Un paziente della Dottoressa Angela - Io, il mio migliore amico e i piedi di mia mamma

di
genere
incesti

Dottoressa, devo assolutamente raccontarle quello che abbiamo combinato io e il mio migliore amico ieri notte.
Lui si chiama Patrick, lo conosco da quando andavamo all’asilo, siamo amici per la pelle. Ieri sera verso le 3 di notte, dopo aver girato fino a quell’ora per il centro di Torino, abbiamo deciso di andare a casa mia. Visto che oggi non c’era scuola, volevamo giocare con i videogiochi in camera mia; a mia mamma non dà fastidio anche se stiamo svegli tutta la notte, se poi il giorno dopo non dobbiamo andare a scuola.
Io e Patrick siamo i migliori amici del mondo per un motivo: entrambi siamo feticisti dei piedi. Ce lo siamo rivelato quando andavamo alle medie e da allora siamo sempre stati inseparabili perché… beh, è un segreto piuttosto imbarazzante, ma se siamo in 2, allora ci facciamo forza a vicenda! Lui ha fatto tutta la sera ha dire cose del tipo: «Hai visto quella che tacchi che aveva? Quanto leccherei quei bei piedi, etc. etc.». Insomma, era parecchio ingrifato.
Quando siamo arrivati a casa, cercando di non fare rumore (anche se eravamo un po’ ubriachi e quindi involontariamente un po’ di rumore lo abbiamo fatto), ci siamo diretti in camera mia, su per le scale di casa.
Mentre ci dirigevamo in camera mia, Patrick ha notato che la porta della camera da letto di mia madre era aperta e c’era accesa la luce.
«Maicol, vieni a vedere!» mi fa.
Come al solito, mia madre era coricata a pancia in giù sul letto, ancora vestita. Stava dormendo, o, più probabile, era svenuta per aver bevuto troppo.
Lasci che le spieghi. Mia mamma è molto giovane: ha 36 anni. Io (come il mio amico Patrick) 18. Il fatto è che è rimasta incinta da giovane e mio padre se l’è svignata, e lei mi ha cresciuto da sola. Mia mamma esce sempre la sera quando non deve lavorare; va in giro per locali con i suoi amici e le sue amiche e beve a più non posso. Poi torna a casa e si butta sul letto ed è talmente stanca e ubriaca da addormentarsi ancora vestita.
Mia mamma è bellissima: somiglia vagamente a Jennifer Aniston, quella di friends, quando era giovane. Patrick mi chiede sempre se le massaggio i piedi e io gli dico di sì, anche se in realtà non è vero.
«Che cazzo fai Patrick? Dove vai?» gli ho detto sottovoce.
Lui è entrato nella stanza. Mia madre era vestita con una giacca di pelle, dei jeans attillati e degli stivaletti bassi neri con tacco a spillo.
«Dai andiamo in camera mia, esci subito!»
Patrick mi ha sorriso. «Non si sveglia, vero?»
Ha appoggiato un dito sul culo di mia madre e lo ha premuto, ma mia madre non si è mossa di un millimetro.
«Potrebbe svegliarsi se fai così!». Ma non era vero. Era impossibile che si svegliasse. Ovviamente Patrick lo sapeva, visto che mia mamma russava in maniera esageratamente rumorosa. Era ovvio che non si sarebbe svegliata prima di minimo 8 ore, o forse anche di più.
«Adesso arrivo Maicol» mi ha detto, sempre parlando sottovoce, «ma prima voglio fare una cosa!»
Si è inginocchiato ai piedi del letto, e ha iniziato a succhiare e leccare il tacco di uno degli stivaletti di mamma.
Ero incazzato nero, ma anche un po’ eccitato.
«Vieni cazzo!» gli ho detto.
«Vengo se tu lecchi l’altro piede» mi ha detto.
Lì per lì volevo prenderlo per i capelli e tirarlo fuori, ma non potevo. Mia mamma non si svegliava se tenevamo la voce bassa e non facevamo troppo rumore, ma se uno dei due si metteva a urlare beh, era ovvio. Dopotutto era ubriaca, mica in coma.
Mi sono avvicinato, mi sono inginocchiato e ho leccato la suola della punta dello stivaletto sinistro, mentre Patrick si occupava di succhiare il tacco di quello destro. Devo ammettere che la posizione era ideale perché mia mamma aveva i piedi appena in fuori dalla parte inferiore del letto, e quindi era facile raggiungerli.
«Adesso andiamo!» dissi, ma lui non voleva fermarsi. Ha preso la cerniera dello stivale e mi ha guardato. «Dai Maicol, io il destro, tu il sinistro». L’ho guardato incazzato. Lui mi ha sorriso: «dai, non vuoi mica che tua mamma dorma con ancora addosso gli stivali!».
Va bene. Ho preso anche io la cerniera e l’ho tirata giù, poi, facendo più piano possibile, sia io che lui abbiamo tolto gli stivaletti.
Aveva dei calzini bianchi con dei pois rossi, con il tallone e la punta tutti rossi. Erano sudatissimi, tanto che si erano incollati alla sua pianta del piede. Quella visione mi ha fatto eccitare tantissimo.
Ho avvicinato la faccia e ho iniziato ad annusare. Che profumo paradisiaco!
Patrick mia fa: «Ah ma guarda, quello che non voleva neanche toglierle gli stivali!»
«Sta zitto e annusa» gli ho detto io. «È il profumo più buono del mondo».
Ovviamente non si è fatto pregare. Annusavamo talmente forte che ci mancava il respiro. Patrick ha iniziato dopo poco a tirare un po’ su i jeans di mia mamma fino sopra alla caviglia, e poi ad arrotolare il calzino sul tallone. Ha leccato con la punta della lingua il tallone nudo, poi con calma ha tolto tutto il calzino. È stato lì per qualche secondo ad osservare quella meraviglia, mentre anche io toglievo il calzino.
Abbiamo entrambi strusciato la faccia su quei piedi meravigliosi, mentre mia mamma continuava a russare.
Mentre lui baciava una ad una le dita, io leccavo la pianta. Poi facevamo il contrario: io le dita e lui la pianta. Scherzavamo su chi dei due avesse il piede più bello, se io il sinistro o lui il destro. In realtà erano identici.
«che numero porta? sono belli grossi» mi chiese.
«Il 40, ma sono bellissimi!»
«È si» disse lui. «Se io avessi una mamma con dei piedi così…».
Mentre mi toglievo il bellissimo alluce dalla bocca gli ho chiesto: «Cosa faresti?»
«Glieli leccherei tutto i giorni». Poi ha iniziato a leccare appena sotto le dita.
«Si certo, e come fai? Glielo chiedi?»
«Perché no?». Poi Patrick ha iniziato a sorridere. «Maicol sei pronto? Sto scoppiando!»
«Ancora un attimo!» gli ho detto. Volevo assaporare quel momento. Le sue piante erano così morbide, le sue dita così viscide ricoperte dalla mia saliva. Adoravo accarezzare il tallone vellutato, mentre baciavo la pianta piena di pieghette e me la strusciavo sulla faccia.
«Maicol!»
«Ok, ok» gli ho detto. Ho dato un’ultima succhiatina all’alluce e alle altre dita, poi insieme ci siamo alzati in piedi. Ci siamo abbassati i pantaloni, le mutande e abbiamo iniziato a segarci. Avevamo due cazzi duri come l’acciaio. Appoggiavamo le nostre cappelle sulle soffici piante dei suoi piedi, avanti e indietro.
«Mi raccomando» ho detto a Patrick. «Centra il piede! non sporcarle i jeans o le lenzuola»
«Tranquillo, non voglio sborrare sulle lenzuola, voglio farlo sui suoi piedi!»
Ci siamo segati con violenza, e siamo venuti quasi subito.
Col cellulare abbiamo fatto delle foto dei suoi piedi ricoperti di sborra, poi con la carta igienica glieli abbiamo puliti.
Abbiamo passato praticamente tutta la notte a segarci guardando le foto, e a ripensare a quello che era appena successo. La mattina dopo mia mamma è venuta a bussare alla porta di camera mia. Sembrava un po’ stordita. Ci ha salutato, ci ha chiesto se avevamo passato tutta la notte a giocare col computer, e se volevamo fare colazione con lei. Camminava a piedi nudi, con i piedi che gli si incollavano al pavimento, e noi quando se né andata siamo scoppiati a ridere!
Dottoressa, mia madre fa così almeno una volta a settimana. Patrick lo sa e vorrebbe rifarlo. Come mi devo comportare? Io lo vorrei tanto, ma dentro di me sento che è sbagliato! La prego dottoressa, mi aiuti lei!

«Caro Maicol, purtroppo la tua situazione è complicata. Non ti parlo come psicologa, ma come amica. Compiere atti sessuali nei confronti di persone prive di conoscenza o in preda ai fumi dell’alcol e di droghe è un reato sessuale. Il mio consiglio è, a questo punto, di parlarne con tua madre. Spiegagli la situazione e la forma estrema del tuo feticismo. Lei di certo ti perdonerà. Poi, se la situazione diventa insostenibile per te (intendo il fatto di non poter controllare la tua libido), allora posso aiutare te e tua madre in questo percorso di guarigione. Per Quanto riguarda il tuo amico Patrick, tienilo fuori da questa storia, e fallo perché è un tuo amico. Digli che la cosa non si ripeterà mai più. Inoltre, lui non ha chiesto una consulenza quindi di lui non mi interesso.
Se hai bisogno di fissare un appuntamento hai il mio numero.
Cordiali saluti - Dr. Angela Kavinsky»
di
scritto il
2018-05-30
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