3,30

Scritto da , il 2020-05-12, genere orge

La Val d'Aosta l'ho visitata soltanto da alpino e da allora non ci son più tornato. Avevo una 126 rossa, che faceva al massimo i 95 km all'ora con un rumore infernale e fare su e giù da Bologna, ad ogni licenza, era un'impresa. Così quella volta, in pieno inverno, decisi di parcheggiarla ad Aosta e prendere il treno. Nel fare il biglietto mi dissero che avrei dovuto cambiare a Piacenza, ma non ci feci caso più di tanto. Invece era una bella fregatura perché scendendo lì, in piena notte, mi sarei dovuto sorbire quattro ore di attesa al gelo, dato che a quell'ora tutti i servizi erano chiusi, compresa la sala d'attesa.

Cercai rifugio in una cabina telefonica, ma dopo pochi minuti la polizia ferroviaria mi fece smammare, trattandomi come se fossi un vagabondo appestato. Mentre batto i piedi e mi soffio le mani fuori della stazione, passa una donna. Pensai ad una puttana, perché si fermò e mi chiese che stessi facendo. "Aspetto la coincidenza di domani mattina" risposi. Al che lei si mette a sghignazzare: “Povero soldatino terrone!” e se ne va via. La mando mentalmente a fare in culo e prendo a fare su e giù, maledicendo la Polfer che non mi faceva stare nemmeno nell'atrio. L'orologio della stazione segnava le 3,30.

Dopo pochi minuti un'auto scura si ferma e dal finestrino un uomo mi chiede se voglio un passaggio. Minchia, penso, a quest'ora solo puttane e finocchi. “No, grazie.” Mentre sto per voltarmi si abbassa il finestrino posteriore e spunta la donna di prima: “Guarda” - mi fa - “se non vuoi passare tre, quattro ore al gelo ti conviene venire con noi”. Guardo e vedo che c'è anche un'altra ragazza seduta accanto all'autista. Che cosa rischiavo? Non avevo nulla da perdere e l'alternativa era il congelamento. Così feci il giro e salii dall'altro sportello posteriore. La tipa mi disse che avrei potuto stare con lei e la sua compagna di stanza fino al mattino. La sua compagna di stanza era quella sul sedile anteriore ed aveva una faccia davvero carina.

Salite le scale, entrammo in un appartamento popolare, modestamente arredato. L'ingresso fungeva da salotto e mi dissero di mettermi comodo sul divano. Mi sedetti dopo aver appoggiato la borsa con sopra il cappotto in un angolo, dove potevo tenerli d'occhio. Mentre l'uomo era scomparso senza nemmeno un saluto, le due ragazze tornarono in stanza dopo essersi spogliate. Vestite molto succintamente, alzarono al massimo la stufa a gas accanto al divano e mi invitarono ad andare in bagno a “darmi una rinfrescata!”. E questo lo dissero ridacchiando fra loro. Cominciando a mangiare la foglia, seguii le loro indicazioni e mentre pisciavo e mi lavavo l'uccello (cosa che faccio sempre, ritenendo barbaro l'uso della sola carta, cosiddetta igienica!) riflettei sul fatto che una, la più vecchia aveva comunque un bel corpo, e l'altra dal visino angelico era un po' troppo formosa per i miei gusti, ma non tanto da doverla disprezzare.

Al mio ritorno in salotto mi rendo conto che non avevano perso tempo: la giovane stava in ginocchio con la testa fra le cosce allargate dell'altra.
Mi sedetti accanto a loro come se nulla fosse ma dopo due secondi quella inginocchiata mi butta la mano sul pacco e comincia ad accarezzarmi sopra i pantaloni. Non ci vuole molto prima che si accorga che non sono insensibile al trattamento. E che ci posso fare se il fratellino lì sotto adora le coccole? La più magra al mio fianco mugugna ad occhi chiusi, la graziosa alza un attimo la testa e mi chiede: “Voi soldatini terroni la leccate la figa?” Mi dico “all'inferno” e la sposto rispondendo con i fatti alla sua domanda del cazzo. Mentre sono sprofondato a godermi il meritato pasto di figa già abbondantemente inturgidita e lubrificata, come piace a me, la tipa spodestata si occupa dei miei calzoni e io mi muovo per aiutarla nel togliermeli.

Allargo le gambe continuando a succhiare la figa dell'altra, mentre la ragazza mi si ficca fra le ginocchia e comincia a leccarmi le palle e l'asta. Sarà anche giovane, ma ci sa fare davvero e mentre lecco, succhio e mordicchio comincio a soffiare e sbuffare in contrappunto ai mugolii di piacere che suscito in quella sotto di me.

Dopo pochi minuti la tipa in poltrona comincia a sussultare urlacchiando, segno inconfondibile di orgasmo. Ci prendiamo una pausa. Poi la giovane si stende lunga sul divano e la magra le sale su, per leccarle a sua volta la figa, messa come per un 69.
Il fratellino intostato mi guarda col suo unico occhio imperlato di una sola lacrima ma bella grossa e lucente, chiedendomi muto di occuparmi di lui. Così mi posiziono alle spalle di quella messa a pecora e comincio a strofinarlo sulla figona di cui avevo appena finito di nutrirmi. Dopo neanche cinque secondi è già tutto dentro fino alle palle, afferro quel bel culo rotondo e comincio a stantuffare alla grande.

L'orgasmo della più giovane segna la fine del secondo tempo, io non sono ancora venuto. Ancora senza proferir parola ci muoviamo in perfetta sincronia e mi ritrovo sdraiato a mia volta di schiena con la più giovane a cavalluccio, che mi cavalca con foga, mentre le pastrugno le tettone a piene mani e la magrolina che ne approfitta strofinandomi la figa sulla faccia per riprovare la goduria a cui l'avevo condotta in precedenza.

Sto finalmente per concedermi a mia volta un orgasmo, quando avverto qualcosa che si sta occupando dei miei coglioni. Sbircio spuntando sotto l'inguine che sto leccando e vedo che la giovane che ho in sella ha le braccia protese in avanti a carezzare le tette dell'altra. Dopo un istante mi ricordo che in macchina eravamo in quattro e mentre realizzo la cosa, la sensazione di un dito che cerca di violare il mio buco di culo mi da la conferma.

Caccio un urlo da bufalo infuriato e mi scuoto entrambe le femmine di dosso: il tizio, l'autista è lì, inginocchiato per terra accanto al divano che mi guarda impaurito. Il mio sguardo feroce lo manda nel panico. Lo inseguo ruggendo irripetibili insulti omofobi fino a metà corridoio, poi do retta alle disperate urla delle donne che si appellano alla mia umanità implorando perdono. Mi fermo e ritorno da loro. Mi calmano con discorsi d'amorevole difesa del loro amico, che adorano perché dolcissimo, sensibilissimo, generosissimo, questo lo penso io, etc. etc. In conclusione: se voglio arrivare al tanto sospirato orgasmo che mi era stato sottratto proprio sul più bello, dovevo accettare che il tipo partecipasse facendosi una sega mentre io, come prima, scopavo chi volevo delle due e lui mi avrebbe ancora leccato le palle. Accettai a condizione che tenesse le sue sporche dita lontane dal mio culo e... invece che in figa potessi sborrare nel culo della più giovane, che, come avevo osservato, era ancora inviolato.

La più anziana la convinse dicendole che prima o poi avrebbe dovuto provare e che come prima volta i miei 16 standard sarebbero stati meglio di una nerchia di magari 20 cm. o più, cosa rara ma sempre possibile.
Le riservammo tutte le delicatezze del caso: mentre io mi sollazzavo con la più navigata, l'autista gay si occupava di slinguazzare con abbondanza di saliva l'ano della giovanetta. Io, pregustandomi il rito sacrificale, stavo attento a bloccare le smanie della mia partner, che raggiunse comunque un secondo orgasmo mentre la chiavavo forsennatamente con tre dita di una mano e con due dell'altra mano ficcate a fondo su per il culo.

Quando la maschietta la dichiarò pronta, mi alzai e raggiunsi il di dietro della giovane che stava a carponi. Mi sentivo come l'officiante di un rito occulto e sacrificale di una giovane vergine innocente. Adoro recitare ruoli malvagi, al fine di ritrovare il loro lato umano nascosto e così riscattarli. Non sono cattivo, sono le altre che mi dipingono così.

Puntai il mio fido bastone contro il solco di quella appetibile pesca gigante, strofinandolo su e giù contro l'orifizio anale ben bagnato, già parzialmente aperto e arrossato. Il gay si posizionò sotto di me a testa in su. Pian piano iniziai a spingere e lei a gemere. Con un impercettibile schiocco la cappella superò lo sfintere e per un pelo riuscii a trattenermi dal venirmene lì, rovinandomi la festa.
Mi presi tutto il tempo di rilassare sia me che il buchetto che stavo violando. La lingua del compare sdraiato sotto spennellava imperterrita il mio scroto, ma la cosa non mi infastidiva più di tanto.
Mi chinai in avanti e afferrai le due mammelle che pendevano dondolando e mentre con le dita le stritolavo, distogliendo l'attenzione della mia preda su quel dolore, di colpo le affondai il cazzo nel culo. Lei cacciò un urlo tanto forte quanto tardivo: il più era passato. Ero dentro e sentivo la forza del suo sfintere che mi stringeva ad anello la radice del pene, pulsando. Stetti immobile finché quelle pulsazioni si calmarono e il mio cazzo tornò nuovamente libero di muoversi. Chiesi al tipo di sotto se potesse magari leccarle un po' la figa assieme ai miei coglioni e quando mi accorsi che stava ubbidendo, cominciai a fare pian piano su e giù.
La ragazza si trovò al centro dell'attenzione di tre: io che la inculavo con quanta più dolcezza possibile, un altro che le leccava la figa e la terza che si era nel frattempo aggiunta per accarezzarla tutta e baciarle la bocca con tutta la passione che può scatenarsi nel bacio di saffo.

Venimmo in tre, prima lei, a cui evidentemente dopo il dolore iniziale, il culo pieno di cazzo e la figa leccata ora piacevano tanto. L'orgasmo la scosse all'improvviso con ondate scuotenti che scatenarono il mio, subito a ridosso del suo. Dopo il primo schizzo sparatole nel culo, lei si accasciò di lato scossa dai fremiti e il mio cazzo, scivolato fuori, fu subito preda della bocca sottostante. Non mi importava più nulla, stavo sborrando e lo vidi ingoiare il mio sperma e schizzare fuori il suo, dal suo cazzo che continuava a smanazzarsi furiosamente da solo.
Ci accasciammo tutti ammucchiati come dei grossi gatti, ansimando scossi da residui sussulti.
Mamma che scopata! Pensai per prima cosa. Cazzo! Senza preservativo! Pensai per seconda. Ma la cosa era ormai fatta, ci avrei pensato il giorno dopo.
Ci risollevammo, spuntò una bottiglia di qualcosa di alcolico e molto dozzinale, forse liquore alla prugna e ce la passammo varie volte, cameratescamente. Anche il tipo mi stava alla fine simpatico, aveva degli occhi timidi e dolci, veramente innocui, oserei dire “devoti”.

In stazione mi riaccompagnò, in macchina, lui.
Ignorai il suo sguardo che non osava chiedere e quindi non ci scambiammo ne' i nomi ne' alcun recapito. In seguito me ne pentii. Mi fermai più volte a Piacenza sperando di rivedere qualcuno di loro, ma non successe mai più.

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