Family man - Capitolo 6 - Sottomesso

di
genere
etero

Nei giorni successivi la nostra vita riprende a scorrere come al solito. Corriamo su e giù per il lavoro, stiamo dietro ai ragazzi: bisogna accompagnare il maschietto – Andrea - in piscina, ascoltare la femminuccia – Anna - alle prese con i primi problemi e le prime insicurezze tipiche dell’età adolescenziale, ecc. ecc...
Insomma il solito tran-tran quotidiano, che fagocita il nostro tempo e le nostre vite lasciandoci stanchi e svuotati a fine giornata.
Uniche eccezioni sono dei brevissimi istanti in cui i nostri sguardi si incrociano, i nostri corpi si sfiorano, una mano si ferma sul corpo dell’altro/a un po’ più insistentemente del solito a trasmettere quell’energia sessuale di cui siamo pieni, ma che non riusciamo mai a convogliare in uno stesso momento per entrambi.
Sembriamo due amanti segreti, che davanti a tutti, si cercano furtivi, ma che alla fine, troppo timorosi, si evitano per paura di essere scoperti.
La sera nel letto, al buio, ci cerchiamo, ci accarezziamo l’un l’altro, per coccolarci per la lunga, faticosa giornata.
Ma quando le carezze finiscono per accendere il desiderio di uno, diventano per l’altro un fattore di estremo relax, che lo fa sprofondare inerte in uno stato soporoso.
Con il trascorrere dei giorni, tuttavia, il desiderio represso si accumula.
Almeno per me, diventa una insopportabile tortura avere Luisa sotto gli occhi e non poterla avere. Non riesco a fare a meno di pensare al suo caldo culetto, quando finalmente sono riuscito a conquistarlo, all’espressione che aveva ed al godimento che le ho procurato.
Così in un momento (uno dei rari) che siamo soli, decido di affrontare in maniera diretta l’argomento. Intendo stuzzicarla adeguatamente, fino ad ottenere la promessa di un “appuntamento”, in cui indisturbati, avremmo dato sfogo nuovamente alla nostra libidine, così come era accaduto l’ultima volta.
Ma proprio mentre sto iniziando il discorsetto preparato, si presenta Anna ad interrompere.
“Ragazzi…”, come ormai ci chiama scherzosamente (mamma e papà sono ormai demodé). “Volevo chiedervi se posso andare a dormire da Stefania domani sera. I suoi genitori sono fuori per il weekend e lei è sola a casa. Così le faccio compagnia? Che ne dite, posso?”.
Quel nome è per me come una puntura nelle chiappe, che mi fa immediatamente irrigidire la schiena. Ma un effetto analogo gioca su Luisa, che non può non ricordare che quella ragazzina, con cui lei ha chiacchierato e scherzato amabilmente tante volte a casa nostra, l’ha potuta osservare mentre, con un cazzo in bocca stava ingurgitando il relativo sperma.
Entrambi a disagio (anche se per motivi diversi) rispondiamo che per noi andava bene. Pentendocene poi un secondo dopo, quando Anna trionfante annuncia:” Ok, allora glielo dico. Passerà a prendermi qui a casa, così andiamo prima farci una pizza con gli amici e poi andremo a dormire a casa sua!”.
Io anticipando Luisa, che nel frattempo è sbiancata ed ha perso le parole dico: “Ma che bisogno c’è che venga qui. Vai tu da lei e poi uscite!”.
Anna allora mi risponde. “Me lo ha chiesto lei. Vuole salutarvi e ringraziarvi per il regalo che le avete fatto alla cresima”.
Usa proprio il termine “regalo”. Naturalmente Anna pensa al dono da noi fatto per la cerimonia. Ma per me e Luisa quel termine è un vero e proprio tuffo in un mare di imbarazzo. Riusciamo solo a rispondere, quasi all’unisono: “Ah.. Ok!”. Ed Anna va via contenta.
Avevo preparato un discorsetto da fare con Luisa. In questo momento non me ne ricordo più una parola.
Sono concentrato sul momento in cui io e Luisa avremmo dovuto reincontrare Stefania (per di più insieme) senza sapere bene come comportarci o cosa dire.
L’indomani sera, Stefania è alla nostra porta. Anna va ad aprire ed accompagna l’amica in cucina da noi e si congeda annunciando che va a prepararsi per la serata. Così rimaniamo da soli con la ragazzina.
“Ciao Marco, ciao Anna. Come state?”, esordisce Stefania.
“Ciao Stefania. Stiamo molto bene. Grazie.”, risponde pronta e decisa Luisa, che evidentemente è decisa a buttarsi alle spalle l’imbarazzo e ricordare alla ragazza, che è per l’appunto solo una ragazza e che noi siamo gli adulti.
Stefania: “Mi fa piacere sentirlo. Sei stata così male alla mia festa…”
Luisa: “Si. Purtroppo il vino mi ha fatto un brutto effetto…”
Stefania, con il suo famigerato sorrisetto malizioso: “Eh sì. Forse hai bevuto… (pausa)… troppo… (altra pausa) o troppo in fretta! Sento sempre mio padre dire che bisogna bere… (ancora una pausa) con “moderazione”.
Hai capito la ragazzina! Altro che adulti. Sta giocando con noi come un gatto con il topo.
È chiaro che “il bere” di cui parla, non è riferito al vino, ma a ben altra bevanda.
Stavolta la puntura nelle chiappe se l’è beccata Luisa, che, seduta al tavolo della cucina, di fronte a me e Stefania (che siede alla mia sinistra), è divenuta improvvisamente rigida.
Luisa, cambiando espressione ricomincia a parlare, sforzandosi di avere un tono pacato: “Senti Stefania, so che ci siamo ritrovati tutti in una situazione spiacevole ed imbarazzante, ma innanzitutto voglio scusarmi e poi dirti…”
Stefania la interrompe: “Luisa, non devi scusarti! Insomma, eri con tuo marito, eri un po’ brilla. Sono al massimo io quella che si è intrufolata e dovrei scusarmi”
Poi aggiunge: “D’altronde eravate bellissimi…” e mentre lo dice appoggia una mano sulla mia gamba sotto il tavolo e lentamente la fa risalire.
Poi continua il discorso: “E’ evidente che Marco, suscita una tale passione che è difficile contenersi.”. La mano intanto ha raggiunto i miei genitali ed inizia una lenta palpazione.
Mia moglie la ascolta e nel contempo la guarda incredula.
Poi rivolge lo sguardo su di me (che probabilmente a quel punto avrò una faccia stralunata) ed assume un’espressione interrogativa sul volto.
Forse si sta chiedendo per quale motivo io non abbia replicato ancora nulla alle provocazioni di Stefania o forse comincia ad intuire che c’è qualcosa che non va… sotto il tavolo!
Decido di sottrarmi a questo doppio scacco, alzandomi (avendo cura prima di spostare la mano di Stefania, affinché non si veda) e buttando lì una frase per cambiare discorso: “Stefania, vuoi qualcosa da bere?”.
Lei: “No. Grazie Marco. Tanto adesso stiamo andando in pizzeria…”
E proprio in quel momento arriva mia figlia a salvarmi: “Io. Sono pronta!”, annuncia, “Andiamo!”.
“Si.” Dice Stefania e poi alzandosi aggiunge sottovoce: “Tranquilli. Sarà il nostro piccolo segreto!”
e segue mia figlia fuori di casa.
Io tiro un sospiro di sollievo. Ma forse troppo presto. Perché mi accorgo quasi subito che qualcosa non va.
Luisa è rimasta seduta sulla sedia dandomi le spalle. Si alza di scatto e senza dire nulla si dirige in bagno, chiudendosi dentro.
Io rimango da solo in cucina. Dopo circa un quarto d’ora, con Luisa sempre chiusa in bagno, ritorna mio figlio dalla piscina, accompagnato dalla mamma di un suo amichetto.
Solo allora Luisa si degna di uscire e va incontro a nostro figlio.
Sorride, scherza con lui ed evita intenzionalmente di parlarmi. È evidente che ce l’ha con me.
La serata trascorre così (cena, dopocena con TV e a letto) sempre con quel mutismo intenzionale di Luisa nei miei confronti.
Quando finalmente mio figlio Andrea è a letto, io la attendo in salotto e la intercetto al volo, mentre sta cercando nuovamente di schivarmi.
Le chiedo: “Ma che ti prende? Perché non mi parli?”
Lei: “Che mi prende? Pensi sia scema? Credi che non abbia capito cosa stava succedendo sotto al tavolo?”.
E continua: “Non hai detto una parola. Sei stato lì, compiaciuto, mentre subivo questa umiliazione da parte vostra?”
Io: “Scusami, ma mi ha preso completamente alla sprovvista. Non sapevo che fare o che dire. Mi sono alzato subito, proprio perché ero in imbarazzo”.
Luisa: “Andiamo, Marco. Non hai saputo reagire con una bambina. Magari, mettergli due schiaffoni...?”
Io: “Una bambina? Guarda che ha diciassette anni! Vorrei ricordarti che tu a sedici anni già non eri più vergine. Mi è sembrata tutt’altro che bambina. Tant’è che ci ha messo nel sacco, entrambi!”
Luisa: “Si. Ma ti stava palpando e non hai detto niente. Mi sa tanto che gradivi la situazione…”
“Ma che dici?”, le faccio io, tirandola a me per abbracciarla.
Lei accetta il mio abbraccio, tenendo tuttavia il viso lontano dal mio, scrutandomi con un fare tra l’incazzato e l’indagatorio.
Luisa: “Scommetto, che ti hanno eccitato i maneggi di quella stronzetta!”.
Io. “Ma che vai a pensare? Adesso che ti ho tra le braccia, si, che mi sto eccitando!”
Luisa: “Già... Lo sento! Ma è per me o perché stai pensando a lei?”
E con una strana luce negli occhi, comincia a spingermi verso il divano ed arrivati lì con ulteriore spintone secco mi costringe a sedere.
Non so cosa gli stia prendendo. Ha lo sguardo di una che ha appena scoperto un ladro a rubare qualcosa che gli appartiene. Ed ora rivendica una sorta di diritto di possesso sulla cosa. E quella cosa sono io!
Monta a cavalcioni su di me ed afferrandomi decisa il viso con entrambe le mani, comincia a baciarmi.
È lei che conduce, evidentemente. E mi costringe ad aprire la bocca ed accettare l’intrusione famelica della sua lingua.
Sento il suo respiro affannoso, eccitato, mentre mi bacia e mi toglie i vestiti di dosso.
Prima la camicia, quasi strappandola, poi mi slaccia i pantaloni.
Si alza e me li sfila quasi con violenza (mutande comprese), lasciandomi nudo sul divano con un’erezione già pronta per l’uso.
Allora è lei che si spoglia, in piedi davanti a me, sempre guardandomi negli occhi, e rimanendo alla fine solo con la camicetta addosso e null’altro.
Ormai al comando della situazione, monta di nuovo su di me, cerca il contatto del suo sesso con il mio e quando avverta la presenza della cappella sull’apertura della sua vagina, lo lascia scivolare dentro e comincia a cavalcarmi.
Prima lentamente, quasi ad abituarsi alla presenza del mio sesso dentro di lei. Poi sempre più selvaggiamente, dettando il ritmo e la velocità a suo più completo piacimento.
Sono quasi inerte sotto la sua foga e l’unica mia partecipazione in questo momento è mantenerlo duro per lei e godere quanto più possibile. E non posso certo dire che non sto godendo. Anzi…!
Tant’è che per quel poco che mi è permesso, cerco afferrandole i fianchi, di spingere anch’io per arrivare all’orgasmo.
Ma Luisa anticipa le mie mosse.
Prima mi afferra le spalle e poi sposta le mani sul collo. Lo stringe un po’ scopandosi sempre più freneticamente fino a venire.
Si accascia su di me con l’intero peso del corpo, tant’è non che mi è consentito quasi nessun movimento del corpo.
Sono un po’ intontito da tanta foga. E mentre mi sto riprendendo e cerco di passare io all’azione, ancora una volta riprende lei il controllo.
Si alza sfilandosi dall’uccello ancora duro e si gira.
Io sono ancora seduto sul divano, nella stessa posizione iniziale.
Immobile, osservo il suo culetto avvicinarsi al mio sesso. Una volta sopra, con una mano Luisa lo afferra decisa e lo reinfila nella fica.
Poi appoggiandosi con le mani sulle mie gambe riprende il trotto… e poi nuovamente il galoppo.
La sua andatura mi fa scivolare verso una posizione semisdraiata. Cerco, quindi, di spingere anch’io e sollevo i piedi da terra, quel che basta, per imprimere forza al movimento pelvico.
Non lo avessi mai fatto!
Sentendosi mancare l’appoggio delle mie gambe, decide di afferrarmi per i piedi, portandoli indietro verso di me, per avere un punto di appoggio alla sua cavalcata.
E così mi ritrovo praticamente sdraiato, con le gambe all’aria ed il culo altrettanto.
La posizione, apparentemente scomoda è in realtà molto eccitante e stimolante. Tant’è che decido di mantenermi io stesso le gambe alzate per meglio agevolare il suo saliscendi sul mio uccello.
Luisa approfitta dell’alleggerimento di questa incombenza ed usa le mani per afferrarmi i testicoli usandoli a mo’ di pomello di quella sella immaginaria che è ora diventato il mio pube.
Esattamente come un’amazzone mi cavalca decisa e senza tregua e null’altro posso fare se non beneficiare passivamente della sua foga erotica.
Mentre mi godo da dietro lo spettacolo della sua fica, che andando su e giù, scopre e poi inghiotte il mio cazzo, Luisa diventa ancora più ardita.
Avverto una, due dita (già bagnate! Non mi ero accorto della sua manovra.) sul mio buchetto che cercano di penetrarlo.
L’eccitazione le prende la mano tanto da diventare ancora più rude. Il suo dito indice finisce in un sol colpo dentro e comincia a rimestare internamente proprio in corrispondenza della mia prostata.
Ormai mi cavalca a tutto sprone, con una stimolazione congiunta di fica, mano e dita che mi lasciano a corto di fiato.
Ho appena la forza di dirle: “Luisa, Luisa…”. Ma non riesco ad aggiungere il resto della frase: “Sto venendo!”.
Sento lo sperma fuoriuscire. In modo continuo (non a fiotti, come avviene normalmente).
In parte per il ritmo pazzesco da lei impresso alla cavalcata, in parte per la pressione sulla prostata del suo dito, che ne centellina l’afflusso.
“Luisa, fermati…!” riesco finalmente a dire, quando capisco che non si sarebbe fermata neanche dopo il mio orgasmo. “Luisa, fermati… mi hai completamente svuotato!”
Lei noncurante continua a muoversi, stringendomi palle e scroto con una mano per evitare che il sangue defluisca e l’erezione diminuisca.
Fino a quando dalla sua bocca non escono, prima un “Ah…” e poi alzandosi ed abbassandosi un’ultima volta sul mio sesso un “Oh…” di profonda soddisfazione.
Dopo qualche secondo si sfila da me, si gira e mi guarda fiera.
È in piedi davanti a me, gambe leggermente divaricate, amni ai fianchi. Vedo un rivolo scendere sulla sua coscia, probabilmente un misto dei suoi umori e del mio seme. Mi sorride dicendomi: “Visto. Oggi sei stato tu la mia troietta! Che ne pensi?”.
Mi rimetto seduto, un po’ intimorito da questa amazzone che non conoscevo e non trovo niente di più intelligente che dire: “Se questo vuol dire essere “la tua troietta”, ci metto la firma per esserlo tutti i giorni.”
Lei ride con soddisfazione e poi girandosi si dirige verso il bagno mentre quel rivoletto sulla coscia si è trasformato in due, tre di essi e sta sgocciolando per terra.
Ma la mia Amazzone prosegue noncurante.
di
scritto il
2023-07-05
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