In caduta libera verso l’abisso (6)

Scritto da , il 2019-09-17, genere dominazione

Elsa mi porse calze autoreggenti nuove e le mie scarpe con il tacco 12, indosso il tutto e mi ricompongo, mi porge un bicchiere di acqua e integratore di sali invitandomi a berlo tutto. Ha un sapore d’arancia e bevo senza problemi anzi quasi ne vorrei dell’altro ma non mi azzardo a chiedere.
Rifocillata Elsa mi fa camminare su e giù per la stanza e devo dire che l’immobilizzazione sul lettino mi ha contratto i muscoli che sento duri e dolenti, ma bastano pochi minuti che riprendono vigore.
Elsa mi prende per un braccio e mi accompagna verso la porta dello studio ma prima di aprirla mi rassicura che il peggio è passato, appoggiando la sua gigante mano al mio seno con dolcezza, io sorrido, mi alzo sulle punte dei piedi e le dò un bacio sulla guancia, vedo i suoi occhi illuminarsi e lo sguardo truce affievolirsi. Mi sussurra piano con voce un po’ sommessa di fare attenzione a quello che mi faranno firmare e a Marta apostrofandola “bastarda”, io ringrazio per l’avviso e per quella parentesi dolce.
Elsa riprende il suo altero aspetto, conducendomi attraverso la porta che fa da ingresso all’ambulatorio, Elisabetta, in compagnia di Marta, vestita con il camice bianco, è seduta alla poltrona della scrivania, mi accorgo che Martina è sul lettino ginecologico a gambe larghe sorrette da due trespoli, oscenamente in vista il suo sesso e il suo buchetto, legata da una cintura all’altezza della vita in modo da non potersi muove.
Marta come mi vede mi schernisce dicendomi se sono dimagrita, di mettermi in un angolo e godermi lo spettacolo e che un giorno toccherà anche a me. Elsa mi accompagna ad una sedia vicino al lettino dove posso ammirare le tonde e sode tette di Martina con i capezzoli dritti come chiodi e gonfi di eccitazione ed il suo depilatissimo sesso in bella mostra ed il suo buchetto ancora dilatato che svela di essere stato profanato fino a pochi attimi prima che io entrassi nello studio.
Elisabetta si alza dalla poltrona armeggia su di un carrellino posto a fianco del lettino e prende da un contenitore sterile una specie di pinza le cui estremità finiscono con un anello.
Avvicinandosi a Martina gli sussurra di fare la brava e stare ferma, poi rivolgendosi a Marta chiede se deve usare un minimo di anestesia, Marta scuote la testa in senso orizzontale per sottolineare il rifiuto.
La dottoressa quindi procede, prendendo un capezzolo tirandolo con forza e velocissima lo imprigiona tra i becchi e stringe fino a bloccare il morso della pinza facendo sbiancare per la pressione la sensibile carne. Martina esplode in un urlo disumano si contorce sul lettino tentando di sottrarsi a quella morsa infernale ma invano, mentre i lacci tendendosi segnano la candida pelle, urla e si divincola, mentre il viso è rigato da un fiume di lacrime e i singhiozzi si alternano alle grida. Lo stesso trattamento viene riservato al capezzolo di destra e nessuna supplica di Martina riesce ad impedirne l’aggressione da parte di una seconda pinza, a questo punto gli strilli si fanno più acuti. La visione dei capezzoli stretti in quelle pinze, che assumono un man mano un colorito bluastro mi eccitano e ancor di più Marta che chiama Elsa, ordinandogli di leccarla tra le cosce ormai fradice di umori. Pochi istanti e Elisabetta trafigge i capezzoli con un grosso ago cavo, immaginatevi le strazianti urla che si diffondono nell’ambulatorio, poi prende dei piercing a barretta e li infila uno per parte dentro all’ago ed estraendolo dalla delicata carne lascia l’asettico piercing in bella mostra ora che trapassa i due capezzoli, poi con delicatezza avvita all’estremità libera una pallina per fermare il tutto e impedire che il nuovo piercing si sfili. Martina è una maschera di sudore, il volto segnato dalle lacrime, è provata e ha il seno dolorante e pare si gonfi all’altezza dei capezzoli, la dottoressa le consiglia per qualche giorno d’indossare camicioni larghi che non sfreghino contro i capezzoli e di tenerli puliti e disinfettati, la libera dal lettino e scendendo guarda torva Marta che sfugge il suo sguardo, come fece lei mi avvicino e l’abbraccio facendo attenzione a non sfiorare i suoi seni che credo siano doloranti e provati e la bacio sul collo.
La voce di Marta mi provoca un brivido lungo la schiena, quando dice “adesso tocca a te”, Elsa mi fa accomodare sul lettino ma non mi lega le gambe, il mio primo pensiero è quello di aver scampato il supplizio appena consumato ai danni di Martina che resta in un angolo singhiozzante.
Elisabetta chiede cortesemente sia a Marta che a Martina di uscire e di aspettare nella sala d’aspetto mentre lei mi visita, Marta vorrebbe restare ma la dottoressa insiste e solo allora con una occhiataccia a me si chiude dietro la porta dello studio che prontamente viene chiusa a chiave.
Elsa mi cosparge il buchetto di gel lubrificante, con dolcezza senza penetrarmi, questo mi provoca subito un brivido che arriva come un fulmine al mio cervello e inevitabilmente sento il mio sesso eccitarsi.
Elisabetta mi rassicura che nulla mi farà anche perché deve certificare la mia verginità sia vaginale che anale e che questo le impedisce di approfittare di me, poi porta uno sgabello tra le mie gambe e comincia ad ispezionarmi. Con tocco leggero e delicato mi allarga controllando che l’apertura rilevi il mio imene e che sia intatto e non rifatto da una plastica ricostruttiva, mentre mi visita mi descrive quello che fa, così mi sento più a mio agio, un sottile e lungo bastoncino invade il mio sesso è la prima cosa che entra in me, mi dice che serve per un esame e che non fa male. Improvvisamente e senza preavviso sento il suo dito profanare il mio buchetto che irrazionalmente si stringe per evitare l’intrusione, allora mi spiega che deve entrare per visitarmi non potendo inserirlo nella mia fighetta, mi chiede in modo professionale di rilassarmi e di non preoccuparmi che non sentirò nulla.
In effetti mi sento il dito che palpeggia da dentro le mie intimità, l’ovaio, l’utero, e le altre porzioni anatomiche che man mano mi illustrava. Alla fine quel dito mi ha eccitata e gli umori erano ben visibili lasciando le mie grandi labbra luccicare alla luce intensa del faro ginecologico.
Elisabetta tolse i guanti e con voce vogliosa e sensuale mi chiese di farla godere come avevo fatto con Elsa.
E così feci, Elsa mi fece scendere, accompagnò questa volta Elisabetta sul lettino appoggiando le gambe dove prima c’erano le mie, i ruoli ora si erano invertiti, io potevo guardare il sesso grondante. Mentre Elsa la baciava sui seni i capezzoli divennero turgidi e grossi come fragoline di bosco. Le loro lingue si annodavano in baci spasmodici incrociandosi come due spade di contendenti durante un duello, Elisabetta cominciava a bagnarsi copiosamente tanto che i suoi umori colavano sul lenzuolino di carta inzuppandolo. Mi sporsi dallo sgabello ero eccitatissima, insinuai la faccia tra le gambe di lei cominciai con un leggero e timido bacetto che però fu come un a bomba atomica facendo mugolare di piacere la mia ginecologa, i suoi umori avevano un buon sapore dolciastri e salati allo stesso tempo, allargando le gonfie labbra mi resi conto di quanto era eccitata, tanto da vedere fisicamente colare dal suo sesso una schiuma biancastra che ricopriva le piccole labbra come la glassa di un delizioso pasticcino. Prontamente lappai senza ritegno. Elisabetta era ormai in preda a gridolini il suo respiro affannoso, il suo petto lasciato libero dal camice sobbalzava a ritmo di carica su e giù, misi la mia lingua dentro di lei facendomi inondare la faccia da quel nettare, come m’insegnò la zietta, cercai il suo punto G che trovai quasi subito proprio appena dietro al clitoride, cominciò cosi un vero assalto della mia lingua a quel sensibile e nascosto centro del piacere, ogni volta che spingevo la mia lingua contro quel fascio di nervi Elisabetta emetteva gridolini e sospiri sempre più forti, facendomi più coraggiosa infilai due dita nel suo culo forzando la sua scura rosetta, strappandole un urletto e un insulto “puttana!!” con voce roca e spezzata dalla eccitazione. Ancora pochi colpi della mia lingua e l’azione sinergica delle dita che stantuffavano dentro il suo intestino fecero capitolare Elisabetta in un fortissimo orgasmo, dal suo sesso usci uno spruzzo di umori che mi impiastrò i capelli, il viso e il seno oltre a quello ingoiato, mentre i suoi muscoli si irrigidivano e il suo ventre sobbalzava sul lettino in una danza spasmodica. Lei si dimenava quasi fosse in preda ad un attacco epilettico, dalla sua bocca uscivano frasi senza senso e insulti a me e a Elsa, la mano destra appoggiata al seno di Elsa si contrasse in una dolorosa morsa, tanto che le lunghe unghie penetrarono nella carne tenera provocando un profondo graffio appena sopra il capezzolo, dove il sangue rosso vivo dipingeva un rivolo sulla pelle scura. Elsa era evidentemente eccitata non badava alla ferita sul seno, Elisabetta stremata si abbandonò sul lettino ed Elsa si liberata della morsa al seno, accucciandosi tra le mie gambe spalancate, con solo pochi colpi di lingua e un esperto tocco al mio bottoncino mi portarono ad un orgasmo intenso ed appagante.
Restammo immobili per qualche minuto, nella stanza l’odore degli umori saturavano l’aria Elisabetta fu la prima a parlare, chiedendomi dove avessi imparato a far godere così una donna, poi tutte e tre andammo verso la doccia e in modo naturale a vicenda ci lavammo via quello che prima era il frutto dei nostri orgasmi.
Ritornando nello studio Elisabetta mi fece sedere e mi chiese di ascoltare attentamente quello che voleva dirmi e di non dire a nessuno di quella chiacchierata, annuii con un timore dentro me per quello che a breve avrei udito.
Si schiarì la voce e cominciò: Sarai portata ad un’asta, di cui sarai con altre e altri l’oggetto del contendere, il mese prossimo dopo il tuo diciottesimo compleanno, ci sarò anch’io e cercherò di aggiudicarmi l’asta, come del resto gli altri che interverranno molto più facoltosi di me. Quello che vogliono è la tua verginità, quindi chi si aggiudica l’asta ha il diritto di profanare i tuoi buchi in ogni modo possibile e tu non puoi opporti, il contratto con la casa d’asta prevede una permanenza di una settimana dove tu sarai a completa disposizione del vincitore, poi potrai ritornare a casa, o se vorrai, restare anche più tempo ma sarai tu a decidere. Non firmare nulla che Marta ti sottoponga, dovrai solamente firmare davanti al banditore dell’asta prima che cominci, il ricavato verrà versato su un conto corrente intestato a te.
Questo è quanto, cerca di presentarti con serenità tanto non puoi evitarlo, metti un vestito sexy ma non volgare, tacchi alti che slanciano una profonda scollatura non guasta. L’intimo deve essere bello e raffinato deve far intravvedere i tuoi seni ma senza mostrarli troppo, se posso e ne sei felice posso provvedere al tuo abbigliamento, conoscendo bene chi frequenta queste aste, Elsa ne è un esempio.
Ora chiamiamo Marta e Martina così potrai tornare a casa ma mi raccomando non fare voce a nessuno di quello che ci siamo dette, e passandomi i miei vestiti mi indicò la porta dello spogliatoio.
-Continua-
Se volete contattarmi la mia mail è sara.zollo2001@outlook.it vi chiedo di evitare richieste di incontri e broccolamenti vari grazie non chiamo nessuno al cellulare.
Grazie e buona lettura
Sara

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