Donna Rebecca. III parte.

Scritto da , il 2022-05-26, genere etero

"Ehu fugaces labuntur anni".
Nei primi giorni dell'estate 1987, conseguii la laurea in Giurisprudenza e, dopo un semestre doverosamente sabbatico, iniziai, invero molto "alla stracca", la pratica notarile.
In realtà, la cosa mi stava decisamente stretta, avendo sempre aspirato alla carriera di avvocato, e di avvocato penalista per intenderci...ma tant'era!
"Meliora sequeretur", ma, "in illo tempore", quello passava il convento.
Fu proprio in tale temperie - mi ero recato alla Biblioteca della Cassazione per reperire alcuni precedenti - che mi imbattei in Donna Rebecca.
Indossava un elegantissimo tailleur nero "business woman", con gonna plissettata che le terminava poco sotto al ginocchio, camicetta bianca, beninteso non trasparente, allacciata al collo da un fiocco, calze velate color carne e scarpe décolleté nere, ovviamente con tacchi a spillo.
Notai immediatamente due cose:
1) Donna Rebecca aveva cambiato pettinatura, sostituendo i soliti, orribili, capelli lisci spioventi con una elegantissima permanente;
2) a giudicare dal ballonzolare delle sue "dolci protuberanze", i cui capezzoli premevano, decisamente, sotto la stoffa della camicetta, quella mattina, Donna Rebecca, non solo si era dimenticata di indossare il reggiseno, ma aveva indossato la camicetta "a carne".
Incedeva sorridendo, con le labbra e con gli occhi, le bionde
chiome accarezzate da un lievissimo vento, comunicando, nell'insieme, una sensazione di gioia di vivere che sarebbe stata straordinaria in una ragazza.
Espletati i convenevoli di prammatica, ci recammo in un caffeuccio poco lontano per solennizzare.
Fu lì che mi disse di trovarsi a Roma per seguire un corso di informatica tenuto dal Ministero della Giustizia. Detto corso, era completamente gratuito, ed il Ministero aveva persino provveduto all'alloggio dei singoli corsisti, collocandoli in vari alberghi della città.
- E tu, dove sei stata fatta scendere?
- All' "Hotel ***" - rispose.
Conoscevo di fama, nonché di vista, quell'albergo, piccolo, ma pulitissimo e molto dignitoso, in quanto ubicato non molto distante dalla casa di mia nonna.
Donna Rebecca continuò:
- Il corso ci impegna dal lunedì al giovedì dalle 10 alle 15, per cui, se vorrai, un pomeriggio potremmo...vederci.
- Ma naturalmente! Anzi: oggi è martedì, se vorrai...
- Per me andrebbe benone venerdì mattina...
- Perfetto: ci vedremo venerdì mattina alle 11.00.
Quando, il venerdì successivo, puntualissimo, mi trovai di fronte al bancone della portineria,feci appena in tempo a dire:
- Sono atteso dalla Signora...
che una grassa matrona, truccata pesantemente, vestita pacchianamente, avvolta in una nube di profumo, insopportabile per le mie narici come per le narici di chiunque altro, e, per finire, somigliantissima all'Esmeralda di "West and Soda", squittendo, mi disse:
- Ah, lei è il cugino della Signora..., si accomodi...si accomodi pure: secondo piano, stanza 202.
Mentre salivo con l'ascensore, ricordavo a me stesso di congratularmi con Donna Rebecca per come aveva organizzato le cose.
Giunsi al piano; di fronte alla porta dell'ascensore, iniziava un corridoio, immerso nel silenzio, e nel buio, più totali.
Quel ch'era peggio, gli interruttori della luce, semmai vi fossero stati, non erano dotati di led che ne avessero indicata l'ubicazione.
Confesso che la situazione mi inquietava; cominciai a percorrere il corridoio mantenendomi al centro, temendo, data l'atmosfera, che qualcuno, aperta all'improvviso una porta, mi tirasse dentro una camera.
Giunto circa a metà, vidi che, alla fine dello stesso, una porta era stata aperta, cigolando, ed un triangolo di luce si era disegnato sul pavimento.
Bisbigliando chiamai:
- Donna Rebecca?...
Da dentro la stanza, una voce femminile, a sua volta, bisbigliò:
- Si...
Ed entrai.
Il lampadario era acceso ma, nella stanza, sembrava non esserci anima viva; il letto, a due piazze, era intonso e tutt'intorno aleggiava un fresco profumo femminile che mi ristorò, alquanto, l'olfatto, dopo i disgustosi effluvi inalati alla "conciergerie".
Mentre contemplavo tutto ciò, la porta, sbattendo leggermente, si chiuse; mi voltai di scatto, vidi Donna Rebecca e credetti, letteralmente, di sognare.
Era completamente nuda, tranne che per i soliti sandaletti neri ed una catena girovita al cui centro vi era un grosso ciondolo, a forma di rombo, a farle da "salvapudore".
Sorrise, a trentadue denti, per poi venire verso di me, ancheggiando come una pantera.
Ci baciammo: un bacio lunghissimo, alla francese, pieno di passione, forse, da parte sua, d'amore.
Donna Rebecca si staccò da me e, guardandomi fisso negli occhi, si tolse il gioiello che le ornava i fianchi arrivando a coprirle il pube.
La sua gestualità, il suo sguardo, mi dettero l'impressione, esatta, di vedere una "regina", una "monarca assoluta", spogliarsi dei segni del "potere" per essere solo "una donna": una donna che, lasciatosi il trono alle spalle, doni sé stessa all'amore ed al piacere.
Mi spogliai, a mia volta, e demmo inizio alla danze.
Ci sdraiammo sul letto e cominciai con l'accarezzarle tutto il corpo, dal collo alle caviglie. Le mie labbra l'adorarono e le mie orecchie vennero deliziate dal suo mugolare.
- Si...si...ancora...dai...dai...
Subito dopo, ci alzammo impiedi.
Le nostre altezze erano compatibili con la posizione detta "del cigno", per cui, dopo averla accostata alla parete vicina alla porta, entrai in lei, tenendole le braccia in alto, a v.
Era completamente bagnata. Non appena conclusa la penetrazione, iniziai un coitare selvaggio, del tutto opposto ai preliminari "adoranti" di poco prima.
- Si...si...prendimi come se fossi la tua schiava...cavalca nel mio corpo...non ti fermare...
Ad un certo punto, uscii da lei, la feci voltare, in una sorta di "levrette au debout", e la penetrai di nuovo, tenendole ben ferme le mani sulla parete mentre lei si era rizzata sulle punte dei piedi, come se stesse danzando.
Una delle caratteristiche della mia "vita virile", e' data dal fatto che, la stragrande maggioranza delle mie "partners", mai lesinò in secrezioni vaginali... tutt'altro.
Da ciò, scaturisce l'indubbio vantaggio di poter passare, dal"primo" al "secondo canale", conservando, intatto, l' "elemento sorpresa".
Così feci, beninteso agendo, contemporaneamente, sul clitoride.
Dopo un primo istante "doloroso", sottolineato da un lungo, ma sommesso, "oooooh", Donna Rebecca riprese la serie dei monosillabici assensi integrati da:
- Dai, sfondami tutta, sfondami, sono la tua schiava, la tua puttana...
Quando mi accorsi che stavo per eiaculare, uscii da lei, la feci di nuovo voltare, la feci inginocchiare di fronte al mio scettro e mi introdussi tra le sue labbra incandescenti.
Passarono, si e no, due minuti: due minuti di sesso che, definire selvaggio, sarebbe un pietoso eufemismo.
Quando sentii lo sperma salire, uscii dalla sua bocca per inondarle il volto nella zona tra il naso ed il labbro superiore.
Un'oretta dopo, mentre con le giunture cigolanti stavo finendo di annodare la cravatta, Donna Rebecca mi disse:
- Mi piace quando vengo presa come una schiava, come una puttana...ma debbo essere io, ed io sola, ad acconsentire: perché io, ed io sola, sono, e sarò, la "regina" della mia vita.
Se vorrai, tu lo potrai sempre perché ho da subito compreso che, se lo fai, lo fai per dare piacere, non per umiliare o, peggio ancora per privarmi della mia libertà...
Ringraziai, ritenendo tale onore come un omaggio alle mie doti, sia umane che "virili", poi, dopo qualche minuto le domandai:
- Se poi riuscita a fare sesso con due uomini contemporaneamente?
- Macché...capirai il paese è piccolo, i colleghi hanno le lingue lunghe, per cui sono costretta, quando riesco a portarmi a casa uno stallone, ad aiutarmi con il solito godemichet...
- E quel ragazzo di colore?
- Incredibilmente, sparì dopo il primo incontro: strano davvero...
- Forse era privo di permesso di soggiorno...o, forse, aveva paura di lasciarci le penne...
- Mmah! - disse, per poi ridere...
- Senti un po': abbiamo detto due uomini...ti andrebbero bene un uomo ed una trans?
- E perché no? In materia di sesso il mio motto è: "Vietato vietare"!
- Bene: resta in attesa!
Una settimana esatta dopo, eravamo su di un taxi alla volta di una zona semicentrale del quadrante sud est della città.
Donna Rebecca indossava un impermeabile verde militare, stretto in vita da una cinghia e giungente sino alle ginocchia delle sue splendide gambe, fasciate in velatissime calze nere.
Scendemmo ad una cinquantina di metri dalla meta, per non dare nell'occhio e ci avviammo verso il "boudoir" di Wendy.
Il lettore non si allarmi: la mia conoscenza di Wendy, risalente a circa un anno e mezzo prima, aveva, per me, carattere esclusivamente "attivo".
Suonammo, e l'uscio si aprì; entrammo e, chiusa la porta, potemmo contemplare Wendy in tutto il suo splendore.
Alta circa un metro ed ottanta, beninteso senza tacchi, magra, con una cascata di riccioli castani, due occhi di smeraldo e truccata in modo sofisticato, ma tutt'altro che eccessivo o volgare, Wendy indossava un bustino, nero e trasparente, con giarrettiere, calze velate, e gli immancabili sandaletti con tacchi a spillo.
Sotto al perizoma, anch'esso nero e trasparente, si notava uno scettro di tutto rispetto.
Wendy aveva anche un'altra caratteristica, che la rendeva ancora più affascinante: una gradevole voce femminile, il che impediva, ai suoi "visitatori", di scoppiarle a ridere in faccia, come spesso accade al sentire la voce di una trans.
Fece per abbracciarmi e baciarmi, ma la guidai verso Donna Rebecca dicendo:
- Prima l'ospite...
Wendy prese così le mani di Donna Rebecca,le alzò, la rimirò e disse:
- Lei è bellissima, Signora...
- Anche lei non è da meno, rispose Donna Rebecca, e le pose una mano sul perizoma...
- Però...
- Ventitré centimetri...
- Complimenti...
A questo punto, Donna Rebecca fece per sciogliere la cinta dell'impermeabile ma, ad una voce, io e Wendy esclamammo:
- Lascia che siamo noi a spogliarti...
Sfilatole l'impermeabile, avemmo una grossa sorpresa:sotto l'impermeabile, Donna Rebecca non indossava altro che un completino, reggiseno e minislip, color ruggine, un paio di autoreggenti e gli immancabili sandali con tacchi a spillo. Intorno alla vita, la catenina con ciondolo a forma di rombo che le avevo visto indossato la settimana precedente.
Wendy la bacio' poi, presala per mano la condusse sul letto; iniziarono a baciarsi, carezzarsi e spogliarsi a vicenda: completamente. Dal mio canto, non me ne stavo a contemplare lo spettacolo e, quando mi vide nudo ed in erezione, Donna Rebecca disse:
- Dai mettiti supino...
Le risposi:
- Non me lo faccio dire due volte: il pene mi duole...
La donna si impalò e Wendy corse a spalmarle l'ano con una sostanza lubrificante che emanava un odore tipicamente orientale.
Subito dopo, anche Wendy penetrò in Donna Rebecca e cominciammo.
Quasi immediatamente, mi resi conto di come fosse completamente "partita". Roteava la testa come se stesse ballando uno shake e gridava in modo inarticolato. Sia io che Wendy le carezzavamo il seno e la schiena con le mani rese umide dal suo sudore.
Dopo circa dieci minuti, dissi a Wendy:
- Presto, scambiamoci di posto...
Tutto avvenne con la rapidità di un cambio gomme in formula uno e, meno di tre minuti dopo, Donna Rebecca aveva ripreso il ballo.
Iniziai così ad accarezzarle quel clitoride che Wendy, incredibilmente, aveva trascurato.
Fu allora che la vidi artigliare le lenzuola emettendo suoni gutturali.
Wendy le disse:
- Brava, Signora, avrà goduto almeno quattro volte...
- Anche con me - feci eco.
- Sto per venire - dicemmo, praticamente in coro, io e Wendy; poi aggiunsi:
- Dai, Wendy, fa come ti dico, usciamo fuori.
Ci riuscimmo in pochi secondi, facendo mettere Donna Rebecca in posizione supina, poi la inondammo di sperma sul collo, sui seni, sull'addome: rimasi sorpreso dalla quantità secreta da Wendy; era ancora "un vero uomo", nonostante tutto.
Donna Rebecca sembrò quasi volersi addormentare, ma io e Wendy le prendemmo ciascuno una mano e, delicatamente, la conducemmo in bagno ove la facemmo entrare nella vasca. Seduta che fu sui talloni, la aspergemmo, abbondantissimamente, con tutta la nostra "pioggia dorata": lei godette ancora sorridendo e gettando all'indietro la bionda testa.
Dopo che ci eravamo svuotati, Donna Rebecca domandò:
- Potrei prendere una doccia?
E così fu.
Il lavacro durò circa una mezz'ora: tempo troppo ristretto perché potessi dedicarmi, ancora una volta, alle "grazie" di Wendy.
Tuttavia colsi l'occasione per dirle:
- Complimenti: hai goduto come un vero stallone...
- A dire il vero, dopo che ebbi accettato la tua proposta, ho evitato, per una settimana, di... "svuotarmi": volevo conservare tutto per voi...
Un ora e mezzo dopo, quando rientrammo in albergo, Donna Rebecca mi disse:
- Siete stati fantastici! Erano almeno dieci anni che sognavo un'esperienza come quella di oggi.
- Ti ringrazio...ma tu, tu mai mi avevi detto di gradire lo sperma sul corpo, altrimenti...
- Effettivamente, non è che lo gradisca molto...ma oggi è stato un giorno speciale...
La guardai fissa in volto: non credevo ai miei occhi! Era fresca come una rosa: nemmeno un'ombra di occhiaie.
Fu allora che le domandai:
- Non capisco perché non ti sia messa a fare la prostituta: sei un vero e proprio animale da letto...
- Ci ho pensato a lungo, sai? E sono arrivata ad una conclusione: ti ricordi la divisa della Metro Goldwyn Mayer?
- Si: "Ars Gratia Artis"... ma che c'entra?
- C'entra perché sono sicura che, se fossi costretta da un rapporto mercenario, non darei, come oggi, tutta me stessa. Per me, il sesso è libertà, anzi: la più vasta espressione di libertà...
Ed è proprio per questo che, poco fa, ho rifiutato la proposta di Wendy di "collaborare" con lei...
e poi, te l'ho già detto: io sola regno sulla mia vita!
Nessuno, uomo o donna che sia, potrà, mai, comperare il mio corpo: sono io che lo donò a chi se ne dimostra degno...
- Come me?...
- Come te, mio giovane, ma già esperto, stallone...
Senti un po': hai poi avuto il tuo primo rapporto lesbico?
Donna Rebecca rise, per poi rispondermi:
- Voglio farti una confessione: io fui sessualizzata prima safficamente, poi ebbi il mio primo rapporto "etero" con il mio futuro marito. Attualmente, ho una "relazione" con una donna...anche lei separata...
Finalmente un briciolo di sincerità.
- Una prof...scommetto...
- No: un'amica di mia madre...
Proseguii:
- Potrei sapere chi, di voi due, è "l'uomo"?
- Entrambe: tu dimentichi che posseggo anche un "godemichet" doppio...
Parlammo ancora qualche minuto, poi, il "tiranno da polso", mi ricordo' che si avvicinava l'ora della "ritirata".
Ci salutammo ed, al momento di aprire la porta, Donna Rebecca mi disse:
- Sai? Il corso finirà giovedì prossimo ed io ripartirò il lunedì successivo. Che ne dici se...
- Mais bien sur, ma petite...
E feci per uscire, quando Donna Rebecca mi disse:
- Mi piacerebbe farlo anche con tre uomini...
- ...e magari con doccia di sperma e pioggia dorata finali...
- E perché no?
- Prosit!!!
E, dopo esserci baciati, a lungo, uscii.
* * *
Anche con Donna Rebecca, ad un certo punto, i rapporti entrarono in crisi.
A ben guardare, ciò fu dovuto alla sua volontà, tipica di quelle che potremmo definire "singles di ritorno".
Esse, sono desiderose, ad ogni costo, di non abdicare, in alcun modo, alla loro pur "santa libertà", anche se, purtroppo per loro, il novero di coloro che, chiamati, accettano di apprezzarla, è, e di molto, scemato.
Da ciò, discende il loro voler, ad ogni costo, per rappresaglia, dare fastidio al prossimo, soltanto per poter dire, col Manzoni:
- Io sono, però!
Inoltre, prima il fidanzamento, poi il matrimonio, con "Lady Wilfred", le avevano precluso ogni possibilità di "incontri ravvicinati":
per non scrivere della sua avanzante età.
L'ultima volta che la incontrai aveva, alla grande, doppiato i settanta. Arrancava, notevolmente incurvata, in compagnia di un grazioso cagnolino, per un viale di ***: dopo diversi minuti che mi ebbe superato, ovviamente senza salutare, me o Lady Wilfred, la riconobbi.
Non potei non mormorare, tra me e me, essendosi mia moglie allontanata per recarsi all'edicola di rimpetto:
"Senectus est ipsa morbus".



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