Fiore di Bach - Cap. II - Otto farfalle di velluto blu.

di
genere
pulp



Il mattino seguente Mosca è silenziosa, la neve la ricopre facendo sembrare il tutto un paesaggio uscito da un ampolla di vetro, sembra poetico, desolato. Giro il capo in direzione delle scarpette rosse, sono sulla scrivania in bella mostra. Non le ho più messe e fin oggi, non ho ne sentito ne visto Regina, quasi mi manca, mi manca perché mi donava le caramelle. Apro la finestra e l'odore di fogna mi entra prepotente dalle narici il mio sguardo finisce in basso dove un barbone fa i suoi bisogni in bella mostra, disgustoso, chiudo la finestra rammaricando per l'ennesima volta la mia vita precedente.
Ripenso a Regina e il suo richiamo è forte, come è forte il richiamo della droga. Mi brucia dentro, sento l’odore, pregusto l’estasi.
Ne ho bisogno, devo averla.
Esco furtivamente da casa ascoltando le urla di Andrea uscire dalla porta infondo, la Matrioska ce l'ha sta mettendo tutta per farci uscire dall'incubo, ma sinceramente, non so quale sia l’incubo reale. Rabbrividisco e scendo svelta le scale di legno lasciando l'angoscia alle spalle una volta chiuso il portone. Il freddo mi sferza in faccia con prepotenza, tanto da farmi rimpiangere per qualche secondo il calore dell'abitazione ma, il bruciore interno torna a farsi sentire. Ho bisogno di una dose e in fretta. Non ho soldi con me, spero di trovare Regina sulla strada, che mi compaia di fronte come un angelo della salvezza. Ripercorro il tragitto, i lampioni sono ancora accesi e la neve è immacolata, lancia quel bagliore cristallino che ti fa venire voglia di mangiarla, mi dispiace calpestare questo suolo candido. La desolazione che mi circonda mi mette paura, dai palazzi vuoti e sporchi si sentono spesso dei rumori, bottiglie o altro, qualche barbone ubriaco canta e qualcuno sbraita parole senza senso. Mi stringo nel mio cappotto, questo freddo mi penetra dentro. Arrivo lì, dove qualche giorno fa ho visto Regina, mi appoggio con la spalla al lampione nella stessa posa di quel giorno. Aspetto. Le mie mani tremano, mi mordo il labbro fino a sanguinare, ho bisogno di soldi. Voglio la mia dose, qualsiasi cosa basta che mi fa star bene. Che mi faccia sognare.
Secondi, minuti, passano interminabili mentre io cambio posizione continuamente. Fremo.
Ed ecco come in un sogno, da infondo la strada deserta e ghiacciata sbuca la limousine nera. È lei, lo so, ho questa convinzione da prima di arrivare qui, sarà sesto senso… chiamatelo come volete! Ma ora io so che oggi avrò la mia dose di perdizione.

Mi specchio nel lustro nero dei vetri che poco dopo si abbassano e fa capolino il suo viso, quel profumo, quel dannato profumo mi investe le narici e mi riporta indietro di qualche giorno.

-Ciao Ania, sali.- la sua voce è una carezza per la mia anima ferita.

- Ti ho cercata in questi giorni- sentenzia.

Sono in un déjà-vu. Gli odori dell'abitacolo, la sua posa altezzosa in contrasto con il tono della voce, languido. La sensazione di freddo una volta seduta sulla morbida pelle, un lusso sfrontato, mi fa rabbia. L'unica nota dissonante è la persona accovacciata vicino Regina, percorro con lo sguardo il guinzaglio di pelle nera che termina in un collare grossolano della stessa fattura. L'uomo dal corpo longilineo è coperto da una tuta nera, solo due occhi arguti di colore azzurro mi fissano in una posa composta, il resto del viso è coperto da una museruola. Mi sento a disagio e, quel disagio sembra riuscire a farmi dimenticare il bruciore e i tremiti che mi porto dietro come un'ombra. Ho il timore che la donna voglia trasformare anche me in un cane e portarmi a spasso per la città in guinzaglio, studiando gli occhi azzurri il mio sospetto diviene una crudele realtà, deglutisco sarebbe troppo per me, non può succedere! Lei, la Regina, mi guarda con occhio attento ma allo stesso tempo sembra che voglia rassicurarmi da questi infausti pensieri.

-Prendi…- dice increspando le labbra scarlatte in un mezzo sorriso, abbasso lo sguardo sulla sua mano. Pasticcini.
Si dice che i Demoni regalassero caramelle.

- Sono all’assenzio, li faccio portare da Praga.-

La Regina regala pasticcini all’assenzio, non discosta più di tanto dai Demoni. Mi ritrovo a mangiare quei dolci con ingordigia, lei mi guarda soddisfatta.

-Ti piacciono?-

Annuisco, leccandomi le dita.

-Sono stati preparati con il vero assenzio, quello usato da artisti maledetti di fine ottocento, loro dicevano di vedere la fata verde e che sussurrava loro i segreti del mondo. – La sua voce mi arriva ovattata e distorta. È una Dea.

-La vedi anche tu?- mi domanda.

Annuisco, impossibilitata a parlare, ciò che vedo non è dato sapere, ciò che sento è musica sublime per i miei sensi. Il bruciore interno che mi dilaniava le carni ha perso significato, ora c'è un assuefazione verso la Regina, incontrollabile. Sono in suo potere. Non posso fare almeno di aprire e chiudere le gambe, lo trovo eccitante. Io sono eccitata, desiderosa come non mai. Lei mi guarda mentre accarezza la testa del suo cane che fin ora non mi ha staccato gli occhi di dosso.

Posso ammirare il centro di Mosca dal nero vetro, una metropoli che non dorme mai, il teatro Bolshoi, situato nella piazza adiacente a quella Rossa. Lo guardo con ammirazione, le colonne possenti sorreggono quel tetto di pietra che mi ricorda tanto l’antica Grecia, davanti si erge la maestosa fontana che di notte viene illuminata mentre l’acqua scorre a suon di musica. La macchina compie un giro e ci ritroviamo davanti il Metropol. Magnifico nella sua decadenza, con il passare degli anni ha assunto un velo di mistero, ricoperto di neve quello splendido edificio sembra contenere i segreti di Mosca. Lo guardo estasiata, non avrei mai pensato che poco dopo ci sarei entrata sul serio.

Percepisco l’energia come se qualcuno mi sussurrasse all'orecchio una storia toccante. Percorro il corridoio enorme, dove un tempo le donne facoltose lo attraversavano con i loro ingombranti abiti, coperto da dei tappeti persiani di ottima fattura. Lì dentro sembra che il tempo si sia fermato o meglio che non esistesse e fosse solo leggenda. Regina, al mio fianco, ha il passo fiero, sicuro, mantiene il collare e l'uomo o meglio il cane cammina a quattro zampe mantenendo il passo. Mi mordo il labbro, provo pena per quel uomo vorrei dire a Regina che tutto questo è troppo, ma con mio stupore le persone che ci passano davanti non fanno caso a noi. Sembriamo fantasmi. In quello sfarzo di lusso noi siamo l'unica nota dissonante, noi inteso come me e il cane.
Non so cosa devo aspettarmi di lì a poco, Regina sembra che abbia una maschera impenetrabile sul volto. Devo resistere, ho bisogno di una dose o magari di soldi per comprarla. Il suono metallico mi riporta alla realtà, ci siamo fermati davanti una porta di lustro legno, lei entra per prima con il suo passo felpato seguita dal cane. Poi ci sono io, temporeggio prima di varcare la soglia, ho paura che una volta richiusa non potrò tornare indietro.

La suite è suntuosa, rispecchia alla perfezione Regina. È luminosa con ampi balconi decorati da tende drappeggiate color verde scuro, i mobili sono in legno di ciliegio in sintonia con lo stile decadente del luogo. Due poltrone di velluto verde bohemian con piccoli piedi bombati in legno e un divano delle stesse fattezze fanno da ornamento al centro della stanza con un vistoso tappeto persiano. Lui, l'uomo travestito da cane viene lasciato dalla donna che con un gesto lo libera dal guinzaglio, a quattro zampe raggiunge una delle poltrone e si mette ai piedi di essa. È una scena folle quella che mi si presenta davanti, lei si siede con un gesto elegante accavalla le gambe affusolate coperte da calze nere. L'uomo inizia a baciare le caviglie in modo voluttuoso, sembra venerare una Dea.

-Ti starai chiedendo perché sei qui...- il suo tono armonioso spezza il silenzio.
Annuisco mentre le parole mi muoiono in gola.

-Voglio vederti spesso, anzi sempre... in cambio avrai quello che vuoi…- mi indica un mobile e sopra di esso ci sono le caramelle. La mia perdizione. Non resisto il richiamo è forte compio dei passi e allungo la mano per prenderle, ho voglia. Bruciore dentro. Regina mi richiama alla realtà con un tono secco e deciso, mi blocco subito. Non posso usufruirne ora, devo fare ciò che mi ordina se voglio la mia dose.

- Spogliati, fallo in modo sensuale.-

Faccio come dice, mi impegno per far sì che i suoi occhi si concentrino su di me e non sul suo schiavo. Mi libero del cappotto e immaginando di ballare su note di un musica sensuale mi sbarazzo dei vestiti in modo lento creando la giusta attesa, senza avere fretta. I suoi occhi saettano sul mio corpo, mi gustano guardando quei lembi di pelle chiara che decido di far ammirare. In poco tempo mi sento desiderata da entrambi, anche l'uomo mi guarda dal basso mentre continua a baciare le caviglie, risale con le mani lungo le cosce, lei le divarica facendo intravedere la sua pelle candida oltre il pizzo nero delle autoreggenti e il triangolo di stoffa nero nel mezzo. Quella scena mi eccita, vengo percossa da un brivido intenso.

Sono nuda davanti alla Regina. Lei mi guarda in quella posa scomposta mentre il suo schiavo lecca il suo interno coscia. Odore di femmina mi arriva prepotente alle narici. Il suo afrore.

-Stenditi sul divano e toccati- sentenzia.

Obbedisco docile. Mi stendo, il velluto verde mi carezza i glutei, ardo.

-Divarica le gambe voglio vederti- voce suadente ma al contempo mi sento mancare, sono esposta mentre apro le cosce e lascio che guardino la mia intimità, chiudo gli occhi e le mani scendono sui seni gonfi, stringo i capezzoli tra due dita, li sento turgidi. Sospiro e con una mano percorro il fianco fino a scendere sul Monte di Venere ornato da una leggera peluria. Mi sento languida mentre disegno i contorni del mio sesso prima di strofinare il clitoride. Il mio respiro diventa affannoso, sento gli umori colare lungo il buchino del culetto fino a bagnare il velluto del sofà.

-Apri gli occhi...-

Faccio come lei vuole, indossa ancora le autoreggenti e le décolleté nere, la sua pelle avorio spicca sul velluto verde, le gambe sono divaricate posso vedere il suo fiore matido. Si accarezza il collo sinuoso scende sulla scapola. Mi guarda intensamente mentre l'uomo continua a venerare le sue gambe e piedi con carezze e baci, in un attimo però, lei lo scosta spingendo il tacco contro il suo petto. Lo schiavo cade a terra.

-Vai da lei!-esclama.

La Regina ama comandare, i suoi occhi verdi brillano ogni volta che apre bocca.
A quattro zampe l'uomo dagli azzurri occhi si avvicina, io continuo a strofinare il clitoride gonfio, voglioso di attenzioni, le sue mani ruvide risalgono dalle caviglie fino all'interno delle cosce dove indugiano in un massaggio sensuale.

-Sei il mio film porno!- esclama Regina fissandomi intensamente,.

Le mani scendono sui seni, sfiora i capezzoli rosei e turgidi.

-Godi per me. – Continua, per poi lanciare un occhiata verso il suo schiavo – falla godere- lo esorta.

Le mani che poco prima mi carezzavano fanno spazio alle labbra e alla lingua. Lo schiavo lecca tutti i miei succhi accentuando la mia voglia di raggiungere l’orgasmo. La sua lingua risale sul clitoride, mi sposta le dita e inizia a leccarlo e succhiarlo mentre mi scopa intensamente. Sospiro, dei gemiti escono dalle mie labbra socchiuse quando lui mi fa sentire un secondo dito spingere a fondo. Guardo Regina, le sue mani lungo il suo corpo sembrano plasmare la bellezza di una Dea, apre e chiude le cosce, stringe il suo sesso grondante di umori, i suoi occhi non perdono un secondo la scena.
L'uomo continua a scoparmi con le dita che entrano ed escono veloci sempre più umide dei miei umori, rumori osceni si mischiano ai nostri mugolii di piacere. Inarco la schiena e danzo vogliosa andando incontro alle sue dita, sto per esplodere il mio corpo chiede di finire in un orgasmo intenso da fare impazzire. Godo con tutti e cinque i sensi mentre in un urlo di piacere mi libero sulle dita dello schiavo. Il mio sesso si contrae serrando in una morsa umida e calda.

Sento a stento le parole di Regina.

-Adesso fottila… -

L' uomo non perde tempo, mi afferra le gambe e le porta entrambe sulle sue spalle. Inizia a leccarmi e succhiare le dita del piede è una sensazione strana ma quel trattamento mi piace, eccita. Percorre la caviglia con la lingua, la bacia, e, in un colpo, mi penetra.

Regina da ordini, gli dice come fare, lui obbedisce mansueto. Io sono solo uno strumento di piacere, un tramite.
Ora, lei è vicina, sento il suo odore, mi fa aprire la bocca e in un bacio mi passa una caramella, la gusto insieme alla sua lingua dal sapore dolce. Le sue gambe sono divaricate e parallele al mio viso si abbassa e il suo sesso mi sfiora le labbra. Bevo dalla sua fonte, sono ingorda. Mugola e trema ed io con lei.

Godo. Godo, e la mia anima è perduta.
di
scritto il
2018-12-21
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