Vieni da me

Scritto da , il 2020-01-09, genere etero

Ieri, come da prassi dovevo venire da te, abbiamo stabilito all’inizio del rapporto che una weekend vieni tu a Napoli e uno vengo io a Gaeta. Abbiamo litigato, non sono venuto da te, sono rimasto a Napoli. Sono 24 ore che non ci sentiamo sono le 16.30 di un sabato pomeriggio gennaio. Sono in giro con un amico a cazzeggiare, un giro per Mergellina, poi Via Petrarca, una birra al Serpentone. Mi chiami sul cellulare esito, non so se risponderti e non ti rispondo. Richiami altre tre volte, ed alla quarta ti rispondi: “DIMMI, che vuoi…?” e tu: “Dove cazzo sei finito…? A casa non ci sei! Con chi sei? Dici la verità ti stai scopando un’altra stronzo!”.
Sei sempre la solita, i motivi dei nostri litigi sono sempre dovuti alla tua innata gelosia e insicurezza che mi allontanano e mi fanno sentire oppresso. “Ascoltami bene, questa è la prima e l’ultima volta che te lo dico…io non ti tradisco con altre donne, sono con Stefano in auto a fare un giro e sono incazzato nero …devo sbollire la rabbia della litigata di ieri e delle tue continue infondate accuse”.
“La distanza non la riesco a gestire, sono nervosa, ho bisogno di te… sta sera c’è la festa di Michela, ricordi ?! Ti prego vieni”
“Ci devo pensare ti richiamo… ciao” e attacco la telefonata. Subito dopo dico a Stefano di accompagnarmi a casa. Arrivo, preparo uno zaino velocemente, faccio una doccia e mi metto in auto, senza chiamarti, direzione Gaeta. Parto alle 18.30 e dopo 50 minuti sono a destinazione. Mi fermo ai semafori e ti chiamo “Dove sei? Che stai facendo?”. Tu: “Mi sto preparando, lo sai la cena è alle 20.30”. Io: “Ok, capito… ci vediamo a casa mia, passami a prendere, vado a posare lo zaino e a cambiarmi anche io”. Tu: “Pensavo che non venissi, grazie! Faccio presto e sono da te”.
Arrivo a casa, accendo il riscaldamento, fa un freddo boia, ma l’ambiente è piccolo e si riscalda subito. Vado in bagno, mi do una sistemata e faccio la barba. Esco e indosso jeans, camicia bianca e pull bleu d’ordinanza. Bussi alla porta, ti apro e entri. Come al solito levi il cappotto e lo poggi sulla poltrona. Sei bellissima: gonna plissettata con disegno scozzese sopra il ginocchio, stivali neri con tacco 10, maglia di licra nera ed un dolcevita in tinta. Ti avvicini, senza parlare, e ti cingo la vita con le braccia, guardandoci intensamente. Hai uno sguardo famelico, ho già capito le tue intenzioni, il tuo corpo rivela quello che desideri. I capezzoli della tua 3° di seno fanno pressione sulla licra, non indossi il reggiseno. È un attimo, un flash. In men che non si dica le nostre lingue si incontrano, le labbra non si toccano, tutto fuori senza che nessuno scavi nella cavità orale dell’altro. Ti spingo con la schiena contro il tavolo, in modo tale che i nostri sessi aderiscano. Senti la mia erezione, mentre le nostre lingue continuano ad attorcigliarsi ed io ti impasto con veemenza le tette. Non resisti e mi tocchi il cazzo da sopra i jeans; sempre più famelica mi slacci la cintura e mi apri i pantaloni e con un gesto veloce prendi il mio cazzo in mano e inizi a segalo. Ti ho alzato la maglietta e ti sto leccando le tette, poi succhiando un capezzolo mentre stringo l’altro tra le dita per farti sentire un po’ di dolore misto a piacere. Ti schiaffeggio una tetta, tanto che si vede il rossore nel punto di contatto con la mia mano.
Ti poggio le mani sulle spalle per spingerti in basso “Succhiami il cazzo, prendilo tutto in gola”. Ti abbassi sulle ginocchia accovacciata dai una prima leccata alla cappella, poi scorri per tutta l’asta. Per facilitarti il compito mi hai fatto scendere i pantaloni e il boxer alle caviglie. Mi succhi le palle mentre mi seghi con forza, sai che mi piace quando mi scapelli forte fino a farmi sentire un po’ di dolore. Adesso lasci le mie palle e ti metti tutto il cazzo in bocca, vuoi essere scopata così; prendi la mia mano la porti dietro la nuca per accompagnare il movimento. Sei avida, ti cola la saliva lateralmente. Quando ti sei abbassata la gonna è salita di quel tanto da farmi notare la balza delle autoreggenti, questo mi manda fuori di testa. Ti sfilo il cazzo da bocca, ti lazo ti peso e ti poggio sul tavolo, scosto una sedia e ti faccio poggiare le gambe sulle mie spalle, lasciandoti oscenamente esposta. Hai un perizoma trasparente completamente bagnato dei tuoi umori, lo scosto e senza molti preamboli ti infilo tre dita nella fica e contemporaneamente ti succhio il clitoride. Questo piacevole trattamento per entrambi va vanti per alcuni minuti.
Mi fermo, e senza che ci fosse bisogno di parlare, scendi, ti giri ti poggi con la pancia sul tavolo e ti alzi la gonna spostando il perizoma “Scopami forte, sbattimelo tutto dentro, fammi male….”. Non me lo lascio ripetere due volte in un sol colpo ti pianto tutto il cazzo nella fica fino alle palle e ti sbatto più forte che posso, ti tengo per i capelli; mi passo il pollice della mano sinistra in bocca, lo bagno di saliva e con un sol colpo, senza tanti convenevoli, te lo pianto nel buco del culo. Urli, ti dimeni, gemi come una forsennata, sei in estasi per questo rude trattamento, per il nostro modo di fare pace.
Sei all’apice del piacere, stai per avere il tuo orgasmo di pacificazione, sento che tremi e la tua fica pulsare e grondare sempre più umori, godi e urli il tuo piacere “mmmmmm vengoooooo…”. Ho voglia di mettertelo nel culo, non lo abbiamo mai fatto, ma ne abbiamo parlato spesso.
Te lo dico mentre continuo a pompare nella tua fica per prolungare il tuo piacere: “Ti voglio inculare…”. Non aspetto il tuo permesso, non cerco la tua approvazione, il mio è quasi un ordine.
Come al solito sei sempre un passo avanti, mi sorprendi: “Si inculami, sfondami, fammelo sentire tutto dentro…”.
Ti apro le chiappe, ti massaggio il buco del culo mentre ci faccio colare abbondante saliva, il trattamento con il pollice facilita l’inserimento di due dita. Ti lavoro cosi, mentre mi sego il cazzo per mantenere l’erezione o solo perché sono arrapatissimo. Dopo pochi minuti di questo trattamento, anche se non ce ne è bisogno mi insalivo bene il cazzo già pieno dei tuoi umori. Poggio la cappella sull’ano, forzo un po’ ed entra. Mi fermo, aspetto che ti abitui, e inizio a spingere per farlo entrare tutto. Ogni tanto cacci degli urletti di dolore; poi, pian piano il dolore inizia a svanire, lo sento da come respiri e dai gemiti di approvazione che fai. Inizi a spingere il culo verso il mio cazzo per facilitare la penetrazione e io comincio un lento ma sostenuto dentro e fuori aumentando sempre di più la velocità e la forza. Passano pochi minuti e sento che sto per esplodere, che sto per avere una grande sborrata. Lo intuisci da come respiro e da come rantolo di piacere. Sono indeciso se riversarti tutto il mio seme nel culo. Ma tu, intuendo il mio dilemma, fai uscire velocemente il cazzo dal culo, anche a costo di farci male. Ti giri e ti inginocchi e mi prendi tutto il cazzo in bocca iniziando a pompare e succhiare, mentre con una mano mi accarezzi e stringi le palle. Senti che mi sto irrigidendo, che il cazzo inizia a pulsare, dopo un attimo ti erutto nella bocca una gran quantità di sborra. L’accogli tutta, senza deglutire, apri la bocca e me la fai ricolare sul cazzo e poi lo imbocchi tutto in un colpo la risucchi e la ingoi. Mi pulisci tutta l’asta e la cappella con la lingua, poi ti lecchi le dita. Ti alzi, hai il trucco sfatto, siamo distrutti di piacere e mi baci. “ Andiamo alla festa… adesso che abbiamo fatto la pace… poi dopo cena torniamo qui…”.

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