Donna di vita

Scritto da , il 2010-03-19, genere etero

Sono nata nel 1949: mio padre era un operaio, mia mamma faceva le pulizie in qualche casa privata e arrotondava facendo qualche marchetta. Me ne accorsi quando avevo dieci anni e, casualmente, la vidi uscire dalla camera da letto insieme a un uomo che non era mio padre. Mia madre, fra l'altro, era incinta del mio ultimo fratello (in tutto siamo quattro: io la maggiore e poi tre maschi). In un primo tempo trasalì non pensandomi in casa, poi mi prese da parte e mi spiegò che qualche soldo in più era necessario per mandare avanti la baracca. Io, che in un primo tempo avevo provato disgusto, capii i motivi. E in seguito mi capitò altre volte di assistere alla stessa scena. Anzi, a volte pure di vederla entrare in camera da letto, perchè sapendo che io sapevo mia madre non si faceva problemi a ricevere uomini quando ero in casa. Un anno dopo, nel 1960, presi la licenza elementare: a scuola ero molto brava, ma di fare le medie non se ne parlava. A undici anni e mezzo (sono nata a febbraio) andai a lavorare: prima da una sarta, poi da una parrucchiera. A quattordici anni cominciai a uscire con delle amiche e incontravamo dei ragazzi, ma io che ero un pò la Cenerentola della situazione venivo spesso umiliata dai ragazzi che sottolineavano i miei vestitini di poco pregio, la mia riluttanza a mangiare una pizza in compagnia, etc. Ovvero, mi rinfacciavano le mie umili origini e il fatto che i pochissimi soldi che mi ritrovavo in tasca cercavo di tenerli da conto. La cosa mi faceva male, non so quante volte ho pianto per questo. Fino ad evitare di uscire e a rinchiudermi in me stessa. Presi la licenza media, nel 1970, con le 150 ore e nello stesso anno, nella prima vacanza della mia vita (sei giorni al mare) conobbi Franco, un giovane di 25 anni che faceva il camionista e abitava in una città distante 150 Km. dalla mia e che nella mia città veniva spesso per lavoro. Fu amore a prima vista, al punto che io, ancora vergine a 21 anni e mezzo, tornai a casa deflorata. Con Franco ci vedemmo abbastanza spesso nella mia città. Fino a quando, verso la fine di febbraio del 1972, ebbi la conferma di essere incinta. Franco non si tirò indietro (e come avrebbe potuto?) e in fretta ci sposammo, il 29 marzo (era un mercoledì). Lasciai la mia città e andai a vivere nella casa dei suoi genitori dove abitava pure lui (una villetta periferica ma spaziosa). Lì ebbi la prima sorpresa. Mio suocero mi invitò nella sua abitazione e, in presenza anche di mia suocera, mi disse: "Franco fa un lavoraccio e guadagna piuttosto bene, ma tu devi contribuire alle entrate della famiglia. Voi donne in mezzo alle gambe avete una banca, io ti posso far lavorare. Ti tieni il 40 percento dell'incasso, il resto lo teniamo noi. Le spese per i guanti, i fazzolettini etc. ce le accolliamo noi. Ho un posto libero ed è tuo". Rimasi interdetta: "Dovrei fare la puttana?" "Dovrai fare la vita - rispose mia suocera - la faccio anch'io che ho già 50 anni, la fa mia figlia che ne ha 24. Perchè non dovresti farla tu?" "Ci devo pensare, non sono d'accordo, e poi Franco che ne pensa?" "Che vuoi che ne pensi Franco: ha 27 anni e sta per diventare padre, ma è ancora un ragazzo. E tu non hai scelta: o fai così o ti gonfiamo di botte e ti rispendiamo a casa tua". "Beh, allora..." "Allora niente. Domani sera cominci. E vedrai quando ti si gonfierà di più la pancia che incassi farai!" Mia suocera mi fece provare un paio di minigonne e mi disse: "Stai benissimo. Lo faresti tirare anche  a un vecchio". La sera riferii tutto a Franco e lui :"Si,lo sapevo. Mio padre, dopo la chiusura dei casini, s'è messo a fare il protettore. Mia madre, che nei casini ci ha lavorato dal 40 al 43, è stata la sua prima assistita. Si sono sposati che io avevo già due anni. Mia madre lavora di giorno, mia sorella di sera. Anche tu dovrai lavorare di sera. Si guadagna bene". "E noi?". "Ma noi ci vogliamo bene. Quello è lavoro e basta". Così la sera dopo mi ritrovai su un vialone di circonvallazione, accompagnata da mio suocero. Il quale mi tolse la fede: "Vederne una incinta non sposata fa più effetto sui clienti". Ricordo ancora il mio primo cliente: un uomo sui quaranta con una seicento nera. "Quanto vuoi?" "Tre col guanto" "Sali". Salii, ci dirigemmo in un vialetto appartato e...iniziò la mia nuova vita. Mio suocero dimostrò coi fatti di aver ragione: più la pancia mi si gonfiava, più clienti facevo. Mia figlia Noemi nacque mercoledì 4 ottobre e io lavorai fino a domenica 1! Nel frattempo mio marito era cambiato: forse anche perchè istigato dalla madre, quando secondo lui sbagliavo me le dava. Ma io gli volevo bene lo stesso, anzi sempre di più. E la mia speranza è che la nostra seconda figlia (Ines), nata il 9 ottobre del 1976, sia stata concepita quando facemmo l'amore proprio dopo che lui mi aveva picchiato duro. E dico speranza perchè sarebbe come mettere assieme gioa e dolore, ovvero la sintesi della mia vita. Vita che continuò sui viali fino a  due anni fa. A quel punto io e mia cognata decidemmo di ritirarci: io avevo  59 anni, mia cognata 60. Lavoravamo di giorno, eravamo indipendenti ma la guerra alla prostituzione di strada e gli incassi che certamente non erano alti ci consigliarono di smettere. Oltretutto, dopo i miei suoceri, se n'era andato anche mio marito. Improvvisamente, nel 2002 (a soli 57 anni). A lui ho dedicato la poesìa scritta ieri che alcuni non hanno apprezzato. Beh, non si può piacere a tutti, capisco benissimo. Sicuramente, però, son convinta che lui avrà apprezzato. E questo mi interessa. Le nostre figlie si sono diplomate e poi sono tornate nella mia città d'origine, a lavorare nell'azienda di uno dei miei fratelli, che avendo fatto fortuna si è ricordato di noi. Sono sposate tutte e due ma non hanno figli. Nostro vanto è stato quello di averle sempre tenute lontane da qualsiasi discorso di prostituzione. Se aveste conosciuto mio suocero capireste che potrebbe essere un merito.       Adesso io vivo nella casa di sempre, a pian terreno. Al piano superiore c'è mia cognata con suo marito. Andiamo d'accordo. Con la reversibiltà della pensione di mio marito e con la mia pensione volontaria ho i mezzi per tirare avanti. Qualcosa da parte ce l'ho. Però se mi capita di fare qualche marchetta casalinga, a differenza di mia cognata non mi tiro indietro. Sono ancora piacente, qualcosa metto in tasca e il fatto che qualcuno mi dia dei soldi, anche se non sono tanti, per chiavarmi, mi fa sentire tanto Femmina.

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