La maga
di
RomanDeVil
genere
incesti
Camminava lentamente, titubante, in quella mattina di metà ottobre, cercando di non calpestare le fessure tra le grandi mattonelle di porfido che lastricavano il marciapiede. «Porta sfortuna pestarci sopra…», diceva tra sé e sé, allungando e accorciando alternativamente il passo per evitarle. «L’altra volta l’ho fatto, e guardacaso mi sono beccata una multa per divieto di sosta…».
I rari passanti osservavano incuriositi la donna. Si chiedevano perché una così bella signora sulla cinquantina, alta e distinta nel suo severo tailleur, si muovesse a quel modo, caracollando come un’ubriaca.
Giunta all’altezza di un grosso portone scrostato suonò, senza dover cercare, il terzo campanello in alto a destra, al cui fianco si poteva leggere, scritto in caratteri gotici: «MAGA PAMELA - CARTOMANTE E DIVINATRICE».
- Sì…? -rispose una voce stridula, dopo qualche secondo.
- Buongiorno signora Pamela, sono Anna… Anna B****o, ho appuntamento per oggi, per un consulto…
- Salga pure… -rispose la maga aprendo- …secondo piano, terza porta a sinistra…
- Lo so, grazie…
* * * * * * * * * *
Lo studio della maga sembrava una sorta di bazaar, ricco com’era degli oggetti più strampalati ed esotici, che avevano la funzione di colpire e intimorire i clienti più sprovveduti, per i quali il massimo dell’esotismo consisteva nel mangiare al ristorante cinese con le bacchette. Il visitatore era colpito da una babele di colori e forme che potevano ricordare un dipinto di Dalì: tappeti orientali, maschere rituali africane, statue polinesiane in legno, vasi cinesi, e persino un povero pitone imbalsamato che aveva visto giorni migliori.
Al centro di quella specie di casa d’aste sedeva lei, la maga, dietro un tavolino tondo ricoperto da un panno scarlatto. Il suo aspetto non stonava con l’arredamento: imbalsamata come il pitone, brutta come le maschere rituali e grassa come le statuine polinesiane. Portava una lunga tunica color albicocca e, al collo, un enorme medaglione in bronzo raffigurante un sole dallo sguardo torvo e minaccioso.
La signora B****o si avvicinò alla maga, di cui sembrava l’antitesi: i lunghi capelli scuri e ondulati incorniciavano un volto ancora molto giovanile, dai tratti angelici e sognanti, mentre l’elegante abito nero sottolineava il corpo sottile e delicato, che ispirava agli uomini un innato istinto protettivo.
- Buongiorno signora Pamela -disse Anna, accomodandosi al tavolino.
- Buongiorno signora B****o… -rispose la vecchia maga- …non ci vediamo da… un mese, vero? Com’è andata poi con suo marito? Vi siete riappacificati, immagino…!
- Sì, certo. Le carte dicevano il vero, non c’era nessuna amante… meno male.
- Bene! -la interruppe la fattucchiera- …E, mi dica, quale problema la porta qui oggi?
- Ecco… vede… le ho detto che ho un figlio, vero?
- Certo!
- Beh, ecco… -balbettava Anna, cercando le parole- …da un po’ di tempo mi dà dei pensieri. Non mangia, soffre d’insonnia, non esce con gli amici… mi sembra… depresso, ecco. Mi aiuti, la prego!
La maga prese un grosso mazzo di carte da un cassetto e, dopo averle mischiate accuratamente, iniziò a disporle lentamente sul tavolo, già col pensiero a come avrebbe speso il biglietto da cento euro che la signora B****o le avrebbe allungato per l’ennesimo consulto.
- Ecco, vedo… vedo che suo figlio è in grave pericolo… –diceva la maga, abbassando una ad una le carte- …deve combattere contro un terribile nemico… gli Oscuri Poteri.
- Cioè… cosa sono? -chiese la povera donna, spaventata.
- Gli Oscuri Poteri! Le forze del male si sono impadronite di suo figlio!… Vogliono qualcosa da lei, signora… non vedo bene cosa… ma se non l’avranno, terribili saranno le conseguenze per la sua creatura… purtroppo vedo… la morte!
Anna sbiancò. Con una voce che le sembrava estranea, quasi stesse parlando qualcun altro, trovò la forza di parlare.
- Ma… ma cosa vogliono, da lui, questi Oscuri Poteri? Qualunque cosa per mio figlio… per salvarlo. Me lo dica, la prego…
- Mi lasci concentrare… -bofonchiò la maga, che in realtà si stava concentrando sul biglietto da cento euro- …ecco, vedo… sì, vedo… un giovanotto. Un giovanotto molto vicino a lei… è alto, molto alto… caz… cavolo, sarà alto quasi due metri. E sopra la sua testa vedo volteggiare delle cifre… settantasette… dieci… trenta…
Anna ebbe un sussulto, come se una nerbata l’avesse colpita.
«Ma… ha descritto mio figlio Davide…» pensava sconvolta, «…eppure non l’ho mai portato qui, lei non può conoscerlo. Ma è lui, ne sono sicura; così alto… e poi quelle cifre… è la sua data di nascita: il trenta ottobre del settantasette!».
- Vedo anche… -continuò la maga- …vedo anche uno strano insetto, sullo stomaco di questo ragazzone moro… sì, sembra un insetto… uno scarabeo, forse… ma sono simboli difficili da interpretare…
«È lui!» pensò Anna. «Non ci sono dubbi, ormai. Quell’insetto… è lo scarabeo che si è fatto tatuare quest’estate dopo la sua vacanza in Egitto, poco prima che iniziasse a stare poco bene, a non mangiare… prima che lo prendessero gli Oscuri Poteri. Lo sapevo che non doveva andarci…”.
La maga Pamela tacque un attimo per poi sussurrare con voce tenebrosa.
- Gli Oscuri Poteri le chiedono un sacrificio, signora, ma non mi domandi perché… non lo so. Essi mi fanno capire che solo questo sacrificio li convincerà ad abbandonare suo figlio, e a lasciarlo vivere.
- E in cosa consisterebbe? Cosa dovrei fare? -chiese Anna, visibilmente turbata.
- Dovrà giacere… sì, insomma… congiungersi carnalmente con questo giovanotto di cui le ho detto, con questo gigante. Non so chi sia, ma suppongo che sia una persona a lei vicina, forse lei lo conosce già… magari è qualche amico di suo figlio, o qualche suo collega. O forse ancora non lo conosce, magari lo incontrerà molto presto in futuro. Ma, le ripeto, solo concedendosi a questo ragazzo che mi hanno mostrato gli Oscuri Poteri potrà salvare suo figlio!
La signora B****o ebbe quasi un mancamento.
«Ma come… come può essere?…» pensava terrorizzata, quasi rifiutandosi di credere a quelle parole. «Per salvare mio figlio dovrei… dovrei andarci a letto?! Eppure la maga è stata fin troppo chiara: per salvarlo dagli Oscuri Poteri devo congiungermi a questo ragazzo… che è il mio bambino! No… è incredibile, non può essere. No, non posso farlo, non me la sento!».
Pagò in fretta la fattucchiera, sconvolta, precipitandosi all’aperto per poter respirare a pieni polmoni.
Anna si fermò sotto il portone, con le mani tra i lunghi capelli neri.
Era dilaniata da due forze opposte. Da un lato l’amore per il figlio, e la consapevolezza di avere la possibilità di poterlo salvare, sacrificandosi. Dall’altro, l’orrore che questo sacrificio comportava: il doversi unire carnalmente con la propria creatura, con la carne della propria carne, profanando il più invalicabile dei tabù. Ma due frasi della maga non cessarono di turbinarle nella mente, disincagliandola infine dalla lacerante incertezza: “…questo sacrificio li convincerà ad abbandonare suo figlio e a lasciarlo vivere…”, e “…vedo… la morte!”.
«E va bene! Se questo mi chiedono gli Oscuri Poteri…», si disse infine, prendendo l’estrema risoluzione, «…è questo che farò. Tutto, per mio figlio… anche questa cosa mostruosa!».
Si avviò con passo incerto verso casa, evitando accuratamente di calpestare gli interstizi tra i grossi lastroni di granito del marciapiede…
* * * * * * * * *
Anna e il figlio Davide cenarono soli, quella sera. O meglio, parlottarono un po’ cincischiando nel piatto, entrambi senza appetito. Anna sentiva una pugnalata allo stomaco ogni volta che, alzando lo sguardo, vedeva il viso pallido e smunto del figlio: da un mese, ormai, dormire e mangiare erano per lui parole vuote, corroso com’era dai demoni che si erano impossessati della sua vita.
Il padre del ragazzo era in viaggio per affari già da una settimana, e non sarebbe tornato a casa che alla fine del mese. «L’occasione è irripetibile…» pensava la donna, «…senza mio marito in giro sarà più facile… circuire… circuire mio figlio». L’espressione le causava ribrezzo, ma di questo si trattava: inutile nascondere la mostruosità del suo proposito con eleganti eufemismi.
- Che hai, ma’? -chiese il ragazzo mentre cenavano- …Mi sembri preoccupata.
- No, no… non è nulla, sono solamente un po’ stanca…
- Sarà, ma hai una faccia! Non avrai l’influenza spero. Senti ma’, perchè non ti stendi un po’ sul letto? Ti preparo qualcosa di caldo e te lo porto.
Anna interpretò questa gentilezza del figlio come un segno inviatole dagli Oscuri Poteri, che spingevano il ragazzo inconsapevole nella sua camera, nel letto stesso in cui era stato concepito, affinché la madre potesse trascinarlo in quell’abominevole unione.
Per un istante pensò di lasciar perdere tutto, disgustata.
Ma la maga tornò nella sua testa, a sussurrarle le sue parole di sventura.
Un nuovo, rinvigorito coraggio si impadronì della donna: «Devo farlo, ne va della vita di mio figlio. Devo congiungermi a lui… dobbiamo fare l’amore, ad ogni costo. Probabilmente rifiuterà scandalizzato… penserà che sono una pazza, e forse lo sono… ma avrò mio figlio, a costo di drogarlo… o legarlo al letto! Domani forse mi ripudierà come madre, se ne andrà di casa, mi lascerà… senza capire. Ma io saprò! Saprò di avergli salvato la vita, e questo mi basterà».
* * * * * * * * * *
Entrata in camera si spazzolò con cura la folta chioma corvina e, quasi vergognandosene, iniziò a truccarsi leggermente il viso, per valorizzarne la bellezza matura e delicata.
Da pochi minuti riposava adagiata sul grande letto, avvolta in un’elegante vestaglia di seta bianca, quando sentì bussare alla porta.
- Entra pure, amore… -sussurrò tremante, soldato alla vigilia della battaglia.
La figura del figlio Davide si stagliò imponente sulla soglia. Un colosso di quasi due metri, dimagrito e impallidito dopo un mese di digiuni e di notti insonni, ma pur sempre tonico e scattante, con le larghe spalle modellate dal nuoto e dalla pallacanestro.
Anna lo fissò un attimo, accorgendosi, con vergogna mista a paura, che l’atto che stava per compiere con suo figlio non le era del tutto sgradito. Perlomeno non al fiore carnoso che, tra le cosce, si andava già bagnando di rugiada.
- Ti senti meglio, mamy? -chiese il ragazzo, avvicinandosi e porgendole una tazza di latte caldo.
- Mmmh… qualcosina… -rispose la donna, spostandosi appena- …ma siediti qui vicino a me, parliamo un po’.
Il ragazzo si sedette accanto a lei, mentre Anna beveva quel latte dolcificato al miele.
- Eh… Davide mio, sto invecchiando… -proseguì Anna, scoprendo ad arte, con gesto impercettibile, parte della lunga e candida coscia sinistra- …non sono più forte e tonica come una volta…
- Ma che dici, mamma? Ma se dimostri dieci anni in meno di quelli che hai!!… E poi sei così… bella…
- Trovi? -mormorò la donna con voce languida, prendendo con finta noncuranza la mano del figlio. La portò delicatamente alla coscia, per poi chiedegli civettuola, con finta curiosità- …Ma questa ti sembra la gamba di una cinquantenne o di una quarantenne?
- Oddio, ma’, hai un paio di gambe che molte ventenni se le sognano ad occhi aperti. Che cosa pensi mai?! -esclamò il ragazzo, più eccitato, in realtà, che turbato.
La fiamma del desiderio represso che le brillava negli occhi, e il bozzo che deformava i pantaloni del figlio, incoraggiarono Anna a proseguire.
- E il resto… ti sembra il corpo di una cinquantenne? -chiese ancora Anna al ragazzo, guidando lentamente la sua mano lungo il ventre piatto e via via su, a lambirle i seni e il collo.
Mancava poco che Davide iniziasse a sbavare, cucciolo pronto per la poppata.
- Ma… mamy, cosa stai cercando di dirmi? -domandò con voce tremante, sperando che i desideri di sua madre rispecchiassero i suoi.
«È cotto a puntino…» pensava la donna, «…se lo tocco viene nelle mutande. Credo che non ci sarà bisogno di legarlo al letto…».
Anna, vista la strada ormai spianata, non tergiversò oltre. Prese la mano del ragazzo e se la posò sul seno, divaricando leggermente le gambe.
- Beh ecco… -mormorò con voce roca, sensuale- …tuo padre ultimamente non mi considera molto come donna, come femmina. Non so se capisci cosa voglio dire…
Davide deglutì rumorosamente, con la virilità esultante nei calzoni.
- Stavo pensando… -continuò la donna, guardando verso la patta rigonfia- …che visto l’effetto che ti faccio potresti pensarci tu alla tua mamma, al posto di tuo padre. Sarebbe il nostro piccolo segreto, e tutto resterebbe in famiglia…
- Ma tu sei mia mad… -farfugliò senza convinzione il ragazzo. Anna non gli diede il tempo di terminare. Recise l’ultima corda che li separava dal baratro… o dal piacere. Si alzò a sedere e bacio voluttuosamente il figlio sulla bocca.
Le lingue si esploravano impazzite, mentre il giovane saggiava e impastava le dolci carni materne.
- Mi fai morire, ma’… ti voglio… adesso ci penso io a te… -balbettò Davide, spogliando la madre.
Il corpo fresco e al contempo maturo di Anna, la pelle setosa, i piccoli seni quasi adolescenziali dai purpurei capezzoli eretti, la glabra intimità di lei… tutto questo rese bruciante in lui il desiderio di possederla.
La donna tolse i pantaloncini del figlio, gettandosi ingorda sul membro teso. Iniziò a massaggiarlo con la linguetta guizzante, solleticandolo con lenti movimenti circolari, per poi ingoiarlo decisa.
- Mmmmm… che brava… -azzardò Davide, osservando le labbra della madre che risalivano e discendevano alternativamente lungo la verga.
Anna si accorse di provare piacere nel sottoporre il figlio a quel trattamento.
- Sì amore, sono brava… lo sono solo per te… -bofonchiò interrompendo brevemente la fellatio, ormai rapita dai sensi.
- Basta, mamma… -esclamò Davide d’un tratto, ritraendosi, la consistente asta tesa allo spasimo e gocciolante di saliva- …non voglio venirti in bocca, non ancora…
- Hai ragione, cucciolo mio. Vieni, qui, vieni al caldo, dalla tua mamma! -sussurrò Anna, con la voce resa roca dal desiderio, dimentica degli scrupoli che l’avevano assalita nel pomeriggio. Ora c’era solamente un possente maschio che bramava di dissetarsi alla sua fonte; che poi essa fosse la stessa da cui era sgorgato urlante tanti anni prima, poco importava.
Si sdraiò dischiudendo piano le cosce, mentre il figlio, avvicinatosi a lei, puntava il carnoso scettro all’imboccatura del caldo nido materno.
Un dolore lancinante, quasi una spada incandescente l’avesse penetrata, devastò il pallido ventre di Anna, quando il figlio affondò completamente in lei.
- Aggh… è tutto dentro, mamma… lo senti? -grugnì il ragazzo penetrandola, scavando lentamente le viscere materne.
- Oh, bimbo mio, sei un toro… -mugugnava la donna, emettendo dei gridolini in cui dolore fisico e godimento si mescolavano insieme.
- Ti piace farti scopare da me, vero? -mormorava Davide, leccando avidamente il collo della madre e aumentando gradualmente la profondità e la frequenza dei fendenti che le saziavano il grembo.
Anna stringeva fra le cosce il bacino del figlio, i piedi curati appoggiati sui muscolosi polpacci del ragazzo, assecondandolo nei suoi imperiosi affondi. Solo i grugniti smorzati della coppia in amore e il dolce suono delle carni sudate che si schiaffeggiavano nell’amplesso coprivano il rumore dell’ultimo traffico della sera, brontolìo indistinto che trapelava dalle persiane socchiuse.
Il ritmo si fece frenetico.
- Voglio scoparti fino a farti stramazzare del piacere… -ringhiò Davide, ormai prossimo alla vetta.
Anna, senza riuscire a spiegarselo, sentiva il piacere decuplicare ogni qualvolta il figlio la bersagliava con quelle frasi audaci e determinate.
Il ragazzo uscì precipitosamente dalle madide ed ardenti carni materne, il volto acceso, cercando di calmare la viscida verga affamata di piacere.
- Aspetta ma’… -blaterò respirando forte- …devo farla durare ancora… questa scopata te la devi ricordare a lungo!
Si sdraiò supino, afferrando per un braccio la madre e traendola sopra i suoi quasi due metri di nervi e muscoli.
Anna, i piedi ben piantati sul materasso, si immolò sull’obelisco lucido e pulsante, striato da grosse venature, che il figlio le offriva. Saliva lentamente lungo l’asta, per poi abbassarsi con violenza e farsi arpionare in profondità, lanciando brevi gridolini di godimento accompagnati dal ritmico tamburellare dei testicoli contro la sua rorida femminilità.
Si impalò sul figlio a quel modo per alcuni minuti, finchè la muscolatura delle gambe glielo consentì.
Quando, nello sforzo, Anna iniziò a rallentare il ritmo e a tremare leggermente, Davide le divaricò brutalmente le cosce e l’attirò a sé.
- Ti piace, vero, così? -latrava il ragazzo, iniziando a penetrare la madre con furia selvaggia, insensibile alle urla e ai singhiozzi soffocati di lei che rimbombavano nella stanza.
- Mi fai… ahhh… male, Davide… -guaiva la povera donna sempre più piano, conscia dell’inutilità dei suoi lamenti.
Davide ormai era immerso nel caldo magma dei sensi. Prese a suggere con violenza sempre maggiore i capezzoli materni, che divennero ben presto violacei e grossi come ditali a causa del trattamento, bofonchiando frasi sconnesse.
La madre, pervasa dal dolore lancinante che le sbranava il ventre ed il seno, stava per ribellarsi a quella foga brutale: l’orgasmo del figlio giunse come la liberazione da un martirio.
Quando avvertì le contrazioni che precedono il sommo piacere, questi abbandonò le tiepide pieghe della madre e, prendendola in modo brusco per un braccio, la fece inginocchiare.
- Apri la bocca che ti faccio assaggiare qualcosa di buono… la mia cremina… -sibilò, aprendo con le dita le labbra di Anna.
Appena in tempo.
Violenti fiotti di seme inondarono il viso della donna, gocciolando sui seni e sul pallido ventre. Una parte consistente le finì direttamente in gola; Davide la costrinse ad inghiottirla, infilando nuovamente la verga ormai sazia nella bocca della madre.
- Puliscimelo! Deve brillare! -ordinò ad Anna, lasciando il membro immerso nella calda grotta.
La donna, il volto disfatto che ora dimostrava vent’anni di più, lo ripulì accuratamente. Alcune lacrime si mischiavano allo sperma e al mascara colato che le impiastricciavano il volto.
Il ragazzo si abbeverò altre volte alla fonte materna, quella notte, lasciandola lacera e dolorante, ma anche sazia d’un perverso appagamento.
Poi, sul far dell’alba, Davide le fece una ulteriore richiesta.
- Girati, adesso, che ti lavoro un po’ nel culo!
La madre lo sorprese, rifiutando risolutamente.
«Non l’ho mai fatto con nessuno… nemmeno con suo padre, che non ha quella biscia tra le gambe…» pensava, osservando il notevole membro eretto del figlio. «E poi la maga è stata chiara. Dovevo giacere con lui e l’ho fatto, e ad essere onesta mi è anche piaciuto molto… ma questa cosa del sedere non mi va giù. Rischia di farmi male sul serio, è così grosso! Gli ho concesso più di un rapporto completo… e anche altro; gli Oscuri Poteri si saranno sicuramente placati! No, nel culo no…».
Il ragazzo cercò ripetutamente di convincere la madre a farsi sodomizzare, arrivando fin quasi a violentarla. Ma Anna fu irremovibile: l’implume e tiepido budello, deliziosamente pieghettato, rimase inesplorato.
* * * * * * * * * *
- Ho una bella notizia da darle, signora!!… -disse la maga Pamela, abbassando lentamente le carte- Suo figlio è libero. Gli Oscuri Poteri hanno accettato il sacrificio. Unendosi con il ragazzo che avevo visto nelle carte due giorni fa, ha placato la loro sete di anime. Ma poi… per curiosità, chi era questo ragazzone? Un amico di suo figlio? Un conoscente? Lasci stare, signora mia, fa lo stesso… non sono fatti miei… -concluse, notando l’espressione gioiosa ma perplessa di Anna.
Tornando a casa, alla signora B****o il sole parve più splendente del solito e l’aria più profumata…
Appena la donna ebbe voltato l’angolo, Davide salì in fretta le scale ed entrò nello studio della maga. Una violenta erezione l’aveva colto osservando la madre allontanarsi, bella ed elegante più del solito.
Ma, alla vista della maga, la tigre tra gli slip ritornò gattino.
- Oh, il nostro ragazzone…! -lo salutò la fattucchiera vedendolo entrare- …Allora, ti sei divertito con la mammina?
- Mmmm… non è stato male… -rispose Davide, guardandosi attorno.
- Ho fatto un bel lavoro, ti ho descritto alla perfezione. E poi quell’idea delle cifre della tua data di nascita è stata geniale!! Non trovi?
- Sì, sì, brava! Però mi sono fatto il culo anch’io, che ti credi?… Un mese a non mangiare e a dormire ancora meno, per convincerla a parlarti di me, dei miei presunti problemi… lei che per ogni cazzata viene qua! Mi alzavo la notte a sgranocchiare qualcosa, per non morire di fame.
- Però ammettilo che ti sei divertito… porcellino! -lo interruppe la maga sghignazzando.
- E ho anche dovuto farmi quel cazzo di tatuaggio, proprio io che non li sopporto, per avere un segno di riconoscimento certo! -proseguì il ragazzo, mettendosi pure lui a ridere- Va beh, adesso devo andare… maga! -disse infine, con tono ironico.
Prese dal portafogli due biglietti da cento euro e li porse alla donna.
- Ehi… facciamo i furbi?… -esclamò la fattucchiera, osservando le banconote- …Si era parlato di quattrocento euro, per il favore che ti ho fatto!
- Gli altri duecento te li darò la prossima volta… -le rispose Davide- …quando convincerai la mia cara mammina a darmi anche il culo!
I rari passanti osservavano incuriositi la donna. Si chiedevano perché una così bella signora sulla cinquantina, alta e distinta nel suo severo tailleur, si muovesse a quel modo, caracollando come un’ubriaca.
Giunta all’altezza di un grosso portone scrostato suonò, senza dover cercare, il terzo campanello in alto a destra, al cui fianco si poteva leggere, scritto in caratteri gotici: «MAGA PAMELA - CARTOMANTE E DIVINATRICE».
- Sì…? -rispose una voce stridula, dopo qualche secondo.
- Buongiorno signora Pamela, sono Anna… Anna B****o, ho appuntamento per oggi, per un consulto…
- Salga pure… -rispose la maga aprendo- …secondo piano, terza porta a sinistra…
- Lo so, grazie…
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Lo studio della maga sembrava una sorta di bazaar, ricco com’era degli oggetti più strampalati ed esotici, che avevano la funzione di colpire e intimorire i clienti più sprovveduti, per i quali il massimo dell’esotismo consisteva nel mangiare al ristorante cinese con le bacchette. Il visitatore era colpito da una babele di colori e forme che potevano ricordare un dipinto di Dalì: tappeti orientali, maschere rituali africane, statue polinesiane in legno, vasi cinesi, e persino un povero pitone imbalsamato che aveva visto giorni migliori.
Al centro di quella specie di casa d’aste sedeva lei, la maga, dietro un tavolino tondo ricoperto da un panno scarlatto. Il suo aspetto non stonava con l’arredamento: imbalsamata come il pitone, brutta come le maschere rituali e grassa come le statuine polinesiane. Portava una lunga tunica color albicocca e, al collo, un enorme medaglione in bronzo raffigurante un sole dallo sguardo torvo e minaccioso.
La signora B****o si avvicinò alla maga, di cui sembrava l’antitesi: i lunghi capelli scuri e ondulati incorniciavano un volto ancora molto giovanile, dai tratti angelici e sognanti, mentre l’elegante abito nero sottolineava il corpo sottile e delicato, che ispirava agli uomini un innato istinto protettivo.
- Buongiorno signora Pamela -disse Anna, accomodandosi al tavolino.
- Buongiorno signora B****o… -rispose la vecchia maga- …non ci vediamo da… un mese, vero? Com’è andata poi con suo marito? Vi siete riappacificati, immagino…!
- Sì, certo. Le carte dicevano il vero, non c’era nessuna amante… meno male.
- Bene! -la interruppe la fattucchiera- …E, mi dica, quale problema la porta qui oggi?
- Ecco… vede… le ho detto che ho un figlio, vero?
- Certo!
- Beh, ecco… -balbettava Anna, cercando le parole- …da un po’ di tempo mi dà dei pensieri. Non mangia, soffre d’insonnia, non esce con gli amici… mi sembra… depresso, ecco. Mi aiuti, la prego!
La maga prese un grosso mazzo di carte da un cassetto e, dopo averle mischiate accuratamente, iniziò a disporle lentamente sul tavolo, già col pensiero a come avrebbe speso il biglietto da cento euro che la signora B****o le avrebbe allungato per l’ennesimo consulto.
- Ecco, vedo… vedo che suo figlio è in grave pericolo… –diceva la maga, abbassando una ad una le carte- …deve combattere contro un terribile nemico… gli Oscuri Poteri.
- Cioè… cosa sono? -chiese la povera donna, spaventata.
- Gli Oscuri Poteri! Le forze del male si sono impadronite di suo figlio!… Vogliono qualcosa da lei, signora… non vedo bene cosa… ma se non l’avranno, terribili saranno le conseguenze per la sua creatura… purtroppo vedo… la morte!
Anna sbiancò. Con una voce che le sembrava estranea, quasi stesse parlando qualcun altro, trovò la forza di parlare.
- Ma… ma cosa vogliono, da lui, questi Oscuri Poteri? Qualunque cosa per mio figlio… per salvarlo. Me lo dica, la prego…
- Mi lasci concentrare… -bofonchiò la maga, che in realtà si stava concentrando sul biglietto da cento euro- …ecco, vedo… sì, vedo… un giovanotto. Un giovanotto molto vicino a lei… è alto, molto alto… caz… cavolo, sarà alto quasi due metri. E sopra la sua testa vedo volteggiare delle cifre… settantasette… dieci… trenta…
Anna ebbe un sussulto, come se una nerbata l’avesse colpita.
«Ma… ha descritto mio figlio Davide…» pensava sconvolta, «…eppure non l’ho mai portato qui, lei non può conoscerlo. Ma è lui, ne sono sicura; così alto… e poi quelle cifre… è la sua data di nascita: il trenta ottobre del settantasette!».
- Vedo anche… -continuò la maga- …vedo anche uno strano insetto, sullo stomaco di questo ragazzone moro… sì, sembra un insetto… uno scarabeo, forse… ma sono simboli difficili da interpretare…
«È lui!» pensò Anna. «Non ci sono dubbi, ormai. Quell’insetto… è lo scarabeo che si è fatto tatuare quest’estate dopo la sua vacanza in Egitto, poco prima che iniziasse a stare poco bene, a non mangiare… prima che lo prendessero gli Oscuri Poteri. Lo sapevo che non doveva andarci…”.
La maga Pamela tacque un attimo per poi sussurrare con voce tenebrosa.
- Gli Oscuri Poteri le chiedono un sacrificio, signora, ma non mi domandi perché… non lo so. Essi mi fanno capire che solo questo sacrificio li convincerà ad abbandonare suo figlio, e a lasciarlo vivere.
- E in cosa consisterebbe? Cosa dovrei fare? -chiese Anna, visibilmente turbata.
- Dovrà giacere… sì, insomma… congiungersi carnalmente con questo giovanotto di cui le ho detto, con questo gigante. Non so chi sia, ma suppongo che sia una persona a lei vicina, forse lei lo conosce già… magari è qualche amico di suo figlio, o qualche suo collega. O forse ancora non lo conosce, magari lo incontrerà molto presto in futuro. Ma, le ripeto, solo concedendosi a questo ragazzo che mi hanno mostrato gli Oscuri Poteri potrà salvare suo figlio!
La signora B****o ebbe quasi un mancamento.
«Ma come… come può essere?…» pensava terrorizzata, quasi rifiutandosi di credere a quelle parole. «Per salvare mio figlio dovrei… dovrei andarci a letto?! Eppure la maga è stata fin troppo chiara: per salvarlo dagli Oscuri Poteri devo congiungermi a questo ragazzo… che è il mio bambino! No… è incredibile, non può essere. No, non posso farlo, non me la sento!».
Pagò in fretta la fattucchiera, sconvolta, precipitandosi all’aperto per poter respirare a pieni polmoni.
Anna si fermò sotto il portone, con le mani tra i lunghi capelli neri.
Era dilaniata da due forze opposte. Da un lato l’amore per il figlio, e la consapevolezza di avere la possibilità di poterlo salvare, sacrificandosi. Dall’altro, l’orrore che questo sacrificio comportava: il doversi unire carnalmente con la propria creatura, con la carne della propria carne, profanando il più invalicabile dei tabù. Ma due frasi della maga non cessarono di turbinarle nella mente, disincagliandola infine dalla lacerante incertezza: “…questo sacrificio li convincerà ad abbandonare suo figlio e a lasciarlo vivere…”, e “…vedo… la morte!”.
«E va bene! Se questo mi chiedono gli Oscuri Poteri…», si disse infine, prendendo l’estrema risoluzione, «…è questo che farò. Tutto, per mio figlio… anche questa cosa mostruosa!».
Si avviò con passo incerto verso casa, evitando accuratamente di calpestare gli interstizi tra i grossi lastroni di granito del marciapiede…
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Anna e il figlio Davide cenarono soli, quella sera. O meglio, parlottarono un po’ cincischiando nel piatto, entrambi senza appetito. Anna sentiva una pugnalata allo stomaco ogni volta che, alzando lo sguardo, vedeva il viso pallido e smunto del figlio: da un mese, ormai, dormire e mangiare erano per lui parole vuote, corroso com’era dai demoni che si erano impossessati della sua vita.
Il padre del ragazzo era in viaggio per affari già da una settimana, e non sarebbe tornato a casa che alla fine del mese. «L’occasione è irripetibile…» pensava la donna, «…senza mio marito in giro sarà più facile… circuire… circuire mio figlio». L’espressione le causava ribrezzo, ma di questo si trattava: inutile nascondere la mostruosità del suo proposito con eleganti eufemismi.
- Che hai, ma’? -chiese il ragazzo mentre cenavano- …Mi sembri preoccupata.
- No, no… non è nulla, sono solamente un po’ stanca…
- Sarà, ma hai una faccia! Non avrai l’influenza spero. Senti ma’, perchè non ti stendi un po’ sul letto? Ti preparo qualcosa di caldo e te lo porto.
Anna interpretò questa gentilezza del figlio come un segno inviatole dagli Oscuri Poteri, che spingevano il ragazzo inconsapevole nella sua camera, nel letto stesso in cui era stato concepito, affinché la madre potesse trascinarlo in quell’abominevole unione.
Per un istante pensò di lasciar perdere tutto, disgustata.
Ma la maga tornò nella sua testa, a sussurrarle le sue parole di sventura.
Un nuovo, rinvigorito coraggio si impadronì della donna: «Devo farlo, ne va della vita di mio figlio. Devo congiungermi a lui… dobbiamo fare l’amore, ad ogni costo. Probabilmente rifiuterà scandalizzato… penserà che sono una pazza, e forse lo sono… ma avrò mio figlio, a costo di drogarlo… o legarlo al letto! Domani forse mi ripudierà come madre, se ne andrà di casa, mi lascerà… senza capire. Ma io saprò! Saprò di avergli salvato la vita, e questo mi basterà».
* * * * * * * * * *
Entrata in camera si spazzolò con cura la folta chioma corvina e, quasi vergognandosene, iniziò a truccarsi leggermente il viso, per valorizzarne la bellezza matura e delicata.
Da pochi minuti riposava adagiata sul grande letto, avvolta in un’elegante vestaglia di seta bianca, quando sentì bussare alla porta.
- Entra pure, amore… -sussurrò tremante, soldato alla vigilia della battaglia.
La figura del figlio Davide si stagliò imponente sulla soglia. Un colosso di quasi due metri, dimagrito e impallidito dopo un mese di digiuni e di notti insonni, ma pur sempre tonico e scattante, con le larghe spalle modellate dal nuoto e dalla pallacanestro.
Anna lo fissò un attimo, accorgendosi, con vergogna mista a paura, che l’atto che stava per compiere con suo figlio non le era del tutto sgradito. Perlomeno non al fiore carnoso che, tra le cosce, si andava già bagnando di rugiada.
- Ti senti meglio, mamy? -chiese il ragazzo, avvicinandosi e porgendole una tazza di latte caldo.
- Mmmh… qualcosina… -rispose la donna, spostandosi appena- …ma siediti qui vicino a me, parliamo un po’.
Il ragazzo si sedette accanto a lei, mentre Anna beveva quel latte dolcificato al miele.
- Eh… Davide mio, sto invecchiando… -proseguì Anna, scoprendo ad arte, con gesto impercettibile, parte della lunga e candida coscia sinistra- …non sono più forte e tonica come una volta…
- Ma che dici, mamma? Ma se dimostri dieci anni in meno di quelli che hai!!… E poi sei così… bella…
- Trovi? -mormorò la donna con voce languida, prendendo con finta noncuranza la mano del figlio. La portò delicatamente alla coscia, per poi chiedegli civettuola, con finta curiosità- …Ma questa ti sembra la gamba di una cinquantenne o di una quarantenne?
- Oddio, ma’, hai un paio di gambe che molte ventenni se le sognano ad occhi aperti. Che cosa pensi mai?! -esclamò il ragazzo, più eccitato, in realtà, che turbato.
La fiamma del desiderio represso che le brillava negli occhi, e il bozzo che deformava i pantaloni del figlio, incoraggiarono Anna a proseguire.
- E il resto… ti sembra il corpo di una cinquantenne? -chiese ancora Anna al ragazzo, guidando lentamente la sua mano lungo il ventre piatto e via via su, a lambirle i seni e il collo.
Mancava poco che Davide iniziasse a sbavare, cucciolo pronto per la poppata.
- Ma… mamy, cosa stai cercando di dirmi? -domandò con voce tremante, sperando che i desideri di sua madre rispecchiassero i suoi.
«È cotto a puntino…» pensava la donna, «…se lo tocco viene nelle mutande. Credo che non ci sarà bisogno di legarlo al letto…».
Anna, vista la strada ormai spianata, non tergiversò oltre. Prese la mano del ragazzo e se la posò sul seno, divaricando leggermente le gambe.
- Beh ecco… -mormorò con voce roca, sensuale- …tuo padre ultimamente non mi considera molto come donna, come femmina. Non so se capisci cosa voglio dire…
Davide deglutì rumorosamente, con la virilità esultante nei calzoni.
- Stavo pensando… -continuò la donna, guardando verso la patta rigonfia- …che visto l’effetto che ti faccio potresti pensarci tu alla tua mamma, al posto di tuo padre. Sarebbe il nostro piccolo segreto, e tutto resterebbe in famiglia…
- Ma tu sei mia mad… -farfugliò senza convinzione il ragazzo. Anna non gli diede il tempo di terminare. Recise l’ultima corda che li separava dal baratro… o dal piacere. Si alzò a sedere e bacio voluttuosamente il figlio sulla bocca.
Le lingue si esploravano impazzite, mentre il giovane saggiava e impastava le dolci carni materne.
- Mi fai morire, ma’… ti voglio… adesso ci penso io a te… -balbettò Davide, spogliando la madre.
Il corpo fresco e al contempo maturo di Anna, la pelle setosa, i piccoli seni quasi adolescenziali dai purpurei capezzoli eretti, la glabra intimità di lei… tutto questo rese bruciante in lui il desiderio di possederla.
La donna tolse i pantaloncini del figlio, gettandosi ingorda sul membro teso. Iniziò a massaggiarlo con la linguetta guizzante, solleticandolo con lenti movimenti circolari, per poi ingoiarlo decisa.
- Mmmmm… che brava… -azzardò Davide, osservando le labbra della madre che risalivano e discendevano alternativamente lungo la verga.
Anna si accorse di provare piacere nel sottoporre il figlio a quel trattamento.
- Sì amore, sono brava… lo sono solo per te… -bofonchiò interrompendo brevemente la fellatio, ormai rapita dai sensi.
- Basta, mamma… -esclamò Davide d’un tratto, ritraendosi, la consistente asta tesa allo spasimo e gocciolante di saliva- …non voglio venirti in bocca, non ancora…
- Hai ragione, cucciolo mio. Vieni, qui, vieni al caldo, dalla tua mamma! -sussurrò Anna, con la voce resa roca dal desiderio, dimentica degli scrupoli che l’avevano assalita nel pomeriggio. Ora c’era solamente un possente maschio che bramava di dissetarsi alla sua fonte; che poi essa fosse la stessa da cui era sgorgato urlante tanti anni prima, poco importava.
Si sdraiò dischiudendo piano le cosce, mentre il figlio, avvicinatosi a lei, puntava il carnoso scettro all’imboccatura del caldo nido materno.
Un dolore lancinante, quasi una spada incandescente l’avesse penetrata, devastò il pallido ventre di Anna, quando il figlio affondò completamente in lei.
- Aggh… è tutto dentro, mamma… lo senti? -grugnì il ragazzo penetrandola, scavando lentamente le viscere materne.
- Oh, bimbo mio, sei un toro… -mugugnava la donna, emettendo dei gridolini in cui dolore fisico e godimento si mescolavano insieme.
- Ti piace farti scopare da me, vero? -mormorava Davide, leccando avidamente il collo della madre e aumentando gradualmente la profondità e la frequenza dei fendenti che le saziavano il grembo.
Anna stringeva fra le cosce il bacino del figlio, i piedi curati appoggiati sui muscolosi polpacci del ragazzo, assecondandolo nei suoi imperiosi affondi. Solo i grugniti smorzati della coppia in amore e il dolce suono delle carni sudate che si schiaffeggiavano nell’amplesso coprivano il rumore dell’ultimo traffico della sera, brontolìo indistinto che trapelava dalle persiane socchiuse.
Il ritmo si fece frenetico.
- Voglio scoparti fino a farti stramazzare del piacere… -ringhiò Davide, ormai prossimo alla vetta.
Anna, senza riuscire a spiegarselo, sentiva il piacere decuplicare ogni qualvolta il figlio la bersagliava con quelle frasi audaci e determinate.
Il ragazzo uscì precipitosamente dalle madide ed ardenti carni materne, il volto acceso, cercando di calmare la viscida verga affamata di piacere.
- Aspetta ma’… -blaterò respirando forte- …devo farla durare ancora… questa scopata te la devi ricordare a lungo!
Si sdraiò supino, afferrando per un braccio la madre e traendola sopra i suoi quasi due metri di nervi e muscoli.
Anna, i piedi ben piantati sul materasso, si immolò sull’obelisco lucido e pulsante, striato da grosse venature, che il figlio le offriva. Saliva lentamente lungo l’asta, per poi abbassarsi con violenza e farsi arpionare in profondità, lanciando brevi gridolini di godimento accompagnati dal ritmico tamburellare dei testicoli contro la sua rorida femminilità.
Si impalò sul figlio a quel modo per alcuni minuti, finchè la muscolatura delle gambe glielo consentì.
Quando, nello sforzo, Anna iniziò a rallentare il ritmo e a tremare leggermente, Davide le divaricò brutalmente le cosce e l’attirò a sé.
- Ti piace, vero, così? -latrava il ragazzo, iniziando a penetrare la madre con furia selvaggia, insensibile alle urla e ai singhiozzi soffocati di lei che rimbombavano nella stanza.
- Mi fai… ahhh… male, Davide… -guaiva la povera donna sempre più piano, conscia dell’inutilità dei suoi lamenti.
Davide ormai era immerso nel caldo magma dei sensi. Prese a suggere con violenza sempre maggiore i capezzoli materni, che divennero ben presto violacei e grossi come ditali a causa del trattamento, bofonchiando frasi sconnesse.
La madre, pervasa dal dolore lancinante che le sbranava il ventre ed il seno, stava per ribellarsi a quella foga brutale: l’orgasmo del figlio giunse come la liberazione da un martirio.
Quando avvertì le contrazioni che precedono il sommo piacere, questi abbandonò le tiepide pieghe della madre e, prendendola in modo brusco per un braccio, la fece inginocchiare.
- Apri la bocca che ti faccio assaggiare qualcosa di buono… la mia cremina… -sibilò, aprendo con le dita le labbra di Anna.
Appena in tempo.
Violenti fiotti di seme inondarono il viso della donna, gocciolando sui seni e sul pallido ventre. Una parte consistente le finì direttamente in gola; Davide la costrinse ad inghiottirla, infilando nuovamente la verga ormai sazia nella bocca della madre.
- Puliscimelo! Deve brillare! -ordinò ad Anna, lasciando il membro immerso nella calda grotta.
La donna, il volto disfatto che ora dimostrava vent’anni di più, lo ripulì accuratamente. Alcune lacrime si mischiavano allo sperma e al mascara colato che le impiastricciavano il volto.
Il ragazzo si abbeverò altre volte alla fonte materna, quella notte, lasciandola lacera e dolorante, ma anche sazia d’un perverso appagamento.
Poi, sul far dell’alba, Davide le fece una ulteriore richiesta.
- Girati, adesso, che ti lavoro un po’ nel culo!
La madre lo sorprese, rifiutando risolutamente.
«Non l’ho mai fatto con nessuno… nemmeno con suo padre, che non ha quella biscia tra le gambe…» pensava, osservando il notevole membro eretto del figlio. «E poi la maga è stata chiara. Dovevo giacere con lui e l’ho fatto, e ad essere onesta mi è anche piaciuto molto… ma questa cosa del sedere non mi va giù. Rischia di farmi male sul serio, è così grosso! Gli ho concesso più di un rapporto completo… e anche altro; gli Oscuri Poteri si saranno sicuramente placati! No, nel culo no…».
Il ragazzo cercò ripetutamente di convincere la madre a farsi sodomizzare, arrivando fin quasi a violentarla. Ma Anna fu irremovibile: l’implume e tiepido budello, deliziosamente pieghettato, rimase inesplorato.
* * * * * * * * * *
- Ho una bella notizia da darle, signora!!… -disse la maga Pamela, abbassando lentamente le carte- Suo figlio è libero. Gli Oscuri Poteri hanno accettato il sacrificio. Unendosi con il ragazzo che avevo visto nelle carte due giorni fa, ha placato la loro sete di anime. Ma poi… per curiosità, chi era questo ragazzone? Un amico di suo figlio? Un conoscente? Lasci stare, signora mia, fa lo stesso… non sono fatti miei… -concluse, notando l’espressione gioiosa ma perplessa di Anna.
Tornando a casa, alla signora B****o il sole parve più splendente del solito e l’aria più profumata…
Appena la donna ebbe voltato l’angolo, Davide salì in fretta le scale ed entrò nello studio della maga. Una violenta erezione l’aveva colto osservando la madre allontanarsi, bella ed elegante più del solito.
Ma, alla vista della maga, la tigre tra gli slip ritornò gattino.
- Oh, il nostro ragazzone…! -lo salutò la fattucchiera vedendolo entrare- …Allora, ti sei divertito con la mammina?
- Mmmm… non è stato male… -rispose Davide, guardandosi attorno.
- Ho fatto un bel lavoro, ti ho descritto alla perfezione. E poi quell’idea delle cifre della tua data di nascita è stata geniale!! Non trovi?
- Sì, sì, brava! Però mi sono fatto il culo anch’io, che ti credi?… Un mese a non mangiare e a dormire ancora meno, per convincerla a parlarti di me, dei miei presunti problemi… lei che per ogni cazzata viene qua! Mi alzavo la notte a sgranocchiare qualcosa, per non morire di fame.
- Però ammettilo che ti sei divertito… porcellino! -lo interruppe la maga sghignazzando.
- E ho anche dovuto farmi quel cazzo di tatuaggio, proprio io che non li sopporto, per avere un segno di riconoscimento certo! -proseguì il ragazzo, mettendosi pure lui a ridere- Va beh, adesso devo andare… maga! -disse infine, con tono ironico.
Prese dal portafogli due biglietti da cento euro e li porse alla donna.
- Ehi… facciamo i furbi?… -esclamò la fattucchiera, osservando le banconote- …Si era parlato di quattrocento euro, per il favore che ti ho fatto!
- Gli altri duecento te li darò la prossima volta… -le rispose Davide- …quando convincerai la mia cara mammina a darmi anche il culo!
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