Gang Bang cap. 1

Scritto da , il 2021-12-01, genere dominazione

Questo racconto è stato scritto su richiesta di due lettori Sarah e Federico e narra delle loro fantasie.

Lo Squalo è un uomo potente. E’ diventato, da poco, l’Amministratore Delegato (AD) di una catena di Alberghi di una certa importanza. E’ un cinquantenne grande e grosso, corpulento, ma in gran forma.

Lo Squalo si dilettava, quando aveva tempo, a guardare siti con inserzioni hard.

Desidero per la mia ragazza, Sarah, una bella trentaduenne, come da foto allegate, una gang bang con tre o quattro maschi prestanti e che sanno quello che fanno. Per lei sarà la prima volta e deve essere indimenticabile. Federico.
L’inserzione era corredata da due foto, una di una mora riccioluta a quattro zampe nuda, offerta e inarcata che mostrava in primo piano un gran bel culetto, nell’altra c’era la stessa moretta, con il volto nascosto tra le braccia e girato verso le lenzuola del letto su cui era sdraiata. La moretta mostrava, sempre viso a parte, tutto il resto del corpo. Un corpicino sensuale e molto attrattivo. Non doveva essere molto alta, e doveva anche essere minuta, ma con tutte le curve necessarie e molto sensuale.

Lo Squalo rizzò prontamente e apprezzò l’annuncio e la moretta. Chiamò Greta e diede istruzioni alla sua affascinante segretaria di convocarli, un quarto d’ora dopo Greta inviava il seguente messaggio alla coppia:
Il mio Padrone desidera che veniate a Milano sabato prossimo, arrivate a metà pomeriggio. Lui vi esaminerà immediatamente e poi, in serata, Sarah sarà presa in consegna dalla gang bang. Si tratta di tre uomini esperti che daranno completa soddisfazione alla signorina. Federico potrà assistere. Il tutto si svolgerà nella massima sicurezza ed in un locale adatto allo scopo e molto confortevole. Alla gang assisteremo anche io, che sono la segretaria del Padrone, e la sua cameriera e schiava.

Ci fu un fitto scambio di mail. C’erano altri concorrenti, come detto la ragazza non era male e aveva attirato parecchi maschi, ma la proposta dello Squalo, fatta attraverso una segretaria, in un posto oggettivamente sicuro, in una location pulita e confortevole, per non dire lussuosa, sgominò la concorrenza. Gli accordi furono presi nella stessa giornata.
Mancavano tre giorni al fatidico sabato. Il giorno dopo lo Squalo convocò tre suoi dipendenti che non aveva mai visto prima, ma di cui sapeva tutto. Erano tre quarantenni. Il primo era un cameriere che lavorava al ristorante dell’hotel, moro, belloccio e con una buona attrezzatura. Il secondo era il responsabile delle pulizie delle camere dell’albergo, rosso di capelli e con la tipica carnagione dei rossi, tarchiato, forte e deciso. Il terzo lavorava nell’amministrazione, era alto, moro anche lui, il più intelligente dei tre e capo della gang.
Lo Squalo come AD dell’hotel aveva accesso a tutte le mail che transitavano sul server di proprietà dell’hotel e siccome era quello che era le guardava e aveva scoperto che i tre bastardi avevano costituito una gang bang e che, incautamente, inviavano mail a coppie come quella che era entrata nel suo mirino.
Fino a quel momento lo Squalo non aveva mai parlato, non aveva neanche risposto al saluto dei tre. I tre sapevano che l’AD era uno stronzo, quindi rimasero zitti e fermi davanti alla sua scrivania. Erano un po’ preoccupati, visto l’atteggiamento freddo e scostante dell’AD, ma non eccessivamente.
Nelle mail che l’AD aveva visto c’erano foto eloquenti. Lo Squalo le squadernò davanti ai loro occhi. I tre, in piedi di fronte alla sua scrivania, quando le videro sbiancarono, tremarono e quasi svennero. Temevano di essere licenziati da quello stronzo, lì, su due piedi. Potevano invocare la privacy, fare causa all’hotel, ma lo Squalo se ne fotteva della privacy e delle loro cause, intanto li avrebbe licenziati.
Lo Squalo seduto in poltrona se la godeva e li lasciò cuocere nel loro brodo per un minuto buono, il ragioniere stava per svenire. Era in piedi, ma poggiò le mani sulla scrivania per sostenersi, cosa che lo Squalo non gradì e glielo fece capire con uno sguardo omicida. Il ragioniere si ritirò immediatamente cercando di rimettersi in piedi.
Quando la cottura era arrivata al punto giusto, lo Squalo tirò fuori alcune fotografie della moretta riccioluta, quelle dell’inserzione, ma anche altre che la coppia aveva inviato nel breve carteggio con Greta. - Sabato sera voglio che la sfianchiate, voglio che chieda pietà. -
I tre ripresero colore, sospirarono e si ringalluzzirono, petto in fuori e belli dritti. Il ragioniere che un attimo prima stava per svenire – non c’è problema Signore. La troia avrà una serata che non dimenticherà mai, per il resto della sua vita, modestamente abbiamo una certa esperienza. Dove lo facciamo? –
- Lo facciamo, qui, trovate la camera giusta, se è libera anche la suite. –
Lo Squalo li licenziò e se la rise, pensò “si stavano cacando addosso” e continuò a ridere continuando a meditare “questi tre li ho in pugno, d’ora in poi, faranno tutto quello che voglio.” L’AD aveva bisogno di impiegati fedeli per quello che aveva in mente.

Federico e Sarah arrivarono puntuali in macchina, venivano dalla Liguria, e l’hotel di Milano Fiori si trovava subito dopo l’uscita dalla barriera autostradale. Facile da trovare. Erano intimiditi e ansiosi, ma anche soddisfatti da quello che vedevano. L’hotel non era lussuoso, non era un hotel turistico, ma serviva manager e consulenti o impiegati in trasferta, che venivano a Milano per lavoro. Era essenziale e funzionale, asettico e tecnologico. Alla reception erano stati avvertiti e quando chiesero di Greta furono spediti senza problemi verso l’attico del palazzo. Presero l’ascensore e spinsero l’ultimo pulsante. Venne ad aprire una cameriera, una bionda stagionata, ma ancora molto piacente, vestita da cameriera, molto sexy. Doveva essere, pensò la coppia, la serva e schiava del Padrone. La cameriera ancheggiando sui tacchi li condusse nell’anticamera dell’AD, alla presenza di una sofisticata moretta elegante e professionale.
– Guardo se il Padrone può ricevervi – disse Greta alzandosi dalla sua scrivania e scomparendo dietro una porta. La cameriera era a sua volta andata via attraversando un’altra porta. I due rimasero soli.
L’ansia ed il nervosismo crebbero nei due, ma ormai erano lì. Si accomodarono su un divanetto e attesero. Lui indossava pantaloni di jeans neri, una camicia e una giacca. Federico era un quarantenne, atteggiamento giovanile di un uomo che voleva rimanere ragazzo, in questa impresa l’aiutava il viso pulito e bello. Riccio e moro con i capelli molto lunghi. Lei indossava un vestitino leggero che le cadeva bene sul corpo minuto e falsamente magro, calze nere autoreggenti e tacco dodici. Sarah sapeva che di quel tacco aveva bisogno, non era molto alta ed il tacco l’aiutava parecchio, voleva fare bella figura fin dal primo sguardo. Era una prova importante, sapeva che sarebbe stata una esperienza significativa, che probabilmente l’avrebbe segnata e la voleva affrontare nella migliore condizione.
Sarah e Federico non erano sposati, ma stavano insieme da dieci anni, da quando lei ne aveva ventidue e lui trenta, si consideravano marito e moglie anche se non avevano mai formalizzato. Era lui che aveva insistito per quella cosa, era così che la chiamava. Lei inizialmente non voleva, poi, dopo lunghe insistenze, martellanti, si era fatta convincere, non tanto per sé, quanto per lui. Ma una volta convinta voleva affrontare la faccenda presentandosi al meglio. Non voleva fare brutta figura e neanche farla fare a lui.

Un uomo tarchiato con i capelli rossi entrò nell’anticamera, fece un cenno ai due giovanotti, ed entrò direttamente nell’ufficio dell’AD senza neanche bussare. Un minuto dopo Greta ritornò dall’ufficio dell’AD e disse a Federico che poteva passare. Sarah si alzò con lui, ma Greta la fermò. – No, lei aspetta qui ancora qualche minuto, il dottore vuole prima parlare con suo marito. – Sarah ritornò a sedersi, ma era ancora più ansiosa di prima.

Sarah si era chiesta fin dal primo momento se lei voleva farlo, se le sarebbe piaciuto essere messa in mezzo a tre o quattro uomini per servirli sessualmente, se l’avessero trattata con gentilezza o l’avrebbero presa brutalmente. Era tormentata, ma ormai era inutile rimuginare, ma era angosciata e continuava a pensarci.
Dentro l’ufficio l’AD incombeva su Federico, non era minaccioso, ma non ammetteva che si mettesse in discussione quello che voleva. – Tu starai nudo, da ora fino a quando tutto sarà finito e ti dovremo anche legare perché non si sa mai. Se ti viene un colpo di gelosia o se ti muovi a compassione per qualche pacca sul culo della tua bella mogliettina. Capisci? –
Federico non se la immaginava così, pensava di essere un complice della gang, invece veniva trattato come un cuck sottomesso. Il rosso lo guardava minaccioso. Federico prese la sua decisione e si piegò. Sapeva che se si fosse ribellato, o solo provato a mettere in discussione le cose, tutto sarebbe saltato. E arrivati a quel punto la cosa gli era costata tantissimo, non voleva tornare indietro.
Erano cose, pensava, che caso mai andavano discusse prima, ma non aveva potuto. Avevano parlato solo con una segretaria che sull’evento in sé non aveva nessun potere di decisione. Annuì, si spogliò e il rosso gli mise delle fascette ai piedi ed ai polsi, portati dietro le spalle.

Dopo dieci minuti il rosso uscì dall’ufficio dell’AD, senza una parola così come era entrato. Fece solo un gesto di saluto prima a Greta e poi a Sarah e andò via. Qualche secondo dopo Greta disse a Sarah che poteva entrare.





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