Incestuosa violenza domestica

Scritto da , il 2012-10-31, genere incesti

Per uno dei tanti misteri che attraversano i meandri della mente, in età adolescenziale anzichè guardare le coetanee mi invaghii perdutamente di mia madre. Certo era una bellissima signora, sempre elegante, curata e acconciata al meglio, dai bei modi e con un bel sorriso che colpiva tutti, e con me poi era ancora più dolce e appassionata che con chiunque altro. Sono figlio unico, e date le numerose e lunghe assenza di papà, mi capitava spesso di stare solo in casa con lei, quando era sola e badava alla casa o quando riceveva amiche e parenti. Per quanto mi esortasse spesso ad uscire cogli amici, io preferivo stare con la mamma, e se possibile spiarla e farmi grandi pippe, quando la vedevo in camera dalla finestra del cortile, vestirsi con quei suoi abiti tanto eleganti e intriganti. O dal buco della serratura se andava in bagno per le sue necessità. Col tempo questa morbosità nn diminuiva, anzi aumentava, e il mio desiderio di lei nn si placava. Nel frattempo frequentavo ragazze, ma sempre senza troppa convinzione. Non potevano competere! Passai tutte le medie accontentandomi di sbiarciarla sempre senza farmi scoprire, di stendermi nel suo letto ad odorare il suo cuscino o aprendo i cassetti per inalare il profumo della sua biancheria. Quando nn in bagno per veri e propri rapporti sessuali con gli indumenti intimi dismessi. Alle superiori decisi di passare all'azione, e un giorno che stavamo seduti entrambi al tavolo da pranzo, io coi miei studi, lei col suo libro, feci cadere una penna per vederle le gambe. Nn mi limitai a sbirciarle, ma mi ci sedetti proprio davanti, e quando lei mi chiese ragione di ciò, per tutta risposta allungai una mano sulle sue cosce. "Ma cosa stai facendo?" urlò, alzandosi di scatto, scandalizzata ed inviperita per il mio gesto, e si allontanò da me inveendo contro la mia "maialaggine". Non ne parlò a papà com'ero sicuro avrebbe fatto, per nn creare agitazione e perchè era tipo regionevole e pacato, una mediatrice. Difatti quando le fu passata mi avvicinò e mi chiese cosa significasse quel gesto. "Non so mamma, è che mi piaci parecchio". "Ma le mamme nn devono piacere ai figli, per quello ci sono le ragazze". Il tono era pacato ma nn il suo solito. Mi spaventai parecchio. Finì in quel modo, con una pace provvisoria, e per gli anni a seguire mi accontentai di spiarla e di odorarla. Fino a quella volta quando la sorpresi in cabinarmadio col vestitino corto e leggero che usava per aiutare la domestica nei compiti più difficili. Papà lavorava, la colf era uscita e lei stava finendo di sistemare il guardaroba, si alzava sulle punte mostrando i suoi adorati slip che velavano il più bel culo mai visto. E le cosce si inturgidivano sotto lo sforzo, diventando nerborute e intriganti, perfette! Non capitava da tempo, e da tanto nn ero eccitato così a vederla. Mi avvicinai in silenzio alle spalle e la strinsi a me afferrandole i seni. Altra scena furiosa e altra arrabbiatura tremenda. Il suo profumo inebriante e la sua femminile voce mi eccitarono di più, non stavo più in me dal desiderio, così la strinsi forte e la baciai girandole la testa verso la mia bocca. Fu un bacio di forza, con lei che si sottraeva ed io che ormai più grande e forte di lei, minuta ed esile, la tiravo a me, facendole sentire anche il gonfiore che mi era cresciuto in mezzo alle gambe. Appena possibile si sconstò bruscamente e minacciò di parlarne a mio padre, poi si chiuse in camera e nn ne uscì fino all'arrivo del genitore. Passarono attimi di ansia per le reazioni che avrebbero potuto esserci, ma ancora una volta quel buon cuore di mia madre nn parlò. Cenammo nel più totale silenzio, e mio padre chiese se c'era qualcosa che nn andava. "Sono solo un pò stanca" disse lei. Ed io addussi le solite scuse di studio e di concentrazione sulle interrogazioni del giorno successivo. Il giorno dopo lei mi avvicinò armata delle migliori intenzioni, mi chiese cosa mi stesse succedendo e cosa doveva fare per rimediare. "Darmela", pensai. Passò il tempo, io cercavo di calmarmi ma il desiderio cresceva. La vita procedeva calma ma tesa, e tra me e lei si era creata una distanza innaturale. E ci soffrivo. Un giorno tornai inatteso dall'Università, e trovandola in atteggiamento succinto persi la testa, e le fui nuovamente addosso in un secondo. La aggredii e la fermai nell'angolo. Mentre allungavo una mano verso i suoi seni, stringendone nella coppa la bella tetta ancora soda e turgida, la fissavo negli occhi per manifestarle le mie più turpi intenzioni. Forse aveva pensato ad una strategia diversa per quel mio strano comportamento, e nn reagì nè si scostò. Per me fu un invito, le poggiai l'altra mano prima sul fianco per scendere verso il sedere, bello, tondo, compatto e armonioso. Lei a quel punto si sottrasse con vero fastidio, chiedendomi cosa mi prendeva, come mai nn fosse tutto finito, e implorandomi di smetterla, che la spaventavo ed era molto pericoloso quel mio gesto. Per tutta risposta strinsi la presa, insinuandomi dentro il reggiseno e coll'altra mano andando alle mutandine, spinsi mia madre contro il muro e riprovai a baciarla. La sua bocca era serrata e il corpo irrigidito. Io misi tutta la forza che avevo per toglierle i vestiti, ormai nn resistevo più. Le sue labbra avevano ceduto alla mia aggressività, ed ora avevo tutta la mia lingua nella sua bocca, del tutto passiva. Ed ero arrivato con la mano fino al centro delle natiche, dove stavo strofinando le dita nel suo orifizio. Urlò e mi minacciò di dirlo davvero al babbo, ma per quello che succedeva, anche alla Polizia. Io ero troppo oltre, e la mia eccitazione sragionava per me. Sognavo da anni di possedere mia madre, e in quella villetta isolata, senza nessuno per casa, mi si presentava l'occasione della vita. E più urlava più la volevo. Le tolsi finalmente vestitino e mutandine, tuffai il viso nel suo morbido e bianco seno, mi sfilati i pantaloni e le mutande, e le spinsi contro l'uccello diventato parossisticamente duro. La legai con un braccio tra me ed il muro, le sfregai la vagina e con la stessa mano introdussi il mio uccello dentro di lei. Di colpo perse le forze e cessò ogni reazione, con un esile sospiro si lasciò andare ed io abusai ripetutamente e selvaggiamente di quel bel corpo tanto desiderato. L'amplesso durò decine di minuti, dove ai miei colpi forsennati nn corrispondeva analoga reazione. Era come scopare un corpo morto. Non era priva di sensi perchè mi guardava con uno sguardo tra l'atterrito e l'interrogatorio, e sembrò rassegnata a lasciarmi fare fino al disbrigo delle mie necessità. Le spinsi dentro tutto quello che potevo e le venni in figa ripetutamente, sempre senza nessuna sua partecipazione, se nn dei timidi lamenti soffocati. Quando finii la adagiai sul pavimento, nuda e semisvenuta, che ancora perdeva i miei liquidi da in mezzo le gambe, e le dissi che ero sicuro le fosse piaciuto. "se vuoi possiamo rifarlo". Uscii e me ne andai al bar del paese. Qui poco dopo, mi raggiunse un'auto medica per portarmi all'ospedale di igiene mentale del paese

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