Carne tremolante - ferragosto

Scritto da , il 2022-09-28, genere incesti


“Hai un racconto erotico, una storia di sesso, una fantasia sessuale che non hai mai raccontato o vuoi confessare?”

Così invita a scrivere questo sito. Credevo di aver già dato il massimo raccontando di quella fredda notte di febbraio scorso, la prima avventura condivisa con mio figlio. Da quel giorno -ormai lo posso dire- la mia vita -la nostra vita- è cambiata.
Non c’è stato giorno in cui non ho pensato a quella manciata di minuti con lui, al cuore che batteva e a cosa ho provato prima di raccontarlo e mentre lo raccontavo. Soprattutto a cosa ho provato dopo, nell’arco dei mesi trascorsi e cosa è accaduto per arrivare ancora oltre.

Dunque io e mio figlio, dopo un anno intenso, decidiamo di ritornare alla nostra casa al mare – dove mancavamo da quasi due anni. Lì ci sono i nostri amici di vacanza e ci sembrava una giusta soluzione partire per qualche settimana, scappare dello stress lavorativo e universitario. Il tempo trascorso da soli, in vacanza, però è poco: lui con i suoi amici, io con i miei – tutti sposati tra l’altro e io unica divorziata.
Io confesso di avere avuto da quella notte sia un’ossessione che una paura: dopo aver scoperto la masturbazione in età tarda, ho continuato a farlo ogni volta che ne avessi la possibilità.
Nella mia mente immagini di me, accovacciata a praticare lussuriosamente del sesso orale a mio figlio. Forse perché è una pratica che non ho mai avuto il piacere di provare con nessuno. Alla mia psicologa non ho accennato niente di tutto questo.
Di cosa ho parlato con la mia terapista e amica, invece, è della mia paura di restare sola e di non avere più un uomo al mio fianco. Molti mi trovano una bella donna, poche forme, non altissima, ma una bella donna. Io invece non mi ritengo attraente. Eppure dopo quella “prova di rapporto” con mio figlio, quante volte in questi mesi mi sono trovata davanti allo specchio, nuda, cercando di trovare qualcosa di buono…ero ancora sessualmente appetibile?
Neanche l’abbronzatura riuscivo a prendere con tranquillità in spiaggia, ma ripensando a mio figlio, cresceva la mia autostima.

I momenti trascorsi insieme in vacanza, come dicevo, sono sempre stati pochi, ma qualcuno è stato degno di nota.
Un giorno in spiaggia, lui era disteso sul suo telo, al mio fianco; respiravo quasi a fatica, come se fosse uno sforzo stargli vicino e contenermi.
Approfittando dei suoi occhi chiusi lo contemplavo sotto l’anonimato dei miei occhiali da sole e ovviamente l’occhio cadeva lì…
Non si notava niente di speciale, però ero attratta da quella zona del suo corpo e rapidamente portai lo sguardo alle mie parti basse. La differenza di età si osservava anche in queste piccole cose.
Quel momento lì, tra la brezza e le chiacchiere indistinte della gente a riva, mi apparve come totalmente intimo.

La scintilla scoppiò una sera, una sera di quelle umide e soffocanti tanto è il caldo.
Quindi, di cosa c’era bisogno? Di una doccia fresca, sicuramente.
Quella doccia fu rigenerante, dopo tanta spiaggia e dopo tanti pensieri “caldi”…
Sotto il getto dell’acqua, pensavo alle occhiate di mio figlio che erano diventate sempre più frequenti e la cosa peggiore è che desiderassi anche qualcosa in più. Ed era bellissimo quando diventava rosso dalla timidezza quando lo sorprendevo a guardare il mio seno.
Ma come dicevo non era il solo a guardarmi, poiché ricambiavo più del dovuto.

Ad un certo punto, mi girai in direzione della porta del bagno per lavarmi il davanti e purtroppo o per fortuna, notai qualcosa dallo specchio.
Quello che vidi era un occhio attento a tutto quello che stavo facendo sotto l’acqua, da dietro la porta - che a conti fatti feci bene a non far riparare.
Restai paralizzata.
No, non potevo sbagliarmi: quello era mio figlio che mi stava spiando.
Un fuoco ardente mi nacque lì sotto e arrivò fino alla testa.
Quella sensazione di essere spiata, lo ammetto, mi piacque da morire.
Ero nuda, sotto l’acqua, completamente abbandonata nella mia intimità e lui la stava violando. Ma mi piaceva!
Come madre, avrei dovuto rimproverarlo sonoramente; come donna, desideravo il sesso come il pane.
Cosa feci? Un bel niente.
Dissimulai l’adrenalina e continuai a lavarmi. Sentivo i suoi occhi su ogni centimetro del mio corpo.
L’unica cosa che mi venne in mente era abbastanza logica: voleva guardare lo spettacolo? Facciamo di tutto per farlo restare attento. Passavo con calma le mie mani su tutto il corpo, avanti e indietro, arrivando con delicatezza al seno -che credevo fosse la sua zona “preferita”.
Pensai: si starà masturbando?
Questo teatrino andò avanti fin quando decisi che era troppo; lo chiamai ad alta voce, fingendo di non sapere dove fosse, per dirgli di cominciare a preparare la tavola.

I giorni passarono ad una velocità siderale e la vacanza stava volgendo al termine; quasi tutti i miei amici con i rispettivi figli, in sostanza gli amici di mio figlio, erano in procinto di tornare a casa. Per gli ultimi pochi giorni saremmo quindi rimasti davvero soli: io e lui, io e mio figlio. La cosa mi rendeva nervosa.
Che cosa volevo dalla vita? Che cosa volevo da lui?

Un giorno, approfittando della sua assenza, decisi di portarmi avanti con le faccende per il rientro: pulizie, valigie, pagamenti.
Fu allora che in camera sua trovai un pacco di profilattici, inutilizzati ovviamente.
La vista di quegli involucri di plastica blu mi mandò fuori di testa: mio figlio ne aveva utilizzati degli altri? Si era “sbloccato”? Ero sia gelosa che eccitata. Il pensiero di mio figlio finalmente libero dai complessi…
Dovevo calmarmi e soprattutto dovevo indagare dentro di me per capire cosa volevo: ero davvero desiderosa soltanto di essere aggiornata? O pretendevo dell’altro da lui?

Dopo qualche ora arrivò il momento della cena. Dopo aver studiato per bene cosa dirgli, mi feci avanti con un tono giocoso che mi costò tanto in quel momento, lo ricordo bene. Ero nervosissima. Gli dissi di aver trovato dei profilattici in camera sua e che ero contentissima che finalmente si fosse sbloccato.
Mio figlio, in difficoltà evidentemente, non riuscì a parlare. Soltanto dopo aver insistito per un po’, mi confessò di non averli mai usati. Aveva certo in programma di usarli con qualche ragazza, ma la sua timidezza l’aveva ancora bloccato.
La mia eccitazione si spense all’istante e prevalse la compassione, forse anche un po’ di tristezza. Mi sentivo uno schifo soltanto all’idea di aver pensato certe cose con mio figlio, mentre lui soffriva davvero.

Dopo cena, ero sola davanti al televisore, con un occhio a uno stupido film e l’altro al cellulare. Stavo cercando di mettermi alle spalle qualsiasi cattivo pensiero e ammetto di aver pensato in quei momenti di far confidare mio figlio con la mia stessa psicologa.
Ma ecco che mio figlio mi raggiunge in salotto. Ha l’aria che sta per dirmi qualcosa di importante.
Ebbene, in quel momento, ve lo giuro, dentro di me avevo già intuito tutto quello che si sarebbe poi verificato. Sarà l’istinto.
Siamo partiti da un corso di pittura e siamo arrivati fino a qui. La vita è strana.
Mio figlio confessa finalmente il suo problema interiore: la timidezza è un grande ostacolo, ma il suo complesso più grande riguarda le dimensioni del suo pene.
Sentii il mio cuore battere a quelle frasi.
Io ricordo perfettamente – come scordarla – la sua erezione e non è certamente un pene gigante il suo. Ma sicuramente nella media.
Gli spiegai, anche se può sembrare un luogo comune, che le dimensioni contano poco. Ma a cosa gli serviva sentirsi dire una cosa del genere?
Tirò avanti con fermezza la richiesta che mi aspettavo: voleva un rapporto completo con me. Me lo chiede come un favore. Finsi stupore e soprattutto tranquillità. Ma dentro di me c’era un vulcano, il corpo cominciò a reagire. Mi dissi: finalmente!
Non pensai a nessuna morale.
Gli chiesi se davvero se la sentiva di intraprendere questo “viaggio” proprio con me e lui, con molto imbarazzo ammise di essersi masturbato molte volte su di me ripensando a quella notte.
A quella frase, con le guance rosse, non opposi più resistenze, non formulai domande.
Acconsentii, ma ad una condizione: avremmo avuto il nostro rapporto soltanto con il preservativo -dopotutto ne eravamo pieni!
Non so se nel tragitto dal salotto alla mia camera lui era già eccitato, ma io sì. Ricordo che miei piedi scalzi e bollenti a contatto con il pavimento mi fecero provare un brivido di freddo. Talmente ero calda. Le nostre direzioni si separarono per pochi secondi, mentre lui si diresse in camera sua per prendere i profilattici, io l’aspettai piena di adrenalina seduta sul mio letto. Fissavo il vuoto. So che è esagerato ma avevo tutta la vita scorrere davanti agli occhi. Di lì a poco sarebbe successo l’impensabile.
Una volta arrivato gli chiesi giustamente cosa preferisse: se fossi vestita, quale posizione -può sembrare qualcosa di meccanico, ma era un modo per restare saldi alla realtà, mantenere un minimo di lucidità.
Lui, con assoluta sicurezza, voleva che fossi completamente nuda e voleva riprovare la posizione di febbraio…
Sciolsi i capelli, tolsi un po’ impacciata il mio vestitino da notte e i miei slip, lui fece lo stesso con i suoi. Rimasta nuda, mi coprii istintivamente il seno. Lui era già in erezione, cosa che mi soddisfò -volevo quel pene dentro di me più di ogni altra cosa al mondo- e questo mi spinse a togliere lentamente le braccia dal seno.
Lo rassicurai e gli dissi che con un po’ di calma da parte di entrambi, avrei potuto perfino raggiungere l’orgasmo e che quindi mi avrebbe dato piacere anche con un pene che lui non riteneva grande. Non ci soffermammo su inutili preliminari, troppo nervosismo. Lo vedevo nel frattempo guardare ripetutamente il mio seno e notai che le mie aureole si erano allargate a dismisura.
Non solo: mi sorprese anche la mia lubrificazione naturale, a dispetto dell’età e soprattutto dell’inattività.
A complicare un po’ le cose fu il profilattico. Lui trovò difficoltà con il primo – che ruppe – e fummo obbligati ad usare l’altro – che per fortuna fu infilato senza problemi. Le nostre risate nervose, due imbranati che non avevano mai maneggiato un preservativo, tutto questo sciolse almeno per un po’ la tensione. Quello fu il primo momento di tutta la mia vita in cui toccai con mano con il suo pene eretto: lo presi delicatamente tra indice e pollice, alla base, per aiutarlo ad infilare l’involucro di latrice.
Toccare con sole due dita quel pezzo di carne bollente alla temperatura dell’inferno, con le vene sul punto di scoppiare, fu l’ultimo atto di pudore della notte, ripensandoci.
Lo guardavo, fissavo in continuazione il suo pene, forse anche per non guardarlo troppo negli occhi.
Diedi una rapida occhiata alla stanza: il balcone era chiuso. Perfetto.
Quindi eravamo davvero pronti. Lui alla sua prima magica volta, io ad essere penetrata dopo tempo.
Il mio corpo me lo stava comunicando che ero pronta.
Dovevo lasciarmi andare alle sensazioni di donna? Dovevo mantenere la lucidità di un’insegnante “speciale”?
Mi distesi sul mio lato del letto, aprii le gambe e lui venne sopra di me.
Ma prima gli dissi di fare con molta più calma rispetto a qualche mese prima, di non esagerare, perché quello sarebbe stato il sesso vero, oppure tutto sarebbe finito veramente presto stavolta. Era già tanto durare un paio di minuti, immaginavo.
Prima la punta, poi un po’ del resto, guidai il suo pene dentro di me ed ecco! Un corpo nuovo dentro di me, dopo anni e anni.
Gli dissi dolcemente “vai, piano e senza preoccupazioni”.
Così cominciò con cautela il movimento della penetrazione, non senza qualche filo di dolore da parte mia.
Occhi puntati lì, dove il suo organo riempiva e svuotava il mio ad un ritmo lentissimo.
Non so raccontare le mie sensazioni lì sotto, ma era tutto amplificato. La mia vagina era un forno -indescrivibile!- e anche un pene normale, a ritmo lento, mi sembrava enorme e prestante.
Ci muovevamo scoordinati - cosa che ripensandoci tolse inizialmente un po’ di eccitazione, ma riuscì ad allungare la sua durata.
Solo per un attimo i nostri occhi entrarono in connessione: indimenticabile.
Tutte le barriere erano state abbattute; quello che forse desideravamo da qualche mese si stava compiendo: stavamo facendo sesso. Mio figlio non smuoveva le palpebre, come se muovere un’altra parte del corpo che non fosse il suo pene poteva portare alla distrazione.
Mio figlio mi guardava col contagocce -come si faceva a chiedergli di più…- e solo raramente lanciava un’occhiata furtiva al mio seno. Per tutto il resto tempo era concentrato unicamente sulla sua “tecnica”.
Le mie mani erano poggiate sulle sue spalle, le sua braccia tese ai lati del mio corpo, sulle lenzuola, per mantenersi in equilibrio mentre muoveva il bacino.
Ad un tratto qualcosa ruppe il silenzio: mi fu impossibile non gemere -anche se sottovoce-, con buona pace della sua tenuta nervosa.
Più che un gemito fu un sospiro.
Mi aveva avvertito che ascoltare i miei gemiti di piacere l’avrebbe portato ed eiaculare in anticipo, ma era inevitabile…
Nessuno di noi due stava pensando al fine, comunque. Soprattutto, per quanto mi riguardava, mio figlio stava durando già da qualche minuto.
Si sudava!
Sarebbe stato in grado di regalarmi un orgasmo? Cosa più importante: aveva capito che il sesso è la cosa più semplice del mondo?
Improvvisamente, però, proprio mentre stavo cominciando ad essere un po’ più assorta, qualcosa mi riportò nel presente e sovraccaricò l’eccitazione: le sue mani balzarono con impeto sui miei seni.
Ecco, lì gemetti con decisione, sia per la carica erotica che per la sorpresa di quel gesto così animale, così istintivo, da parte di mio figlio.
Non potetti trattenermi.

Lo guardai in volto: aveva gli occhi chiusi e una smorfia strana.
Era travolto dal piacere, era chiarissimo.
Compresi che quello era il punto di non ritorno, infatti il ritmo del sesso prese una velocità impressionante.
Mio figlio aveva un obiettivo chiaro e voleva raggiungerlo: eiaculare il prima possibile.
Al diavolo ogni tecnica da dover imparare!
Prevalsero la forza e la durezza dei suoi colpi, data la foga dell’inesperienza. Fu magico per un istante.
Anche perché si poté ascoltare perfino il rumore della penetrazione per pochissimi secondi.
Con i denti stretti e la voce rotta dall’orgasmo imminente, ebbe il tempo di dire “dove vengo?!”.
Con una minuscola frazione di ritardo compresi cosa mi stava chiedendo.
A quel punto, prevalse il mio istinto: gli dissi con decisione “vai, vai!”, come a non volerlo minimamente interrompere e spingerlo a continuare senza freni; afferrai con le mie mani i sui glutei e lo spinsi il più possibile dentro di me.
La sua bocca aperta dal piacere finì dietro il mio collo e mi diede un piacere incalcolabile col suo respiro caldo e affannato.
Perché avrei dovuto impedirgli di eiaculare dentro di me, se tra l’altro indossava anche il preservativo?
Non ci trovai il senso.
Il suo grido di piacere mi mandò fuori di testa: stava eiaculando, ma non smetteva di penetrarmi.
Si accasciò come stremato su di me, senza sfilare il suo pene da me.
Potevo sentire il suo cuore esplodergli in petto.
Gli diedi un grande bacio sulla fronte.
Sì, era tutto finito.

Quanto avrei voluto dell’altro sesso, quanto avrei desiderato che quella notte non avesse fine.
Ma era abbastanza così.
Non avevo raggiunto il massimo piacere, ma che piacere fu vederlo così, appagato sul mio corpo nudo.





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