Non si viene... al lavoro

Scritto da , il 2022-07-04, genere masturbazione

Ti svegli sonnacchiosa questa mattina, ti stiracchi e allunghi la mano a fermare la sveglia due minuti prima del suo suono quotidiano. Staresti sotto il lenzuolo tutto il giorno, sì, anche con questo caldo sei avvolta dal lenzuolo, non riesci a farne a meno, lino fresco per l’estate, ti accarezza e ti sfiora, ha una sua morbida ruvidezza che ti coccola. Con un sospiro ti decidi a scendere dal letto, in cucina trovi il tuo latte con il caffè, lo scaldi e mentre inzuppi i tuoi biscotti preferiti già pianifichi la giornata, la mente a mille che si districa tra i mille impegni quotidiani. Solite abluzioni, prendi il pranzo, le borracce son nello zaino, e via al lavoro, sono le 6.56, mentre accendi l’auto calcoli a mente tra quanto tempo potrai timbrare l’arrivo, appena il tempo di uscire dalla tua via che la musica spara a palla dalle casse. Ti piace come risuonano i bassi, come ti danno la carica certi dj, un sorrisetto al semaforo al ragazzotto mezzo addormentato che ascolta le notizie radio e ti guarda un po' stupito, lui dalla sua macchinetta finta sportiva e tu sulla tua station rosso fiammante, i sedili sportivi che ti avvolgono, la musica che vibra sui vetri. Realizzi che quello sarà uno di quei giorni.

Il lavoro ti piace, ti stimola con i suoi aggiornamenti, i nuovi prodotti, le nuove procedure, ma ti tranquillizza con le sue regole, è come essere liberi pur essendo legati. C’è della curiosità nel tuo animo, che al momento trattieni, devi finire di prepararti e uscire. Quando tutto è pronto, manchi tu, il guscio sulla schiena e la divisa indosso, sei pronta a partire, ad iniziare il lavoro vero e proprio.

Ed inizia la tortura. Inizia piano, soffice e soffusa, non te ne accorgi subito, piano piano ti entra dentro, ti accarezza, ti stimola, e si ferma. Poi riparte, in un lento crescendo che mai arriva al dunque, di nuovo, si ferma. Allora accogli con sollievo il fermarti, l’interagire con le persone, l’evadere dalla tua mente traditrice. Se lasciata a te stessa sai che sarà una giornata d’inferno. Riprendi, non ti puoi fermare tutto il giorno, non vedi l’ora di finire, di tornare a casa e di trovare finalmente sollievo, nel frattempo devi far buon viso a cattivo gioco. Le provi tutte, i muscoli delle cosce che si contraggono e si rilasciano cercando un loro ritmo, inarchi per quanto puoi la schiena cercando di far arrivare quella debole ma subdola vibrazione al clitoride, niente da fare. Non aiuta nemmeno la cucitura dei jeans. La tua mente è partita per la tangente, pensieri erotici a caterve, senza alcuna logica, volubili come le nuvole d’estate in una giornata ventosa. Fatichi a focalizzarti su uno solo di quelli, nella speranza che le tue sinapsi arrivino dove il fisico non riesce, ma è tutto inutile. Un’altra fermata, un’altra pausa, e la tortura riprende. Con un leggero fastidio ti rendi conto di esser bagnata, il desiderio aumenta, speri che nessuno se ne accorga, che nessuno noti la foschia dei tuoi occhi, il bisogno che in questo momento prova a prevalere. Riprendi il controllo, non puoi permetterti di cedere, anche se ogni buco dell’asfalto rinnova il tormento, anche se lo desideri con tutta te stessa, la smania che ti prude dall’interno come fuoco che lento ma inesorabile vorrebbe bruciare ma che non può divampare. Improvvisa ti si affaccia alla mente l’immagine di una donna a cavalcioni di una macchinetta che vibra e platealmente viene, un filmino da 4 soldi, visto su chissà quale sito, ma che ti è rimasto impresso. LEI veniva, TU no.

Maledici il tuo amato lavoro e quei giorni, in cui sei più recettiva, più pronta, più disponibile, più bagnata.

Hai finito, rientri, finalmente scendi dall’infido vibratore che ti ha tenuto sul filo del rasoio tutta la mattina. La prima persona che incroci ti fa una battuta stupida e si prende una risposta acida, deve considerarsi fortunata, non sei proprio dell’umore per sopportare al momento.

Rifletti un po' se sia il caso di fare una scappatina al bagno a cercar sollievo, ma proprio non ti piace, appena hai finito di sistemare la tua scrivania in ufficio, timbri, risali sulla tua macchina, il sedile leggermente inclinato ti accoglie e ti coccola. Presto, presto sarai a casa, tornerai nel tuo letto, magari riprenderai quel fugace pensiero di corde e legami, ed allora, allora potrai, venire.

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