Colpevolmente in anticipo pt.1
di
LadyFrost8
genere
incesti
Fui la prima ad arrivare a casa di Micky.
Le nostre madri sono sorelle e la mia famiglia abita nella villetta affianco alla sua, ma ora le nostre famiglie sono entrambe partite per trascorrere le vacanze primaverili in montagna, ragion per cui sia io che lui siamo a casa da soli.
Siamo rimasti perché entrambi frequentiamo l’università, veterinaria io, economia lui, e abbiamo degli esami da preparare, ma questo non ci impedirà di festeggiare Pasquetta con la tradizionale grigliata. Anzi, mio cugino, disponendo di un barbecue e di una piscina, ha offerto casa sua ai nostri amici, i quali arriveranno per le 12.00
Ma allora cosa ci faccio, io, alla sua porta, allo scoccare delle 11.00?
Beh, sappiate che io e Micky siamo quasi coetanei, cresciuti insieme, lui è come un fratello per me (forse non dovrei dire così, hihihi). Durante gli anni del liceo si è sorbito tutte le mie paranoie in fatto di litigi, outfit e ragazzi. Per questo ho pensato di far valutare a lui se il bikini che ho appena acquistato non sia un po’ too much per l’imminente occasione.
DRIIIIIIN
Suono alla porta per tre secondi netti, così che prima ancora di adocchiare il citofono sappia che sono io, e infatti il cancello si apre con uno scatto metallico senza che l’interfono emetta una voce.
Attraverso il vialetto, apro la porta ed eccomi nell’atrio. Mi addentro nella casa come fosse mia, ma la scopro deserta. È uscendo nel giardino sul retro che lo trovo.
Eccolo, accovacciato ai piedi del barbecue mentre controlla il gas residuo nella bombola. Sotto l’insolitamente caldo sole di questo aprile, Micky non porta la maglietta, e subito i miei occhi scendono dai sui lunghi capelli biondi, in cui la luce si intesse, lungo la sua spina dorsale, snella ma tonica e lievemente lucida, fino a fissarsi sui glutei perfetti, velati dal criminale boxer da bagno. Sono ancora all’ombra della veranda, ma ciò non mi impedisce di sentirmi avvampare.
“Sei in anticipo, Moni” fa lui senza voltarsi e continuando ad armeggiare
“Lo so, scusami, è che volevo mostrarti il mio costume prima che arrivino gli altri. Sai… forse è un po’ sfacciato”
Non avrei potuto proferire miglior formula magica. Eccolo richiudere di scatto il portoncino del barbecue, ergersi ed esaminarmi, da capo a piedi, coi occhi di giada, da una ciocca di d’oro velati, mentre una singola goccia di sudore scivola sulla linea incavata che divide i suoi addominali. Sul suo viso c’è un sorriso felino, famelico, ma che subito svanisce.
“Quelli a me sembrano degli shorts e una canotta” nota “Forse solo in chiesa ti chiamerebbero sfacciata”
“Non lo indosso ancora sciocco” ribatto io con una linguaccia “Anzi, aspetta che vado a cambiarmi”
Faccio dietrofront e mi dirigo verso il bagno di servizio. Scivolò fuori dai vestiti in un batter d’occhio, lanciando poi sul pavimento anche reggiseno e slip indumiditisi. Mi do un occhiata allo specchio, fingendo di ravvivare i miei fluenti capelli castani, ma in realtà sono le mie tette che sto guardando. Le strizzo un po’, sentendo i capezzoli indurirsi in un istante, prima di confinarle nella rinforzata stoffa del pezzo sopra del bikini che faticherà a contenere la loro quarta misura. Ed eccomi legare in vita il laccio de pezzo di sotto, rosa confetto come il suo compagno. È largo quel che basta per coprire le labbra della mia fighetta, perfettamente depilata, ma lascia ben vedere le linee di donna che dai fianchi convergono nel segreto giardino dei piaceri. Mi volto per dare un occhiata al filo posteriore, già svanito nel solco del mio culo alto. Mi mordo il labbro e sorrido, pregando che il tempo rallenti.
Quando esco di nuovo in giardino, vedo Micky sdraiato a bordo piscina, con una gamba a penzoloni in acqua e una sigaretta fra le labbra. Ha gli occhi socchiusi, e pertanto non mi nota mentre ancheggio nell’avvicinarmi. Quando, ancora in piedi, mi metto a cavalcioni sopra di lui, coprendogli il sole, però, non può mancare di guardarmi.
“Sai, forse hai ragione” fa con il tono pigro di un gattone assommato mentre squadra in mezzo alle mie gambe aperte e sotto al rigonfiamento delle tette
“Su cosa?” domando “È troppo volgare?”
“Difficile a dirsi. A una prima occhiata si…” eccolo che come un gatto scatta, balza in piedi e, strizzandomi il culo con le mani aperte mi solleva di peso, incurante dei miei urletti bugiardi “ ma dovrei controllare da più vicino”
Volando a un metro dal suolo, mi trovo con gli occhi a un centimetro dai suoi. Le fiamme nel mio basso ventre divampano e i bollori risalgono fino alle guance. Non riesco a resistere e mi getto sulle sue labbra. Lui mi accoglie, baciandomi a sua volta, con voga, quasi a volermi divorare, ma presto si stacca, scivolando verso l’incavo del mio collo e succhiando avidamente.
“Non qui” ringhia domando la lussuria “Potrebbero vederci”
“Chi?” domando io con ancora la schiena arcuata pregando che continui “Siamo sul retro dell’ultima villa del viale. Siepi tutto attorno. Solo da casa mia potrebbero, ma non c’è nessuno”
“Non importa, non si sa mai”
Non si può contraddirlo, ha sempre ragione, o almeno così crede. Ma anche lui vuole ciò che voglio io, e pertanto di peso mi porta in casa, nell’atrio, ove si trova il grande divano sulla cui penisola mi lascia cadere. È dall’alto che, dopo aver lanciato un occhiata all’orologio e aver constato che mancano ancora 45 minuti alle 12.00, mi squadra.
“Controlliamo prima il pezzo di sopra”
Si china verso di me e le sue mani mi lambiscono le costole prima di risalire come languide serpi ad artigliarmi i seni. Ah, che piacere sentirlo toccarmi come la prima volta, quando eravamo ragazzini alla scoperta dei loro nuovi corpi. Li estrae dalle coppe del costume, li strizza, li impasta, li succhia e divora fino a che i capezzoli non diventano marmo, il mio petto un incendio, e la mia figa un lago. È allora che, quasi richiamato dai miei umori, scende laggiù. Non ha neanche bisogno di scostare il costume per trovare, con la lingua, il turgido bottoncino del mio piacere. Ci si avventa, danzando con la lingua sino a titillarmi l’anima. Quando, nel mio bruciante alveo, affonda, senza preavviso alcuno, anche due dita, non posso che arcuare il bacino dal piacere e venire.
Credo che l’estasi mi abbia resa cieca per una manciata di secondi. Quando rinvengo, visione paradisiaca. Il suo cazzo svetta su di me, possente, duro, incurvato e dominante, come un fiero leone dalla criniera dorata. Quando la mano di Micky mi afferra i capelli e mi dirige verso di lui, non esito a prenderlo in bocca. È con lui che, anni e anni fa, ho imparato a fare i pompini, ed è lui che più d’ogni altro ne ha goduto, come sta facendo in questo momento. Lo ricopro di saliva, così che agevolmente scivoli fino al fondo della mia gola, mentre con una mano torco la pelle dell’asta e con l’altra gli massaggio i coglioni di pietra, ricolmi di sborra che non vedo l’ora di estrarre. I miei grandi occhi lo fissano dal basso, come quelli di un’indifesa cerbiatta, come fanno nei porno. Lo faccio per monitorare il suo piacere, accompagnato da gutturali ringhi, ma anche per mostrarmi sottomessa, così da eccitarlo ancor di più nel mostrargli come può dominarmi. Lo sento gonfiarsi e pulsare sempre più fra le mie labbra mentre con una mano mi titilla una tetta strizzata fuori dal costume, ma, quando ormai è sul punto di venire (ormai lo capisco sempre), eccolo che si ritrae.
Un’altra occhiata all’orologio, poi eccolo prendermi per i fianchi, voltarmi a carponi sul divano e, prima che possa anche solo sospirare, trafiggermi con la sua spada.
“Ecco ciò che volevo” penso mentre non riesco a far altro che gemere “Essere montata a pecora, come una cagna, una puledra, dal suo maschio”
Il peso della sua irruenza mi schiaccia, e io devo piegarmi a lui. Sento i capezzoli lambire la stoffa del sofà mentre le sue granitiche palle mi sbattono contro le labbra della fica. Ah, ecco di nuovo il piacere crescere come cresce la marea.
“Sì!” urlo “Sì, sbattimi come una troia. Dammelo tutto!”
“Ti piace prenderlo da dietro, eh?” mi provoca lui mentre uno schiaffo mi arrossa il culo, suscitandomi un altro gridolino di piacere “Non ti preoccupare, adesso ti riempio”
“Oh sì, ti prego. Ingravidami!”
In realtà prendo la pillola, non c’è alcun pericolo, ma so che quella fantasia lo eccita, e a dir la verità anche a me fa montare il godimento abbandonarmi, anche se per finta, alla primigenia natura dell’accoppiamento.
Lui, come previsto, non se lo fa ripetere due volte, mi copre, mentre il suo bacino continua a sbattere sul mio culo, e mi afferra le tette, come se da esse dipendessero le nostre vite. I suoi affondi si fanno sempre più rapidi, sempre più profondi. Il calore è ormai al di sopra della soglia di sicurezza. Sento mancarmi il respiro. Poco importa, c’è lui ad ansimare a un centimetro dal mio viso.
E infine eccolo, con una spinta dirompente punta il suo glande proprio sulla bocca del mio utero, e mosso da pelviche contrazioni, ruggendo cupamente, mi versa dentro un mare di sborra fumante, emessa in una decina di caldi, densi, fiotti. Io, costretta sotto di lui, non posso muovermi, non posso scappare, posso solo attendere, godendo, che questo maschio termini di inseminarmi. L’idea mi eccita a tal punto che non posso, ne voglio, contenere il secondo orgasmo che mi assale, tanto violento da spegnermi, nuovamente, i sensi.
Quando rinvengo, riversa sul divano con un sorrisetto soddisfatto sul volto, Micky si è già rivestito, e nell’allacciarsi il costume indica l’orologio.
“Fra venti minuti tutti saranno qui” mi fa notare “Dovresti darti una sistemata”
Solo allora noto che, nell’uscire da me, mi ha risistemato gli slip del costume, così che, piena di sperma come sono, non macchiassi il divano, ma ciò ovviamente non ha impedito al suo seme di colare, dolcemente, fino alla stoffa. Balzo in piedi, mettendomi una mano fra le cosce per arginarne la fuoriuscita. Ma quanta ne aveva nelle palle?
Ridacchio e gli do una spinta prima di scappare via.
“Ma dove vai?” mi urla dietro
“A fare un tuffo in piscina” rido io
Bagnandomi da capo a piedi non si noterà una chiazza proprio lì. D’altronde questo costume non voglio cambiarlo, è stato approvato.
Splash!
Le nostre madri sono sorelle e la mia famiglia abita nella villetta affianco alla sua, ma ora le nostre famiglie sono entrambe partite per trascorrere le vacanze primaverili in montagna, ragion per cui sia io che lui siamo a casa da soli.
Siamo rimasti perché entrambi frequentiamo l’università, veterinaria io, economia lui, e abbiamo degli esami da preparare, ma questo non ci impedirà di festeggiare Pasquetta con la tradizionale grigliata. Anzi, mio cugino, disponendo di un barbecue e di una piscina, ha offerto casa sua ai nostri amici, i quali arriveranno per le 12.00
Ma allora cosa ci faccio, io, alla sua porta, allo scoccare delle 11.00?
Beh, sappiate che io e Micky siamo quasi coetanei, cresciuti insieme, lui è come un fratello per me (forse non dovrei dire così, hihihi). Durante gli anni del liceo si è sorbito tutte le mie paranoie in fatto di litigi, outfit e ragazzi. Per questo ho pensato di far valutare a lui se il bikini che ho appena acquistato non sia un po’ too much per l’imminente occasione.
DRIIIIIIN
Suono alla porta per tre secondi netti, così che prima ancora di adocchiare il citofono sappia che sono io, e infatti il cancello si apre con uno scatto metallico senza che l’interfono emetta una voce.
Attraverso il vialetto, apro la porta ed eccomi nell’atrio. Mi addentro nella casa come fosse mia, ma la scopro deserta. È uscendo nel giardino sul retro che lo trovo.
Eccolo, accovacciato ai piedi del barbecue mentre controlla il gas residuo nella bombola. Sotto l’insolitamente caldo sole di questo aprile, Micky non porta la maglietta, e subito i miei occhi scendono dai sui lunghi capelli biondi, in cui la luce si intesse, lungo la sua spina dorsale, snella ma tonica e lievemente lucida, fino a fissarsi sui glutei perfetti, velati dal criminale boxer da bagno. Sono ancora all’ombra della veranda, ma ciò non mi impedisce di sentirmi avvampare.
“Sei in anticipo, Moni” fa lui senza voltarsi e continuando ad armeggiare
“Lo so, scusami, è che volevo mostrarti il mio costume prima che arrivino gli altri. Sai… forse è un po’ sfacciato”
Non avrei potuto proferire miglior formula magica. Eccolo richiudere di scatto il portoncino del barbecue, ergersi ed esaminarmi, da capo a piedi, coi occhi di giada, da una ciocca di d’oro velati, mentre una singola goccia di sudore scivola sulla linea incavata che divide i suoi addominali. Sul suo viso c’è un sorriso felino, famelico, ma che subito svanisce.
“Quelli a me sembrano degli shorts e una canotta” nota “Forse solo in chiesa ti chiamerebbero sfacciata”
“Non lo indosso ancora sciocco” ribatto io con una linguaccia “Anzi, aspetta che vado a cambiarmi”
Faccio dietrofront e mi dirigo verso il bagno di servizio. Scivolò fuori dai vestiti in un batter d’occhio, lanciando poi sul pavimento anche reggiseno e slip indumiditisi. Mi do un occhiata allo specchio, fingendo di ravvivare i miei fluenti capelli castani, ma in realtà sono le mie tette che sto guardando. Le strizzo un po’, sentendo i capezzoli indurirsi in un istante, prima di confinarle nella rinforzata stoffa del pezzo sopra del bikini che faticherà a contenere la loro quarta misura. Ed eccomi legare in vita il laccio de pezzo di sotto, rosa confetto come il suo compagno. È largo quel che basta per coprire le labbra della mia fighetta, perfettamente depilata, ma lascia ben vedere le linee di donna che dai fianchi convergono nel segreto giardino dei piaceri. Mi volto per dare un occhiata al filo posteriore, già svanito nel solco del mio culo alto. Mi mordo il labbro e sorrido, pregando che il tempo rallenti.
Quando esco di nuovo in giardino, vedo Micky sdraiato a bordo piscina, con una gamba a penzoloni in acqua e una sigaretta fra le labbra. Ha gli occhi socchiusi, e pertanto non mi nota mentre ancheggio nell’avvicinarmi. Quando, ancora in piedi, mi metto a cavalcioni sopra di lui, coprendogli il sole, però, non può mancare di guardarmi.
“Sai, forse hai ragione” fa con il tono pigro di un gattone assommato mentre squadra in mezzo alle mie gambe aperte e sotto al rigonfiamento delle tette
“Su cosa?” domando “È troppo volgare?”
“Difficile a dirsi. A una prima occhiata si…” eccolo che come un gatto scatta, balza in piedi e, strizzandomi il culo con le mani aperte mi solleva di peso, incurante dei miei urletti bugiardi “ ma dovrei controllare da più vicino”
Volando a un metro dal suolo, mi trovo con gli occhi a un centimetro dai suoi. Le fiamme nel mio basso ventre divampano e i bollori risalgono fino alle guance. Non riesco a resistere e mi getto sulle sue labbra. Lui mi accoglie, baciandomi a sua volta, con voga, quasi a volermi divorare, ma presto si stacca, scivolando verso l’incavo del mio collo e succhiando avidamente.
“Non qui” ringhia domando la lussuria “Potrebbero vederci”
“Chi?” domando io con ancora la schiena arcuata pregando che continui “Siamo sul retro dell’ultima villa del viale. Siepi tutto attorno. Solo da casa mia potrebbero, ma non c’è nessuno”
“Non importa, non si sa mai”
Non si può contraddirlo, ha sempre ragione, o almeno così crede. Ma anche lui vuole ciò che voglio io, e pertanto di peso mi porta in casa, nell’atrio, ove si trova il grande divano sulla cui penisola mi lascia cadere. È dall’alto che, dopo aver lanciato un occhiata all’orologio e aver constato che mancano ancora 45 minuti alle 12.00, mi squadra.
“Controlliamo prima il pezzo di sopra”
Si china verso di me e le sue mani mi lambiscono le costole prima di risalire come languide serpi ad artigliarmi i seni. Ah, che piacere sentirlo toccarmi come la prima volta, quando eravamo ragazzini alla scoperta dei loro nuovi corpi. Li estrae dalle coppe del costume, li strizza, li impasta, li succhia e divora fino a che i capezzoli non diventano marmo, il mio petto un incendio, e la mia figa un lago. È allora che, quasi richiamato dai miei umori, scende laggiù. Non ha neanche bisogno di scostare il costume per trovare, con la lingua, il turgido bottoncino del mio piacere. Ci si avventa, danzando con la lingua sino a titillarmi l’anima. Quando, nel mio bruciante alveo, affonda, senza preavviso alcuno, anche due dita, non posso che arcuare il bacino dal piacere e venire.
Credo che l’estasi mi abbia resa cieca per una manciata di secondi. Quando rinvengo, visione paradisiaca. Il suo cazzo svetta su di me, possente, duro, incurvato e dominante, come un fiero leone dalla criniera dorata. Quando la mano di Micky mi afferra i capelli e mi dirige verso di lui, non esito a prenderlo in bocca. È con lui che, anni e anni fa, ho imparato a fare i pompini, ed è lui che più d’ogni altro ne ha goduto, come sta facendo in questo momento. Lo ricopro di saliva, così che agevolmente scivoli fino al fondo della mia gola, mentre con una mano torco la pelle dell’asta e con l’altra gli massaggio i coglioni di pietra, ricolmi di sborra che non vedo l’ora di estrarre. I miei grandi occhi lo fissano dal basso, come quelli di un’indifesa cerbiatta, come fanno nei porno. Lo faccio per monitorare il suo piacere, accompagnato da gutturali ringhi, ma anche per mostrarmi sottomessa, così da eccitarlo ancor di più nel mostrargli come può dominarmi. Lo sento gonfiarsi e pulsare sempre più fra le mie labbra mentre con una mano mi titilla una tetta strizzata fuori dal costume, ma, quando ormai è sul punto di venire (ormai lo capisco sempre), eccolo che si ritrae.
Un’altra occhiata all’orologio, poi eccolo prendermi per i fianchi, voltarmi a carponi sul divano e, prima che possa anche solo sospirare, trafiggermi con la sua spada.
“Ecco ciò che volevo” penso mentre non riesco a far altro che gemere “Essere montata a pecora, come una cagna, una puledra, dal suo maschio”
Il peso della sua irruenza mi schiaccia, e io devo piegarmi a lui. Sento i capezzoli lambire la stoffa del sofà mentre le sue granitiche palle mi sbattono contro le labbra della fica. Ah, ecco di nuovo il piacere crescere come cresce la marea.
“Sì!” urlo “Sì, sbattimi come una troia. Dammelo tutto!”
“Ti piace prenderlo da dietro, eh?” mi provoca lui mentre uno schiaffo mi arrossa il culo, suscitandomi un altro gridolino di piacere “Non ti preoccupare, adesso ti riempio”
“Oh sì, ti prego. Ingravidami!”
In realtà prendo la pillola, non c’è alcun pericolo, ma so che quella fantasia lo eccita, e a dir la verità anche a me fa montare il godimento abbandonarmi, anche se per finta, alla primigenia natura dell’accoppiamento.
Lui, come previsto, non se lo fa ripetere due volte, mi copre, mentre il suo bacino continua a sbattere sul mio culo, e mi afferra le tette, come se da esse dipendessero le nostre vite. I suoi affondi si fanno sempre più rapidi, sempre più profondi. Il calore è ormai al di sopra della soglia di sicurezza. Sento mancarmi il respiro. Poco importa, c’è lui ad ansimare a un centimetro dal mio viso.
E infine eccolo, con una spinta dirompente punta il suo glande proprio sulla bocca del mio utero, e mosso da pelviche contrazioni, ruggendo cupamente, mi versa dentro un mare di sborra fumante, emessa in una decina di caldi, densi, fiotti. Io, costretta sotto di lui, non posso muovermi, non posso scappare, posso solo attendere, godendo, che questo maschio termini di inseminarmi. L’idea mi eccita a tal punto che non posso, ne voglio, contenere il secondo orgasmo che mi assale, tanto violento da spegnermi, nuovamente, i sensi.
Quando rinvengo, riversa sul divano con un sorrisetto soddisfatto sul volto, Micky si è già rivestito, e nell’allacciarsi il costume indica l’orologio.
“Fra venti minuti tutti saranno qui” mi fa notare “Dovresti darti una sistemata”
Solo allora noto che, nell’uscire da me, mi ha risistemato gli slip del costume, così che, piena di sperma come sono, non macchiassi il divano, ma ciò ovviamente non ha impedito al suo seme di colare, dolcemente, fino alla stoffa. Balzo in piedi, mettendomi una mano fra le cosce per arginarne la fuoriuscita. Ma quanta ne aveva nelle palle?
Ridacchio e gli do una spinta prima di scappare via.
“Ma dove vai?” mi urla dietro
“A fare un tuffo in piscina” rido io
Bagnandomi da capo a piedi non si noterà una chiazza proprio lì. D’altronde questo costume non voglio cambiarlo, è stato approvato.
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