La Ragazza di Campagna diventa schiava - capitolo 2

Scritto da , il 2018-04-01, genere dominazione

Nell'attesa delle vacanze di Natale i giorni non passavano mai, ma il corpo di Rosa in quei mesi iniziò a darle delle piacevoli sorprese. Divenne più alta e soprattutto iniziò a dimagrire, il suo seno si rassodò, ed il suo viso foruncoloso diventò più liscio e affilato, anche se sembrava sempre un maschiaccio, pure i suoi capelli, tagliati corti, diventarono più docili. Rosa ne fu piacevolmente sorpresa, ciò fu essenzialmente dovuto alla sua esplosione sessuale. La ragazza si masturbava quotidianamente pensando alla padroncina, ma sulla sua trasformazione non influì solo questo. Invece di fare come tutte le altre ragazze e cioè diete, iniziò con fanatismo a fare ginnastica, acquistò dei pesi e trasformò un angolo della stalla in palestra, passava lì dentro due ore al giorno. Era sempre un po’ grassa, ma la maggior parte di questo se ne era andato o si era trasformato in muscoli. Non sarebbe mai diventata una bellezza classica, era una ragazzona ed era inutile che tentasse di nasconderlo. Si accorse che ai ragazzi non dispiaceva più, anzi raccoglieva occhiate ammirate e qualche avance, ciò fu indubbiamente dovuto ai suoi rapporti estivi ed all’alta carica erotica che questi avevano liberato. Dei ragazzi Rosa se ne infischiava, si limitava a batterli a braccio di ferro e contava i giorni che la separavano dal Natale, questo suo atteggiamento ottenne l'effetto di aumentare il numero dei corteggiatori e l’ammirazione delle sue compagne di classe. Aspettava Natale con preoccupazione, la sua padroncina era stata chiara, niente lettere e telefonate, nessuna smanceria per corrispondenza, quando lei sarebbe arrivata le avrebbe telefonato, che si tenesse pronta per la bisogna.

Quando la telefonata arrivò la delusione fu enorme. Sara le telefonò da Palermo, non poteva venire a trovarla, aveva degli impegni importanti in città. Rosa seppe in seguito che era arrivata con un ragazzo e che con lui se la spassava. Rosa si voleva tagliare le vene, resuscitò nel momento in cui le disse: - Vieni tu a Palermo, diciamo domenica. -
- Ma come faccio, mia madre non lo permetterà mai. -
- Passamela - le disse.
A Sara non ci vollero più di cinque minuti a convincere la madre di Rosa che era indispensabile che sua figlia andasse a Palermo. E così quella domenica Rosa prese la corriera delle otto per Palermo. Alle nove e qualcosa quando arrivò la sua padroncina era in piazza con una spider ad aspettarla. Rosa montò in macchina, era tentata di abbracciare e baciare Sara, ma prudentemente si trattenne. Lei la osservò.
- Sei cambiata. -
- Spero in meglio - rispose emozionata.
- Vedremo. - Ingranò la marcia e partì. Non andarono a casa sua. Sara si era inventata una scusa per tutto il giorno e si diresse verso l'aeroporto. Parcheggiò di fronte ad un villino che dava sul mare. - Prendi quella borsa e seguimi. – Rosa non poté fare a meno di notare che non le arrivava neanche alla spalla, ma per sua fortuna non pensò neanche di mettere in dubbio chi era che comandava. La sua padroncina era vestita in modo sportivo ed attillato secondo la moda del tempo: mocassini, pantaloni di velluto, un maglione ed un giubbotto di pelle. Rosa invece si era messa delle scarpe con un tacco molto basso, il collant, la gonna, un maglione ed il cappotto (di tutto il meglio ed il poco che aveva).
Appena entrate, Sara si sdraiò su un divano e rivolgendosi a Rosa le disse: - spogliati. - Lei intanto si accese una sigaretta. Rosa si spogliò cosciente di essere migliorata moltissimo, il suo seno era sempre molto grosso, era difficile che stesse su, ma non pendeva più come una volta e le sue cosce non erano più grasse, ma robuste, i polpacci invece erano davvero troppo muscolosi, tutti quegli anni in bicicletta avevano lasciato il segno. Le sue preoccupazioni svanirono presto, la sua padroncina la guardava apprezzandola e piena di desiderio. Rosa fu presto nuda, la padroncina le fece cenno di avvicinarsi e l’attirò a sé. Fu meraviglioso. Iniziò a baciarla dappertutto. Anche in bocca, cosa che le aveva concesso solo una volta. Poi iniziò a mordicchiarla sui capezzoli e ad accarezzarla tra le gambe. Si spogliò pure lei e volle che le sue carezze fossero ricambiate. C'era un contrasto nettissimo tra i loro corpi; quello di Sara era piccolo, minuto e nervoso; quello di Rosa: grande, forte e calmo.
Si diedero piacere per lungo tempo. Poi verso mezzogiorno Sara disse: - vestiamoci ed andiamo a pranzo. – Rosa fece per indossare nuovamente i suoi vestiti, ma lei la fermò.
- Indossa quelli che ti ho portato, guarda lì nella borsa. – Rosa rimase senza parole, come avrebbe potuto indossare quegli indumenti. Ci provò mentre Sara la osservava attentamente, pronta ad intervenire se si fosse rifiutata o avesse sbagliato. Rosa iniziò dalla biancheria intima, se così si poteva definire. Le mutande erano una cintura di cuoio con una strisciolina di pelle che doveva coprire le intimità, capì come andavano indossate e se le mise. Anche il reggiseno era di cuoio e lasciava gran parte delle tette scoperte indossò pure quello, la ragazza si sentiva indecentemente nuda, più di prima. Poi indossò delle calze nere autoreggenti e le scarpe con il tacco molto alto, anche se non altissimo, ma per Rosa che non aveva mai calzato scarpe col tacco fu un'impresa tenersi in equilibrio. - Cammina un po’ - fu l'ordine che ricevette. Iniziò a muoversi per la stanza e dopo qualche minuto pensò di potercela fare, ma non si doveva distrarre. Con quel tacco superava abbondantemente il metro ed ottanta. Fu contenta di scoprire che i suoi polpacci ora sembravano più snelli. Si mise la gonna, era blu e plissettata, le arrivava sopra al ginocchio, per l'epoca era una minigonna. Per finire un maglione bianco di lana, molto fine e largo sul corpo che la faceva apparire più magra. Rosa si accorse di essere bella, elegante ed accessibile in ogni parte del suo corpo con grande facilità. Evidentemente quello era lo scopo di quell'abbigliamento che però la rendeva più bella e seducente, e almeno a guardarlo non si poteva definire osé. C'erano anche dei guanti neri di capretto lunghi fino al gomito, che avevano all'altezza dei polsi due minuscoli anellini di acciaio. Li indossò ed indossò anche la mantella nera di lana morbida e calda, senza maniche, che abbottonata per l'unico bottone sotto il collo le cadeva perfettamente fino a sotto al ginocchio avvolgendola completamente. Sara le girò intorno e le disse: - dammi le mani. – Rosa sentì un clic e poi non poté più muovere le braccia. Non disse niente. La padroncina invece le passò davanti protese le labbra verso la sua serva che s’inchinò per essere baciata. Sara le sorrise: - il mio regalo di Natale. – Poi uscì e la serva la seguì. Sara l’aiutò a montare in macchina. Ammanettata sul didietro Rosa stava scomoda e si domandava come avrebbe fatto quando fossero arrivate. Prima di partire la padrona insinuò una mano sotto la mantella ed il maglione della serva e raggiunse le sue tette, con l'altra mano si protese verso la fica. Rosa era completamente accessibile. Sara mise in moto e si diresse verso la città. Prima di scendere la padroncina la tastò ancora e poi le liberò le mani. Era un ristorante di gran lusso, Rosa non sapeva cosa fare, ma lei l’aiutò. Furono accolte calorosamente dal proprietario che conosceva Sara e che personalmente ritirò la mantella di Rosa ed il giubbotto della padroncina. Tutti gli occhi dei commensali erano puntati su Rosa, che si sentiva nuda. Si riprese, consapevole che quello era un abbigliamento elegante e neanche frivolo, a meno che non sapessero come era conciata sotto, ma di quello era a conoscenza solo la sua padroncina. Era Rosa a sembrare una marchesa, la sua padroncina al più poteva passare per una ragazza sportiva. Rosa si mosse con cautela e stette attenta a non inciampare. Quando si sedettero si levò i guanti e si portò una mano alla fronte per asciugarsi il sudore. - Calmati – l’incoraggiò Sara. Sopraggiunse il cameriere e la marchesina ordinò per entrambe. Erano sedute su un lato della sala una di fronte all'altra. Piano piano i commensali smisero di ammirarla e di chiedersi chi fosse quella splendida ragazza in compagnia della marchesina Galante, quindi ritornarono alle loro faccende.
Il primo era un brodino delizioso. Rosa osservava Sara e si comportava di conseguenza. Quando sentì un piede che risaliva la sua coscia sussultò. - Stai tranquilla ed avvicina la tua sedia, poi appena puoi slaccia quella strisciolina di pelle che hai in mezzo alle gambe. – Rosa pensò che Sara fosse impazzita, ma si avvicinò di più a lei ed allargò le gambe. Non se la sentiva però di sganciare la striscia di pelle. Il piede nudo della sua padroncina già però le premeva sul ventre.
- Ho le unghie lunghe, se non slacci quella striscia ti farò molto male. - E per dimostrarle che non erano minacce a vuoto le graffiò l'interno di una coscia. Rosa diede una disperata occhiata in giro, poi portò la mano sotto il vestito e sganciò la striscia. - Ora va meglio - sorrise la sua padroncina ed inizio a masturbarla con il piede. Rosa teneva le cosce larghe per facilitarle il compito, ma quando si rese conto che non riusciva più a controllarsi le strinse sul piede di Sara fermandolo ed implorandola con lo sguardo di smettere. - Puoi farcela – fu la risposta che non le lasciava via di scampo.
Rosa abbassò gli occhi e allargò nuovamente le gambe. Dopo un attimo sussultò e si morse le labbra a sangue. Aveva posato il cucchiaio dentro il piatto perché le mani le tremavano, mentre la padroncina che però aveva terminato aveva fatto altrettanto. Il cameriere accorse e portò via i piatti. Rosa lo guardò esterrefatta allontanarsi mentre Sara sorrideva divertita ed appagata e si accendeva una sigaretta. Solo dopo un po’ levò il piede dal grembo della serva. Rosa ne approfittò per riagganciare la strisciolina e gustò di più il secondo ed il dessert, bevve anche un bicchiere di vino. Quando terminarono di pranzare la padroncina le disse: - mettiti i guanti, poi, dopo che avrai indossato la mantella, vai in bagno e levati gonna e maglione. Non avere paura non fa freddo. Io intanto pago. - Si avvicinarono all'uscita, aiutata dal cameriere Rosa indossò la mantella e poi andò in bagno. Aveva imparato che era inutile discutere gli ordini della padroncina. Si chiuse in una toilette e si spogliò, quindi indossò nuovamente la mantella. In effetti, a meno che non fosse arrivata una folata di vento a sollevarle la mantella non ci sarebbero stati problemi. A quel pensiero Rosa tremò, poi si fece coraggio. Tenne la gonna ed il maglione schiacciati sul petto con una mano, mentre con l'altra tratteneva i lembi della mantella, ed uscì. Lei era già in strada, la raggiunse. Sara aprì il bagagliaio e le disse: - dammi i vestiti. – La serva glieli porse tenendo stretti con l'altra mano i lembi della mantella. Sara li ripose nella borsa con gli altri vestiti. Erano le quindici di un pomeriggio prenatalizio, i negozi erano aperti e le vie centrali di Palermo erano piene di gente. La padroncina prese la borsa in mano e si avviarono. Rosa era nuda e spaventata, ma la sua piccola padrona non l’aveva mai delusa, si fidava. Mezzora dopo entrarono in un cinema. Si sistemarono in una delle ultime file, Rosa non badò neanche a quello che davano. Il cinema era mezzo vuoto, neanche si erano seduti che lei l’aveva legata con le mani dietro la schiena, ciò fatto iniziò a tastarla sotto la mantella. Rosa pensò che se le avessero scoperte non avrebbe potuto neanche scappare, la mantella si sarebbe aperta, sotto era nuda e con le mani legate era difficile correre. Per più di un'ora la padroncina la tormentò pizzicandole i capezzoli e le cosce, graffiandola sul seno e sulle natiche. Rosa era spaventata da morire e si mordeva le labbra per non gridare. Quando ormai pensava di non poterne più arrivò il peggio, la sua padroncina si chinò su di lei e le morse le tette ed i capezzoli a sangue. Solo il terrore di quello che sarebbe successo se avesse gridato le diede la forza di non urlare. Aveva gli occhi pieni di lacrime e sussultava e singhiozzava mentre Sara voluttuosamente le masticava i capezzoli. Infine la padroncina smise di mordere e pizzicare e l’accarezzò dolcemente, Rosa si rilassò, ma aveva sempre paura che qualcuno le potesse vedere, nessuno faceva caso a loro e si lasciò andare fino a godere. Poi Rosa si abbandonò sfinita sulla poltrona. Si riprese e Sara le sciolse le mani, poi le disse: - prendi la borsa e vai in bagno a cambiarti, fra un'ora c'è l'autobus. - Con le gambe tremanti Rosa si avviò in bagno. In macchina mentre la riaccompagnava osò chiedere: - quando la rivedrò. - Stranamente Sara non s’inalberò per la domanda della serva.
- A Pasqua. – Poi le chiese, - quando termini le scuole? -
- Faccio la quinta, a giugno ho gli esami di stato e poi ho finito. -
- Devi dire ai tuoi che vuoi andare all'università. -
- A Roma? Non me lo permetteranno mai. Forse neanche a Palermo. E poi lei abita a Roma con sua cugina che non mi può vedere. -
- A settembre starò da sola in un appartamento in centro, ti ho già detto di non immischiarti nelle mie relazioni con altre persone. Per l'università invece inizia a parlarne e poi lascia fare a me. Ci vediamo a Pasqua. -
La baciò fugacemente sulla bocca e la lasciò andare. Rosa era su di giri ed iniziò a contare i giorni che la separavano da Pasqua.





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