La manager e i suo giovane Padrone - 3

Scritto da , il 2018-10-12, genere dominazione

Era all’antica, quindi si davano del lei, nessuna confidenza, ma quando Giulio fu chiamato nell’ufficio di Maria Salini per discutere con lei di un piano per il lancio di un nuovo prodotto, la dottoressa Maria Salini si complimentò con il suo giovane aiutante e ne apprezzò il lavoro.
- Ti ho caricato di lavoro e fino a questo momento non mi hai deluso. -
Ora o mai più si disse Giulio. – Dottoressa… - Giulio esitò mentre lei lo guardava se non proprio con interesse con qualche aspettativa. – Dottoressa – ricominciò Giulio, - la mia fidanzata… - Giulio non sapeva come altro introdurre Valeria in quel contesto, non poteva certo dirle che Valeria era la sua schiava.
Ricominciò. - La mia fidanzata mi ha detto di chiederle se aveva piacere di venire una sera a cena a casa nostra. – Ecco, il discorso era un po’ contorto, ma l’aveva detto e sebbene fosse diventato, nel tempo, più sicuro ed autorevole, era in fondo ancora ancora un ragazzo timido ed appena laureato. Alla fine arrossì. D’altra parte non era stato semplice.
Maria Salini lo guardò sorpresa e confusa, non si aspettava niente del genere. Anche lei arrossì piacevolmente. Non sapeva cosa rispondere e rimase per più di un attimo a bocca aperta. Era da molto tempo che nessuno l’invitava più a cena, se non per lavoro, e sempre in ristoranti, mai in casa di qualcuno. Non si ricordava neanche più quando era stata l’ultima volta. Però non sapeva cosa rispondere, preferiva non avere nessun genere di turbamento nella sua vita, non voleva uscire dalla sua routine. Dirgli di no… era quello che voleva rispondere, ma pensava di apparire sgarbata e non poteva inventarsi altre scuse o impegni. Non le aveva dato una data su cui inventarsi una scusa, sarebbe stata una bugia, ma poteva andare. Quindi alla fine disse – volentieri, parli con la sua fidanzata e mi faccia sapere quando vi va bene. –

Era un venerdì sera e Maria Salini arrivò con un mazzo di fiori per Valeria e un dolce per il dopocena. La dottoressa rimase impressionata dalla bellezza di Valeria, si aspettava una ragazza bella perché il suo collaboratore era affascinante, ma non una così sfacciatamente bella e… sicura.
Il ragazzo ha buon gusto pensò e poi è più grande di lui e molto più matura. Inoltre deve avere un sacco di soldi se sta qui, in questa zona, anche se l’appartamento non è molto grande.
Valeria, al contrario di Giulio sapeva come comportarsi, l’accolse sorridente e la ringraziò per il pensiero, da perfetta padrona di casa. Si trovarono presto a loro agio e iniziarono a parlare dei rispettivi lavori. Un terreno sicuro per entrambe. Maria si rese subito conto che la ragazza nel suo campo era una promessa.
Valeria era anche una cuoca più che brava e la cena fu piacevole, Maria si stava sciogliendo e non disdegnava quel rosso corposo ed inebriante. Giulio e Valeria le piacevano sempre di più e non ricordava più da quanto tempo fosse così rilassata e soddisfatta.

Maria era distesa sul tappeto a gambe larghe, discinta, ma non nuda. Rossa come un peperone maturo e tremante. Di piacere. Non sapeva neanche lei come fosse finita lì, si vergognava come una bambina, ma, doveva ammetterlo, stava godendo irrefrenabilmente. il suo giovane sottoposto la stava penetrando e la sbatteva come una bambola di pezza e lei non poteva far altro che gemere ed emettere gridolini di piacere.
– Basta, basta, potrei essere tua madre… sì, sì, non ti fermare… spaccami… oh dio come è bello. Non sapevo che potesse essere così… -
E prima, quando Valeria l’aveva baciata sulla bocca e poi l’aveva trascinata per terra e poi le aveva aperto la camicetta, slacciato il reggiseno e baciato e succhiato i capezzoli fino a farli diventare duri come biglie di vetro. E non era finita, quella stupenda ragazza le aveva abbassato le mutandine e l’aveva leccata lì. Dove nessuno l’aveva mai fatto. Lei dapprima aveva stretto le cosce vergognandosi, ma quando lei l’aveva pizzicata tra le cosce e l’aveva morsa sulla fica si era arresa singhiozzando di vergogna e poi di piacere. Aveva goduto come una pazza, ma era stato niente in confronto a quel cazzo duro e impietoso che ora la stava fottendo come se fosse un martello pneumatico.
Lui non aveva nessun riguardo, la sbatteva e la mordeva, l’accarezzava e la sculacciava, ancora vestita, ma con tutta la biancheria sparsa per il pavimento e le calze strappate.
Si sentiva una puttana ed una troia, si vergognava, ma spingeva decisa il bacino contro i colpi di maglio che impietosi si abbattevano su e dentro di lei.
Poi lui la prese in braccio delicatamente e la portò a letto. Intervenne Valeria che la spogliò e lei da quel momento non disse più niente, nessuna protesta e nessun incoraggiamento. Voleva scappare ed allo stesso tempo restare. Voleva chiudersi ed aprirsi. Lasciò che facessero di lei quello che volevano. E furono bravi, eccezionalmente bravi. Nessun centimetro del suo corpo fu trascurato. Ricevette baci, carezze, pizzicotti e succhiotti dalle unghie dei piedi alla cima dei suoi capelli che furono scompigliati, tirati e infine accarezzati.
Lei gemeva e mugolava, non poteva farne a meno. Si lasciò fare, il suo corpo era caldo, gonfio, i capezzoli ritti, la fica un torrente in piena. Fini tra i due e continuò a godere come una bagascia. Si sentiva una cagna in calore, ne voleva sempre di più, fino a quando sfinita dalle emozioni e dal piacere, dopo l’ennesimo orgasmo, non si addormentò.

Si svegliò all’alba, i due ragazzi dormivano alla grande, li osservò, erano bellissimi, una coppia stupenda e… diabolica. E dire che all’inizio le erano sembrati così innocenti. Due demoni.
Si sentiva tutta rotta, ma fisicamente stava bene e si sentiva viva come mai prima di allora. Raccolse le sue cose sparse per tutta la casa, si rivestì ed andò via. Ebbe un lungo week end per meditare, per abbattersi ed esaltarsi, per andare all’inferno e ritornare in paradiso. La sua vita era stata stravolta, doveva riprendersela.

Lunedì mattina arrivò presto in ufficio, anche più presto del solito. Lei arrivava sempre prima di tutti e quella mattina ancora prima. Era uscita di casa che era ancora buio, quella notte praticamente non aveva chiuso occhio. La domenica era stata tremenda, si era resa finalmente conto di quello che era successo, non poteva negarsi che le era piaciuto, ma tutta l’immagine e la personalità che si era costruita in quegli anni ne era uscita a pezzi. Non l’avevano forzata, magari l’avessero fatto, ora avrebbe potuto considerarsi una vittima. No, l’avevano sedotta, forse avevano approfittato che era un po’ brilla, ma niente di più. Valeria diabolicamente, era lei la mente ed il motore, più ancora che Giulio l’aveva piano piano eccitata con i complimenti e con leggere carezze, con qualche affettuoso e innocente bacetto. Sembravano solo piccole e piacevoli attenzioni, teneri gesti di amicizia e cortesia, fino a quando carezze e baci non erano diventati più audaci ed espliciti e lei si era ritrovata con la lingua di lei che penetrava nella sua bocca.
La lingua, una padrona che le stava succhiando l’anima mentre le sue gambe cedevano, non si reggevano in piedi e la ragazza ne approfittò per aver piena ragione di lei portandola ad un parossismo di eccitazione che mai aveva provato, che non pensava neanche che fosse possibile. Quando Maria aveva visto i capezzoli e la fica inanellati della ragazza era rimasta allibita, ma neanche lontanamente aveva tratto qualche conclusione, se non quella più banale: la moda del piercing, una moda estrema per quella giovane ragazza per altro assennata ed in carriera.
Poi era arrivato lui e lei si era arresa. Totalmente e senza condizioni. Quel ragazzetto l’aveva sbattuta divinamente. Non che Maria avesse molti termini di paragone, gli unici precedenti erano molto lontani ed erano stati con un ragazzo suo coetaneo impacciato e frettoloso anche se entusiasta. Anche questo era un ragazzo, ma il paragone finiva lì. Giulio era a volte timido, ma quando fotteva era sicuro per non dire prepotente e comunque sapeva come far godere una donna. L’aveva presa in tutti i modi ed in tutti i buchi, per molto, molto tempo. Sì, lì dietro aveva perso la verginità, a 40 anni.

Alle nove precise lo chiamò in ufficio. Lui entrò e chiuse la porta alle sue spalle, per nulla contrito anche se non sapeva cosa aspettarsi, anche se immaginava che lei si era pentita, però non sapeva come avrebbe reagito.
Non era stato invitato ad accomodarsi e rimase in piedi, d’altra parte anche lei era in piedi e gli voltava le spalle, guardava fuori dalla finestra, una giornata grigia di metà ottobre.
- Quello che è successo nella notte tra venerdì e sabato… - la voce era lieve e monotona, lei parlava guardando fuori, senza manifestare emozioni, ma le parole non erano facili da trovare. Giulio non l’aiutava, non diceva niente.
- Quello che è successo l’altra notte– ricominciò Maria, - non si ripeterà più. –
Poi continuò – sarebbe meglio se lei andasse a lavorare in un'altra direzione, ma lei è in gamba e se la trasferissi da qualche altra parte apparirebbe punitivo e questo non è giusto. –
Giulio era tranquillo e anche se era in piedi era rilassato, non temeva niente.
Lei continuò – quindi rimarrà qui, continueremo come se non fosse successo nulla. E riprenderemo a darci del lei. – Fece una pausa e si voltò verso il giovanotto volendo apparire dura – sono stata chiara? –
Lui stavolta rispose. – Chiarissima e se non ha più bisogno di me io ritorno nel mio ufficio dove ho mille cose da fare. –
- Buona giornata - rispose lei congedandolo. Erano ritornati a darsi del lei.

Giulio era davvero tranquillo. Ne aveva parlato con Valeria e secondo lei Maria si sarebbe richiusa a riccio, ma per lui non ci sarebbero state conseguenze negative. E così era andata.
– Peccato - aveva detto Valeria, - stava andando tutto molto bene, poi mi sono fatta prendere la mano… beh è stato piacevole, le hai levato le ragnatele dalla fica ed ho visto che la carampana ti ha eccitato molto. –
- Mi è piaciuta, non pensavo che fosse così vogliosa e la sua eccitazione mi ha esaltato. Non capita tutti i giorni di scoparsi una che ha quasi il doppio dei tuoi anni e che è la tua capa. -
- Non è dispiaciuta neanche a me, ha molte potenzialità, ma penso che farà di tutto per tornare al suo tran tran. Forse dovresti… Ma no, lasciamo perdere… E non ti ho aiutato nella tua carriera. –
- Si, tutto vero mia deliziosa schiava, ma ti dovrò punire. Non perché non mi hai aiutato nella mia carriera, in verità non ci contavo molto, ma perché ancora una volta non ti sei saputa controllare. –
- Padrone, mio delizioso Padrone, fai di me tutto quello che vuoi. –
Giulio se la rivoltò sulle gambe, le sollevò la gonna ed iniziò a sculacciarla mentre la schiava emetteva gridolini di gioia e di dolore.




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