Un altro incontro con la professoressa C.

Scritto da , il 2021-01-16, genere etero

Finii l'esame con il professore A. nel tardo pomeriggio e lì nel plesso di Via T.P. eravamo rimasti in pochi ormai. Avevo passato gli ultimi giorni fra l'assillo dell'esame e il pensiero dell'incontro con la C., la professoressa cui avevo chiesto la tesi e che mi aveva accettato solo dopo averla fatta godere. Sì, era a modo suo ed io ero nella sua rete. Aveva detto che ci saremmo incontrati lì ma sapevo che lei faceva esami da tutt'altra parte, in una sede più centrale. Per quel motivo temporeggiai un po' nel plesso, aspettandomi di vederla, ma non c'era nessuna traccia di lei. Amareggiato, scesi le scale e uscii ma fui bloccato da una voce femminile alle mie spalle.
"V.!", era la prof che mi chiamava da una finestra al terzo piano. "Cosa fa, va via senza discutere dell'argomento della tesi?". M’imbarazzai del fatto che stesse gridando in pubblico, sapendo che tutti erano a conoscenza del fatto che essere suo tesista volesse dire diventare un suo zerbino. Rientrai senza dire una parola e salii al terzo piano, senza sapere bene dove andare. Da una porta socchiusa vidi spuntare una mano femminile con due anelli sottili che mi chiamava a sé. Entrai nella stanza e fui accolto con il primo schiaffo della giornata.
"V., io vengo fino a qui per un incontro e ti permetti di andare via senza cercarmi?"
"No... è che non sapevo come cercarla...". La faccia mi bruciava, aveva colpito più forte della volta precedente, era solo il primo.
"Volevo dirle che è stato bravo l'altra volta, non ha fatto troppe resistenze ed ha fatto il suo dovere". La C. si allontanò di qualche passo ed io rimasi vicino alla porta per poterla guardare bene. Un bel paio di jeans scuri le disegnava un culo sodo per i cinquanta anni che portava, le gambe slanciate che avevo visto la prima volta erano valorizzate in qualche modo da stivali alti oltre il ginocchio, tutto era chiuso da una camicetta bianca da cui spuntava, senza ostentare, una terza piena. Quella donna sapeva essere sensuale senza sforzarsi. Si sedette sul tavolo vuoto in mezzo alla stanza e mi fece ancora segno di avvicinarmi.
"Insomma V., ormai ho capito che sei un maniaco e che gli occhi di dosso non me li togli". Pur sapendo che mi avrebbe tirato uno schiaffo, la presi per i fianchi con decisione, mettendo i nostri corpi a contatto. Il suo seno spingeva sul mio petto e il mio pene poggiava sul suo ventre. Non mi schiaffeggiò con mia sorpresa, ma mi tirò i capelli facendomi piegare la testa di lato. La professoressa a quel punto mi leccò il collo, poi la guancia e dopo qualche secondo con le labbra a sfiorarsi, leccò anche quelle. Sapeva di sigaretta. L'imbarazzo della prima volta era sparito, ora sentivo già il mio pene che iniziava a indurirsi.
"Sei stato bravo la scorsa volta, ora ti siedi accanto a me e decidiamo l'argomento di questa tesi, che dici?"
Mi sedetti affianco a lei. Silenzio. Dovevo parlare io forse. Iniziai a elencare degli argomenti. La C. guardava il muro di fronte a sé e non dava segno di ascoltarmi. Allungò la mano sulla mia coscia sinistra e l'accarezzò qualche volta.
"Altri argomenti, V.?"
Dissi qualcosa a caso, non ricordavo neanche cosa ci fosse nel suo corso. La professoressa continuava a ignorare le mie parole e a concentrarsi sul mio pene. Lo tastò da sopra i pantaloni per bene, percorrendolo in lunghezza. Io continuavo a blaterare e lei lo tolse con calma dai pantaloni. Come se fosse una cosa normalissima, iniziò a segarmi, stavolta guardandomi. Andava su e giù con molta calma, ma con presa salda. Aveva la pelle rovinata dal fumo e la cosa mi eccitava.
"Che ne dice di una tesi sui nuovi sviluppi della ***?" Era un argomento che avevo fatto chissà quando e in che esame. "Me ne parli un po'?"
Blaterai qualcosa e lei continuò la sua sega. Percorreva l'asta con decisione, scoprendo il glande e poi ricoprendolo, finché l'erezione non si fece massiccia. Non mi staccava gli occhi di dosso, mentre io fissavo davanti a me e dicevo cose del tutto casuali. Lasciò il pene per tastare i testicoli. Dopo il primo incontro le avevo dedicato molte seghe ma da qualche giorno non facevo nulla. Erano tesi, pronti a lavorare. Lavorò con due mani, non mi dava tregua. Godevo di quel lavoro che faceva, con mani pazienti ed esperte. I movimenti sul glande mi davano i brividi. Chissà cosa poteva fare con quelle labbra...
Ero vicino a venire quando si fermò. Strinse forte il pene e mi lasciò ad ansimare. Avvicinandosi al collo lo baciò piano, poi mi baciò l’orecchio e di nuovo si avvicinò alle labbra, a pochi millimetri.
“Quindi ti piace questo argomento?”, chiese sussurrando. Riuscii a fare sì con la testa e basta, mentre la sua lingua passava lenta sul collo. Capii che su quello eravamo d’accordo ma non potevo credere che mi avrebbe lasciato in quel modo. Il pene pulsante stretto nel pugno chiedeva di più.
“Mettiti in piedi”
Riprese la sega con vigore, mentre io restavo poggiato alla scrivania ad occhi chiusi. Con la mano libera mi palpò il culo più volte e quando capii le sue intenzioni, fu tardi. Un dito si era fatto strada fino all’ano e dopo averlo massaggiato, era riuscita ad entrare. Era una piacevole novità per me, il fatto che la mia erezione diventò ancora più energica lo confermò. Mi sentivo violato, ma non mi importava. Ero in sua balia. Quando il medio entrò per bene e la mano lavorò veloce sul glande venni senza alcun freno, con un orgasmo esagerato.
“Certo che eri davvero carico, guarda come mi hai sporcato, V.!” esclamò la professoressa C. dopo qualche secondo. Portò la mano sporca verso la mia bocca.
“Non pulisci?”
Non risposi. Con la mano pulita mi arrivò uno schiaffo violentissimo
“V., non ho intenzione di ripetere”
Succhiai le sue dita sporche del mio seme.
“Bravo”
La C. si avvicinò alla sua roba lasciata in un angolo, s’infilò la giacca, con calma si accese una sigaretta e dopo aver girato nella borsa, tirò fuori un biglietto da visita. Me lo porse non appena finii di rivestirmi.
“Caro V., credo che dovremo risentirci nel corso dei mesi per lavorare assieme. Questo è il mio numero privato. Si faccia sentire”
Senza attendere la mia risposta, andò via.

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