Riviera story

Scritto da , il 2017-07-14, genere gay

Era l'estate dell’ultimo anno di liceo ed ero così eccitato, il mio amico Gene ed io finalmente avevamo risparmiato abbastanza da permetterci un biglietto di autobus per la Riviera. Era il nostro primo viaggio da soli ed eravamo quasi presi da vertigini.
Paolo, il fratello di Gene, si era trasferito lì appena laureato a vivere una vita da playboy. Aveva trovato un appartamento ed un lavoro come addetto alla clientela in uno degli alberghi più costosi. La sua vita sembrava una continua festa di sesso e baldoria.
Il viaggio di autobus passò in un volo anche se fu di parecchie ore. Quando il bus finalmente si fermò all’autostazione scendemmo subito.
L'aria umida e calda di mezza estate ci avvolse non appena uscimmo dalla porta. Non ce ne preoccupammo, eravamo in Riviera e stavamo per avere una vita da playboy. Paolo ci aveva detto che avremmo potuto trovare strani lavori e noi avevamo progettato di restare tutta l'estate prima di ritornare a casa per la scuola.
Paolo ci stava aspettando abbronzatissimo, un enorme sorriso bianco e jeans corti e larghi pendevano dalla sua vita. Era su una vecchia Ford convertibile arrugginita, a noi sembrò una Rolls Royce.
"Benvenuti bambini, fa un po’ caldo oggi." Paolo ci sorrise, i suoi denti bianchi contrastavano con l’abbronzatura. "Gettate dentro la vostra roba e salite, il mio appartamento è solo a 15 minuti da qui." Diede un grande abbraccio a Gene e mi diede una manata sulla schiena.
La brezza mi sembrava piacevole mentre andavamo, Gene ed io ci eravamo sbottonate le camicie e le lasciavamo svolazzare nel vento che sibilava tra i nostri capelli ed il profumo dei fiori riempiva l'aria. Era paradiso e noi ci eravamo in mezzo.
Scendemmo per una strada laterale e parcheggiammo vicino ad alcuni palazzi. Tra le palme si poteva vedere il blu scintillante della baia che ci dava il benvenuto.
"Questa è la casa, ragazzi." disse Paolo accompagnadoci, su per una scala di legno, al primo piano.
La vernice bianca era scrostata e tutto l'edificio avrebbe avuto bisogno di una verniciatura, ma era una casa. Arrivò alla porta del suo appartamento che tenne aperta mentre noi combattevamo per attraversarla con le nostre borse.
"Joe deve essere in cucina, sento odore di cibo. Joe, ehi Joe, vieni a conoscere mio fratello ed il suo amico."
Paolo si girò verso Gene: "Ho conosciuto Joe all'albergo, anche lui è un ragazzo addetto ai clienti così abbiamo deciso di dormire insieme. Lui è anche un grande cuoco."
L'appartamento era pieno di un delizioso profumo di qualche cosa che cuoceva. Joe uscì dalla cucina asciugandosi le mani in un asciugamano.
"Ciao ragazzi, io sono Joe" ed allungò una mano.
"Ciao Joe, io sono Gene e questo è il mio amico Marco. Vi ringraziamo per averci permesso di stare con voi per un po’."
"Ehi, nessun problema"
Joe indossava solo jeans tagliati ed era abbronzato come Paolo. Ruscelli di sudore rotolavano sul suo corpo magro. Era piccolo e magro con una bel corpo da nuotatore.
"Toglietevi quei vestiti da nordisti e mettetevi in qualcosa di più tropicale come stare nudi." Io diedi a Gene un sguardo nervoso. Joe cominciò a ridere "Vi sto prendendo in giro, jeans corti andranno benissimo."
"Potete usare la mia stanza", disse Paolo indicando una porta: "io dormirò sul pavimento nella stanza di Joe finché non si stancherà di vedermi fottere ogni sera qualche ‘dolcezza’." Joe rise sapendo molto bene che probabilmente avrebbe potuto accadere.
Gene ed io gettammo le nostre borse nella camera da letto e rapidamente ci mettemmo gli shorts, fu bello uscire dai vestiti che portavamo in autobus.
Conoscevo Gene fin dalle elementari e l'avevo visto superare la pubertà un po’ più tardi del resto dei ragazzi. Non l’avevo visto molte volte nudo e gli diedi una sbirciatina mentre si spogliava. Aveva ancora l’aspetto della pubertà, corpo sottile e pochi peli. Quando tentai di dare un'occhiata al suo uccello lui si girò per tirarsi su i boxer puliti. Io mi cambiai rapidamente e ritornammo in cucina.
"Cosa cazzo avete sotto gli shortsi? Quella è biancheria intima per signore? Solamente i bambini portano mutande. Voi non siete bambini, vero?" Paolo afferrò l'elastico dei boxer di Gene.
Io non ne portavo ma ritornai nella stanza con lui per permettergli di cambiarsi; lui si liberò delle mutande in fretta. Io questa volta diedi una rapida occhiata al suo cazzo e la mia faccia arrossì.
"Ok, prima andiamo a prendere una bottiglia di rum e della roba per cenare."
"Di quanto hai bisogno?" Io stavo prendendo i soldi nella mia tasca. Un drink di rum stava ballando il tango nella mia testa.
"Dieci a testa dovrebbe bastare. Stasera fai la tua famosa pasta Joe?" disse Paolo prendendo i soldi.
"Ok ma cucineremo presto, avrò una notte calda." Joe prese i soldi e si diresse al negozio.
"Andiamo, vi presenterò ad alcuni dei miei vicini di casa." Paolo ci condusse fuori sulla passerella esterna.
"Ehi Alba, troia, ci sei?"
"Sai come aprire la porta, cazzone." disse ridendo una voce fanciullesca.
"Questi ragazzi sono miei ospiti. Questo è Gene mio fratello ed il suo amico Marco. Hanno dei grossi cazzi per cui voi ragazze dovrete prenderne cura mentre sono qui, ok?" Gene rise arrossendo, io fissavo il pavimento troppo imbarazzato per guardare. Se mai fossimo riusciti ad uscire con queste ragazze, avrebbero scoperto che il nostro uccello non era enorme, dei normali uccelli della misura di ragazzi di liceo.
Alba era bella, capelli rossi lunghi fino alle spalle, bel corpo abbronzato con indosso solamente un top ed un paio di shorts a nasconderlo.
"Siete dei bei ragazzi, non lasciatevi mettere sotto da quel fottuto fratello. Se vi fa qualche cosa venite a dirmelo. Ci penserò io!" i suoi denti brillavano circondati da guance lentigginose.
Paolo ripeté la scena su e giù per il palazzo. Tutte le ragazze erano veramente amichevoli. Capii che ci saremmo divertiti.
Joe ritornò dal negozio e mescolò rapidamente rum e succo d’arancia per tutti noi, lo fece piuttosto forte, il primo sorso mi fece fremere.
"Cosa? troppo forte? Vi farà venire i peli sulle palle." Joe alzò il bicchiere: "Alla figa!"
Gene ed io ci affrettammo a far tintinnare i nostri bicchieri col suo. Io ero sicuro che questi ragazzi ci avrebbero aiutati. Ci prendemmo tutti un altro sorso più liscio.
Joe preparò rapidamente un po' di deliziosa pasta con le vongole. Noi ci buttammo sopra, era il primo cibo da quando eravamo scesi dall'autobus.
“Stasera potete rimanere qui ragazzi. Potete riposarvi e anche fare un giro alla baia se volete. Joe sta per uscire per qualche eccitante incontro." Paolo indicò Joe con un dito rise. Joe indicò lui.
Mi piaceva veramente Joe, ci trattava come vecchi amici e c'era qualche cosa nella sua risata che mi faceva sentire bene. Aveva capelli ricci scuri e lunghi, occhi marroni e profondi, era loquace e ci chiedeva della scuola, delle ragazze, della famiglia.... Mi faceva sentire suo amico.
Si lavò e si spruzzò del deodorante, si cambiò la camicia ma tenne gli stessi shorts.
Paolo, Gene ed io rimanemmo a casa, mi piaceva l'aria che odorava di fiori e l'esperienza impetuosa di essere un playboy era troppo bella. Dopo un paio di rum e succo d’arancia cominciammo a ridere come sciocchi.
Scendemmo alla baia, Gene sorrise e disse: "Crederesti di essere qui?" sventolando la mano verso il panorama.
Poi ritornammo all'appartamento, Paolo se n’era andato e noi gironzolammo bevendo dell’altro rum. Dopo circa un'ora Paolo si presentò con una borsa piena di birra che disse gli era stata regalata da una delle ragazze per i "bambini."
Gene e Paolo cominciarono a parlare di filosofia e parlammo dei problemi del mondo. Poco dopo mezzanotte Gene disse che era stanco e si scusò: "Penso che andrò a letto."
Io rimasi seduto sul portico a godermi la calda aria, la mia testa ronzava, eravamo da soli.
Per andare in bagno si doveva passare per la stanza di Joe. Io dovevo liberarmi di un po' della birra che avevo bevuto. Guardai nella sua camera da letto e vidi che Paolo era sdraiato sulla schiena nudo appoggiato al piumone. Il suo cazzo sembrava grosso visto dalla porta. Vederlo nudo mi ricordò come mi era sembrato bello quando ci era venuto a prendere al bus. La bella sensazione che provavo non mi sorprese. Non avevo avuto paura a dire ad un bel ragazzo a scuola che aveva veramente un bell’aspetto. Mi sembrava naturale provare piacere quando vedevo dei ragazzi graziosi.
Ero ritornato a godermi la brezza quando sentii Joe che ritornava dall’appuntamento e capii che era incazzato. Appena entrato cominciò a lamentarsi della ragazza.
"E’ una cagna. Dio come l'odio. Siamo stati fuori tutta la sera e mi sono venute le palle blu. Ho tentato per tutta la sera di chiavarla e lei non cedeva. Cazzo!"
Joe era incazzato ed apparentemente addolorato, afferrò una birra e la sbattè sul pavimento.
"Ero così arrapato e lei mi ha stuzzicato per tutta la sera. Pensavo che me l’avrebbe data. Dannazione! Le donne come lei sono pericolose per gli uomini. Lei è un danno permanente per me" e si strofinava delicatamente l’inguine.
Io gli ero vicino, capivo che soffriva.
Poi fece una cosa che mi sorprese, aprì il bottone degli shorts e la cerniera mettendo in mostra uccello e palle.
"Dagli un sguardo, sembrano blu non è vero?" si lamentò tenendosi il cazzo, io diedi una rapida occhiata: "uh, sì, direi di sì." Fui sorpreso, Joe mi piaceva e non avevo problemi che mi mostrasse le sue palle blu. Sentii che dovevo aiutarlo, pensai che era quello che doveva fare un amico.
"Guarda queste palle, sono blu!" Joe stava ancora protestando: "Dai uno sguardo. Sembrano blu non è vero?" Joe sventolò un dito per chiedermi di avvicinarmi.
Mi avvicinai, lui stava seduto sul pavimento, e mi inginocchiai. "Joe, queste palle sono veramente blu", non erano proprio blu ma pensai di doverlo assecondare.
"Dio, come mi fanno male. Quella cagna, tutto quello che ha fatto è stato stuzzicarmi per tutta la sera."
Joe aveva un pene lungo come un serpente appoggiato lateralmente sull’inguine.
Ero in trance davanti al suo cazzo che sembrava avere un potere su di me. Improvvisamente cominciai a muovermi verso di lui come telecomandato. C'era una grande spinta che mi guidava a fare qualche cosa. Io non sapevo cosa stavo per fare ma io continuai a muovermi verso di lui.
Allungai le mani e strofinai leggermente le sue palle, pensavo che ogni buon amico avrebbe fatto lo stesso.
"Oh, sì Marco, strofinale bene amico. Grazie" si lamentò chinandosi indietro in sottomissione completa agitando la testa da sinistra a destra.
Il contatto delle palle di Joe era come toccare un filo nudo e caldo. Sentii fredde scosse elettriche attraversare il mio braccio e riempire il mio corpo.
Una forza ignota aveva preso possesso della mia mente e sentii la mia testa muoversi verso l'inguine di Joe. Forse pensavo di annusarlo ma invece leccai il sacco delle palle e poi ne presi una in bocca.
“Mi fa bene, Marco, fallo ancora."
Gli massaggiai delicatamente ognuna delle palle con la lingua e capivo che lo stavo aiutando.
Fui sorpreso nel vedere che l’uccello cominciava a muoversi come un serpente che risponde ad un incantatore e cominciai a comportarmi come un incantatore spostando la testa ad accompagnare il movimento del suo pene che continuava a muoversi ed ondeggiare per incontrare le mie labbra, sporsi la lingua come un serpente e leccai il liquido vischioso che usciva dalla punta come una rana pizzica una mosca. Fui sorpreso dal buon sapore e dal fatto che mi piaceva farlo.
Joe si stava lamentando e muoveva delicatamente la testa.
"E’ quello di cui ho bisogno, Marco, grazie amico, ti sono debitore."
Ehi, forse i buoni amici se lo fanno l'un per l'altro, non sapevo.
Alzai la testa per ammirare il lungo pene sottile.
"Joe, il tuo cazzo è veramente grosso. Lo sai com’è grosso?" era una domanda stupida. Chiaramente lo sapeva ma io dovevo dire qualche cosa della sua taglia.
Misi le labbra intorno alla testa e Joe cominciò a muoversi facendo scivolare l’uccello nella mia bocca e gola. Lo faceva lentamente e gentilmente ma sapeva quello che stava facendo. Spingendo aumentò la pressione, la testa scivolò sempre più profondamente nella mia gola finché non soffocai.
"Oh, mi spiace. Succede spesso. Mi fermerò quando non ce la farai."
Ritornai sull'uccello di Joe e le sue spinte ritmiche, lui stava respirando affannosamente ed emettendo rumori quando spingeva. Il cazzo era profondo nella mia bocca quanto potevo prendere quando lui afferrò la mia nuca e spinse il pene con un forte grugnito.
La cappella scivolò oltre il punto stretto e giù nella mia gola. Il mio naso si seppellì nei suoi peli pubici. Joe ora aveva completamente in mano il gioco, io non riuscivo a respirare e la mia faccia stava diventando rossa. Aprii gli occhi e vidi che lui sorrideva in un’estasi trasognata e sperduta.
Tentai di alzare la testa e lui la tenne stretta, la spostai di lato per tentare di trovare dell'aria, Joe comprese e mi fece alzare. Io tossii.
"Quasi mi soffocavi, non farlo più" protestai con le lacrime agli occhi.
"Ok, ok mi spiace, lascerò a te la guida."
Mi schiarii la gola e feci di nuovo scivolare le labbra intorno all'uccello duro e luccicante.
Mossi la testa su e giù ed a Joe chiaramente piaceva. Andai più veloce e gli piacque ancora di più.
"Sì, così, oh sì, succhialo Marco!"
Improvvisamente sentii il cazzo indurirsi ancora di più ed il suo corpo si tese. Un fiotto spesso di sperma mi fu sparato in bocca. Dapprima non seppi cosa fare ma prima che potessi prendere una decisione altri fiotti furono sparati. Non avevo alternativa e cominciai ad ingoiare.
Joe stava gemendo e stava strofinandomi la nuca.
"Oh, Marco, mi hai salvato la vita. E’ stato grande. Le mie palle ora non sembrano più blu!" le guardai e chiaramente non lo erano più, erano tutte rosa.
"Ora sono rosa, Joe"
"Penso che faremmo meglio ad andare a dormire, abbiamo scoperto cosa fare domani" Joe si alzò e lasciò cadere a terra gli shorts. Un lungo filo di sperma pendeva dal suo cazzo oscillante mentre si dirigeva verso la camera da letto.

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