La dama dal culo pallido
di
Mambroo
genere
etero
Voglio fare subito la premessa che nulla di quanto scritto in questo racconto e in quelli che seguiranno corrisponde a verità, trattasi solo ed esclusivamente di frutto della mia fantasia. Chiunque possa riconoscersi in uno dei personaggi, sappia che è la paranoia che lo porta a fare certe associazioni delle quali io mio ritengo del tutto estraneo. Non prendetevela con me, cambiate psicoanalista.
Pur non essendo più un ragazzino non sono certo il tipo che vive di ricordi, cerco di procurarmi il presente che però, colpa del fato, a volte si interseca con il passato dando vita a storie che mai avresti potuto anche solo immaginare.
Avevo già notato la forte somiglianza di Nimue, la mia vicina di casa, una ragazza magrolina ma caruccia sulla trentina, con la mia compagna di giochi infantili con la quale ebbi i primi approcci, ricordo il "gioco degli indumenti" e il "dottore e l'ammalata", insomma non proprio approcci sessuali ma di scoperta del rispettivo sesso. Le gesta, i movimenti, i vestitini leggeri a campana che indossava e come li portava fluttuanti al vento, insomma tutto di Nimue mi riportava al passato, ma non avevo mai approfondito la questione per disinteresse, ritenendola troppo magra, fino a quel fatidico giorno in cui il destino decise di prendersi gioco di me.
Erano le 18,00 di un pomeriggio di settembre, me ne stavo sdraiato al fresco sotto al pergolato della mia casa al mare poichè soffrivo molto il caldo dovuto a un'estate rovente, il sole picchiava fortissimo fino a raggiungere temperature di circa 40 gradi all'ombra.
Dal giardino di Nimue provenivano gli schiamazzi dei suoi figli che giocavano in piscina e proprio da quella direzione venne rapito il mio sguardo, in quel preciso istante vidi Nimue venire fuori dall'acqua poco a poco, si intravidero emergere prima i lunghi capelli castani, poi piano piano le spalle seguite dai piccoli seni, era coperta da un costume due pezzi color carne che dava una percezione di nudo, e di seguito al busto due lunghe e affusolate gambe. Furono attimi interminabili in cui ebbi l'impressione si trattasse della "Dama del lago di Artù", cercai infatti di scorgere se imbracciasse Excalibur ma venni distratto dai suoi sinuosi movimenti eseguiti per scavalcare i bordi della piccola piscina e, con fare disinvolto, allungato un braccio, prese una veste bianca con finiture dorate e vi ci si avvolse, celando tutta la sua primitiva bellezza, prima di sparire dentro casa. Per un attimo mi ha lanciato un'occhiata furtiva come se si fosse accorta della mia presenza o magari già ne era a conoscenza.
Non ebbi neanche il tempo di imprecare per la scena sottratta al mio fremente sguardo che riapparve, ancora avvolta nelle candide vesti, questa volta con vista da dietro, diretta alla piscina. Prima di reimmergersi lanciò un altro sguardo nella mia direzione, come per accertarsi che fossi presente, poi lasciò cadere la tunica sull'antistante prato come a donarmi un'altra visione di sé, mostrarmi l'altra faccia della medaglia, il lato "B", insomma il "didietro".
Un culetto non esattamente piccolo come me lo sarei aspettato, ma due chiappette ben tornite a formare un magnifico fondoschiena. È sicuramente una falsa magra la piccola!
Lo scrigno dei ricordi passati e quello del presente si dischiusero all'unisono, lasciando scaturire essenze ormonali e composti steroidi che si miscelarono in un cocktail androgeno, procurando in me un forte turbamento e anche una concreta eccitazione.
È da quel giorno che ogni suo contatto mi turba, anche semplicemente rivolgerle la parola mi spinge in uno stato confusionale e lei sembra essersene accorta, in risposta ha via via modificato il suo comportamento abbassando di molto la guardia e da "dura come una scarpa vecchia" è diventata improvvisamente cordiale e affabile, oserei quasi dire "affettuosa". E pensare che non mi stava neanche molto simpatica, l'avevo praticamente sottovalutata, forse troppo.
Spesso ho l'impressione che quasi mi cerca, anche per futili motivi o semplicemente per fare due chiacchiere, mentre fino a poco tempo fa mi evitava come la peste. Neanche a me dispiace conversare con lei, anzi.
Una mattina, mentre me ne stavo nel mio giardino confinante con la sua casa, Lei, affacciatasi alla finestra della camera da letto mi fece sobbalzare con un bombante "buongiorno". Nonostante la mia reticenza da turbamento rimanemmo a parlare cordialmente del più e del meno, io in piedi come un baccalà e lei appecorata alla bassa finestrella. Alla fine, mi confessò di essere sola a casa giacché i bambini erano usciti presto insieme al padre per far visita ai nonni.
La notizia mi investì come una locomotiva in corsa, la mia mente iniziò a viaggiare a mille miglia all'ora, vuoi vedere che la piccola aveva dapprima procurato un approccio e poi lanciato un'eloquente proposta? o forse no?!
Nel mentre cercavo di far luce sulle affermazioni di Nimue, notai che questa, accennando un sorrisino beffardo, era sparita dentro casa lasciando la finestra socchiusa, chiaro invito a seguirla. Con fare guardingo, accertandomi che nessuno mi vedesse, come un guerriero Ninja scavalcai la finestrella e mi intrufolai all'interno della camera da letto, ma qui Lei non c'era. Pensando che forse si era recata in bagno a darsi una sistemata, stavo per emettere un colpetto di tosse che annunciasse la mia presenza, ma sentendo delle voci provenire dall'interno della casa realizzai che erano tornati prole e maritozzo.
Per la prima volta si materializzò la mia più intima e profonda paura su come sfuggire ai mariti indignati. Una folata gelida si impossessò del mio corpo paralizzandolo all'istante al pensiero di cercare un posto in cui nascondermi, dato che la mia stazza non mi permetteva di intrufolarmi nell'armadio tanto meno sotto al letto. Mi venne in aiuto la stessa Nimue che con un pretesto era riuscita a portare fuori nel suo giardino l'intera famiglia, forse conscia della mia presenza in camera da letto.
Grazie alla scarica di adrenalina che si disciolse nel mio organismo, senza pormi altre domande che in attesa di risposte avrebbero potuto pregiudicare la fuga, approfittando del fatto che nel frattempo mi si erano sciolte le gambe, roteandole alla Willy il coyote all'inseguimento di beep beep, mi catapultai fuori dalla finestra ancora aperta, ma non prima di averle scompigliato un po’ il letto a testimonianza della mia incursione, dileguandomi poi nel mio giardino.
Per più di una settimana Nimue non si fece vedere, anzi, sembrava quasi che mi evitasse, pensai forse a causa del mio raid in camera da letto, non doveva averlo gradito (figuriamoci la mia autostima, andato Ninja e tornato coyote).
Dopo qualche giorno, ci incrociammo e io colsi l'occasione per chiederle spiegazioni. Fortunatamente non era quello il motivo, mi raccontò che il marito aveva fatto una scenata di gelosia, insinuando che tra me e Lei potesse esserci una relazione. Approfittando dell'argomento efflusso nel discorso, le chiesi a bruciapelo Lei cosa ne pensava di una relazione tra di noi. Non riuscì a pronunciare nessuna parola, neanche un balbettio, mutismo assoluto, mal celando l'imbarazzo nell'ammettere a sé stessa che ci aveva pensato eccome.
Cavalcando la tigre del momento, d'altronde "chi tace acconsente", le dissi con tono imperativo che ci saremmo rivisti da lì a mezz'ora nel mio capanno degli attrezzi, giusto il tempo di prepararci, e abbandonai la scena lasciandola impalata a bocca aperta, senza darle neanche la possibilità di replicare.
Verso le 16,00, rasato e docciato, con il cuore in gola mi avviai verso il capanno ove, con profonda delusione, mi accorsi che avevo lasciato il capanno chiuso a chiave e di lei neanche l'ombra. Forse ancora doveva venire o forse era andata già via e sarebbe tornata, rimuginavo cercando di giustificare la mia asinata, e nel mentre masturbavo la mia mente in cerca di vane risposte, avevo già imprecato mezzo calendario quando mi sentii chiamare con una flebile vocina proveniente dalla mia macchina, (una Fiat Ritmo 60) parcheggiata a pochi metri. Distesa sul sedile passeggero reclinato c'era Lei che accompagnando un gesto con la manina mi invitava ad entrare. Nel vederla in quella posizione, ricordandomi il gioco del dottore e l'ammalata, la immaginai pronta ad essere operata e, affilati i ferri, mi fiondai all'interno dell'abitacolo deciso e risoluto ad aprirla in due. Mi apprestai ad abbrancarla ma, come un arbitro ai mondiali, con la manina spianata a mo’ di cartellino mi bloccò piazzandomela davanti al muso. "Aspetta!" disse.
"Che altro c'è, non sarai mica vergine?" risposi, oscurando il volto tra l'afflitto e l'incazzato. Lei vedendomi in quello stato mi lanciò un bacetto soffiandolo sulla manina, disse che era l'ora di andare a prendere i bambini a scuola, ma che ci saremmo potuti vedere l'indomani mattina. "Tieni duro" disse scappando attraverso il giardino e rientrando in casa dalla finestrella.
Il giorno seguente mi svegliai di buon'ora pregustando l'ambito bottino ma era quasi mezzogiorno e di Lei ancora nessuna notizia. Controllai la finestra ma era chiusa e all'interno non si vedeva niente a causa delle tendine. Andai anche a vedere nel capanno, che stavolta avevo lasciato aperto, ma niente. Insomma, che fine aveva fatto, aveva forse cambiato idea? si sa che “la donna è mobile”. Nel mentre mi arrovellavo le meningi alla ricerca di risposte, notai la manina sventolare dalla finestra in cerca della mia attenzione. Quando mi avvicinai trovai la finestra aperta e con un balzo felino piombai di nuovo all'interno della camera da letto e questa volta Lei c'era. In piedi, allineata alla parete con i palmi delle mani poggiati al muro e il capo reclinato in avanti, sembrava una cristiana in attesa di essere sbranata dai leoni. Pensando fosse un gioco, per dare senso alla scena, mi avvicinai gattoni sul letto fino ad arrivarle a pochi centimetri dal cosciotto, stavo quasi per azzannarla quando Lei con voce rauca mi disse che le era venuto il ciclo. Una doccia gelata mi investì in pieno, "EH NO! cara mia, stavolta non ci casco!" E così dicendo la presi di peso e la scaraventai prona sul letto, "lo faremo nel secondo canale!" le dissi intransigente. Lei affermando di non averlo mai fatto mi implorava di smettere ma non sembrava molto convincente, non provava neanche a togliersi da quella posizione anzi, con le mani stringeva il lenzuolo, sembrava che non aspettasse altro oppure era già rassegnata al fatto che stavolta non mi sarei accontentato neppure di un rapporto orale.
Le alzai il vestitino scoprendo finalmente l'ambito culetto, osservai come le ingenue mutandine bianche si intonavano perfettamente a quella candida luna piena, ma gliele strappai e presi a baciarla ovunque, avvicinandomi piano piano alla rosetta anale che era visibile anche senza diradarle le chiappette. Era profumatissima, inebriante, presi a leccarle il buchetto con lappate lente e piene, Lei emetteva deboli gemiti e, a dimostrazione di gradire il trattamento, esponeva il buchetto inarcando la schiena. Con la lingua roteante intorno all'ano la penetravo come un trapano a percussione, anche grazie ai piccoli movimenti su e giù che faceva dimenandosi lenta. Sembrava impazzire, quando d'un tratto si appecorò sul letto con la testa tra le braccia, e con un filo di voce mi invitò a scoparla.
Dalla fighetta bagnata colava un rivolo di umori misto a sangue, ma non me ne curai, anzi, con mia profonda sorpresa, notai che la cosa mi eccitava ancora di più.
Tirai fuori dai boxer il mio cazzo turgido e bagnato di liquido prespermatico che usai per lubrificarla ulteriormente e, poggiatolo al pertugio, iniziai a spingere piano. Lei con gli occhi sbarrati e la bocca aperta non emetteva alcun suono e neanche respirava, mentre inesorabile il mio pistone si faceva strada dentro di Lei. L'orifizio anale era così stretto che mi sentivo strangolare, ma piano piano, senza opporre neanche troppa resistenza, cedeva facendo spazio all'intrusore. Giunto alla fine mi fermai per una decina di secondi dandole il tempo di abituarsi e di riprendere fiato. Come uno stetoscopio potevo auscultare i battiti accelerati del suo cuore. Poi piano piano con passo cadenzato, iniziai una lenta e continua marcia avanti e indietro e dopo diversi minuti di stantuffamento, la sentii emettere strani versi e rantolii, aveva il volto estasiato, gli occhi strabuzzati e la lingua penzoloni come le cagnette in calore, realizzai così che aveva avuto un orgasmo anale. Bastarono pochi altri colpi e venni copiosamente anch'io inondandole le viscere, dopodichè ci accasciammo entrambi sul letto ancora con la spada inguainata.
Rimanemmo in quella posizione per alcuni minuti, poi io la scavalcai e mi posi accanto a Lei, con la mano le accarezzavo la nuca, volevo farle qualche coccola per tranquillizzarla ma Lei rimase impassibile con il volto immerso nel materasso. Forse le avevo fatto troppo male o si vergognava di me e non aveva il coraggio di guardarmi negli occhi.
Dopo alcuni minuti, giusto per stare in pace con me stesso, le abbassai il vestitino come per rimettere a posto le cose e dopo essermi rivestito, andai via da dove ero venuto, lasciandola sola ancora in quella posizione.
Il giorno dopo mi svegliai con il rimorso che mi divorava la coscienza, forse avevo calcato un po’ troppo la mano, ma come si dice "meglio vivere di rimorsi che di rimpianti" e ripetendo questa frase mi avviai verso la macchina, dove trovai una bella sorpresa. Distesa sul sedile passeggero reclinato c'era Lei che mi aspettava, disse che la sera prima era rimasta senza fiato, che era stata la più bella sensazione che avesse mai provato, orgasmo compreso, visto che non ne aveva mai avuti. Disse che non vedeva l'ora di rifarlo e così dicendo, mi abbracciò e mi baciò appassionatamente, scaldando finalmente quel rapporto che, tra folate gelide e docce fredde aveva avuto un inizio fin troppo glaciale.
Dopo averle torturato le tettine, quasi una seconda misura, la inculai li sul sedile della macchina ma questa volta nella posizione del missionario, continuando a baciarla e guardandola negli occhi mentre distorceva la faccia sotto l'effetto di un altro orgasmo, questa volta molto più partecipe.
Le cose andarono avanti così per alcuni giorni. Al termine del ciclo pensai bene di infilarglielo nella fighetta che lei acconciava con cura tenendo peloso solo un triangolino, ma con una serrata di cosce mi fece capire che quella zona era per me off limits. Disse che era ad uso esclusivo del maritino, aveva dovuto promettergli che non l'avrebbe data mai a nessun altro, e che sarebbe stato inutile insistere, avrei dovuto accontentarmi, si fa per dire, della porta sul retro. Dopo questa affermazione era palese che aveva pianificato tutto fin dall'inizio ecco perché non opponeva troppa resistenza alla sodomia. Per farsi perdonare, mi fece un pompino con ingoio finale. Avrei avuto voglia di chiederle la bocca di chi era, ma non lo feci, andava bene così, non volevo certo romperle il precario equilibrio che aveva stabilito nella sua tortuosa mente.
Passarono alcuni mesi in cui ci vedevamo almeno due volte a settimana, tra la sua camera da letto, il mio capanno e la mia macchina. Un giorno, sembrava particolarmente entusiasta, esibendo un sorriso da lobo a lobo disse che il marito la trascurava da troppo tempo e che aveva deciso di rompere la promessa. Non aspettavo altro, le sfilai le mutandine e presi a leccarle la fighetta già calda e umida, le piccole labbra leggermente dischiuse dal clitoride in erezione, gonfie a dismisura, aspettavano solo di essere consolate. Bastava che le sfiorassi con la lingua che Lei vibrava e si lamentava come una cassa armonica. Glielo infilai piano non per paura di farle male, ma per godermi finalmente il tanto agognato passaggio in serie A.
Pur non essendo più un ragazzino non sono certo il tipo che vive di ricordi, cerco di procurarmi il presente che però, colpa del fato, a volte si interseca con il passato dando vita a storie che mai avresti potuto anche solo immaginare.
Avevo già notato la forte somiglianza di Nimue, la mia vicina di casa, una ragazza magrolina ma caruccia sulla trentina, con la mia compagna di giochi infantili con la quale ebbi i primi approcci, ricordo il "gioco degli indumenti" e il "dottore e l'ammalata", insomma non proprio approcci sessuali ma di scoperta del rispettivo sesso. Le gesta, i movimenti, i vestitini leggeri a campana che indossava e come li portava fluttuanti al vento, insomma tutto di Nimue mi riportava al passato, ma non avevo mai approfondito la questione per disinteresse, ritenendola troppo magra, fino a quel fatidico giorno in cui il destino decise di prendersi gioco di me.
Erano le 18,00 di un pomeriggio di settembre, me ne stavo sdraiato al fresco sotto al pergolato della mia casa al mare poichè soffrivo molto il caldo dovuto a un'estate rovente, il sole picchiava fortissimo fino a raggiungere temperature di circa 40 gradi all'ombra.
Dal giardino di Nimue provenivano gli schiamazzi dei suoi figli che giocavano in piscina e proprio da quella direzione venne rapito il mio sguardo, in quel preciso istante vidi Nimue venire fuori dall'acqua poco a poco, si intravidero emergere prima i lunghi capelli castani, poi piano piano le spalle seguite dai piccoli seni, era coperta da un costume due pezzi color carne che dava una percezione di nudo, e di seguito al busto due lunghe e affusolate gambe. Furono attimi interminabili in cui ebbi l'impressione si trattasse della "Dama del lago di Artù", cercai infatti di scorgere se imbracciasse Excalibur ma venni distratto dai suoi sinuosi movimenti eseguiti per scavalcare i bordi della piccola piscina e, con fare disinvolto, allungato un braccio, prese una veste bianca con finiture dorate e vi ci si avvolse, celando tutta la sua primitiva bellezza, prima di sparire dentro casa. Per un attimo mi ha lanciato un'occhiata furtiva come se si fosse accorta della mia presenza o magari già ne era a conoscenza.
Non ebbi neanche il tempo di imprecare per la scena sottratta al mio fremente sguardo che riapparve, ancora avvolta nelle candide vesti, questa volta con vista da dietro, diretta alla piscina. Prima di reimmergersi lanciò un altro sguardo nella mia direzione, come per accertarsi che fossi presente, poi lasciò cadere la tunica sull'antistante prato come a donarmi un'altra visione di sé, mostrarmi l'altra faccia della medaglia, il lato "B", insomma il "didietro".
Un culetto non esattamente piccolo come me lo sarei aspettato, ma due chiappette ben tornite a formare un magnifico fondoschiena. È sicuramente una falsa magra la piccola!
Lo scrigno dei ricordi passati e quello del presente si dischiusero all'unisono, lasciando scaturire essenze ormonali e composti steroidi che si miscelarono in un cocktail androgeno, procurando in me un forte turbamento e anche una concreta eccitazione.
È da quel giorno che ogni suo contatto mi turba, anche semplicemente rivolgerle la parola mi spinge in uno stato confusionale e lei sembra essersene accorta, in risposta ha via via modificato il suo comportamento abbassando di molto la guardia e da "dura come una scarpa vecchia" è diventata improvvisamente cordiale e affabile, oserei quasi dire "affettuosa". E pensare che non mi stava neanche molto simpatica, l'avevo praticamente sottovalutata, forse troppo.
Spesso ho l'impressione che quasi mi cerca, anche per futili motivi o semplicemente per fare due chiacchiere, mentre fino a poco tempo fa mi evitava come la peste. Neanche a me dispiace conversare con lei, anzi.
Una mattina, mentre me ne stavo nel mio giardino confinante con la sua casa, Lei, affacciatasi alla finestra della camera da letto mi fece sobbalzare con un bombante "buongiorno". Nonostante la mia reticenza da turbamento rimanemmo a parlare cordialmente del più e del meno, io in piedi come un baccalà e lei appecorata alla bassa finestrella. Alla fine, mi confessò di essere sola a casa giacché i bambini erano usciti presto insieme al padre per far visita ai nonni.
La notizia mi investì come una locomotiva in corsa, la mia mente iniziò a viaggiare a mille miglia all'ora, vuoi vedere che la piccola aveva dapprima procurato un approccio e poi lanciato un'eloquente proposta? o forse no?!
Nel mentre cercavo di far luce sulle affermazioni di Nimue, notai che questa, accennando un sorrisino beffardo, era sparita dentro casa lasciando la finestra socchiusa, chiaro invito a seguirla. Con fare guardingo, accertandomi che nessuno mi vedesse, come un guerriero Ninja scavalcai la finestrella e mi intrufolai all'interno della camera da letto, ma qui Lei non c'era. Pensando che forse si era recata in bagno a darsi una sistemata, stavo per emettere un colpetto di tosse che annunciasse la mia presenza, ma sentendo delle voci provenire dall'interno della casa realizzai che erano tornati prole e maritozzo.
Per la prima volta si materializzò la mia più intima e profonda paura su come sfuggire ai mariti indignati. Una folata gelida si impossessò del mio corpo paralizzandolo all'istante al pensiero di cercare un posto in cui nascondermi, dato che la mia stazza non mi permetteva di intrufolarmi nell'armadio tanto meno sotto al letto. Mi venne in aiuto la stessa Nimue che con un pretesto era riuscita a portare fuori nel suo giardino l'intera famiglia, forse conscia della mia presenza in camera da letto.
Grazie alla scarica di adrenalina che si disciolse nel mio organismo, senza pormi altre domande che in attesa di risposte avrebbero potuto pregiudicare la fuga, approfittando del fatto che nel frattempo mi si erano sciolte le gambe, roteandole alla Willy il coyote all'inseguimento di beep beep, mi catapultai fuori dalla finestra ancora aperta, ma non prima di averle scompigliato un po’ il letto a testimonianza della mia incursione, dileguandomi poi nel mio giardino.
Per più di una settimana Nimue non si fece vedere, anzi, sembrava quasi che mi evitasse, pensai forse a causa del mio raid in camera da letto, non doveva averlo gradito (figuriamoci la mia autostima, andato Ninja e tornato coyote).
Dopo qualche giorno, ci incrociammo e io colsi l'occasione per chiederle spiegazioni. Fortunatamente non era quello il motivo, mi raccontò che il marito aveva fatto una scenata di gelosia, insinuando che tra me e Lei potesse esserci una relazione. Approfittando dell'argomento efflusso nel discorso, le chiesi a bruciapelo Lei cosa ne pensava di una relazione tra di noi. Non riuscì a pronunciare nessuna parola, neanche un balbettio, mutismo assoluto, mal celando l'imbarazzo nell'ammettere a sé stessa che ci aveva pensato eccome.
Cavalcando la tigre del momento, d'altronde "chi tace acconsente", le dissi con tono imperativo che ci saremmo rivisti da lì a mezz'ora nel mio capanno degli attrezzi, giusto il tempo di prepararci, e abbandonai la scena lasciandola impalata a bocca aperta, senza darle neanche la possibilità di replicare.
Verso le 16,00, rasato e docciato, con il cuore in gola mi avviai verso il capanno ove, con profonda delusione, mi accorsi che avevo lasciato il capanno chiuso a chiave e di lei neanche l'ombra. Forse ancora doveva venire o forse era andata già via e sarebbe tornata, rimuginavo cercando di giustificare la mia asinata, e nel mentre masturbavo la mia mente in cerca di vane risposte, avevo già imprecato mezzo calendario quando mi sentii chiamare con una flebile vocina proveniente dalla mia macchina, (una Fiat Ritmo 60) parcheggiata a pochi metri. Distesa sul sedile passeggero reclinato c'era Lei che accompagnando un gesto con la manina mi invitava ad entrare. Nel vederla in quella posizione, ricordandomi il gioco del dottore e l'ammalata, la immaginai pronta ad essere operata e, affilati i ferri, mi fiondai all'interno dell'abitacolo deciso e risoluto ad aprirla in due. Mi apprestai ad abbrancarla ma, come un arbitro ai mondiali, con la manina spianata a mo’ di cartellino mi bloccò piazzandomela davanti al muso. "Aspetta!" disse.
"Che altro c'è, non sarai mica vergine?" risposi, oscurando il volto tra l'afflitto e l'incazzato. Lei vedendomi in quello stato mi lanciò un bacetto soffiandolo sulla manina, disse che era l'ora di andare a prendere i bambini a scuola, ma che ci saremmo potuti vedere l'indomani mattina. "Tieni duro" disse scappando attraverso il giardino e rientrando in casa dalla finestrella.
Il giorno seguente mi svegliai di buon'ora pregustando l'ambito bottino ma era quasi mezzogiorno e di Lei ancora nessuna notizia. Controllai la finestra ma era chiusa e all'interno non si vedeva niente a causa delle tendine. Andai anche a vedere nel capanno, che stavolta avevo lasciato aperto, ma niente. Insomma, che fine aveva fatto, aveva forse cambiato idea? si sa che “la donna è mobile”. Nel mentre mi arrovellavo le meningi alla ricerca di risposte, notai la manina sventolare dalla finestra in cerca della mia attenzione. Quando mi avvicinai trovai la finestra aperta e con un balzo felino piombai di nuovo all'interno della camera da letto e questa volta Lei c'era. In piedi, allineata alla parete con i palmi delle mani poggiati al muro e il capo reclinato in avanti, sembrava una cristiana in attesa di essere sbranata dai leoni. Pensando fosse un gioco, per dare senso alla scena, mi avvicinai gattoni sul letto fino ad arrivarle a pochi centimetri dal cosciotto, stavo quasi per azzannarla quando Lei con voce rauca mi disse che le era venuto il ciclo. Una doccia gelata mi investì in pieno, "EH NO! cara mia, stavolta non ci casco!" E così dicendo la presi di peso e la scaraventai prona sul letto, "lo faremo nel secondo canale!" le dissi intransigente. Lei affermando di non averlo mai fatto mi implorava di smettere ma non sembrava molto convincente, non provava neanche a togliersi da quella posizione anzi, con le mani stringeva il lenzuolo, sembrava che non aspettasse altro oppure era già rassegnata al fatto che stavolta non mi sarei accontentato neppure di un rapporto orale.
Le alzai il vestitino scoprendo finalmente l'ambito culetto, osservai come le ingenue mutandine bianche si intonavano perfettamente a quella candida luna piena, ma gliele strappai e presi a baciarla ovunque, avvicinandomi piano piano alla rosetta anale che era visibile anche senza diradarle le chiappette. Era profumatissima, inebriante, presi a leccarle il buchetto con lappate lente e piene, Lei emetteva deboli gemiti e, a dimostrazione di gradire il trattamento, esponeva il buchetto inarcando la schiena. Con la lingua roteante intorno all'ano la penetravo come un trapano a percussione, anche grazie ai piccoli movimenti su e giù che faceva dimenandosi lenta. Sembrava impazzire, quando d'un tratto si appecorò sul letto con la testa tra le braccia, e con un filo di voce mi invitò a scoparla.
Dalla fighetta bagnata colava un rivolo di umori misto a sangue, ma non me ne curai, anzi, con mia profonda sorpresa, notai che la cosa mi eccitava ancora di più.
Tirai fuori dai boxer il mio cazzo turgido e bagnato di liquido prespermatico che usai per lubrificarla ulteriormente e, poggiatolo al pertugio, iniziai a spingere piano. Lei con gli occhi sbarrati e la bocca aperta non emetteva alcun suono e neanche respirava, mentre inesorabile il mio pistone si faceva strada dentro di Lei. L'orifizio anale era così stretto che mi sentivo strangolare, ma piano piano, senza opporre neanche troppa resistenza, cedeva facendo spazio all'intrusore. Giunto alla fine mi fermai per una decina di secondi dandole il tempo di abituarsi e di riprendere fiato. Come uno stetoscopio potevo auscultare i battiti accelerati del suo cuore. Poi piano piano con passo cadenzato, iniziai una lenta e continua marcia avanti e indietro e dopo diversi minuti di stantuffamento, la sentii emettere strani versi e rantolii, aveva il volto estasiato, gli occhi strabuzzati e la lingua penzoloni come le cagnette in calore, realizzai così che aveva avuto un orgasmo anale. Bastarono pochi altri colpi e venni copiosamente anch'io inondandole le viscere, dopodichè ci accasciammo entrambi sul letto ancora con la spada inguainata.
Rimanemmo in quella posizione per alcuni minuti, poi io la scavalcai e mi posi accanto a Lei, con la mano le accarezzavo la nuca, volevo farle qualche coccola per tranquillizzarla ma Lei rimase impassibile con il volto immerso nel materasso. Forse le avevo fatto troppo male o si vergognava di me e non aveva il coraggio di guardarmi negli occhi.
Dopo alcuni minuti, giusto per stare in pace con me stesso, le abbassai il vestitino come per rimettere a posto le cose e dopo essermi rivestito, andai via da dove ero venuto, lasciandola sola ancora in quella posizione.
Il giorno dopo mi svegliai con il rimorso che mi divorava la coscienza, forse avevo calcato un po’ troppo la mano, ma come si dice "meglio vivere di rimorsi che di rimpianti" e ripetendo questa frase mi avviai verso la macchina, dove trovai una bella sorpresa. Distesa sul sedile passeggero reclinato c'era Lei che mi aspettava, disse che la sera prima era rimasta senza fiato, che era stata la più bella sensazione che avesse mai provato, orgasmo compreso, visto che non ne aveva mai avuti. Disse che non vedeva l'ora di rifarlo e così dicendo, mi abbracciò e mi baciò appassionatamente, scaldando finalmente quel rapporto che, tra folate gelide e docce fredde aveva avuto un inizio fin troppo glaciale.
Dopo averle torturato le tettine, quasi una seconda misura, la inculai li sul sedile della macchina ma questa volta nella posizione del missionario, continuando a baciarla e guardandola negli occhi mentre distorceva la faccia sotto l'effetto di un altro orgasmo, questa volta molto più partecipe.
Le cose andarono avanti così per alcuni giorni. Al termine del ciclo pensai bene di infilarglielo nella fighetta che lei acconciava con cura tenendo peloso solo un triangolino, ma con una serrata di cosce mi fece capire che quella zona era per me off limits. Disse che era ad uso esclusivo del maritino, aveva dovuto promettergli che non l'avrebbe data mai a nessun altro, e che sarebbe stato inutile insistere, avrei dovuto accontentarmi, si fa per dire, della porta sul retro. Dopo questa affermazione era palese che aveva pianificato tutto fin dall'inizio ecco perché non opponeva troppa resistenza alla sodomia. Per farsi perdonare, mi fece un pompino con ingoio finale. Avrei avuto voglia di chiederle la bocca di chi era, ma non lo feci, andava bene così, non volevo certo romperle il precario equilibrio che aveva stabilito nella sua tortuosa mente.
Passarono alcuni mesi in cui ci vedevamo almeno due volte a settimana, tra la sua camera da letto, il mio capanno e la mia macchina. Un giorno, sembrava particolarmente entusiasta, esibendo un sorriso da lobo a lobo disse che il marito la trascurava da troppo tempo e che aveva deciso di rompere la promessa. Non aspettavo altro, le sfilai le mutandine e presi a leccarle la fighetta già calda e umida, le piccole labbra leggermente dischiuse dal clitoride in erezione, gonfie a dismisura, aspettavano solo di essere consolate. Bastava che le sfiorassi con la lingua che Lei vibrava e si lamentava come una cassa armonica. Glielo infilai piano non per paura di farle male, ma per godermi finalmente il tanto agognato passaggio in serie A.
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