La terza cassa

Scritto da , il 2010-03-27, genere etero

Questo racconto è stato scritto per i miei amici, 
in ricordo di una serata all'insegna dell'allegria...



Marco non aveva molto da fare quel pomeriggio. 
Non è vero: in realtà aveva da studiare e anche parecchio, ma si era fissato su una cosa e quando si fissava lui non c'era più nulla da fare, poteva anche essere un tipo coscienzioso per quanto riguarda lo studio, ma in quel momento non c'era spazio per l'ingegneria meccanica nella sua testa, quindi si era infilato l'adorata felpa rossa e aveva mandato al diavolo l'esame, almeno per quel giorno.
La breve passeggiata attorno al giardinetto non lo aveva soddisfatto. 
Il problema - se così vogliamo chiamarlo - era ancora lì a girargli nella testa, rischiando di fargliela esplodere per l'eccessiva velocità con cui si avvolgeva in un turbinio di elucubrazioni.
Ma non c'era da scherzarci tanto. Quella sera aveva un appuntamento con Paola e voleva risolvere quella cosa al più presto. 
«Hei, Marco! Non si studia oggi?» Lorella e Giovanna lo salutarono da un tavolino del Bar Sesto, invitandolo a sedersi con loro. "Come sono arrivato al bar Sesto?" diceva l'espressione di Marco mentre si accomodava con le amiche. Domanda retorica...il Bar Sesto era una meta fissa nei loro incontri, e le gambe, consapevoli delle sue abitudini, lo avevano portato fin là, coscienti del fatto che alla fine gli sarebbe venuto il desiderio di andarci. 
Brave gambe, un po' troppo magre, ma brave.
«Allora? Dove stavi andando?» domandò Giovanna - detta Vanny - sorseggiando una spremuta d'arance così rosse da intensificare il colore del suo rossetto.
«Potrà sembrarvi incredibile ma stavo cercando proprio voi.» Rispose Marco, e subito dopo averlo detto si rese conto che era proprio vero.
«Noi? E perché? Hai bisogno di qualcosa?» disse Lorella - detta Lola - succhiando la stecca di cioccolata fondente, ennesimo strappo alla dieta della giornata.
«Ho bisogno di un parere tecnico. C'è una cosa che mi lascia...»
«...alquanto perplesso!» proseguirono la frase le due ragazze, canzonandolo.
Marco sorrise imbarazzato. Era forse colpa sua se gli piaceva usare un linguaggio del genere?
No di certo, ma il danno ormai era fatto. Sarebbe stato per sempre un 'alquanto perplesso'.
Meglio che essere una 'grandissima meretrice', appellativo ormai noto per indicare la sua ex ragazza.
«Allora, qual è il problema?»
«Ehm, allora...mi chiedevo...stasera mi vedo con Paola, ed è probabile che finiremo per fare... la spesa!» Al passaggio di una signora dall'aria virtuosa e all'antica, il discorso di Marco s'era bruscamente spostato su un altro binario. Lola e Vanny sgranarono gli occhi, alquanto perplesse anche loro.
«Non ho capito...vuoi che ti diamo qualche consiglio sugli acquisti?» domandò Vanny corrucciando le belle sopracciglia arcuate.
«Sì, cioè no...insomma, mi ero fatto un paio di domande sulla questione...» Giacché la signora di prima era ancora lì che aspettava il suo turno alla cassa, Marco lo mimò muovendo le labbra: «S...E...S...S...O». 
Nessun'altra parola era così facile da capire al volo per le due ragazze, che dopo essersi scambiate uno sguardo complice, sorrisero maliziosamente.
«Aaaah, sì, certo! Fare la spesa, perché no? Cos'hai bisogno di sapere...quanti bollini si possono collezionare?» esordì Lola mordendosi le labbra per trattenere una risata. Vanny colse la palla al balzo e continuò: «La lunghezza giusta delle banane?» 
«Oppure t'interessa provare nuovi tipi di prodotti?» 
«Fragole, cioccolato...piselli?»
A questo punto le due scoppiarono a ridere senza ritegno, mentre Marco alzava gli occhi al cielo.
«Un po' di serietà, ragazze! Povero me, chi me lo ha fatto fare di rivolgermi a voi!»
«Eddai, Marco...stavamo scherzando! Ora siamo serie, vedi?» Si ricompose Lola, mollando una gomitata a Vanny che continuava a ridacchiare. «Vedi?!»
«Sì ma adesso come faccio a spiegarvi? Non scoppierete a ridere di nuovo, vero? E' imbarazzante per me, in fondo ho una certa età!» disse solennemente Marco, che in realtà sembrava molto più giovane di quanto diceva di essere.
«Va bene. Si parlava di...ehm...fare la spesa. Hai problemi, diciamo, con...la cassiera?»
Marco pensò al suo rapporto con Paola. Problemi? No...almeno non gli sembrava. E' vero, era un rapporto a rischio...nel senso che dovevano sempre aspettare di avere la casa libera per farlo e c'era sempre il timore che i genitori tornassero da un momento all'altro, ma questo rendeva il tutto un po' più piccante. 
«No, non esattamente. Non è la...cassiera a darmi problemi.»
«Ah, allora è...il prodotto?» s'informò Lola chinandosi verso di lui, incurante dell'ampia porzione di seno che lasciava intravedere dalla scollatura.
«No...hei, che vi viene in mente? Il mio prodotto è di buona qualità!»
Ci fu un altro scambio di sguardi tra le due. 
«Non penserai mica che ci fidiamo delle tue parole! Ci vogliono le prove, ragazzo!» esordì Vanny fissandolo con aria offesa.
«Giusto! Sbatti sul tavolo il tuo prodotto che costatiamo!» lo incitò Lola picchiando il palmo sul tavolino. E giù a ridere. 
Marco era imbarazzato a morte. Per di più si era reso conto che due o tre clienti del bar stavano ascoltando la conversazione con finta indifferenza. E le due non smettevano di battere il tavolino dicendo: «Sbatti! Sbatti!»
Un avvenente uomo dal corpo muscoloso, si avvicinò slacciandosi i pantaloni della tuta, e dopo aver estratto l'uccello già in tiro da un microscopico slip da bagno, lo sbatté sul tavolino, facendo saltare il caffè nelle tazzine.
«Contente micette?» Mentre Lola e Vanny si erano zittite, restando sospese in un'espressione di meraviglia, Marco si era portato le mani a coprire la faccia e stava lentamente scivolando via dalla sedia. Se fosse esistito un modo per liquefarsi e scivolare via dal pavimento, per evitare gli sguardi degli altri avventori che ormai erano fissi su di loro, se solo fosse esistito...beh, ci avrebbe messo la firma.
Un robusto poliziotto che aveva assistito alla scena entrò di corsa nel bar, per redarguire l'esibizionista.
«Ma che cazzo...vuole essere arrestato atti osceni in luogo pubblico? Veda di andarsene...è un locale di gente per bene, questo!» Lo sportivo abbassò le armi, per così dire, e aggiustandosi il pacco lasciò il locale.
«Peccato!» borbottò Lola, i cui occhi brillavano ancora come stelle «Se ne vedono così pochi di prodotti del genere, in giro!»
«Signorina, è vero che era un eccezione, ma almeno poteva mostrarglielo in privato!»
«Ma quale eccezione Robbè! Era nella norma!»
Un altro personaggio si era inserito nel discorso. Marco sbirciò tra le dita per vedere chi fosse.
Il nuovo venuto era un tipo bassino, con occhi da furbetto ammiccanti dietro le lenti ovali.
«Macché nella norma...» Insisté il poliziotto facendosi rosso in volto «Mò, tu vuoi farmi credere che l'italiano medio ha uno sfaccimm' com'a quello!»
«Hei, animale, era nella norma...» ribatté il tipino, rivelando una certa confidenza con il poliziotto «Anche io, non per vantarmi...ma misuro almeno venti centimetri di 'prodotto'...»
«UAU!» esclamarono le ragazze in coro, con le gambe indecise se divaricarsi un po' di più per raffreddare il bollore o meno. L'ometto ridacchiò orgoglioso, facendo segno con la mano. 
«La legge delle proporzioni, no?»
Lola e Vanny imitarono il suo gesto, divertite, e poi fissarono Marco, che alto e magro com'era, capì subito dove volevano andare a parare.
«Ho detto che non ho problemi di prodotto, è inutile che mi guardate così!» ribadì il ragazzo timidamente.
«Sì va beh, se era per la legge delle proporzioni anche mio marito doveva essere ben messo e invece! La miseria... ma l'importante è che mi faccia ridere, almeno quando non gli si drizzerà più, starò allegra lo stesso.» Esordì la barista Gegia, asciugando un bicchiere.
Grugniti di assenso provennero da ogni angolo del locale.
«Sì, ma che vuol dire? Che voi donne preferite uno che non tanto ci sa fare a letto ma che sia simpatico, invece di uno bravo che però è timido e silenzioso?» domandò Marco, sistemandosi sulla sedia per non pestare la coda di paglia.
«Beh... io preferirei uno bravo a letto...» Iniziò Vanny.
«...ma simpatico!» continuò Lola, confermando i pensieri dell'amica.
«Uff, voi donne non vi accontentate mai...» Borbottò il poliziotto. 
Marco non commentò, l'insaziabilità delle donne era ormai un fatto assodato. Poi esclamò: 
«Ma come ci siamo arrivati a questo? Io volevo sapere della cassa!» 
«La cassa?» chiesero tutti insieme, avendo ormai perso il filo del discorso.
«Quale cassa?» indagò Lola, scandendo bene le parole.
Marco, schiarendosi la voce, cominciò a spiegare: «La cassa, no? Si parlava di fare la spesa...di cassiera, prodotto...»
Tutti annuirono comprensivi, meno il poliziotto, che essendo arrivato più tardi, si era perso l'inizio della discussione. «Quale cassa?» ripeté.
Gegia gli fece segno con il dito, ma ancora lui non capì.
«Giù cosa? Ma di che cavolo state parlando? La cassa, la spesa...» 
A questo punto, la signora dall'apparenza molto virtuosa di cui Marco si preoccupava tanto, si avvicinò al poliziotto e portandosi la mano al ventre, spiegò: «La cassa, vagazzo, non faccia il cvetino!»
Il poliziotto, scuotendosi per scrollarsi di dosso l'immagine della donna che si accarezzava davanti ai suoi occhi, si picchiò sulla fronte con la mano. «Sì, la cassa, ho capito...e allora, quale cassa?»
«La cassa di tua sorella!» fece Vanny spazientita. 
«E no, ragazzi, la questione è seria...in ogni supermercato che si rispetti non c'è mica una cassa sola!» Chiarì il poliziotto.
«Ha ragione lui!» confermò Valerio, il piccoletto. «Ce ne sono almeno tre!»
«Non capisco.» Disse Gegia «Mio marito ne ha sempre usata una sola di cassa.»
«Beh, sì...la classica seconda cassa. Quella proprio al centro, dov'è scontato che si finisca per poggiare la spesa.» Suggerì Lola, facendo spallucce. Vanny esplose.
«Ma la cassa numero uno? Ce la dimentichiamo la numero uno?» 
«Intendi proprio la numero uno?» chiese Gegia portandosi il dito alla bocca.
Valerio rise. «Sì, quella dove la cassiera chiacchiera tanto...» 
«Perché c'è qualche supermercato che apre la cassa numero uno? Non è proprio quello della mia fidanzata. Credo che dovrò cambiare supermercato. Chi di voi due apre la sua cassa per me?» scherzò il poliziotto guardando Lola e Vanny.
«Come no, poliziotto...ma si paga!» fece le fusa Lola, che in realtà avrebbe voluto il numero di telefono del piccoletto. Era ancora lì a giocherellare con le dita facendo il gesto 'delle proporzioni'.
Marco, stufo di tutti quei discorsi, alzo le braccia in un gesto di resa.
«Va bene, basta così! Vedo che ne abbiamo fatta una questione di stato. Me ne torno a studiare, grazie a tutti e arrivederci...»
Neanche fosse l'ospite d'onore, tutti protestarono al suo annuncio di andarsene a casa.
«Eddai, Marco...non abbiamo ancora risposto alla tua domanda!» lo trattenne Vanny, agguantandolo per un braccio.
«Sì, resta, facci almeno capire cosa volevi sapere!» insistette Lola, rimettendolo a sedere.
Marco sospirò. Quasi non se lo ricordava neanche lui quello che voleva sapere. Com'era cominciato tutto ciò? Dunque...procedendo con la logica, quel pomeriggio Paola gli aveva parlato di "essere aperti di fronte alle situazioni impreviste", di "fare buon uso di ogni risorsa", e di "arrivare attrezzati con qualcosa di denso e vischioso possibilmente in tubetto". Tutto ciò aveva scatenato la sua fantasia, fomentando profondi dubbi sulle intenzioni di Paola per quella sera.
Mille volte e forse più, Marco era passato dal "Non-è-possibile" al "Perché-no", tornando più volte sul "Non-lo-farebbe-mai".
Tutto questo rimescolamento gli aveva causato un gonfiore sospetto alle parti basse, che aveva decretato la fine di quella sessione di studio, e Marco aveva deciso di uscire per schiarirsi le idee. Poi aveva visto Lola e Vanny, ed era finito lì, circondato da una piccola folla, indeciso se porre o meno il suo quesito. 
Alla fine simpatizzò per il 'sì'. E si schiarì nuovamente la voce.
«Dunque. Il parere...tecnico...che volevo chiedervi è: ma la terza cassa è una leggenda metropolitana? Voglio dire, c'è davvero qualche cassiera che ne fa uso?»
La sua domanda sortì un silenzio da monastero che lo colse impreparato. 
Marco vide Gegia scuotere la testa con decisione sdegnata mentre il poliziotto e il piccoletto esibivano sguardi confusi, tipici di chi si chiede dove potrebbe trovarne una così e si risponde 'nei tuoi sogni'.
Lola e Vanny, invece, si mordevano le labbra. Una delle due, non saprei indicarvi quale, pensava 'se gli dico così mi sputtano', mentre l'altra sfuggiva al pensiero immaginando il derivante dolore.
Poi cominciarono tutti ad annuire, con l'aria da gente di mondo, che loro...eeeh! quante ne avevano conosciute di tipe così!
«Certo, che esistono!» annuì convinta Vanny. «Vero Lola?»
«Sì sì! Come ti viene in mente che possa essere una leggenda metropolitana?» sbottò Lola incredula.
«Se no i film porno come li fanno!» Ribadì Valerio, imbarazzato a morte.
«Io ne conosco una, uuuh! Guarda...sfondata!» rivelò con fare compiaciuto il poliziotto, congiungendo indice e pollice a formare un grosso foro.
Gli altri avventori, d'accordo anche loro, si scambiarono notizie su quello e quell'altro tizio che conoscevano una che aveva un'amica che.
L'unica che scuoteva la testa era Gegia, la barista, consapevole che chi diceva di non averlo mai fatto era possibile che mentisse e chi invece lo aveva fatto davvero non lo avrebbe mai confessato. Ma poi, perché questi ragazzi si facevano tanti problemi...era solo sesso!
Ma Marco non era convinto. "Mettiamola così" - si diceva - "forse non è una leggenda metropolitana, ma non è il caso di Paola. Sarà una serata tranquilla, ordinaria. Il solito consueto amplesso, con tanti preliminari, con lei che fa tanti piccoli urletti incitandomi a farla sua, ed io che cerco di farlo durare più a lungo possibile."
Quindi, non c'era da preoccuparsi, o da illudersi, in nessun modo. 
Cercando di dimenticare il pomeriggio appena trascorso, Marco arrivò puntuale all'appuntamento con la sua ragazza.
Le aveva preso dei fiori, dei bei tulipani colorati, e li teneva stretti davanti a lui, compiaciuto del gesto romantico che aveva avuto il pensiero di fare, il braccio piegato non solo per reggere i tulipani, ma anche per nascondere con il gomito ciò che spuntava dalla tasca: il tappo del tubetto di lubrificante che aveva acquistato in farmacia, di strada per il fioraio.
Paola aveva lasciato la porta di casa aperta, evidentemente si stava ancora preparando. 
Marco spalancò la porta, bloccandosi a guardare lo specchio nell'ingresso, inclinato ad arte per riflettere il culo bianco e sodo di Paola, che lo aspettava gattoni sul letto esponendosi senza pudore al suo sguardo, che stavolta pareva veramente... alquanto perplesso.

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