Mari
di
Antonella1983
genere
tradimenti
Mari – Capitolo 3
Il gesto
Era quasi mezzogiorno. La casa ancora dormiva sotto il silenzio morbido della domenica.
Laura, dopo aver sparecchiato la tavola della colazione e bevuto un secondo caffè, si sedette sul divano. Guardò Marco, che stava leggendo in silenzio sul tavolo della cucina, con la solita aria composta, come se nulla fosse accaduto. Ma lei sapeva bene cosa si agitava sotto quella maschera: domande, desiderio, dolore.
Si alzò, si avvicinò a lui in silenzio e lo prese per mano.
«Vieni,» disse. «Voglio sentire che mi ami ancora come il primo giorno.»
Marco la seguì, quasi confuso. Nella camera da letto, Laura si stese piano sul letto. La luce filtrava dalle tende e le accarezzava la pelle, che portava ancora i segni lievi – ma inconfondibili – di una notte intensa.
Marco si chinò su di lei con dolcezza, ma non poté non vedere. Un morso sull’interno coscia. Un livido sotto il seno. Un istante di gelo. Ma poi… quella solita, perversa corrente lo attraversò. Ogni sabato sera era come una morsa che stringeva il cuore e il basso ventre.
Laura lo accarezzò e sussurrò: «Sei il mio vero amore, Marco.»
Fecero l’amore piano. O almeno ci provarono. Marco si muoveva con delicatezza, ma sentiva che quel corpo non era più suo. Era come se ogni bacio arrivasse in ritardo, come se lei rispondesse da lontano. Eppure, bastava. Era pur sempre Laura.
Dopo, sotto la doccia, lei rise. Lo prese in giro dolcemente per le sue attenzioni, per il suo modo educato e affettuoso di sfiorarla.
«Dai, adesso usciamo a fare due passi. Voglio prendere aria con il mio marito perfetto.»
E Marco, con l’acqua ancora sul viso, sorrise. Non sapeva se per amore… o per resa.
Il gesto
Era quasi mezzogiorno. La casa ancora dormiva sotto il silenzio morbido della domenica.
Laura, dopo aver sparecchiato la tavola della colazione e bevuto un secondo caffè, si sedette sul divano. Guardò Marco, che stava leggendo in silenzio sul tavolo della cucina, con la solita aria composta, come se nulla fosse accaduto. Ma lei sapeva bene cosa si agitava sotto quella maschera: domande, desiderio, dolore.
Si alzò, si avvicinò a lui in silenzio e lo prese per mano.
«Vieni,» disse. «Voglio sentire che mi ami ancora come il primo giorno.»
Marco la seguì, quasi confuso. Nella camera da letto, Laura si stese piano sul letto. La luce filtrava dalle tende e le accarezzava la pelle, che portava ancora i segni lievi – ma inconfondibili – di una notte intensa.
Marco si chinò su di lei con dolcezza, ma non poté non vedere. Un morso sull’interno coscia. Un livido sotto il seno. Un istante di gelo. Ma poi… quella solita, perversa corrente lo attraversò. Ogni sabato sera era come una morsa che stringeva il cuore e il basso ventre.
Laura lo accarezzò e sussurrò: «Sei il mio vero amore, Marco.»
Fecero l’amore piano. O almeno ci provarono. Marco si muoveva con delicatezza, ma sentiva che quel corpo non era più suo. Era come se ogni bacio arrivasse in ritardo, come se lei rispondesse da lontano. Eppure, bastava. Era pur sempre Laura.
Dopo, sotto la doccia, lei rise. Lo prese in giro dolcemente per le sue attenzioni, per il suo modo educato e affettuoso di sfiorarla.
«Dai, adesso usciamo a fare due passi. Voglio prendere aria con il mio marito perfetto.»
E Marco, con l’acqua ancora sul viso, sorrise. Non sapeva se per amore… o per resa.
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