Sul divano con papà 2

Scritto da , il 2018-12-06, genere incesti


Ero assolutamente esausta, eppure non avevo fatto niente di particolare, se non goduto in modo passivo delle attenzioni di mio padre, ma evidentemente l’orgasmo appena provato mi aveva veramente provata, mi sembrava di aver corso due maratone di New York .
Non riuscivo a capire come potessi essere così stanca, mi masturbavo praticamente ogni giorno, ma non mi ero mai ridotta così, immagino però che non capita tutti i giorni di farsi fare un ditalino dal proprio padre.
Ora lui era sdraiato sul divano di fianco a me, e la sua erezione, anche se parzialmente celata dai pantaloni, stava lì a dimostrarmi quanto avesse apprezzato quello che era appena successo tra noi, e mi faceva anche capire che, molto probabilmente, anche lui avrebbe gradito lo stesso tipo di coccole che avevo ricevuto io.

Poco prima, come se fossi posseduta da un’altra persona ero stata io a prendere l’iniziativa e a dirigere il gioco, lui non aveva fatto altro che accondiscendere e io avevo usato le sue dita callose per masturbarmi fino a venire.
Anche ora non faceva nulla, anche ora non osava fare la prima mossa, o meglio, la seconda, così per quanto fossi stanca e tutto sommato abbastanza appagata fui di nuovo io a muovermi per prima.

Mi sollevai e mi misi a cavalcioni sopra di lui, trovandomi il suo pene rigido che mi puntava contro il sedere come fosse un paletto di ferro.

Presi il suo faccione tra le mani e gli diedi un primo bacio sulla guancia. Era ruvida.
La barba fatta la mattina presto era già ricresciuta e mi grattava la pelle, gli ispidi baffi da tricheco mi punzecchiavano e solleticavano, avvicinai le labbra al suo orecchio e gli sussurrai che gli volevo bene, che non sapevo cosa mi fosse preso poco prima, che dovevo essere fuori di me, ma che mi era piaciuto da morire, che non ero pentita per niente e che lo avrei rifatto mille e mille volte.

Lui continuava a giacere inerme, come fosse in trance, le mani distese lungo i fianchi, le spalle rilassate. Solo il pene che sentivo premere contro il mio sedere e gli occhi azzurri fissi nei miei mi dicevano che era sveglio e assolutamente concentrato.

Lo guardai negli occhi cercando di capire cosa pensasse e gli diedi un secondo bacio sulla guancia, poi un terzo e un quarto, avvicinandomi un centimetro alla volta alla sua bocca socchiusa.

Lo baciai sulle labbra. Era la prima volta che lo baciavo in bocca e fu bellissimo, le sue labbra erano inaspettatamente lisce e morbide, a quel bacio tenero la mia pancia rispose con un fremito e la vista mi si annebbiò per un istante.

Sollevai il viso per guardarlo di nuovo, il mio bellissimo papà.

Ripresi a baciarlo: un occhio, le piccole rughe a lato delle palpebre, lo zigomo, la guancia, l’altro occhio, l’altra guancia, il naso. Gli infilai la punta della lingua in una narice e sentii un fremito scuotere la sua erezione che premette ancora più arzilla contro il mio sedere.
Passai all’orecchio destro, un bacio, un delicato morsetto al lobo, una veloce leccatina, scesi con le labbra lungo il collo e sentì un altro colpo là in basso agitare il suo pisello e percepii chiaramente la pelle d’oca far vibrare la sua pelle per l’eccitazione.

Gli sussurrai ancora che gli volevo bene e mi spostai nuovamente verso la sua bocca. Lo baciai di nuovo, questa volta le nostre labbra si dischiusero e la mia lingua le attraversò fino ad incontrare la sua, una fitta esplosione di stelline mi annebbiò nuovamente la vista, la sua lingua era dolce, il suo fiato caldo ma gradevole, la toccai di nuovo, lui aprì un poco di più, le nostre lingue cominciarono a cercarsi a danzare, Dio come era bello!

Sembrò ridestarsi, le sue mani risalirono lungo le mie cosce e si posarono sui glutei.
Senza afferrarli, leggere e delicate come non ti aspetteresti da un uomo abituato a lavorare manualmente.
Li strinse una prima volta delicatamente, come per volere constatare quanto fossero sodi, poi si fece coraggio e li strinse con meno garbo, strizzandoli ritmicamente e attirandomi in basso in modo che il mio inguine premesse con forza contro il suo, la mia fichetta rispose sciogliendosi sempre di più.

Gli presi le manone e me le spostai sul petto, erano enormi in confronto al mio esile busto di ragazza, e ancora più grandi se confrontate ai miei piccoli seni.
I miei capezzoli si erano fatti così appuntiti che sembrava dovessero forare il leggero tessuto della maglietta, e al tocco delle sue dita reagirono indurendosi ancora di più.
Tirai in su la t-shirt in modo che lui potesse infilarvi sotto le mani e stringermi direttamente le piccole tette.
Il contatto con le sue dita bollenti, dure, rugose, così ruvide in confronto ai miei teneri bottoncini di carne era meraviglioso, mi strinse i piccoli capezzoli tra pollice e indice, accarezzandoli come se dovesse svitare il tappo del dentifricio, mi morsi il labbro e mugolai di voglia.

Il mio bacino aveva cominciato a muoversi ondulando e premendo contro il suo inguine, ora la spossatezza era completamente scomparsa, sostituita da una irrefrenabile lussuria.
Mi appoggiai con tutto il mio corpo al suo e gli sussurrai all’orecchio: “ti voglio papà, voglio sentirti dentro di me...”

Lui deglutì, e per un attimo temetti che si vergognasse, e si tirasse indietro, ma la passione ormai gli aveva fatto travalicare ogni possibilità di ritorno, gli avevano fatto perdere ogni tipo di freno inibitore, in questo momento non ero sua figlia ma solo una femmina terribilmente eccitata ed eccitante, o forse no, forse ero proprio sua figlia e i suoi più inconfessabili desideri stavano venendo prepotentemente allo scoperto.

Lasciò momentaneamente i miei seni e abbassò le mani per potersi parzialmente sfilare i pantaloni.
Con un colpo di reni, in un solo movimento abbassò pantaloni e mutande fino a metà coscia, l’elastico degli slip liberò il suo membro che rimbalzò verso l’alto come il braccio di una catapulta, duro come il marmo e sbatté sulla sua pancia muscolosa facendo un suono eccitantissimo.
Lo presi con una mano, era così largo e grosso che non riuscivo nemmeno a circondarlo tutto, era bollente, pulsante, lo tastai per qualche secondo e poi mi allargai l’orlo degli shorts e lo feci passare al di sotto in modo che si trovasse direttamente a contatto con la mia patata.

Ormai ero bagnata come una giovane giumenta in calore, le labbra carnose della mia figa erano ancora arrossate, gonfie e aperte per il suo ditalino di poco fa.

Era posizionato proprio in mezzo alle mie piccole labbra e mi solleticava il clitoride, mossi il bacino in modo da farlo strusciare contro la mia vagina eccitata.

Dio mio che voglia.

Non potevo resistere oltre, volevo sentirlo entrare dentro di me, volevo sentire la sua grossa cappella dilatarmi le labbra e scivolarmi dentro.
“Papà ti voglio, ti voglio da morire” gli dissi.
“Anche io ti voglio tesoro“ Rispose, prendendomi per il collo e guardandomi intensamente negli occhi.

Presi il suo pene vibrante tra le dita e lo indirizzai nella giusta posizione, stavo per calarmi su di lui in modo da essere penetrata quando dall’ingresso sentimmo una chiave girare nella toppa.

Cristo! Era mamma che rientrava prima del tempo!

Come un fulmine mi sollevai e mi gettai all’altro capo del divano, mentre papà si tirava su le braghe, nascondendo l’imbarazzante erezione con una copertina che usavamo quando guardavamo la televisione d’inverno.

“Ciao caro, ciao tesoro” disse la mamma con la voce un po’ stanca, passando rapidamente dietro di noi per raggiungere la cucina.

Ci lanciammo un rapido sguardo di intesa, uno sguardo che diceva un sacco di cose: che l’avevamo scampata per un pelo, che eravamo terrorizzati dall’ipotesi di venir beccati, ma anche che non sarebbe finita qui...

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