E così sia mia

Scritto da , il 2018-01-11, genere pulp

Introduzione :

Viaggiavo verso Roma, stavo tornando al mio piccolo Mondo sicuro, tra i miei allievi al seminario, tenuto lontano dai richiami peccaminosi ai quali soltanto una volta, ma fatale,non seppi resistere. Su quel treno faticavo mentre lottavo strenuamente per tenere a bada i morsi della coscienza e al contempo allontanare, il timore del giudizio di Dio del quale non avrei mai meritato il perdono, poiché non mi sarei mai sinceramente pentito di ciò che avevo fatto.

Emilia-Romagna, Agosto 1941

"Che ci faccio qui,proprio non lo so"- Ecco cosa sussurrava tra sé e sé Padre Alessandro,mordendosi la lingua per il nervosismo; faceva così ogni volta che doveva darsi un contegno per salutare un paesano o il Sindaco che era più che loquace ogni volta che lo incontrava. Si trovava lì, tra quei campagnoli un po' rozzi ma assai gioviali, perché doveva un favore ad un suo padre superiore che, originario dei dintorni, aveva saputo grazie ad una missiva della sorella, della malattia dell'anziano prete della parrocchia di paese. Alessandro sapeva che quello era l'ultimo piccolo sacrificio da fare, prima di iniziare la sua scalata nel clero romano, aveva 36 anni ormai: era giunto il tempo di dare seguito alle sue ambizioni. Egli però non aveva immaginato che là, tra quelle campagne paludose e assolate, la sua natura virile sarebbe venuta fuori prepotentemente, portandolo ben lontano dalla strada di rettitudine che aveva deciso di intraprendere quando era un giovanissimo uomo.

Era domenica, aveva appena finito di officiare la Messa,quando la vide per la prima volta, nella piazza di fronte al sagrato, la vide mentre rincorreva un bambino che rideva a crepapelle insieme a lei. Ebbe una folgorazione atroce. I capelli neri di lei, la sua pelle ambrata e il principio delle sue cosce tornite, lasciate scoperte dai lembi del vestito che si sollevavano ad ogni passo. Maria. Ella era la giovane figlia diciottenne di un allevatore che, rimasto vedevo una decina di anni fa, aveva cresciuto i suoi due figli da soli. Maria aveva due pozzi neri come occhi, la forma richiamava terre lontane, il suo sorriso timido sapeva accendere profonda tenerezza mentre la pienezza della sua bocca suscitava intime fantasie. Era possibile intuire le forme di lei, seguendo con attenzione la sua figura. Ella aveva seni generosi , una vita elegante e due fianchi assai materni, ampi e accoglienti. I modi della giovane erano schietti ma molto pudichi ed Alessandro sapeva di incuterle un certo timore referenziale, poiché ogni volta che lo vedeva abbassava lo sguardo. Ogni notte da quando l'aveva conosciuta, contrariamente a quello che un uomo timorato di Dio e soprattutto un prete avrebbe dovuto fare, incominciò a manomettersi. Si masturbava furiosamente, mentre immaginava di toccarla e di sentire la voce di lei perdersi tra i sospiri. Egli combatté a lungo contro la perdizione, ma ormai era condannato: doveva averla. Le avrebbe detto che l'amava, che avrebbe rinunciato a tutto per lei se solo lo avesse seguito, le avrebbe dato ogni cosa. Il pensiero del rifiuto non attraversava la mente dell'uomo, ormai abbacinato; aveva ponderato ogni cosa : in qualche modo, con l'inganno avrebbe convinto Maria a seguirlo nella sua casa o ad andare da lui e lì le avrebbe detto tutto. Così fece. Un pomeriggio di fine agosto, Maria si recò dal sacerdote che alloggiava ai confini del paese, portando con sé una bottiglia di latte e delle uova fresche, bussò e con la solita educazione gli si rivolse : "Padre, ecco a voi il cesto con il latte e delle uova da parte del mio babbo."
Alessandro le disse di poggiare il tutto sul tavolo e la ragazza ubbidì. Ella voltò le spalle e lui ebbe modo di chiudere dietro di lei la porta a chiave intrappolandola. "PADRE, COSA FATE?APRITE,VOGLIO ANDARE A CASA!" - Alessandro ribatté, prendendole il viso tra le mani: "Tu non puoi capire, io ti amo Maria e ti desidero per me solo, scappa con me e ti darò tutto ciò che vuoi, insieme saremo felici, ti prometto." - Ella, inorridita si allontanò, cominciò a piangere e ad urlare: Io non vi amo, il mio cuore appartiene ad un altro e voi siete un sacerdote, offendete il Signore, se mi lasciate andare dimenticherò." Alessandro accecato dalla gelosia, la prese in braccio, era forte e nonostante le si dimenasse, seppe dominarla. L'uomo la gettò sul tavolo e la schiaffeggiò con decisione, così che ella si calmasse: aveva deciso di prenderla con la forza. Le stracciò il vestito e per un attimo la osservò beandosi di lei. Le bloccò i polsi sopra la testa con una mano, mentre con l'altra, tirava fuori i seni di lei dal reggiseno. Maria ormai era immobile ed inerme e lui ne approfittò per baciarle la bocca e per carezzarle i capezzoli, che di lì a poco avrebbe leccato, succhiato e morso con decisione e a lungo così da segnarla. Si slacciò i pantaloni e calandosi le braghe, scoprì la sua erezione. L'asta tesa del suo pene culminava nel glande che appariva lucido e fiammeggiante, gli doleva lo scroto : il suo corpo richiamava l'ultimo atto. Egli ridusse in brandelli le mutandine di lei, le sollevò i fianchi e la penetrò con dolore. Alessandro usciva e entrava da lei, riempiendola con movimenti ampi e veloci, la penetrava a fondo torturandola, portando se stesso al culmine della soddisfazione e ad un passo dal precipizio. Alla fine, il suo latte sgorgò a fiotti nelle mucose di lei e lui fieramente sperava che ciò avrebbe dato il frutto del suo amore malato legando il suo a destino a quella di lei. Maria svenne. Si riprese poco dopo mentre lui la osservava da un angolo della stanza aspettando il momento propizio per possederla di nuovo. La ragazza si lasciò rotolare sul pavimento tentando di giungere alla porta della piccola casa, ma ad un passo dall'uscio ecco ritornare l'uomo alla carica. In quella posizione, carponi, si mise dietro di lei e tirandole indietro la testa, facendole inarcare la schiena, la sodomizzò per umiliarla e per stabilire il suo potere su di lei.


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