Puoi fare di meglio?

Scritto da , il 2017-09-15, genere incesti

Era un caldo pomeriggio di giugno. Dalla cucina sentii mio figlio, Luca, infilarsi sotto la doccia e decisi di approfittarne per rassettare la sua stanza. Mentre sbattevo le lenzuola sentii un sibilo provenire dal suo cellulare che era sul comodino affianco al letto. Riconobbi una notifica Whatsapp e mi chinai curiosa a leggere: “Sonia ti ha inviato una immagine”. Toccai lo schermo con fare furtivo e il cellulare mi chiese di sbloccarlo con un segno di quelli che si fanno muovendo il dito sullo schermo. Mi ricordai che mio figlio faceva una specie di X e provai. Funzionò. Non feci in tempo a compiacermi per esserci riuscita che sullo schermo apparve una ragazza a seno nudo accompagnata dal commento: “puoi fare di meglio?”
Che fosse uno scherzo? Chi era Sonia? Era forse un autoscatto? Che combinava Luca? Così ruppi gli indugi, presi in mano il cellulare e scorsi la chat verso l’alto. La foto precedente l’aveva mandata lui a lei, un selfie scattato in bagno a petto nudo e con le mutande abbassate quasi al limite di scoprire il sesso. E anche lui aveva scritto: Puoi fare di meglio?
Posai il cellulare sconvolta, poi lo ripresi in mano e, un po’ preda del panico, lo bloccai per non fargli capire che avevo visto … Mi rimisi a sistemare il letto, ma ci ripensai. Ero arrabbiata. Sia nella foto della ragazza che in quella di mio figlio erano visibili i volti. Se finite in mani sbagliate quelle foto avrebbero potuto fargli molto male. Così sbloccai di nuovo lo schermo e ripresi a scorrere la chat ma fui spaventata dal richiamo di mio figlio “Che fai ma’?”. Con l’asciugamano avvolto in vita e a torso nudo aveva uno sguardo volutamente severo. Calma, girai lo schermo verso di lui “sono foto da scambiarsi queste? Che combini” Rispose tenendo il punto: “ti metti a spiare nel mio cellulare ora?”. Era sempre stato un ragazzo dal carattere forte, difficile metterlo nell’angolo. “Non stavo spiando. Ho visto arrivare la foto mentre sistemavo il letto”. Ci pensò un attimo poi ribattè: “e si è sbloccato da solo? E da sola si è aperta la chat di Whatsapp?”.
Avevo fatto mille duelli con lui come quello, sapevo come affrontarli: “Poi parleremo di questo, ti ho fatto una domanda: che razza di foto vi scambiate?” Funzionò, ebbe un piccolo cedimento. Lo capii in anticipo sulle parole perché si schiodò dallo stipite della porta e si avvicinò alla cassettiera dandomi le spalle. Quando doveva trovare argomenti mi nascondeva sempre il volto, sperando di mascherare la sua insincerità. “Ma niente, è un gioco. Solo uno stupido gioco”.
Mentre parlava di spalle avevo scorso velocemente la chat verso l’alto e le foto precedenti erano tutte più innocenti. “Luca, tu sei un ragazzo e questa società maschilista ha un occhio di riguardo per i ragazzi. Ma lei è una donna. Se quelle foto finiscono in mani sbagliate, la segnano …” Sempre dandomi le spalle prese dal cassetto degli slip e se li infilò da sotto l’asciugamano mentre mi rassicurava “Non ti preoccupare, è un gioco tra noi due soli. Poi lo fanno in tanti … e io me le tengo per me. E’ solo un gioco, davvero.”
Si tolse l’asciugamano mostrandomi per un attimo un sedere liscio e muscoloso, perfetta appendice di una schiena da atleta quale era. Si aggiustò gli slip e si voltò. “Si comincia con un semplice innocente selfie del volto e si scrive “puoi fare di meglio?” mandandolo a più ragazze che puoi. Se qualcuna risponde, lo deve fare con qualcosa di appena più … provocante. Che so? Una inquadratura che prenda oltre il viso anche il petto pure se coperto. Ci mette la stessa frase. A quel punto devi rispondere con qualcosa di appena più osè e via dicendo. Prima o poi uno si arrende, non se la sente di mandare in giro foto troppo nudo e smette di rispondere, così l’altro vince. Un gioco.”
“E che c’è di divertente? Con quante lo fai?” Mentre si infilava una camicia rispose “E’ la moda del momento, lo fanno tutti. Ho provato pure io, ieri. Solo lei mi ha risposto, ci siamo scambiati non più di tre o quattro scatti, è la sorella di Gianna, la cameriera del bar. Che foto ha mandato ora?”
“Le tette di fuori” risposi severa. “No! Fai vedere!” e con un balzo mi strappò il cellulare per vedere. “Che maialina … piccoline ma belle le tette!”
Adesso che fai? Rispondi? Lui fu sorpreso. Non ci aveva pensato. Mi sorrise “Gli manderò a foto del mio gingillo!” “Scherzo!” disse vedendo che mi stavo arrabbiando. “Sarà meglio che ti arrendi. A parte la foto che gli dovresti mandare tu, lei ti ha già mostrato il seno. Non costringerla a fare di più. Se ne pentirebbe prima o poi” dissi perentoria.
Lui mi fece l’occhiolino “Arrendermi? Mai!” e si infilò i pantaloni. “E’ maggiorenne e vaccinata. Che dichiari la resa”. Feci il giro del letto e mi avvicinai. “Non ho ben capito che foto ti faresti per rispondere al suo seno nudo. Già le hai mandato uno scatto di te in mutande. Ora? Senza? Senti Luca …” avevo cominciato ad alzare il ditino con fare marziale. Mi interruppe: “Mamma, è un gio-co. Ho vent’anni e mi diverto. Ai tuoi tempi vi divertivate in altro modo. Ora ci stuzzichiamo così. Tranquilla, il mio gingillo non glielo faccio vedere. Ancora!” Si infilò le scarpe e corse via.
Il resto della giornata fui distratta da mille incombenze e non ci pensai più finché non tornò a casa dopopranzo. Era molto sudato e si fece un’altra doccia. Io tornai a preoccuparmi della cosa e andai in cerca del suo cellulare. Lo trovai e aprii whatsapp. Luca non aveva più risposto. Mi tranquillizzai. Non ne avrei parlato neanche col padre, al suo ritorno, come inizialmente avevo deciso.
Mentre prendevo il caffè Luca uscì dal bagno e venne in cucina col solito asciugamano in vita e scalzo. Mi passò il suo cellulare e mi disse: “Rispondiamo a Sonia!”. Io trasalii. “Allora non mi dai retta! Non hai capito che voglio che la pianti con questo gioco” Lui si chinò su di me e mi disse entusiasta: “Ma, ho avuto una idea per una risposta simpatica che chiuderà la questione senza rischi ulteriori” Quando era entusiasta di una sua idea, come in quel momento, era impossibile non restare ammaliati dal suo modo di fare. “Sentiamo questa idea”. Me la raccontò eccitatissimo. Provai a contrastarla ma non ci fu verso e quella idea richiedeva pure una mia collaborazione. Dopo un breve confronto, la vinse. Mi diede un pennarello, si posizionò in piedi davanti a me che ero seduta al tavolo della cucina. Dandomi le spalle abbassò l’asciugamano scoprendo le natiche davvero scultoree, perfette. Fui raggiunta dall’odore del bagno schiuma e della sua pelle, combinazione meravigliosa. Avvicinai il pennarello al suo sedere, e come concordato scrissi “SO” sulla natica sinistra e “NIA” su quella destra. Lui mi allungò il cellulare, alzò l’asciugamano a coprire metà sedere lasciando scoperta la scritta mentre torceva il collo a mostrare il viso ed io, alzandomi e allontanandomi un po’ scattai un paio di foto. Fu contento del risultato e ne inviò una con la solita scritta “Puoi fare di meglio?”
“Non potrà rispondere, ho vinto, vedrai” Era tutto contento e fece per andarsene. “E la scritta te la lasci? Guarda che sporchi di inchiostro gli slip bianchi” Tornò con dell’alcool e ovatta. Si rimise davanti a me denudandosi le terga. Di nuovo quel suo sedere bellissimo a pochi centimetri da me. Niente a che vedere con quello del padre, appesantito dall’obesità e villoso. Quello di Luca era perfetto. E di nuovo quell’odore di pulito. “Beh?” mi sollecitò lui risvegliandomi da quelle sensazioni lievemente pruriginose. Bagnai l’ovatta e cominciai a pulire quel ben di Dio, che ad ogni colpo veniva percorso da una meravigliosa onda d’urto. Quando finii non resistetti e stampai un dolce bacetto su quel sedere nudo. Lui mi ringraziò e se ne andò senza voltarsi. Rimasi seduta, interdetta, sorpresa, non sapevo esattamente da cosa. Dal piacere che avevo provato nel toccare il suo sedere o forse dalla sua camminata innaturale mentre andava via. Una mano a tenere l’asciugamano davanti. Troppo stretta. Mi sfiorò il pensiero che la sua fuga celasse una erezione. Mi ripresi forse per un meccanismo di autodifesa preoccupandomi del lavoro che mi restava per preparare la cena. Cercai di evitare il pensiero e ci riuscii fino a quando mio marito non spense il lume per la notte. Nel buio ripensai al pomeriggio e tornarono immagini, odori e sensazioni. Mi ci addormentai.
Un paio di giorni dopo, mentre ero al supermercato, ricevetti un sms di Luca. “Mi ha risposto!” Ecco, non so descrivere in quell’attimo cosa mi successe. Restai immobile per 4 o 5 minuti forse. Diversi sentimenti invasero la mia mente: curiosità, preoccupazione, incredulità ma anche gelosia. Si, gelosia. E questa gelosia e il fatto che la riconoscevo mi tenevano li, ferma, in piedi, paralizzata. Perché ero gelosa? Può una madre essere gelosa del figlio? Si, lo sono tutte le madri, ma per motivi diversi da quelli che io non mi volevo confessare da sola. Cercai insistentemente di uscire da quell’angolo in cui la mia mente mi teneva prigioniera. Un messaggio dell’altoparlante che annunciava l’apertura di una nuova cassa mi aiutò.
A casa attesi impaziente il ritorno di Luca. Trattai male anche mio marito che si rifugiò alla tv. Io attesi mio figlio nella sua camera. Arrivò dopo una mezzoretta. “Che fai qui mà?” “Volevo vedere cosa ti ha risposto” “ah già!” e sorrise. Si sedette sul letto accanto a me e aprì whatsapp. Apparve la foto del volto in primo piano di Sonia con una espressione fintamente triste che teneva un cartello con scritto “Hai vinto”.
Mi sentii sollevata, ma non come una madre preoccupata del destino di una ragazza. Ero sconvolta dal fatto che il mio essere sollevata si doveva a che mio figlio non avrebbe visto altre nudità di quella ragazza e non ne avrebbe mostrato altre di sue. Una sensazione ingiustificabile e strana. Luca mi guardò come a cercare di indovinare i miei pensieri. Io sorrisi, gli diedi un bacio sulla guancia e me ne tornai in sala da mio marito, quasi a cercare una sponda sicura, un porto amico. Avevo alcuni pensieri da tener lontani.
Ci riuscivo di giorno, ma non di notte. A letto era un turbinio di sensazioni e pensieri che evitavo di fissare o approfondire cercando di fissarmi su cose diverse. Ero confusa. Una notte, alle 4, con mio marito che russava affianco a me, feci la pazzia. Mi scattai un selfie, un primo piano di me con la testa sul cuscino e la inviai a mio figlio. “Puoi fare di meglio?” scrissi sotto. Pensai subito che avevo commesso un imperdonabile errore e che avrei rimediato fingendo trattarsi di ironia o di uno scherzo. Poggiai il telefono sul comodino e provai a dormire. Quando sentii il suono delle notifiche di whatsapp scattai come una molla. Presi il telefono e corsi in bagno. Mi chiusi a chiave e cercai di calmarmi respirando profondamente. Quando recuperai coraggio, mi sedetti sul water e aprii la chat. Mi apparve il volto di Luca al buio. Aveva allungato il braccio abbastanza da riprendere anche un suo capezzolo. Era a torso nudo ed aveva rispettato perfettamente la regola di rilanciare con una immagine più ardita. “Puoi fare di meglio?”
Ne fui sconvolta. Cominciai a fare su e giù in bagno e a chiedermi che cosa mi succedesse. Mi diedi della cretina anche per essere corsa in bagno. Luca doveva avermi sentito e aver capito che mi aveva colpita e affondata. Spensi la luce e tornai a letto. Non chiusi occhio ma non feci altri errori.
Per tre giorni non accadde nulla. Poi un SMS. “Per arrenderti devi scriverlo su Whatsapp”. Una mazzata. Tornai al mio pensiero unico. Dopo un’ora di indecisione pensai di scrivere il messaggio di resa. Mi chiusi in bagno (c’era mia suocera in giro per casa) e restai imbambolata per molti minuiti Mi guardai allo specchio e pensai a che risposta avrei potuto dare se, follemente, non mi fossi arresa. Mi dissi “vediamo che foto potresti farti, poi non le mandi, solo per vedere”. Indossavo una t-shirt girocollo, la tolsi. Sotto avevo una sottoveste e il reggiseno. Strinsi un po’ le braccia per sollevarlo e ingrandirlo un po’, ma non mi piacevano le bretelle bianche del capo intimo. Lo tolsi e restai in sottoveste. Il mio seno libero in fondo era sexy. Feci una decina di scatti e li riguardai. Uno era particolarmente “caldo”. Avevo una espressione maliziosa e lo scatto era un po’ diagonale. Il seno destro gonfiava la sottoveste grigia fino al capezzolo ben evidente. Uno scatto molto sexy. Non potevo certo mandarlo. Mi rivestii e uscii dal bagno. Incrociai mio marito e mia suocera che parlavano dell’estate. Odiavo l’invadenza di lei. O forse era solo una scusa. In cucina aprii whatsapp, caricai la foto, scrissi “Puoi dare di meglio?” e la inviai. Poi spensi il cellulare. Come se questo fatto potesse annullare le conseguenze del mio gesto.
Il giorno dopo, quando fui sola in casa lo riaccesi, ma non trovai messaggi di Luca. Provai al contempo una profonda delusione e un grande sollievo. Ero decisamente instabile. Pensai che forse dovevo vedere un analista. Cominciai a cercare su internet un professionista, ma senza molta convinzione, quando Luca rispose. Era una foto pazzesca. Aveva scattato dall’alto, il volto nell’obiettivo, a fuoco, il corpo nudo sotto, sfuocato. Ma era nudo, si capiva. Aveva una espressione rassicurante, quella che mi serviva per quel gioco. La frase sotto era la solita. Provai a fare anche io una foto del genere, ma non riuscivo a mettere fuori fuoco il mio seno. Volevo replicare l’effetto che aveva usato lui ma non ci riuscivo. Dopo qualche ricerca su Internet capii che aveva usato un programma d fotoritocco. Lo scaricai ma non fui capace di usarlo. Tra gli esempi del tutorial di quella applicazione ce ne era uno che mi diede l’idea. Posizionai il telefono impostato con l’autoscatto sul comodino. Mi sedetti nuda dall’altra parte del letto col volto rivolto a sinistra per essere riconoscibile. Si vedeva la parte alta del solco tra le natiche e a sinistra, una parte del seno. Riuscii a salvarla in bianco e nero. Era uno scatto quasi artistico. Lo inviai con la canonica scritta. Il gioco era un rilancio continuo ma non avevo più così tanta paura di giocare. Quando ci incontravamo per casa facevamo finta di nulla, anche se io sicuramente tradivo l’emozione. Lui no, era il Luca di sempre. Affettuoso, scanzonato. Mi abbracciava e stringeva come al solito senza rendersi conto che in me le reazioni non erano le solite.
Mi resi conto che da quando avevamo cominciato questo gioco, praticamente mio marito aveva cessato di esistere per me. Mi sentivo in colpa per questo. Così gli chiesi di portarmi a cena fuori, cosa che gli fece molto piacere. Per un po’ non pensai neanche al cellulare. Fu una cena divertente, nel locale si esibiva una compagnia amatoriale che simulava un giallo. Ad un certo punto mi recai in bagno per un bisogno e fu li che mi accorsi di avere una notifica. Mi sentii mancare quando vidi Luca di spalle, completamente nudo con la scritta TUO su entrambe le natiche. Una ondata di calore mi attraversò, mi chiusi in uno dei gabinetti e guardai ogni dettaglio della foto. Era bellissimo. La cosa più sexy che avessi mai visto. Mi tornarono alla mente il suo odore e la sua pelle sotto le mie dita. Non resistetti. Mi toccai selvaggiamente, durai pochi secondi poi un orgasmo violento. Mi ripresi e tornai al tavolo. Fu li che mi venne in mente che non poteva essersi scritto quelle cose da solo. Doveva averlo aiutato qualcuno. Mi salì una rabbia terribile. Divenni incauta tanta era la collera. Mentre mio marito mi chiedeva a chi scrivessi risposi a Luca “E chi ti ha scritto quelle cose? Chi ti ha aiutato? Questo gioco lo hai rovinato! Buon proseguimento!”. Poi guardai il compagno della mia cena e gli dissi: “a tuo figlio”. Se mi avesse chiesto cosa gli scrivevo non avevo una risposta pronta. Invece mi aiutò dicendomi “non lo assillare, ha vent’anni, lascialo vivere”.
Tornai a casa che la rabbia non mi era passata affatto. Mio marito si fiondò a dormire e in pochi minuti prese a russare. Io mi lobotomizzai alla tv saltando da un canale all’altro. Alle due di notte sentii le chiavi nella porta, Luca entrò, mi guardò e capì che ero furiosa. “Che storia è mà?” Mi alzai e trattenendo a stento la voce gli dissi cattivissima “pensavo fosse un gioco tra noi, chi partecipa invece? È Sonia?” e gli diedi una spinta. Ero totalmente andata. Lui non poteva crederci “ma che problema hai mà?” Restai in silenzio qualche secondo. Già, che problema avevo? “Nessuno” e gli voltai le spalle guardando la tv. Lui si mise in mezzo “Sei gelosa? Sei gelosa mà?” Non risposi. Ero troppo agitata. “Non mi ha aiutato nessuno mà. Non ho quelle scritte sul culo, ce le ho messe con un programma di fotoritocco” “Bugiardo!” e lo scansai. Lui si sfilò la camicia e cercò di abbassarsi i pantaloni per farmi vedere che non aveva scritte, ma erano stretti. Quindi si voltò, si slacciò la cintura e con un movimento veloce abbassò alle caviglie pantaloni e slip.
Aveva il solito sedere meraviglioso e senza nessuna scritta. Tutta la rabbia svanì, e fui avvolta da un desiderio e da un calore mai provato prima. Lo sfiorai con le dita, e continuai a farlo inebetita. Era la cosa più bella che avessi mai toccato. Ero in piedi in salotto che toccavo i glutei di mio figlio mentre mio marito dormiva a pochi metri di distanza. Ma in quel momento niente altro esisteva. Solo io e il corpo di Luca. Dopo qualche attimo mi chinai e poggiai le labbra su quelle natiche. Le riempii di teneri baci mentre continuavo ad accarezzarle, totalmente perduta. Ad un certo punto lui fece un mezzo passo avanti. Sembrò volersi allontanare. Invece si voltò e apparve il suo sesso in erezione. Cominciai a baciare anche quello, poi i baci divennero più intensi, poi furono morsi e colpi di lingua. Alla fine lo feci entrare tutto nella mia bocca. Durò pochi secondi. “Vengo mà”, lo presi in mano e me lo misi sotto il mento. Venne subito. Io ero venuta già un paio di volte nel frattempo. Scappò via e io mi ritrovai a piangere da sola, confusa e piena di desiderio. Non potevo davvero fare di più.

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