Io e mio padre (parte 1.2)

di
genere
incesti

Il giovedì fu il giorno più lungo della mia vita. Viverlo fu come camminare su un filo teso sopra un abisso. L'aria in casa era densa, carica di cose non dette. Ogni volta che incrociavo mio padre, il ricordo della notte precedente ci esplodeva in mezzo, potente e silenzioso. A colazione non riuscivo a guardarlo negli occhi. Lui, d'altra parte, si comportava in modo quasi normale, ma notavo una rigidità nella sua mascella, un'attenzione nuova nel modo in cui mi osservava quando pensava che non me ne accorgessi.

​Era un gioco estenuante di sguardi evitati e di frasi a metà. Mi sentivo elettrizzata e terrorizzata allo stesso tempo. Quello che era successo era stato un evento isolato, un momento di follia da dimenticare, o aveva aperto una porta che non si sarebbe più richiusa?

​Quella sera, andai a letto presto, sfinita non tanto fisicamente, ma dalla tensione nervosa della giornata. Mi rannicchiai nel mio letto a una piazza e mezza, nuda sotto il mio solito pigiama di cotone. Non sapevo cosa sperare. Una parte di me voleva che bussasse alla mia porta, un'altra era terrorizzata all'idea.

​Stavo per scivolare nel sonno, in quel limbo tra la veglia e il sogno, quando sentii un cigolio leggero dal corridoio. Poi, la mia porta si aprì lentamente. Rimasi immobile, il cuore che mi martellava nel petto. Sentii il materasso abbassarsi dietro di me. Un calore improvviso mi avvolse la schiena. Il suo corpo si appoggiò al mio. Poi sentii il suo respiro sul collo e il suo sussurro nel mio orecchio, una voce bassa e roca che fece vibrare ogni nervo.

​"Stavo pensando a ieri," disse. "E mi è venuta la voglia di scoparti di nuovo, figlia mia."

​Le sue parole, così dirette, così possessive, furono come una scintilla su un sentiero di benzina. Ogni traccia di sonno svanì, sostituita da un'ondata di calore che mi partì dal basso ventre. La mia figa si stava già bagnando, tradendomi all'istante. La sua frase mi accese una voglia incredibile, più forte della stanchezza, più forte della confusione.

​Mentre mi abbracciava da dietro, sentivo il suo cazzone premere contro di me, diventando sempre più duro. Era nudo; si era tolto le mutande prima di entrare nel mio letto. Il suo sesso premeva sul mio culo, una promessa calda e pesante. Con le mie mani, senza pensarci, abbassai l'elastico dei miei pantaloni del pigiama. Con una mano, iniziò a palparmi una tetta da dietro, il suo pollice che stuzzicava il capezzolo attraverso la stoffa, mentre le sue labbra depositavano baci lenti e umidi sulla mia schiena, scendendo lungo la spina dorsale.

​Era troppo. Non volevo barriere tra di noi. Mi tolsi del tutto il pigiama, sfilando prima la maglietta e poi i pantaloni, aiutandomi con le gambe per spingerli fino ai piedi e calciarli via nel buio. Ora eravamo pelle contro pelle. La sua mano lasciò il mio seno e scivolò giù, sul mio ventre, per poi trovare il centro del mio desiderio.

​La sua mano si posò sulla mia figa. Iniziò a masturbarmi, prima concentrandosi sul clitoride con un tocco esperto che mi fece ansimare. Era molto bravo, si vedeva che lo sapeva fare. I suoi movimenti erano sicuri, precisi, e le mie gambe cominciarono a tremare leggermente. Poi mise le sue dita dentro di me, due dita che scivolarono nella mia umidità e cominciarono a muoversi con un ritmo perfetto.

​La posizione però non era ideale. Sentivo che era scomodo, che non riusciva a muoversi come voleva. E io volevo che lo facesse. Volevo dargli tutto l'accesso possibile. Così, piegai la gamba superiore, portando il ginocchio verso il petto, aprendomi completamente a lui da dietro e facilitandogli la cosa.

Il mio gesto fu un invito che lui colse all'istante. Sentii le sue dita scivolare fuori da me, lasciandomi per un attimo vuota e in attesa. Poi, percepii la punta del suo cazzo, dura e umida, premere contro l'ingresso della mia figa. Si fece strada dentro di me, prima piano, con una lentezza quasi esasperante che mi fece gemere di anticipazione, riempiendomi centimetro dopo centimetro.

​Una volta che fu completamente dentro, aumentò il ritmo. Le spinte diventarono colpi, sempre più forti, sempre più veloci. Il letto cigolava seguendo il suo movimento, un suono ritmico che si mescolava ai nostri ansimi. Poi, la sua mano libera si posò sul mio collo, stringendo con una pressione decisa ma non dolorosa. Mi piaceva quella sensazione dominante, il sentirmi completamente sua, sottomessa al suo potere e al suo piacere.

​Ad un certo punto, in un movimento più profondo, il suo cazzo uscì da me. Il vuoto improvviso mi fece lamentare. Lo sentii riprovare a penetrarmi, questa volta lentamente. Ma nel buio, e nella foga del momento, la sua punta andò a premere sul mio ano. Credo che sia stato involontario. Spingeva piano, ma sentii una resistenza tesa e una fitta acuta. Non lo avevo mai fatto e sentivo che era impossibile che entrasse lì; sapevo che mi avrebbe fatto malissimo. Senza pensarci, con una mano, raggiunsi la base del suo sesso e corressi il tiro, guidandolo di nuovo sulla via della mia figa.

​Lui capì subito e spinse nel punto giusto. Ribadisco, il suo cazzo è grosso. Mentre mi penetrava di nuovo, sentii quella pienezza incredibile, quella sensazione di essere allargata fino al limite. Sentii chiaramente quando arrivò fino in fondo, premendo contro la mia cervice. Anche se sento un leggero dolore, una pressione quasi fastidiosa, la sensazione di prenderlo tutto, di essere riempita così profondamente da lui, è bellissima.

Quella sensazione, quel misto di leggero dolore e immenso piacere, era totalizzante. Lui continuava a muoversi dentro di me, ma io volevo di più, volevo sentirlo in un modo diverso, più profondo, più animale.

​In un istante, durante una pausa di pochi secondi in cui scivolò fuori da me, agii d'istinto. Spinta da un bisogno che superava ogni pensiero, mi girai, mettendomi a pecorina sul letto. Inarcai la schiena, sollevando il sedere, un invito muto e inequivocabile a riprendermi, a possedermi completamente.

​Lui accolse l'invito senza la minima esitazione. Sentii le sue mani grandi e calde posarsi sui miei fianchi, stringendomi con forza per tenermi ferma. Un attimo dopo, mi penetrò di nuovo, questa volta con una forza che mi tolse il respiro. Non c'era più delicatezza, solo un bisogno primordiale e travolgente.

​Ogni sua spinta era profonda, potente, un colpo che sentivo risuonare in tutto il corpo. La mia figa era completamente sua, un fodero stretto per la sua durezza. Gemevo ad ogni affondo, il viso premuto contro il materasso, incapace di contenere i suoni del mio piacere. Con le mani stringevo il cuscino, le dita che affondavano nel tessuto morbido con tutta la forza che avevo, un'ancora in quella tempesta di sensazioni.

Le sue spinte potenti e continue mi portarono sull'orlo di un precipizio. Ogni colpo era un'onda di piacere che si accumulava, una tensione che cresceva fino a diventare quasi dolorosa. Non potevo più resistere.

​Un potente orgasmo mi pervase, partendo dal profondo del mio ventre e irradiandosi in ogni fibra del mio essere. Il mio corpo si spezzò. Un getto caldo eruttò da me, ho squirtato con una forza che non sapevo di possedere, bagnando completamente le lenzuola del letto. Le mie gambe presero a tremare in modo incontrollabile, scosse da spasmi violenti, incapaci di sorreggermi. Con le forze che mi avevano completamente abbandonato, crollai sul materasso, il viso premuto contro il tessuto umido, ansimante e svuotata.

​Rimasi così per un tempo indefinito, persa in un limbo di sensazioni. Poi, sentii il suo peso spostarsi. Si avvicinò al mio orecchio, il suo respiro caldo sulla mia pelle. "Io ancora non ho finito," sussurrò, la sua voce profonda e calma, in netto contrasto con la tempesta che mi aveva appena attraversato.

​Con uno sforzo immenso, mi girai verso di lui. Riuscii a mettermi a quattro zampe, il mio corpo ancora tremante. Lui, invece, era sulle ginocchia di fronte a me e mi guardava con un'intensità che mi fece rabbrividire.

​"Succhialo," ordinò.

​Prima che potessi elaborare il comando, mi prese per la testa, le sue dita forti che si stringevano tra i miei capelli. Con una pressione decisa ma non violenta, mi guidò in avanti, avvicinando il mio viso al suo cazzo, teso e lucido di fronte a me.

Obbedii. La sua mano mi teneva ferma per la nuca, non lasciandomi scelta. Aprii la bocca e lo accolsi.

​Iniziai a succhiargli la cappella, con delicatezza all'inizio, esplorandone la forma con la lingua, assaggiandolo. Sentii il suo bacino avere un piccolo scatto, un segno di approvazione. Incoraggiata, con un movimento della testa cominciai a succhiargli il cazzo di lato, salendo e scendendo lentamente lungo l'asta dura e venosa. I suoi gemiti si fecero più profondi.

​Tornai sulla cappella, questa volta con più foga, facendo scorrere la lingua sotto la corona mentre la mia testa andava su e giù con un ritmo sempre più veloce. Lo sentii tendersi, vicino al limite.

​Improvvisamente, si ritrasse con un movimento secco. Lo vidi prendere il suo cazzo in mano e iniziare a segarsi di fronte a me, il suo respiro un ansimo pesante, gli occhi fissi nei miei. Io rimasi lì, in ginocchio, immobile. Ero pronta. Tirai fuori la lingua, aprii la bocca, offrendomi a lui, pronta a prendere tutto il suo seme, fino all'ultima goccia.

​Venne con un gemito roco, quasi un ruggito. Sentii lo spruzzo caldo e denso colpirmi in pieno viso, sulla guancia, sul mento, sulle labbra, accecandomi per un istante.

​Subito dopo, prima ancora che potessi riprendermi, mi afferrò di nuovo per i capelli e mi mise il suo cazzo semi-molle e sporco in bocca.

​"Puliscilo tutto," ordinò, la sua voce senza fiato ma imperiosa.

Obbedii senza esitazione. La mia lingua pulì ogni traccia di lui, ogni residuo del suo piacere, fino a quando non fu completamente pulito. Per tutto il tempo, la sua mano rimase tra i miei capelli, non con violenza, ma con un senso di possesso che mi faceva sentire sua.

​Quando ebbi finito, si ritrasse. Si sistemò i pantaloni, e in un istante tornò a essere mio padre, l'uomo in controllo, la figura autoritaria della mia vita. La furia e la passione di poco prima erano svanite, sostituite da una calma glaciale.

​Si alzò in piedi, guardandomi dall'alto mentre ero ancora in ginocchio sul letto.

​"Fatti la doccia e vai a letto," disse.

​La sua voce era piatta, priva di qualsiasi emozione. Non c'era traccia della passione di poco prima, nessuna tenerezza, nessun affetto. Era un ordine, secco e definitivo. Quelle parole furono come un secchio d'acqua gelata. Un attimo prima ero l'oggetto del suo desiderio più sfrenato, un attimo dopo ero solo un compito da sbrigare, una cosa da rimettere a posto.

​Mi sentii usata, scartata come un giocattolo con cui si è finito di giocare. Eppure, una parte perversa e sottomessa di me era elettrizzata da quel trattamento. Annuii in silenzio, senza guardarlo negli occhi.

​Lo sentii uscire dalla mia stanza, chiudendo la porta dietro di sé. Mi alzai, le gambe che ancora tremavano, il sapore del suo seme ancora in bocca. Sotto la doccia, l'acqua bollente non riusciva a lavare via la sensazione delle sue mani su di me, del suo cazzo, della sua voce. Quando tornai in camera e mi infilai nel letto, le lenzuola erano ancora bagnate e fredde nel punto in cui ero venuta. Mi rannicchiai in quell'umidità, esausta, dolorante e con una sola, martellante certezza: avrei fatto qualsiasi cosa mi avesse chiesto, pur di sentirmi di nuovo sua.

scritto il
2025-08-23
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