mi si bloccarono in gola. «Unirvi a voi?» riuscii a balbettare.
Fu allora che Reina si mosse. Per la prima volta, si avvicinò a me, così tanto che potei sentire il calore del suo corpo e il profumo delicato di tè verde e sandalo che emanava dalla sua pelle. La guardai da vicino: le sue mani erano lunghe ed eleganti, con dita affusolate e unghie curate ma senza smalto. Un unico anello d'argento le adornava l'indice. La seta della vestaglia le cadeva morbida, lasciando intravedere la linea delicata della sua clavicola. I suoi occhi scuri mi scrutarono con un'intensità calma, quasi rassicurante.
«Non devi avere paura,» disse, la sua voce musicale e profonda. «Ma solo lasciarti guidare.»
Quella sera, il mio cuore era un tamburo impazzito. Bussai piano alla loro porta, che si aprì subito. Quando entrai nella stanza, Mika era seduta sul letto a gambe incrociate, nuda. Reina, accanto a lei, indossava ancora la sua vestaglia di seta. Si muoveva lentamente, lisciandole i capelli color miele con un gesto quasi ipnotico. Mi sentii osservata, ogni loro movimento sembrava studiato, una performance messa in scena per me.
«Vieni,» disse Mika, allungando una mano e tirandomi dolcemente verso il letto.
Reina si accostò dall'altro lato. E prima che potessi rendermi conto di cosa stesse succedendo, le loro labbra mi circondarono. Fu un bacio a tre, lungo e intenso. Sentii il sapore di Mika, dolce e leggermente fruttato, e quello di Reina, più complesso, che sapeva di tè e mistero. Le loro lingue si intrecciarono con la mia, a volte delicate, a volte esigenti. Le mani di Mika mi tenevano il viso, le dita di Reina si insinuarono tra i miei capelli, alla base della nuca, mandandomi brividi lungo la schiena. Fu un assalto ai sensi, un annegamento meraviglioso nella loro intimità.
Mi sdraiarono sul letto. Mika mi accarezzava la schiena, la sua mano che scivolava sotto la maglietta per toccare la mia pelle nuda. Reina era chinata su di me, le sue mani che esploravano i miei fianchi mentre il suo respiro caldo mi solleticava il collo. Le carezze diventarono più audaci; le mani di Mika scivolarono sotto i miei pantaloni, le sue dita erano leggere ma decise, sapevano dove andare.
«Lasciati andare, Aiko,» sussurrò Reina, la sua voce un incoraggiamento che sciolse le mie ultime resistenze.
Le dita di Mika trovarono il mio clitoride. Lo accarezzò con una perizia che mi fece ansimare. Poi, scivolò dentro di me, due dita che entrarono nella mia figa già bagnata. Mentre Mika mi dava piacere, Reina la osservava, e poi, con un movimento lento, mi sfilò i pantaloni e gli slip.
Prese il posto di Mika. E se le dita di Mika erano state un preludio eccitante, quelle di Reina erano pura maestria. Con una precisione incredibile, trovò subito il mio punto G. Non si limitava a muoversi; sembrava che stesse suonando uno strumento, alternando la pressione, la velocità, l'angolazione, con una conoscenza del mio corpo che io stessa non possedevo. Sentii il piacere salire, un'onda inarrestabile. Arrivai quasi subito. L'orgasmo mi travolse con una violenza inaudita. Inarcai la schiena e squirtai, bagnando il letto e la sua mano.
Aprii gli occhi. Mi osservavano, i loro visi illuminati da un sorriso di profonda soddisfazione per quello che mi avevano fatto. Ormai ero loro. Non avevo mai provato nulla del genere. Il brivido di essere desiderata da entrambe, la consapevolezza che il piacere poteva crescere, esplodere, travolgermi, mi faceva sentire viva come mai prima.
Quella notte, scoprii che esisteva un modo di amare e desiderare che non avevo mai conosciuto. E che, finalmente, non avevo paura di volerlo.
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