Cuck e mogliettina sottomessi - primi tre capitoli

Scritto da , il 2018-01-14, genere dominazione

Capitolo 1 - Prologo

Mi chiamo Edgardo, sono un uomo maturo e dominante, con qualche esperienza.
Mi piace sottomettere ed usare le donne, farle diventare le mie schiave. Faccio queste cose in privato, sono molto riservato, ma negli anni ho conosciuto qualche altro Master e qualche Mistress, con i quali e con le quali, ogni tanto, condivido alcuni momenti di svago.

In quel frangente avevo una schiava, alta, magra, con i capelli biondi e finissimi, pelle bianca e candida, seno piccolo, ma gambe lunghissime ed un culetto delizioso. Intelligente e colta, ironica e pudica, calda e devota, trasgressiva e confusa, potrei continuare. Mi piaceva moltissimo, ma sentivo che stava per finire. Dopo un esordio esplosivo lei iniziava a sentire sensi di colpa verso il marito e la paura di venire scoperta. Quando ci incontravamo era sempre caldissima, ma la sua testa era ormai rivolta al dopo. Voleva smettere. Dedico molto tempo alla conquista, ma non eccedo mai nel trattenerle, con questa ci ho provato, ma alla fine mi sono arreso. Però mi sarebbe rimasta in mente per sempre, come poche altre.
Fu così che misi un’inserzione per cercarne un'altra.

E’ inutile scrivere che cerchi schiave femmine biologiche. Schiavi e trav ti contattano lo stesso. Un tizio, Massimo, in arte Milena, mi scrisse che voleva diventare la mia schiava trav. Non gli risposi. Avevo fatto quell’annuncio con un account gmail e me lo ritrovai in chat qualche giorno dopo. Un pomeriggio in cui non avevo molto da fare gli diedi corda. La fantasia di Milena era incredibile, ma le sue erano, per l’appunto, solo fantasie. Non era depilata, il suo abbigliamento consisteva in qualche capo che prendeva in prestito dalla moglie e non si sapeva truccare. Niente di tutto questo comunque mi interessava, ma lo scrivo per far capire che il tipo era del tutto inattendibile. Ci salutammo e mi ripromisi di non dargli più corda. In effetti per qualche settimana quando ero collegato e lui tentava di instaurare un colloquio io neanche gli rispondevo, ma non avevo intenzione di bloccarlo. Blocco solo i maleducati e lui era certamente fastidioso, ma non maleducato. Mi limitavo ad ignorarlo. Forse era passato un mese dal primo contatto quando, invece di tentare di attaccare bottone con il solito “buon giorno Padrone”, lui postò la foto di una biondina, sui trent’anni, trentatré per la precisione come seppi dopo. Inevitabilmente attirò la mia attenzione. Era nuda e portava gli occhiali. Non potevo definirla una bellezza, anzi, si trattava di una donnina un po’ scialba. Un visetto timido e sorridente, lo sguardo sperso sotto gli occhiali, meravigliata ed allo stesso tempo maliziosa sotto l’occhio della macchina fotografica. Il seno piccolo, ma due capezzoli appuntiti anche se molto chiari, magra, ma con i fianchi larghi. Però aveva un bel culetto e due cosce piene e sode. No, non era una bellezza, ma la mia reazione fu immediata e mi venne duro. Forse per quello sguardo malizioso ed allo stesso tempo schivo, forse perché intuii che potenzialmente poteva diventare molto calda e sexy. Chi lo sa?
– chi è questa? – chiesi. – Mia moglie – rispose.
– e come mai mi mandi una foto di tua moglie nuda? –
- volevo sapere se le può interessare. –
Mi spiegò che nelle sue fantasie oltre che travestirsi, trasformarsi in femmina e sottomettersi ad un Padrone c’era anche quella di volere sua moglie schiava di un Master. Ormai avevo capito che Massimo era totalmente inaffidabile, ma quella figurina della moglie mi attirava e l’avrei fatta volentieri mia schiava. Gli risposi che se lui non mi interessava, sua moglie invece meritava la mia attenzione. Ma un’ora dopo dovetti arrendermi, il tipo aveva paura pure della sua ombra e non sarebbe mai riuscito ad organizzare quell’incontro a tre che gli avevo chiesto. In compenso mi mandò altre foto di sua moglie, in alcune era vestita, in altre era nuda. Purtroppo le iperboliche fantasie di Massimo erano pari alla sua inconcludenza.
Gli dissi – mi fai perdere tempo schiavo, lasciamo perdere. Ti ho detto quello che devi fare per farmela incontrare. Quindi non mi rompere i coglioni. Fatti sentire solo se sei in grado di organizzare qualcosa. –
Per un mese non mi tediò più. Dopo un mese, quando mi trovò collegato mi scrisse – Sabato sono con mia moglie al centro commerciale, se si fa vedere gliela presento. –
Non fu semplice organizzare il tutto, un sacco di dettagli da concordare, a cominciare da dove ci eravamo conosciuti e tutto il resto. Comunque concordammo che tra le diciotto e le diciotto e quindici, dopo che lui e sua moglie avrebbero fatto spesa al supermercato, avrebbero preso un aperitivo al bar del centro commerciale e che io li avrei approcciati lì.

Capitolo 2 – L’incontro

Avevamo concordato una storia che poteva stare in piedi. Io ero un professionista che un po’ di tempo addietro avevo dato una consulenza alla sua azienda e che per qualche ora avevamo lavorato insieme. Era una storia un po’ ballerina non perché io non fossi un consulente, ma perché della azienda di Massimo non sapevo proprio niente, mi aveva detto solo come si chiamava il direttore tecnico che era la persona con cui avrei principalmente svolto il lavoro. Altre, tra cui Massimo, erano state coinvolte solo marginalmente e per poco tempo. Questo perché se la moglie avesse chiesto qualcosa su qualcuno, io avrei potuto tranquillamente rispondere che non l’avevo conosciuto. Quindi era richiesta un po’ di improvvisazione e di recitazione. Ero un po’ preoccupato per Massimo. Speriamo bene, pensai.
Erano da poco passate le 18,15 quando stavo pensando ad una bufala ed invece li vidi comparire. Difficile pensare a quel trentacinquenne come una trav, era inverno ed era molto coperto, mentre Valentina, la moglie, era facilmente immaginabile come una sottomessa, ammesso che fossi riuscito a risvegliare una sessualità che in quel momento mi sembrava che lasciasse alquanto a desiderare.

Fu lui a salutarmi. – Buonasera dottore, che fa da queste parti? Vengo spesso in questo centro commerciale e non l’ho mai vista. –
Sorrisi. – Buonasera Massimo, in effetti non è proprio la mia zona, ma passavo da qui ed avevo bisogno di un carica batterie nuovo ed eccolo qui – risposi mostrando la scatoletta. Massimo mi presentò sua moglie, come nelle foto era timida, ma mi resi conto che un po’ di carattere lo aveva.
– Stavamo per prendere un aperitivo, ci fa compagnia? –
- Volentieri. – risposi. Ordinammo e ci accomodammo ad un tavolo.
Mentre sgranocchiavamo patatine e noccioline e sorseggiavamo i nostri drink parlammo del più e del meno. Cercai di mettere Massimo a suo agio, parlava un po’ a voce troppo alta e mi sembrava un po’ nervoso. Lo feci rivolgendomi alla moglie che si era ritirata nel suo guscio. – Venite a fare spesso spesa qui? – chiesi. E lei apprezzò l’attenzione. – Sì – mi rispose, - stiamo a qualche centinaio di metri da qui, anche se quando veniamo a fare spesa prendiamo sempre la macchina… per le buste – mi disse indicando le stesse che riempivano il carrello posteggiato lì di lato. Lei sorrideva, era timida, ma non introversa, anzi sembrava più brillante del marito che, ora, non essendo più costretto a chiacchierare si stava rilassando. Continuai a parlare con lei chiedendole di quello che faceva, del suo lavoro e dei suoi interessi. Lei si sciolse, sorrideva ed era simpatica, era sempre timida, ma su quegli argomenti non era confusa, aveva le idee chiare. Mi accorsi che mi piaceva davvero, la volevo. Parlammo a lungo tanto che ormai eravamo alle diciannove. Pensavo che l’incontro fosse andato bene, ma non sapevo quale sarebbe stato il secondo passo, ci avrei pensato dopo. Mi alzai per andare a pagare e ci fu la solita scena che si ha in questi casi, ma no tocca a me, l’ho invitata io… Posi fine alla questione dicendo – aspettatemi che ci salutiamo. -
Mentre ero alla cassa li vidi confabulare, non sapevo di cosa parlavano, ma lo scoprii quando tornai per salutarli. Fu Valentina che mi disse – perché non viene a cena da noi… se non ha già altri impegni ovviamente. – Perfetto pensai, ma non potevo precipitarmi. Come da circostanza – Non vorrei disturbare… -
- Non disturba, anzi è un piacere, ci segua in macchina. –
E così fu. Mentre Valentina sfaccendava in cucina io e Massimo chiacchieravamo in soggiorno. Era di nuovo nervoso, forse si stava pentendo del passo che aveva compiuto. – Tranquillo – gli dissi, - va tutto perfettamente, rilassati. - Lui si mise ad apparecchiare la tavola. Aveva quasi finito quando la moglie lo chiamò. Un minuto dopo tornò e mi disse che si erano dimenticati di prendere il pepe, andava giù al negozietto sotto casa e tornava subito. Un istante dopo comparve Valentina che sorridendo mi disse se desideravo una birra. Risposi – sì, grazie. – E la seguii in cucina. Lei si chinò in basso per prendere la birretta dal frigo. Indossava un vestitino di lana che la fasciava bene. Era accaldata ed aveva sbottonato qualcuno dei bottoni alti, si intravedevano le piccole tette, ma svettavano ed il tutto mi eccitò. Ai piedi portava degli stivaletti con un tacco a spillo, ma basso. Sotto probabilmente indossava collant e normale biancheria. Mi porse la coppa di birra e prendendola le sfiorai le dita della mano. Fu come una scossa, indugiai e lei non si sottrasse. La guardai in profondità negli occhi, lei arrossì ed io diedi una bella sorsata. Poggiai il bicchiere sul tavolo e le passai il braccio dietro la schiena e l’attrassi a me. Era rigida e mi guardò smarrita, ma non disse bah, né si sottrasse. Mi chinai e la baciai sulle labbra, lievemente. Intanto la mia mano si spostò sulle natiche. Poi le mie labbra scesero sul collo e la baciai voluttuosamente. Lei mugolò. Ritornai alle sue labbra che si erano dischiuse e stavolta il bacio fu più intenso e penetrai con la lingua tra le sue labbra. Avvolsi la mia lingua sulla sua, le sue gambe cedettero e la trattenni in piedi. Le sfiorai il seno e sentii un capezzolo bello ritto, da sopra il vestito la toccai tra le gambe e sentii la sua eccitazione. Poi sentii altro, la chiave girare nella toppa. La lasciai con una pacca sul culo. Si girò verso le pentole ed io ripresi il bicchiere in mano e sorseggiai mentre Massimo entrava in cucina. A passo di carica, in quel momento era un marito geloso. Presi un’altra birra dal frigo e un bicchiere. - Andiamo in soggiorno - gli dissi – e lasciamo lavorare in pace chi fa qualcosa. – Decisi di non dirgli niente, non sapevo come l’avrebbe presa, nonostante tutti i proclami che in chat aveva manifestato, sapevo che ora aveva molti dubbi, glielo leggevo sul viso tirato.
Valentina era una cuoca abile e la cena fu piacevole, sia io che lei facemmo finta che non fosse successo niente. Continuai a dar loro del tu e loro a me del lei, qualche capello bianco aiuta a mettere in soggezione. Gli aperitivi, le successive birre ed il vino contribuirono a creare un clima di convivialità ed a rilassare tutti. E verso le 22,30 li lasciai.

La mattina del lunedì dopo, in chat, Massimo mi chiese. Era sospettoso, ma negai tutto, - cosa vuoi che sia successo in quei pochi minuti in cui sei stato assente. - Lo avrebbe saputo quando avrei deciso io e comunque dopo che il delitto si fosse consumato ed ancora non eravamo neanche ai preliminari. Però volli il numero di telefono della moglie e lui me lo diede, contento e scontento allo stesso tempo. Voleva che succedesse ed al tempo stesso ne era spaventato, ma non mi poteva negare di voler ringraziare sua moglie direttamente per la cena.

Capitolo 3 – La prima volta

La chiamai nel primo pomeriggio quando sapevo che doveva essere libera da impegni. - Ti devo vedere! Quando? Da te o da me? –
- Sei pazzo - mi disse, forse era la prima volta che mi dava del tu, - chi ti ha dato il mio numero di telefono? –
- Tuo marito – risposi, - gli ho detto che volevo ringraziarti personalmente per la cena dell’altra sera. –
- Idiota. – Si riferiva al marito evidentemente.
La lasciai sbollire per un attimo. – Ti voglio e so che tu mi vuoi, inutile resistere. –
- No, sabato sera è stata una pazzia, per fortuna durata un attimo. Non è successo niente di serio e non si ripeterà. –
Stavo perdendo la pazienza. – Ascolta, so che ora sei sola, tra 20’ sono a casa tua. Suono e tu apri. –
Non le lasciai il tempo di rispondere e dopo 20’ stavo suonando al portone del suo condominio. Fu necessario suonare una seconda ed una terza volta. Poi aprì senza rispondere al citofono. Quando uscii dall’ascensore la trovai sulla porta che mi guardava furiosa, non era più timida, anzi. Ma mi aveva aperto, anche lei era combattuta e la sua furia si infranse rapidamente contro la mia. La mia era più forte perché la desideravo ed ero senza freni. In due passi raggiunsi la porta, la spinsi dentro senza darle la possibilità di dire una parola e la baciai lasciandola senza fiato. Indossava lo stesso vestitino del giorno prima e sotto doveva avere sempre collant e biancheria ordinaria. Solo ai piedi aveva, invece che gli stivaletti, delle ballerine. Con un calcio chiusi la porta alle mie spalle mentre continuavo a baciarla e toccarla. Le strizzai una tetta e la palpai sulle natiche. La resistenza fu breve. Le sbottonai diversi bottoni di quel vestitino e presto le mie mani furono a contatto con la sua pelle. La feci girare e la baciai sul collo da dietro. Le mie mani sul suo seno e poi sotto il reggiseno che le tirai in su liberando quelle tettine morbide ed eccitanti. Strizzai i capezzoli e la morsi su una spalla. Guaì. Poi una mano scese prepotentemente in giù ed un bottone che avevo dimenticato di sbottonare saltò. La mano s’intrufolò tra le sue cosce, gemeva e teneva le cosce strette. Tra collant e mutandine avevo qualche difficoltà, ma tirai in giù e guadagnai spazio. Lei però serrava sempre le cosce. Le tirai qualche pelo del cespuglietto che intuivo, perché non vedevo, che incorniciava la fica e la pizzicai tra le cosce. Muggì e provò a resistere, ma pizzicai più forte. Cedette e si aprì. La toccai sul clitoride, sussultò gemendo e si lasciò andare allargandosi di più. Dopo il morso la baciavo sul collo e sulle spalle con delicatezza ed altrettanto delicata era la mia mano sul seno che titillava amorevolmente i capezzoli ritti e puntuti. La mano sotto la vellicava sul clitoride. Poi le presi tutta la fica in mano e strinsi leggermente, lo feci per due o tre volte, era umida. La penetrai con un dito, era una cascata. Ora non si ribellava più. La presi in braccio e la portai sul divano. Non si ribellava, ma giocava a fare la passiva. Bene pensai, vedremo tra poco, ma intanto la dovetti spogliare senza essere aiutato. Le levai le ballerine, le sfilai collant e mutandine e le strappai il reggiseno. Rimase dentro il vestitino di lana grigio tutto aperto, ma impossibile da levare senza la sua collaborazione a meno di strapparglielo di dosso, cosa che non volevo, né avevo interesse a fare. Io non mi spogliai, mi levai solo le scarpe scalciandole senza slacciarle e mi sdraiai accanto a lei. La feci girare e la baciai e leccai su tutto il corpo. Le leccai i capezzoli, turgidi e duri, le mie mani non stavano ferme l’accarezzavano dovunque. Passiva, ma calda, arrossata e bollente. Poi mi chinai sul suo sesso e la leccai. Dal basso verso l’alto, quando arrivavo al clitoride mi soffermavo e lei vibrava. Ad un certo punto mi mise delicatamente le mani sulla testa. La leccai con vigore e mi soffermai sul clitoride, lo succhiai e lo morsi delicatamente. Venne sussultando, vibrando e gemendo. Guardai in su e la vidi con gli occhi chiusi, beata e sorridente. Mi stesi accanto a lei e lei si abbracciò al mio corpo addormentandosi.

Non durò neanche 10’, poi lei si svegliò e mi disse – sei un bastardo. –
La guardai – e non sai neanche quanto – le risposi.
- Ho tradito mio marito per la prima volta. – Era una constatazione che non mi sembrò che la sconvolgesse poi più di tanto. Infatti mi disse – ma quanto ho goduto, non pensavo potesse essere così bello. E non mi hai ancora neanche penetrata. -
Poi aggiunse sorpresa - cosa intendi dire quando ammetti che sei un bastardo? –
- Lo scoprirai presto – le risposi.
- E cioè? – disse lei.
La presi per i capelli, la tirai in piedi. Protestò, ma cedette. – Non mi resistere le dissi, - mettiti in ginocchio. Stavolta, sia pur lentamente, obbedì. Tirai giù lo zip dei pantaloni ed estrassi il mio cazzo che aveva urgente bisogno di lenimento. Lei era tornata pigra e passiva anche se non si opponeva. La presi per i capelli, le levai gli occhiali che ancora indossava e guardandola negli occhi spinsi il mio cazzo contro le sue labbra. Le socchiuse e la forzai. – Limitati a tenere le labbra socchiuse – le ordinai – e guardami mentre ti fotto in bocca. – Soggiogata, Valentina ubbidì ed io iniziai a fotterla, senza fretta, con calma e metodo. A lungo, ma senza forzarla sbattendoglielo in gola, volevo che pure lei lo apprezzasse. Solo la cappella che entrava ed usciva. Continuavo a guardarla negli occhi e non le permettevo di abbassare i suoi, quando lo faceva la prendevo per il mento e la riposizionavo. – Guardami – le dicevo accarezzandola su una gota. E lei mi guardava, lo sguardo miope un po’ annebbiato, ma fisso sul mio viso e nei mei occhi. Ogni tanto l’accarezzavo sulla gola per aiutarla a prenderlo.
Poi quando vidi che era spossata uscii da lei e le permisi di prendere fiato. Mi spogliai mentre lei si riprendeva. Poi le passai le mani sotto le ascelle e la tirai in piedi. La rimisi stesa sul divano, le allargai le gambe e finalmente mi distesi su di lei e la penetrai. Lei mi prese tutto e mugolò felice di accogliermi. La scopai con ferocia, senza nessuna delicatezza. Valentina apprezzava e godeva, un mugolio sommesso, continuo e crescente. Quando vidi che stava per venire mi fermai e lei continuò a spingere il bacino in su. Ma il mio peso la bloccò e fu costretta a rimanere ferma, solo la sua fica continuava a pulsare. Entro poco sarebbe venuta anche senza il contributo del mio stantuffo. Allora uscii da lei e la girai sulla schiena. Le diedi due sculacciate sul culo che accettò senza dire niente. Poi la presi da dietro, la morsi sulle spalle e le strizzai i capezzoli. Ripresi a fotterla e lei ritornò a godere. Ora continuava a mormorare parole senza senso, diceva che era bellissimo e che sarebbe morta se avessi smesso, mi incitava a fare più in fretta e che voleva durasse per sempre. L’accontentai, si inarcò e la baciai sul collo, le misi una mano sul clitoride e l’accarezzai. Venne stravolta e quando l’inondai quasi piangeva. Mi accasciai su di lei che continuò a sussultare mentre la sua fica continuava a contrarsi in spasmi di piacere ed intanto continuavo ad eiaculare dentro di lei. Fino a quando non mi prosciugò, fino all’ultima goccia.

Mai Valentina aveva goduto così tanto e così intensamente. Suo marito, l’unico che l’aveva scopata fino a quel momento si limitava a penetrarla ed a strofinarsi dentro di lei e per di più lo faceva sempre più raramente. Era entrata in un mondo nuovo. Ma bisognava procedere con cautela, perché Valentina neanche immaginava cosa altro c’era da scoprire. E c’era il rischio che, se l’avesse saputo, ritornasse nel suo guscio e si ritraesse spaventata. Mi spiegò quali erano i suoi orari di lavoro, aveva quasi tutti i pomeriggi liberi ed iniziai ad impartirgli i primi ordini che nella sua mente passarono come miei desideri. Le dissi che l’indomani alle 14,30 ci saremmo visti al centro commerciale, desideravo che si vestisse in modo più elegante. Per lei non volevo un look da troia, non era il tipo, ma neanche che vestisse in modo sciatto. Un look serio, da signora pudica e morigerata quale era, ma allo stesso tempo provocante e in qualche modo civettuolo. – E cosa penserà mio marito? Chiese. Le risposi che la sua trasformazione sarebbe stata lenta e graduale, che inizialmente neanche se ne sarebbe accorto… e che poi sarebbe stato contento. –

Per chi mi vuole scrivere in privato: Koss99@hotmail.it
Qui pubblico solo anteprime. I miei racconti completi sono pubblicati su:
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