Il Biondo Dagli Occhi Smeraldo

Scritto da , il 2022-10-08, genere gay

Le 12:30 di un uggioso venerdì scolastico. La professoressa di matematica mi stava annoiando più del solito quel giorno: nemmeno se ci avessi provato con tutto me stesso sarei riuscito ad ascoltare una sua lezione per intero. Inoltre, la pioggia che da fuori batteva sugli infissi della finestra non mi aiutava di certo a raggiungere questo intento, poiché le giornate nuvolose mi hanno sempre reso un po' malinconico.
Per tutta la durata della lezione non facevo che guardare furtivamente l'ora sul mio cellulare, oppure mi adagiavo sul mio braccio e chiudevo gli occhi per pochi attimi, prima che la voce squillante della professoressa mi risvegliasse.
Di tanto in tanto, guardavo fuori dalla porta della classe, sempre spalancata durante le lezioni di matematica; da quella prospettiva, si potevano vedere ben poche cose del corridoio, come l'adito dell'aula parallela alla nostra o l'antibagno attiguo a noi, la cui porta è stata scardinata da un gruppo di alunni dopo la fine delle lezioni, giusto perché si volevano divertire un po'.
Proprio mentre stavo per appisolarmi nuovamente, ecco che il mio udito fu attirato da un rumore di passi provenienti dall'esterno e che si stavano sempre più avvicinando a noi; ovviamente, sentire qualcuno camminare per il corridoio non era nulla di eccezionale, ma per contrastare la noia di quel momento cercai qualsiasi cosa con cui distrarmi.
Poi, ecco che dal punto morto della porta sbucò fuori un ragazzo, sicuramente un neo-maggiorenne come me. Nonostante fosse ovvio che frequentasse questa scuola, non l'avevo mai visto prima di allora. Portava una felpa blu e degli attillati jeans marroni, che facevano risaltare al meglio le sue natiche.
Quando girò la sua testa verso di me, come se avesse avuto un sesto senso che lo avvertiva quando qualcuno lo stesse guardando, fui attirato dai suoi lineamenti, così perfetti ed efebici. I suoi capelli biondi sbattevano sulle sue ciglia, che nascondevano dei stupendi occhi smeraldo.
Per dieci secondi buoni continuammo a guardarci; in questo breve frangente di tempo, notai che il ragazzo si stava mordendo delicatamente il labbro inferiore e accennò ad un timido sorriso. Poi si dileguò, verso l'antibagno, rompendo l'incantesimo che ci ammaliava l'uno dall'altro.
Che cosa mi era preso? Da quand'è che ero attratto dai ragazzi? No, difatti, non lo ero. Per non pensare a lui, rimuginai quella volta in cui, negli spogliatoi, riuscì ad intravedere il rigoglioso seno di Debora, la ragazza più bella della nostra classe e, decisamente, quella con più forme; ma, a quanto pare, questo non bastò per farmi dimenticare del biondo dagli occhi verdi.
Diedi nuovamente una fugace occhiata verso l'esterno della classe e mi accorsi che il ragazzo, da dietro al muro dell'antibagno, si stava masturbando e, frattanto, mi guardava, con un malizioso sorriso stampato in faccia; ogni tanto cercava di ammiccarmi, strizzando un occhio o inumidendosi le labbra.
Un'ostinata protuberanza cominciò a crescermi nei pantaloni e, arrivato a quel punto, non riuscì più a resistere ai sensuali gesti che il ragazzo mi lanciava.
Sventolai forsennatamente la mano in alto, così da richiamare l'attenzione della professoressa, cercando di convincerla a mandarmi in bagno. Un po' scocciata, la professoressa decise infine di accogliere alla mia pretesa e mi lasciò andare; mi alzai di scatto dal mio posto e, marciando rapidamente, mi diressi verso il ragazzo, il quale, appena superai l'antro dell'antibagno, mi prese per un braccio e mi porto in fondo alla stanza, dove prese a baciarmi appassionatamente.
"No! Aspetta!" Lo fermai, cercando di discostarlo da me spingendo le mie mani contro il suo petto. "Io non posso farlo, non qui. Non ti conosco, non so manco quale sia il tuo nome."
Cercai di rimanere il più distaccato e razionale possibile: d'altronde a me piacevano le ragazze.
"Mi chiamo Eros." Disse lui, con una punta di ironia.
La sua voce fu esattamente come la immaginavo: dolce, soffice e rassicurante.
"Io... non intendevo propriamente questo." Risposi, lievemenete divertito dalla risposta secca e spontanea del ragazzo. "Non ti ho mai visto prima in questa scuola, per me sei semplicemente uno sconosciuto."
"Come ti chiami tu?" Chiese, senza badare a rispondere alla spiegazione che feci.
Esitai per un attimo, un po' infastidito dal fatto che fui completamente ignorato.
"Leo." Risposi, alla fine.
"Bene, Leo." Aggiunse, prima di lasciare la sua presa da me e dirigersi verso una porta che conduceva ad uno dei tre water della stanza. "Non ti obbligo mica a rimanere qui con me: se vuoi, puoi tornare nella tua classe, a stare ad ascoltare quella noia della tua prof, oppure..."
Aprì la porta su cui si stagliava e, con un gesto della mano, mi indicò di entrarci.
"Oppure..." Ripeté, troncando la frase.
I miei occhi si abbassarono verso il suo pisello, che il ragazzo continuava a trastullare intanto che parlavamo. Era di proporzioni piuttosto modiche, ma comunque stupendo, con un bel glande rosato.
"Facciamo presto, ti prego." Conclusi, titubante di quello che mi stava per aspettare, ma sorprendentemente eccitato.
A tal punto, Eros mi appoggiò la sua mano contro la schiena e mi spinse dentro la piccola stanza del water, per poi chiuderci entrambi dentro; abbassò la tavolozza del water e ci si sedette sopra, continuando a segarsi e a guardarmi, con le pupille palpitanti
"Allora? Che aspetti? Inginocchiati." Ordinò.
"Aspetta solo un attimo..." dissi io.
La mia erezione mi stava seviziando, non riuscì più a matenerla dentro i pantaloni; così, abbassai la zip, poi le mutande e, come fortemente desideroso di farsi vedere, il mio uccello spuntò fuori, mostrandosi al massimo della sua tumescenza.
Il ragazzo smise di segarsi e prese a guardare il mio pisello; da avere un atteggiamento dominante, esso si sottomise e si prostrò a me, con la mano aggrappata all'asta del mio pene.
"È veramente bello." Affermò.
In seguito, sprofondò la sua faccia nel mio scroto e prese a baciarmelo. Provai un leggero solletico (ero parecchio sensibile in quella zona), però la soddisfazione era certamente più preminente.
Muovendo in maniera quasi impercettibile il suo capo, Eros strisciò la sua lingua lungo l'asta del mio uccello, fino ad ingoiare prima il glande, poi tutto il pene.
Non riuscì a trattenermi dall'orgasmare e, solo dopo aver emesso il gemito, mi accorsi quanto rimbobante fu.
Eros sputò dalla bocca il mio uccello, si alzò di scatto e mi tappò le labbra con la mano.
"Evita di fare rumore, Leo." Mi rimproverò.
Io annuì, sapendo del grave errore che commisi.
Fortunatamente, nessuno sembrò essersene accorto al di fuori di noi due: probabilmente, lo scrosciare della pioggia coprì il suono.
"Conosco un altro metodo per zittirti." Disse poi lui, sollevato dallo scampato pericolo.
Si sedette nuovamente sulla tavolozza del water e, con l'indice, prese a creare dei filamenti con il liquido preseminale che gli stava già uscendo a fiotti dal fallo.
Intuì subito dove cercò di andare a parare: così mi chinai di fronte a lui, gli aprí le gambe e presi a massaggiargli l'interno delle cosce.
Rimasi fermo con il capo per un attimo, così da ammirare il suo pisello. La faccia mi stava prendendo a fuoco: chissà quanto goffo apparivo con le guance tutte arrossate.
Dato che non fui in grado di fare la prima mossa, Eros abbassò adagio la mia testa contro il suo pene e io mi trovavo già con la bocca spalancata, pronto ad ingoiare la sua meravigliosa verga.
Mi diede una strana impressione tenere per la prima volta in bocca l'uccello di un altro uomo; cercai rassicurazione nei stupendi occhi del ragazzo, che sembrò percepire la timidezza che stavo provando in quel momento. Così, infilò le sue dita nei miei capelli e cominciò a massaggiarmi il cuoio capelluto; in effetti, quel massaggiò sembrò avere la capacità di calmarmi, così continuai il mio lavoro.
Facevo fatica a tenerlo in bocca per più di venti secondi, dacché respiravo a tentoni ed Eros insisteva nello spingere il suo intero glande in fondo alla mia gola, facendomi soffocare e tossire più e più volte.
Insistendo, mi abituai a tenerlo in bocca e, ad una certa, riuscì ad ingoiare sia l'uccello che uno dei due testicoli contemporaneamente.
"Sono... quasi vicino..." Aggiunse lui, smorzando i rumori che facevo per succhiarglielo.
Ero preparato a ricevere il suo sperma in bocca e, forse, pure ad ingoiarlo, se non fossi stato troppo schizzinoso.
E proprio quando percepivo il suo liquido seminale scorrergli lungo l'asta del pene, ecco che qualcuno prese a bussare contro la porta del water. Sfilai di bocca l'uccello del biondo, attendendo che uno dei due parlasse.
"Occupato!" Disse prontamente Eros.
"Sbrigati!" Rispose un'irriverente voce. "Devo venire a pulirci."
Era il bidello! Che seccatura: quell'idiota doveva interromperci proprio sul più bello.
"Ci sono quasi..." Disse sottovoce Eros, subito dopo aver sentito il bidello andarsene via con il suo carrello delle pulizie.
Non feci in tempo a riporre nuovamente il suo glande in bocca che di già mi stava venendo sulla faccia. Ben presto, una dozzina di caldi schizzi andò a ricoprirmi gran parte del mio viso.
Certo, non avevo fatto in tempo ad ingoiare tutto quello sperma, ma non mi privai di dare una rapida leccata intorno alle mie labbra, dove si trovava qualche racimolo di liquido seminale.
"Beh, ora dovrei sciaquarmi la faccia..." Sentenziai.
"E che bisogno c'è?" Domandò Eros, prima di abbassare il suo collo verso il mio viso e prendere a bere il suo stesso sperma che grondava dalla mia fronte fino al mio mento.
In quattro e quattr'otto, ripulì gran parte del mio volto dal seme; quello rimasto, decisi di asciugarlo con qualche strato di carta igienica.
"Sei stato molto bravo." Si complimentò.
"Sai, è la prima volta che faccio un pompino." Risposi, balbettando.
Eros si alzò dalla tavolozza e mi diede un ultimo bacio sulla fronte.
"Sei stato molto bravo..." Replicò nuovamente.
Poi uscì dalla porta, si guardò attorno per vedere se qualcuno si trovasse nei paraggi e se ne andò.
Io, invece, aspettai qualche minuto seduto per terra per non uscire insieme a lui e, quindi, destare sospetti. Fui completamente galvanizzato dall'esperienza passata.
Infine, mi alzai dalla mia posizione, con le gambe ancora tremanti, e ritornai nella mia classe.
Guardando lo schermo del mio cellulare, mi accorsi che furono passati poco più di cinque minuti: cinque minuti che sembrarono cinque ore.

Nei giorni a seguire, non riuscì più a scorgere Eros per i corridoi della scuola. Sembrava che si fosse smaterializzato completamente da quel posto, come uno spettro.
Ogni tanto, speranzoso di vederlo ancora, guardai attraverso l'entrata della mia classe, aspettando che lui arrivasse lì di fronte e mi invitasse a ritornare nel bagno.
Eros, che nome esotico! Ogni tanto, alla sera, quel nome rintrona nella mia mente e, disteso sul letto della mia camera, abbasso lentamente la mia mano verso le mutande, sognando di vedere nuovamente il Biondo dagli Occhi Smeraldo.









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