Autofellatio

Scritto da , il 2011-12-06, genere masturbazione

Nei momenti più bassi della sua esistenza si sentiva come posseduto da qualcosa di opprimente a tal punto che doveva lasciare ogni cosa. Quando accadeva si trovava di solito nella sua stanza. Doveva coglierlo una eccitazione fuori dal normale che spesso si verificava in seguito all’assunzione di cannabis o hascisc. Così raccattava dei cuscini e si precipitava nel bagno. Accendeva lo scaldabagno per creare una temperatura quasi soffocante. Poi sistemava i due grandi cuscini sotto il lavandino uno sopra l’altro sistemando un terzo più piccolo al di sopra di essi poggiandolo al montante in ceramica. Si spogliava di tutti i suoi vestiti e infoiato cominciava a recitare con l’altra parte di se stesso: “Troia adesso ti scopo”. “Sei la mia troia e voglio sborrarti in gola”. Poi si distendeva con lo scaldabagno fra le gambe sistemato ad una distanza ragionevole e cominciava a masturbarsi dicendo all’altra parte di se stesso “ti piace il cazzo duro in gola” la quale parte rispondeva con voce differente, lievemente effeminata e in foia “voglio il tuo cazzo, te lo spompino ” ed emettendo versi indescrivibili eppure sommessi, forse per timore di essere udito dagli abitanti della casa adiacente. Quando il suo membro di dimensioni decisamente superiori alla media raggiungeva l’erezione desiderata lui si posizionava con la schiena sopra i due cuscini e si rannicchiava con le gambe sopra la testa in posizione quasi fetale. Appoggiava i piedi sotto il lavello e da quella posizione poteva ammirare il suo pene da posizione ravvicinata. Iniziava quasi subito a masturbarsi e si incitava dicendo “dammelo, fammi godere, godimi”. Poiché in quella posizione, l’afflusso di sangue era rallentato, spesso ci voleva molto tempo prima che iniziasse quella sua pratica perversa e se ne stava per diversi minuti a fare versi animaleschi e ad incitarsi, con parole volgari, all’erezione. Quando il membro raggiungeva finalmente la consistenza desiderata a seguito di sollecitazioni che lo avvicinavano di molto all’orgasmo, allora si decideva a toccarlo con la bocca o con la lingua per sentire il contatto. Solo successivamente passava al primo tentativo di autofellatio ed era sempre un tripudio di esaltazione questo momento. Doveva avere sia un buon allenamento sia un discreto livello di sopportazione se riusciva a stare in questa posizione contorta per più di mezz’ora. Tuttavia era difficile riuscire a trovare la posizione che gli permettesse di inserire in bocca buona parte del glande. Doveva piegare il suo corpo in due all’altezza dello stomaco e allo stesso tempo spingere con le gambe e piedi poggiati alla base del lavandino. Quando ci riusciva mugolava come un cane in fregola e succhiava e leccava avidamente quel turgido pezzo di carne fino al limite del godimento estremo. La posizione non era affatto confortevole, ma si suppone fosse proprio questo miscuglio di dolore e godimento ad eccitarlo fuori misura. Quando non aveva la bocca occupata ripeteva ossessivamente a se stesso “Troia, sei la mia troia prendilo tutto ciuccia fammi sborrare” e “Dio come godo sto godendo da impazzire, mi fai morire di godimento” e quasi piangeva. Inizialmente si aiutava con la mano per dirigere il pene nella fessura della sua bocca masturbandolo costantemente per mantenere l’erezione. Ma la cosa che lo eccitava maggiormente era la sensazione d’indipendenza che poteva essere procurata solamente dall’atto di rinunciare all’uso delle mani. Per fare ciò, una volta inserito il pene in bocca si aggrappava con tutte e due le mani al bordo del lavandino e spingendo ritmicamente con le gambe e i piedi poggiati alla base di esso, riusciva a penetrarsi la bocca da solo. Quando arrivava a questo punto di solito era verso la fine, quando il livello di godimento non era più arrestabile e doveva per forza di cose portare all’orgasmo. Amava molto eiacularsi in bocca più che esternamente. Non gli piaceva la sensazione dello spruzzo liquido sul suo viso, preferiva riceverlo in bocca senza peraltro ingoiarlo. Quando tutto era finito si alzava di scatto e riversava tutto nel water, completamente sudato, e con la schiena dolente per via dello sforzo..Il calo di pressione gli procurava un giramento di testa che lo faceva quasi svenire: spesso doveva abbassarsi. Il senso di colpa che seguiva quell’atto d’inaudita perversità lo faceva sentire una persona orribile, ma normalmente tutto si risolveva in una doccia purificante con la consueta promessa di non ripeterlo mai più.

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