Madre padrona

di
genere
feticismo

Ero fidanzato con Valentina da sei mesi e da sei mesi non davo più una materia all'università.
Mia madre non la sopportava perché la riteneva responsabile del mio scarso rendimento . E aveva ragione.
Ero innamoratissimo di Vale, adoravo le nostre uscite insieme e il sesso con lei riempiva di orgoglio la mia autostima.
Tuttavia, il mio feticismo per i piedi e le scarpe femminili mi impediva di godere appieno di quelle scopate. Valentina aveva dei piedi di una strabiliante bellezza, ma non avevo mai avuto il coraggio di rivelarle le mie pulsioni. Così, per soddisfare il mio puro piacere sessuale mi servivo delle scarpe di mia madre.
Quando mi ritrovavo da solo a casa, aprivo il suo armadio e sceglievo un paio di scarpe da annusare, baciare, leccare. Le mie preferite erano delle décolleté rosa con tacco, perché mia madre le indossava spesso ed erano impregnate dell'odore dei suoi piedi.
Un tardo pomeriggio autunnale, dopo aver trascorso la giornata con Valentina, rincasai sperando di potermi masturbare con un paio di scarpe della mamma ma lei era in casa, seduta sul divano del salotto in compagnia di Giovanna, la madre del mio migliore amico.
"Vieni subito qua" - grido' appena mi vide.
"Perché urli?" - risposi infastidito.
"Urlo perché sono sei mesi che non dai una materia all'università. Oggi sei stato tutto il giorno a bighellonare con quella la e sono sicura che non hai studiato neppure un minuto".
"Studierò stasera"
"Stasera? Stasera so già cosa farai. PlayStation e telefonino. Ecco cosa farai".
Mentre mi madre sbraitava contro di me notai che indossava le décolleté rosa che tante volte erano state protagoniste delle mie seghe.
"Tu non meriti una madre come me, ti dovresti prostrare ai miei piedi e ringraziarmi per tutto quello che faccio per te".
Appena udii quelle parole, ancora ipnotizzato dalle sue scarpe, mi gettai ai suoi piedi e mi scusai per la mia negligenza nello studio.
Giovanna, nel frattempo, assisteva divertita alla scena, pregustava il momento in cui avrebbe raccontato tutto alle sue amiche e, per rendere la situazione ancora più compromettente, suggerì all'amica di mettermi il piede in faccia per punizione.
Mia madre era veramente infuriata e disgustata per il mio comportamento e volle darmi una lezione. Si tolse le scarpe istigata dall'amica e premette il piede sulla mia faccia.
"Da ora in poi ti conviene studiare seriamente e dare almeno un esame prima che finisca l'anno, altrimenti saranno guai". Aveva delle calze di nylon color carne e i suoi piedi sprigionavano un odore sublime .
Mente mi trovavo in quella assurda posizione, squillò il telefono e mia madre si precipitò a rispondere.
Non mi potevo rialzare perché il mio cazzo era divenuto enorme e duro come il marmo e rimasi prostrato a terra. L'infida Giovanna, sempre più divertita, né approfitto' per togliersi le scarpe e poggiare a sua volta i piedi sul mio viso. Anche lei indossava delle calze di nylon color carne e anche i suoi piedi emanavano un aroma fantastico. Inoltre le sue risate rendevano l'umiliazione ancora più eccitante.
Appena mia madre ebbe concluso la breve conversazione la sua perfida amica ritrasse i piedi e calzo' nuovamente le scarpe per non farsi scoprire.
"Che fai ancora per terra?" - Mi rimproverò mia madre - "Alzati e vai a studiare".
Con uno scatto felino mi misi in piedi e scappai nella mi stanza sperando che nessuna delle due donne notasse la mia erezione.
Presi il libro di diritto del lavoro ma proprio in quell'istante riavetti una chiamata di Valentina e rimasi a parlare con lei fino all'ora di cena.
Dopo mangiato aiutai mia madre a rigovernare la cucina perché era ancora livida e arrabbiata e cercavo di rabbonirla.
Invece , non mi rivolse la parola e scomparve nella sua camera da letto. La raggiunsi per chiederle nuovamente di perdonarmi per la mia negligenza e
la ritrovai seduta sulla sua poltrona, intenta a leggere un libro. "Perdonami mamma , ti giuro che da domani studierò con serietà e impegno. Te lo giuro".
Lei non mi degnava neppure di uno sguardo, così mi prostrai nuovamente ai suoi piedi.
"Mi vuoi umiliare di nuovo? Sono pronto. Umiliami, puniscimi , ma per favore dimmi qualcosa".
Mia madre poggiò il libro sul comodino, mi scrutò per qualche secondo, quindi premette energicamente entrambi i piedi sulla mia faccia.
"Se vuoi il mio perdono dovrai rispettare le seguenti regole. Per prima cosa dovrai lasciare quella smorfiosa, perché ti distrae dallo studio. Oltretutto , credo che non sia in grado neppure di soddisfarti sessualmente. Poi, dovrai studiare almeno otto ore al giorno, sabato compreso".
Mia madre, nel pomeriggio, aveva compreso come potermi dominare, aveva intuito il potere che i suoi piedi esercitano su di me e voleva sfruttarlo per riportarmi sulla retta via.
Io stavo immobile, prostrato per terra, a farle da poggiapiedi con la faccia e ad inebriarmi di quell'odore paradisiaco.
"Allora, che mi rispondi ?" -Mi chiese quindi con tono perentorio - "Va bene mamma, farò come vuoi tu".
Non ebbi neppure il tempo di terminare la frase che sborrai copiosamente dentro le mutande.
"Bravo figlio mio" - esclamò mia madre trionfante mentre mi toglieva i piedi dalla faccia - "Se mi ubbidisci ti troverai bene. Inoltre, ti concederò di nuovo i miei piedi ogni qual volta supererai un esame. Sono sicura che ti piacerà molto di più che stare con quella smorfiosa".
Tutto era stato così bello che trovai subito il coraggio di lasciare Valentina. Cominciai a studiare con impegno e dare una marea di esami, per poi bearmi della tanto attesa ricompensa. Neanche a dirlo, due anni dopo, mi laureai con 110 e lode.


scritto il
2024-02-12
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