Cap 2 Il biglietto

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genere
confessioni

Cap2 il biglietto

Giulia guidò per chilometri senza una meta precisa, le mani serrate sul volante, il respiro ancora irregolare. Il suo corpo non le apparteneva più, ancora scosso da quello che era successo,da quello che lui aveva scatenato in lei con un solo tocco, uno sguardo, poche parole dette nel modo giusto.

Quando arrivò davanti a casa, rimase nell’auto per qualche minuto, fissando il portone. La villetta elegante, le luci accese all’interno, il segno tangibile di una vita costruita con cura. Suo marito sarebbe stato nel soggiorno, probabilmente al telefono per lavoro o immerso in qualche notiziario. I ragazzi nelle loro stanze, sui social o con i compiti da finire.

Tutto era esattamente come sempre.

Eppure, qualcosa dentro di lei si era spezzato.

Quando entrò, suo marito le lanciò un’occhiata distratta da sopra il tablet.

— Come è andata la giornata?

— Bene — rispose lei, togliendosi il cappotto con gesti misurati.

— Hai preso appuntamento con quel terapeuta di cui ti ha parlato Laura?

Un lieve nodo le serrò la gola. La terapia. Era così che le aveva presentato l’incontro. Così che si era giustificata, persino con se stessa.

— Sì. Lo rivedrò la prossima settimana.

— Bene — commentò lui, tornando subito alla sua lettura.

Giulia si versò un bicchiere d’acqua, cercando di reprimere il tremito delle mani. Ma quando portò il bordo alle labbra, sentì un brivido lungo la schiena. Rivide il modo in cui lui aveva raccolto quella goccia di liquore dalla sua bocca. Rivisse l’istante in cui il suo corpo aveva ceduto senza controllo.

Si appoggiò al bancone, le ginocchia improvvisamente deboli.

Non era solo attrazione.

Non era solo curiosità.

Era qualcosa di molto più pericoloso.

Era il principio della sua resa.

Passarono due giorni dalla terapia, e Giulia si comportava come ogni giorno.

La routine scorreva immutata: sveglia presto, colazione preparata con gesti automatici, accompagnare i ragazzi a scuola, poi il lavoro, le riunioni, le mail, il pranzo con le colleghe. Nel pomeriggio la spesa, qualche commissione, il ritorno a casa, la cena in famiglia. Le conversazioni di sempre, le stesse battute, gli stessi silenzi.

Ma di notte…

Di notte i suoi sogni la tradivano.

Nel buio della sua camera, accanto a un marito che dormiva ignaro, la sua mente la trascinava in un vortice di immagini che non poteva controllare.

Lo vedeva. Lui.

Lo studio immerso nella penombra, l’odore di pelle e liquore, il suo sguardo che la attraversava come se potesse leggerle dentro. Lo sentiva vicino, troppo vicino, la sua voce bassa che sussurrava parole che al risveglio non ricordava, ma che lasciavano il suo corpo intriso di un desiderio insopportabile.

Sognava il tocco che non c’era stato, ma che ormai il suo corpo bramava come se fosse reale.

Si svegliava di soprassalto, il respiro affannoso, le cosce serrate nel tentativo disperato di soffocare quel bisogno. Ma non poteva ignorarlo.

Nella penombra della sua stanza, con il marito a pochi centimetri, le sue dita scivolavano sotto il lenzuolo. Un gesto furtivo, un segreto vergognoso che la faceva rabbrividire di piacere e colpa.

E mentre si lasciava andare, nel silenzio della notte, un solo pensiero la divorava:

Tra cinque giorni l’avrebbe rivisto.

Giulia era in macchina, ferma a un semaforo nel traffico del centro città. Il biglietto era sul sedile accanto a lei, l’indirizzo chiaro, il numero di telefono scritto con una calligrafia precisa.

Guardò l’orologio. Non sapeva nemmeno perché avesse deciso di andare. Forse per capire, forse perché il pensiero di Lui non l’aveva lasciata in pace per tre giorni interi.

Inspirò profondamente e prese il telefono. Compose il numero con mani leggermente sudate.

Tre squilli. Poi una voce femminile, calda e impeccabile, rispose.

— Buongiorno.

Giulia esitò un secondo.

— Salve… io… ho ricevuto questo numero da…
La voce è tremava
-Lui mi ha detto di chiamare e io…..

Un breve silenzio dall’altra parte. Poi la voce si fece ancora più gentile, ma con un’inflessione che le fece venire i brividi.

— Capisco. Se Lui le ha dato questo numero, allora era previsto che chiamasse.

Giulia deglutì, il cuore che accelerava.

— Io… dovrei venire all’indirizzo segnato e….

— Sì. L’aspettiamo. Venga pure senza esitazioni. È tutto pronto.

Tutto pronto?

Giulia annuì senza parlare, come se la donna dall’altra parte potesse vederla. Poi la chiamata si chiuse.

Il semaforo diventò verde.

Giulia strinse il volante. Non avrebbe più potuto tornare indietro.

Mentre guidava verso l’indirizzo segnato sul biglietto, Giulia cercava di mantenere il controllo. Ma il cuore continuava a batterle troppo forte.

Il traffico del centro scorreva lento, la città si muoveva come ogni giorno, ignara di quello che le stava accadendo dentro. Era strano. Tutto sembrava normale, eppure lei si sentiva come se stesse attraversando una soglia invisibile, oltre la quale nulla sarebbe stato più come prima.

Poi la vide.

Seduta al solito bar dove si incontravano per un caffè ogni settimana, Laura.

L’amica che l’aveva spinta a fare il primo passo. Quella che le aveva parlato di Lui. Quella che le aveva detto che la sua vita era cambiata.

Era lì, impeccabile come sempre. Tailleur chiaro, occhiali da sole, un’eleganza naturale che non aveva bisogno di sforzi. Ma questa volta c’era qualcosa di diverso.

Giulia rallentò istintivamente, osservandola attraverso il finestrino. Laura sorrideva. Un sorriso sottile, rilassato. Uno di quei sorrisi che aveva visto raramente sul suo volto, come se sapesse qualcosa che gli altri non potevano capire.

Nel momento in cui l’auto passò davanti al bar, Laura sollevò lo sguardo.

I loro occhi si incontrarono.

Giulia sentì un brivido attraversarle la schiena. Perché aveva la sensazione che la stesse aspettando?

Giulia non resistette.

Istintivamente, accostò l’auto a un parcheggio poco distante dal bar, il cuore che le batteva forte nel petto. Aveva bisogno di parlare con qualcuno. Di condividere ciò che stava accadendo. E Laura… Laura sapeva.

Spense il motore, prese un respiro profondo e scese dall’auto. I tacchi risuonarono sull’asfalto mentre si avvicinava.

Laura la osservò avvicinarsi senza sorpresa, con quel sorriso appena accennato, come se avesse saputo che Giulia si sarebbe fermata.

— Giulia.

Lo disse con un tono morbido, quasi divertito, come se leggesse nei suoi pensieri.

Giulia si sedette di fronte a lei, senza nemmeno togliersi il cappotto. Sentiva il bisogno di dire qualcosa, ma non sapeva da dove cominciare.

Laura le porse il menù senza fretta.

— Caffè o qualcosa di più forte?

Giulia la fissò per un attimo, poi scosse la testa.

— Tu lo sapevi.

Non era una domanda.

Laura inarcò appena un sopracciglio, sorseggiando il suo caffè.

— Cosa sapevo?

Giulia si passò una mano tra i capelli, frustrata.

— Che sarei arrivata a questo punto. Che Lui mi avrebbe dato un indirizzo, un numero da chiamare. Che non avrei potuto fare a meno di chiamare.

Laura rimase in silenzio per qualche secondo. Poi posò la tazzina con delicatezza e si sporse leggermente in avanti, abbassando la voce.

— Non si tratta di sapere. Si tratta di sentire.

Giulia si irrigidì. Sentire. Era proprio questo il problema. Lei sentiva troppo. Da quando era entrata in quello studio, da quando Lui l’aveva guardata in quel modo, la sua pelle sembrava vibrare di una consapevolezza nuova.

— Cosa c’è in quel posto? — chiese a bassa voce.

Laura le sorrise, inclinando il capo, come se fosse divertita dalla sua esitazione.

— Solo quello che sei pronta a vedere…forse ad essere.

Giulia trattenne il fiato. Quella risposta non chiariva nulla, eppure significava tutto.

Giulia si voltò un attimo, guardando fuori, le dita che stringevano il bordo della tazza.

Laura la osservò in silenzio, poi inclinò leggermente il capo.

— Hai paura?

Giulia esitò. Poi sollevò lo sguardo su di lei.

— Non lo so.

Laura sorrise, come se si aspettasse quella risposta.

— È normale. Ma sai già che andrai. Altrimenti non saresti qui.

Giulia non rispose. Ma nel profondo, sapeva che era vero.

Laura le accarezzò il viso con un gesto lento, quasi affettuoso. Le sue dita sfiorarono la pelle di Giulia con una leggerezza inaspettata, e fu in quel momento che lo vide.

Un tatuaggio.

Un serpente sottile e sinuoso, nero, avvolto attorno all’interno del suo polso sinistro.

Giulia sentì un brivido percorrerle la schiena. Quel simbolo… l’aveva già visto. Ma dove?

Si accigliò, cercando di ricordare, ma la risposta le sfuggiva, nascosta dietro una nebbia fastidiosa.

Era strano. Laura era sempre stata impeccabile, raffinata, perfettamente controllata. Il genere di donna che sceglieva gioielli discreti, scarpe su misura, abiti perfetti. E ora, scoprirle un tatuaggio così… primitivo. Così distante dalla sua immagine abituale.

Laura si accorse del suo sguardo e sorrise appena, ritraendo la mano con naturalezza. Poi si portò il polso alle labbra e sfiorò il tatuaggio con un bacio leggero, come se fosse un gesto abituale.

— Ti sorprenderesti di sapere quante cose non immagini su di me.

Giulia deglutì, confusa.

— Quel simbolo… cosa significa?

Laura la guardò per un lungo istante, poi inclinò appena il capo.

— Lo scoprirai.

Un brivido le corse lungo la pelle. E per la prima volta, Giulia si chiese se fosse davvero pronta a conoscere ciò che l’aspettava.

Laura le prese la mano tra le sue, stringendola con una delicatezza studiata.

— Non c’è nulla di cui aver paura, Giulia. Solo piacere.

Le sue parole erano un sussurro vellutato, un invito sottile che scivolò sotto la pelle di Giulia come un brivido.

Lei annuì, anche se il cuore batteva più forte. Solo piacere.

Laura le sorrise con quella sua eleganza naturale, poi si sporse appena e le sfiorò la guancia con un bacio leggero, come si fa con un’amica. Ma il contatto lasciò una traccia più profonda di quanto Giulia volesse ammettere.

— Vai. E fidati.

Giulia si alzò, raccolse la borsa e si diresse verso l’uscita del bar. Il polso tatuato di Laura le danzava ancora davanti agli occhi.

Una volta in macchina, chiuse per un attimo gli occhi e inspirò profondamente. Poi mise in moto.

L’indirizzo sul biglietto la aspettava.

Gentlemanbastard@libero.it
scritto il
2025-03-01
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