Rapito e fatto schiavo (parte 2) Il Capanno

di
genere
sadomaso

Taylor divenne cosi il mio Padrone, in ragione della sua forza.
Il giorno seguente, mi imprigionò nel capanno. Piccolo e umido, avevo solo un oblò in vetro insonorizzato e anti sfondamento nell’altissimo soffitto, che mi permetteva di vedere una porzione di cielo. Un Tv, una branda e un minuscolo bagno con sola acqua fredda.
Per farmi stentare maggiormente, vi dicevo, mi fece stare in isolamento, una tortura spesso mitigata dalle sue soventi irruzioni nella mia prigione.
C’erano giorni che per tre volte-quattro volte o più veniva da me per sbattermi a sangue.
A volte non usava il lubrificante per il trombo, perché voleva sentire maggiore frizione sulla sua cappella, mi spiegò. Ma ogni volta mi sfondava completamente. Glielo feci notare, e lui mi rispose: “Mentre tu mi dici questo io godo! Godo!”.

Il Padrone era un bell’uomo sui 50 anni, alto, in linea, culo ancora sodo e rotondo, ano stretto. Era molto muscoloso, quando mi chiavava in posizione in piedi, con la sola forza delle braccia mi prendeva da dietro con le mani sul mio torace. Dato che era molto più alto di me, mi sollevava fino a che il mio culo raggiungeva l’altezza del suo randello di carne e mi traforava per almeno venti minuti tenendomi sempre in sollevazione.
La sua bellezza, trovava il culmine nel suo sontuoso membro, molto lungo, grossa circonferenza, marmoreo, con vene superficiali sull’asta che davano l’illusione che si intrecciassero. Il rosso accentuato della sua cappella forniva entrava dentro un ottimo contrasto al bianco del suo copioso sperma. Con i grandi e pendenti testicoli e la depilazione totale accurata, le sue parti intime davano eccellente espressione di virilità.

Finalmente oggi si esce dal bunker, il Padrone vuole fare sesso violento in campagna. Ci incamminammo finché non trovammo un albero adatto all’immobilizzazione del sottoscritto con le corde. Tra le bisacce pensavo ci fosse il pranzo al sacco anche per me, invece niente. Piuttosto esse erano ben assortite di oggetti sadomaso. Il Padrone dopo aver finito di mangiare sfoderò una nuova frusta che, dal punto di vista estetico, non posso nascondervi fosse superba. Si vantò di averla ordinata dall’Australia e che era in pelle di canguro.
Taylor: “L’ho pagata tanto per cui oggi ti fustigherò a volontà e tu mi descriverai tutti i sapori e le sensazioni che offre la sferza.”
“Certamente Padrone”, obedii.
Dopo una lunga e dolorosa sessione di frusta lo omaggiai con un pompino. Era così eccitato che venne a forti getti sul mio viso, con lo stesso vigore di un ragazzo della mia età. Viso e capelli divennero fradici del suo sperma, la maniacalità del Padrone mi impose non asciugarmi, la mia testa rimase per ore impregnata dagli umori e gli odori delle sue basse viscere.
Passammo una intensa giornata, tra natura e sesso cruento. Arrivati presso una cascata ci fermammo. Calò i suoi e i miei pantaloni e slip e scopò. Allo stesso tempo mi mollava forti schiaffoni in serie sul viso. Poi mi possedette mettendomi al collo la corda di un accappatoio che stringeva forte a ogni colpo del suo membro dentro di me fino a quasi togliermi il fiato. Mi mise a novanta gradi pompandomi il culo mentre mi piantava ripetutamente un frustino da equitazione sulla schiena. Il tutto con vista cascata. Io lo odiavo per questo e rimanevo basito dalla prevaricazione, la morbosità. Ma ci sono, dei suoi amici - lui mi disse - che lo ritengono un vero furbo, una mica scemo, che se la spassare alla grande. Un grande impalatore.

Il giorno dopo dalla prigione sentivo Taylor (il capanno era desonorizzato per i suoni provenienti dell’interno ma non dall’esterno) tagliare della legna.
Pensai che aveva ottenuto il mondo che voleva, un cottage sperduto in una bellissima campagna di chissà quale Stato americano, un’agognata vita eremitica e soprattutto uno schiavo sessuale. Nella vita è riuscito in tutto. Persino prendersi un lusso over-limit di catturare un 18enne e divenirne proprietario. Di lui mi crebbe dell’ammirazione. Lo schiavo se lo scelse bene. Io da persona libera ero molto ambito dalle ragazze, con un sedere d’oro da palpate ai tempi delle fanciulle a quelli delle scopate da quando diventò di Taylor. Con lineamenti facciali graziosi e candidi, nessun pelo allo scultoreo torace e sulla scolpita tartaruga. Schiena e chiappe soavi che attiravano mani e frustate, gambe perfette e piedi di una rara dolcezza e carnosità.

A volte però penso a quanto sia bella la libertà. Vivo sotto chiave in un capanno da ormai 18 mesi e ogni tanto penso al modo in cui fuggire. Col braccialetto elettronico alla caviglia che non solo mi fa rintracciare ma ha anche un taser incorporato che mi colpirebbe con una scarica se dovessi sconfinare, è dura.

Ogni tre notti il braccialetto va ricaricato e lo devo fare in presenza del Padrone. Cercai uno stratagemma. Il giorno della ricarica venne a controllarla Taylor che sa che quando il braccialetto è in fase di ricarica compare una spia rossa. Iniziammo l’operazione della durata di circa 30 minuti. Dovevo trovare il modo di distrarlo per farlo caricare poco e niente.
Siccome so bene che quando gli mostro i segni delle sue frustate sul mio corpo va in estasi, gli dissi che mi aveva lasciato bellissimi disegni sulla schiena l’ultima volta e che avrei voluto mostrarglieli. Lui ovviamente accettò e gli diedi le mie spalle nude per fargli godere lo spettacolo. Io con viso e mani rivolte contro di lui staccai per molto tempo la presa per la ricarica tanto che riuscii nell’intento. Il braccialetto si caricò pochissimo fornendogli solo 4 ore di autonomia.

La notte, il braccialetto si spense, forzai la porta del capanno, rubai l’auto del padrone, dove trovai all’interno 1000 $ che mi presi e scappai verso il primo centro abitato a 400 km dal cottage. Rischiai, lui mi avrebbe punito con 5 anni di gabbia notturna, 2 anni in più di capanno e con la tortura
Mi fermai a metà strada in un motel, ancora non ebbi il coraggio di denunciare il rapimento alle autorità, se l’avessi fatto sarei diventato una celebrità effimera, un bersaglio mobile e il Padrone mi avrebbe scovato e ucciso. Avevo invece intenzione di far perdere le mie tracce dal resto del mondo, così che se Taylor mi avesse trovato mi avesse stanato mi avrebbe riportato a casa sua, benché le conseguenze per me sarebbero state indicibili. Più passava il tempo e più mi sembrava di averla fatta grossa a scappare. Lui è un volto senza nome, senza identità, dotato di grandiosa astuzia. Ma non fu tanto quello che mi inibì nei miei propositi di fuga. Sentii un nuovo impulso sessuale nascere, non lo ebbi mai sperimentato in vita. Mi imponeva di tornare da lui. La spinta era di una forza irresistibile. Mi accorsi che il mio carnefice era riuscito a corrompere la mia sessualità.

Il tempo passava e giunto nel cuore della notte decisi di abbandonare l’idea fuggire. Presi l’auto per tornare dal padrone. Mi accorsi che la strada del rientro la dimenticai e mi disperai.

Poi ebbi l’idea caricare il braccialetto con l’accendi-sigari dell’auto collegato a un USB compatibile col mio dispositivo alla caviglia. Nel tardo pomeriggio mi a catturare Taylor, arrivato fin qui in autostop.

“Non avevo dubbi sul tuo ripensamento, non ti avrei fatto scappare per poi stanarti, ucciderti e perdere il mio investimento costato molto caro”, disse il Padrone e aggiunse: “Il braccialetto mi avverte da remoto quando è al di sotto del 20 percento di carica e tu lo avevi completamente scarico. Ti ho lasciato andare e ti ho agevolato la fuga mettendo le chiavi nel quadro del pick-up, ti ho messo un bel po’ di soldi in bella vista nel veicolo, che non sapevi fosse dotato di GPS il quale mi ha indicato per tutto il tempo la tua posizione. Ora si parte”.
Tornammo a nel suo cottage e per tutto il tragitto mi fece portare una benda agli occhi.
Mi lasciò tre giorni in pace nel mio capanno. Al quarto giorno mi accompagnò nella stanza delle torture dove trovai una gabbia tutta per me.
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scritto il
2023-12-18
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