La caduta di Serena

Scritto da , il 2017-02-19, genere dominazione

1. capitolo
Serena, dalla sua postazione dietro il ridotto bancone del negozio, sorrise brevemente al tizio che la fissava dalle vetrine. E, come spesso accadeva con altri, l’uomo si sentì appagato e scomparve velocemente.
Beh, comunque un che di lusinghiero c’era sempre.
Del resto, appariva già più giovane dei suoi 39 anni nei giorni normali, tutti glielo dicevano e, in quella mattina in cui aveva trovato il tempo di mettersi un filo di trucco prima di uscire di casa, arrivava a dimostrare non più di trent’anni. E senza nemmeno avere un look ricercato, semplice maglia aderente, e un pantalone sportivo.
Serena, un viso dall’incarnato pallido, sorriso squisito incorniciato da labbra morbide, con lunghi capelli scuri, il tutto abbinato ad un corpo formoso ma non di certo robusto, in definitiva si considerava una bella donna, considerando i ripetuti sguardi che i più tentavano di rubarle… e, naturalmente, quelli che “bacchettava” silenziosamente lei quando sorprendeva gli uomini in aperta concentrazione sulle forme del suo seno, una bella quinta che lei giocava a far intuire nel suo modo di vestire, ma che non ostentava in maniera volgare.
Era bello provocare, non fare la figura di puttane da strada.
Anche perché, il posto di lavoro è il posto di lavoro.
Ed al suo, lei teneva.
Rifletteva su questo, mentre gli occhi tornavano al pc, posizionato sul bancone del negozio.
Il punto vendita era situato all’interno di un centro commerciale, decisamente frequentato, in cui Serena si dedicava alla vendita di capi di abbigliamento, maschili e femminili, accessori compresi, non certo dozzinali, anzi, di un certo livello, come qualità e, ovviamente, come prezzi.
Forse per via di questi ultimi, nei due mesi appena trascorsi, il lavoro languiva.
Se ne preoccupava, certo, e in maniera continuativa, perché, sebbene fosse solo un gestore di quel punto vendita, per cui alla fine, una dipendente, lo sentiva una sua creatura, qualcosa che aveva tirato su lei con le sue forze.
In breve, quello che faceva, le piaceva.
Le dava soddisfazione, soprattutto se confrontato alla vita a casa, la noiosa vita coniugale, fatta di un tran tran quotidiano con un marito attento sì, ma non proprio a tutti i suoi bisogni, specialmente quelli riguardanti il sesso.
Sporadici rapporti, monotoni, che sapevano più di un timbrare il cartellino che di far l’amore.
E sì che nello sguardo di lei, pensava Serena, doveva intuirsi la fame… la voglia di sperimentare e di essere presa…
Ecco.
Ecco ancora quell’umido all’interno dei pantaloni leggeri…
Ed il computer era lì.
Finalmente, dopo essere stato per quattro giorni in assistenza, quella mattina l’avevano riportato, e c’era tempo per fantasticare un po, mentre di clientela non se ne vedeva all’orizzonte.
Giusto un po di tempo, non troppo, visto che alle undici sarebbe arrivata la grande S., che in teoria doveva stare per “supervisore”, ma che in realtà, agli occhi di lei, significava solo lo “Stronzo”. Vale a dire, il figlio del capo supremo, un ragazzetto di circa 28 anni, messo nella posizione di supervisore dal padre, a controllare i vari punti vendita della catena di negozi.
Non era sempre stato lo “Stronzo”, non almeno i primi tempi che lui aveva iniziato ad apparire nel negozio, qualche mese prima. Spocchioso, quello sì, ma che cercava di mantenere un’aria di benevolenza. E Serena premiava quel tentativo, facendo persino finta di ascoltare i consigli di quest’ultimo arrivato sulla gestione della sua creatura.
Divertente era stato poi il sorprenderlo a sbirciare nella sua scollatura in più di un’occasione, constatando che, nonostante quel vestito da uomo d’affari e l’aria da padrone del mondo, allo “stronzo” piacevano le sue forme.
Tutto questo, prima della discussione di tre mesi addietro.
Serena doveva ammettere che quel giorno era arrivata al lavoro nervosa, a seguito di una discussione con suo marito. Poi un errore nell’allestimento della vetrina fatto da Paola, la ragazza che la direzione le aveva imposto come aiuto part-time, l’aveva mandata realmente su tutte le furie. E, per rendere completa la giornata, lo Stronzo si era presentato proprio allora con un carico di consigli di gestione non voluti, suggerimenti che poi erano divenute sgridate vere e proprie, come se lui fosse il lavoratore con più esperienza su questa Terra.
E Serena aveva sbottato. Per meglio dire, all’inizio era stato sbottare. Lei gli aveva consigliato di moderare tono della voce e termini. Ma quello continuava.
Ed allora, al gran Supervisore che poi fu nominato “lo Stronzo”, aveva detto chiaramente che poteva portare i suoi consigli e il suo culo da figlio di papà fuori dal negozio.
Il tutto poi, davanti a Paola e ad un paio di ragazze che stavano curiosando attorno ad alcuni pantaloni esposti a scaffale.
Serena sapeva di aver esagerato, ma era fatta così. Se le pensava, le diceva.
E poi del resto, non c’erano state grosse conseguenze, a parte il muso piantato dallo Stronzo e quel baluginio di odio puro passato come un lampo negli occhi di lui.
Dopo un paio di settimane, quando lui si era ripresentato per il consueto giro di controllo, il rapporto era decisamente freddo ma, perlomeno, senza litigi.
Rimaneva solo quel che di viscido che lui sembrava ora trasmettere, ma Serena lo sopportava, con ironica cortesia.
Le dieci e trenta… venti minuti, non di più.
E poi dalle due sarebbe arrivata Paola, e quindi… meglio un po di divertimento ora, che rimandare a domani.
Le dita corsero sulla tastiera, aprendo il suo sito di racconti erotici preferito.
Scorse l’elenco delle nuove pubblicazioni, ne lesse due velocemente, sentendo l’umidità tra le cosce divenire insistente…
Alla terza lettura, sempre approfittando della desolazione di quel lunedì mattina, si incamminò verso quel piccolo loculo in fondo al negozio che qualcuno chiamava “ufficio”, una scrivania e due sedie, peraltro ingombre di merce arrivata il sabato e ancora da sballare, ed entratavi, si appoggio al muro poco oltre la soglia, orecchie tese per sentire se qualcuno entrava nel negozio e la sua mano entrò come quella di un ladro nei pantaloni, senza nemmeno slacciarli… raggiungendo quell’umidità pulsante che doveva essere placata.
Niente di strutturato… non c’era tempo…. Un masturbasi rapido e per quanto possibile silenzioso…. Mentre la mente di Serena ripassava veloce le parole scambiate via chat con vari utenti del sito di racconti… quelle dolci ma soprattutto quelle bollenti, che l’avevano fatta vibrare in più di un’occasione…
Mentre l’eccitazione montava e le dita si muovevano sempre più veloci, i pensieri la riportarono anche a quell’unico tradimento reale in cui quel chattare si era concretizzato…
Le dita sul clitoride disegnavano cerchi furiosi… il masturbarsi diveniva frenetico… senza sensi di colpa in quel momento… mentre quasi dimentica di dove si trovava, soffocava un grido con una mano mentre l’altra finiva il suo lavorio…
Un attimo… un attimo solo per tirare il fiato… ricomporsi…
Una sbirciatina alla sala principale del negozio… no, non era entrato nessuno, e nessuno poteva averla vista o sentita…
Serena tornò al suo bancone, soddisfatta, per quanto inquieta.
I sensi di colpa infatti, dopo il godere, ricomparivano. Aveva tradito, un’unica volta.
Aveva scelto di incontrare uno degli utenti con cui parlava più spesso e di tutto…
E se l’era goduta alla grande. Tanto da portarla a credere che sarebbe stata in grado di portare avanti una relazione parallela al matrimonio…
Ma i sensi di colpa…
Beh, avevano vinto. Due giorni di combattimenti interiori avevano fatto mettere la lapide sui tanti momenti passati a parlare con un uomo di tutto… dal desiderio, all’insoddisfazione coniugale, ai piccoli problemi di ogni giorno… E così, un giorno di concreta passione in una camera d’albergo era rimasta un’unica esperienza di tradimento, chiusa in fretta e, fortunatamente, in silenzio.
Fortunatamente… perché se era pur vero che la monotonia di una passione matrimoniale che fu la straziava, non veniva meno il fatto che un colpo del genere non l’avrebbe mai dato a suo marito, che, dopotutto, non lo meritava.
Ma ora era bene concentrarsi. Il filo di trucco e la maglia aderente erano un modo di mettersi in ordine per l’arrivo dello Stronzo e, perché no, usare un po di sana magia femminile per togliergli un po di baldanza.
Se il guardare gli era gradito, poteva anche con discrezione farlo.
“E pure rodersi” pensò serena con un sorrisetto a fior di labbra. Se c’era qualcuno a cui anche solo per dispetto non avrebbe concesso nemmeno una carezza, era proprio il Signor padrone del mondo, a dispetto dei soldi, del fatto che fosse comunque un ragazzo prestante e, immaginava, abituato ad ottenere ciò che voleva.
“Beh, talvolta no”. Di nuovo il suo sorrisetto.
“Buongiorno Serena.”
Lei sussultò lievemente.
Era proprio lui. Lo Stronzo.
“Buongiorno Marco.” Salutò cortesemente lei, vedendolo sulla porta del negozio.
Lui si avvicinò al bancone, per una stretta di mano, calorosa per altro.
Serena lo guardò, trovandolo al solito elegante nel suo completo scuro, il pizzetto curato, così come la capigliatura. Reggeva una cartelletta, che posò con noncuranza sul bancone.
Caso strano, sorrideva a piena bocca.
“Allora Serena, come vanno le cose qui?” chiese affabile.
Lei si alzò e fece il giro del bancone, mettendosi a lato del ragazzo e indicando la galleria principale del centro commerciale, oltre le vetrine.
“Puoi vederlo… poca, poca gente in giro. La crisi c’è, lo si sapeva.”
“Già già…” sospirò lui “ma trovo il negozio sinceramente in ordine.”
“Un complimento! Incredibile!” pensò lei.
“Ti ringrazio” disse, sinceramente sorpresa.
“Uhm…” riprese lui “il problema non è certo come viene esposta la merce…”
“No, direi di no” soggiunse Serena.
E poi di nuovo il gran sorriso da parte di Marco, mentre occhieggiava verso il bancone.
“E vedo che ti hanno riportato il pc!” disse tutto contento
“Oh già!” bofonchiò Serena, anche se non immaginava che Marco sovraintendesse anche a semplici riparazioni di quel genere.
“Bene bene… sappiamo quanto ti sia fondamentale…”
Un trillo d’allarme nella testa di Serena. Fondamentale? Perché?
Vero è che da lì aveva passato interminabili giornate a conversare, per non parlare dei siti a contenuto erotico che le avevano tenuto compagnia, qualche immagine inviata del suo corpo, naturalmente senza volto…. Ma … era un qualcosa che riguardava solo lei…
“Indubbiamente, per lavorare, è insostituibile…” buttò lì lei, ad occhi bassi.
“eh sì…” sospirò lui “del resto, serve anche a quello.”
Non fu quello che disse, ma come lo disse.
Serena lo guardava mentre lui sfacciatamente gli guardava il petto.
Senza nascondersi, senza temere alcuna reazione da parte di lei.
Che del resto non ci fu. Serena si limitò a cambiare direzione dello sguardo.
Le parole di lui l’avevano agitata.
Ma si ricompose e passò di nuovo dietro il bancone, dove si sedette e si mise a trafficare con qualche fattura.
“Immagino tu sia indaffarata… “ riprese lui sornione “ma gradirei dessi un’occhiata a questa cartelletta…” disse tendendogliela.
Serena la prese, perplessa.
“Cosa riguarda?” domandò.
“Uhm… diciamo…. Un nuovo modo di gestire… ma… leggi, leggi pure.”
Guardinga, lei posò la cartelletta sul tavolo e prese a sfogliarne il contenuto.
Il cuore le finì in gola fin da subito.
C’era tutto. Tutto stampato per lei.
Cronologia siti visitati.
Conversazioni varie.
Le foto del suo seno con l’indicazione del giorno in cui erano state inviate e a quale destinatario.
La discussione con il suo amante di un giorno per accordarsi sul dove, come quando, e i successivi commenti alla giornata, nonché la chiusura di quella breve relazione.
E altro.
Confidenze varie… su suo marito… sullo Stronzo, proprio chiamato in quel modo… se non peggio…
Il viso di Serena si fece rosso. Gli occhi lucidi. Alzò lo sguardo, incrociando quello divertito di Marco.
“Che significa… che significa tutto questo???”
“uhm…” mormorò pensieroso Marco “non so… tu che ne dici? Secondo me, mostra certe lati da puttana di una certa signora…”
Seppur a negozio aperto, Serena non fece mancare un ceffone sul viso di Marco.
Che si ricompose subito.
E sorrise.
Si allungò verso il bancone, chiuse e riprese la cartelletta.
“Non che mi siano strettamente necessarie queste, visto le copie che ne ho fatte….”
“Copie? Copie??? Ma che cazzo pensi di fare???? Sono cose mie!!!” quasi urlò Serena.
“sì… tue… del resto, invece di lavorare, ti divertivi molto…”
“Non puoi dire questo!! Ho sempre lavorato come una matta!!! Quelli erano solo minuti che…”
Ma venne interrotta da lui.
“Dici? Vuoi che senta qualche opinione in giro?”
“Cosa… che intendi? Non vorrai licenz…”
“Licenziarti? In effetti, potrei anche farlo… e la signora convinta di essere migliore di me sarebbe eliminata…”
“Non puoi… non dopo tutto il tempo che ci ho messo a gestire questo posto… ti prego, lascia perdere questi fogli e pensa a quanto mi sono sbattuta per…”
Lui si stava avviando verso il piccolo ufficio. Giunto sull’uscio, si voltò.
“Dici che sarei troppo precipitoso?”
“Sì!!” sibilò lei “in fin dei conti, l’hai detto tu, il negozio è a posto e…”
Il sorriso di Marco si fece quasi dolce.
“Forse hai ragione… vieni un attimo, che chiudiamo questa storia.”
Una speranza si aprì nel cuore in tumulto di Serena.
Non ricordava in quel momento lo sguardo di lui sul suo petto, né lo guardava ora, mentre lui si passava la lingua rapidamente sulle labbra.
Speranzosa. Solo quello.
Appena Serena le fu passata davanti, Marco si appoggiò allo stipite della porta, in modo da controllare anche il negozio vero e proprio, mentre lei rimaneva in piedi, in attesa.
Lo sguardo di lui era tutto sommato tranquillo, il che la indusse a voltarsi per liberare una sedia del piccolo ambiente, in cui solo l’inutile scrivania rimaneva libera.
“Serena… non sederti.” Detto con calma, senza essere imperativo.
Ma lei lo recepì come un comando.
Eccolo, il suo tallone d’achille… il senso di colpa… operante, specialmente nei casi in cui la colpa c’era.
Perdeva baldanza, lo sapeva. Si augurava almeno che non trasparisse.
Lei si guardò a destra a sinistra, mentre Marco rimaneva in silenzio. Un silenzio pesante.
La metteva a disagio, le faceva pensare a quanto lui aveva letto, ai giudizi su di lui scritti nero su bianco e… buon Dio… le foto… mancava la faccia, vero… ma lui aveva visto il corpo di lei…
Chiuse la mente rispetto a quel pensiero…
Ma il silenzio continuava ad essere opprimente.
Serena decise di spezzarlo in qualche modo…
“Mi dicevi… mi dicevi che potevamo chiudere questa storia…” disse con tono misurato, un po rotto dall’ansia.
Lui rimaneva appoggiato allo stipite, ogni tanto un’occhiata alle spalle, per controllare il negozio.
“Certo. Decisamente sarei precipitoso a licenziare una come te…”
Un lampo di sollievo si insinuò nel corpo di Serena.
“Sì Marco, io come lavoratrice sono…” iniziò a dire, ma fu interrotta dal ragazzo.
“Lavoratrice? No no… io intendevo una puttana come te.”
Serena si congelò sul posto. Fu un attimo. Senza muoversi, questa volta fu lui a colpirla con quelle parole, e molto peggio di uno schiaffo.
Ma non voleva sentirsi dire quelle parole, tantomeno dal ragazzino che si trovava davanti.
“Io non sono una puttana!! Tu non puoi capire la situazione, come si sono svolti i fatti… e soprattutto” stava quasi urlando Serena, ma Marco non dava segni di ascoltarla.
Apriva la cartellina, tranquillamente, estraeva una foto del suo seno, l’alzava a livello del viso e contemplava… “Due belle tettone…”
Serena si scagliò verso di lui, strappandogli la foto dalle mani e riducendola rapidamente in briciole.
Tremava, tremava di vergona, rabbia… ma si sarebbe fatta sentire, avrebbe rimesso quello stronzo al suo posto!!
Marco era decisamente scuro ora in volto.
Scuro e con un’espressione che pareva infelice in volto.
“peccato… le altre copie le ho in giro… un po di qua…. Un po di là…” disse pensieroso.
“Dove???” chiese Serena rabbiosa.
“Oh… non importa ora. Quello che importa per te, in questo momento, è che mancando la foto, voglio vedere l’originale.”
Gli occhi di Serena si spalancarono.
Nella concitazione degli ultimi minuti, aveva sì pensato al lavoro, alla vergogna… ma… ma lo stronzo non poteva volere…
“non…. Marco, che stai dicendo? Io non posso certo….” Disse con il cuore a mille.
“Le tette prego. Voglio vederle. Qui e ora.” Lo disse con quella calma che quel giorno lo accompagnava fin dall’inizio, la calma di chi sente di avere il coltello dalla parte del manico.
“Marco, non scherzare ti prego… io sono una donna sposata e…” bisbigliò lei, con un sorriso isterico che invitava a ragionare il ragazzo.
“Una donna sposata, che ha tradito suo marito al… non ricordo il nome dell’hotel… ma è tutto scritto… Ah, mi chiedevi dove sono le foto… E’ giusto tu sappia che alcune, assieme alle tue conversazioni, sono dentro una busta, che porta il nome di tuo marito scritto sopra. E’ pronta ad essere consegnata.”
Persa. Si sentiva persa.
Un ricatto, e andava ben oltre un posto di lavoro.
Sentiva il viso accaldarsi… il sudore lungo la schiena…
“Non puoi farmi questo…”
“Vedi Serena, non dovrebbe essere un qualcosa che ti sorprende… Del resto, mi chiami Stronzo da un bel po. E, dopotutto, sono quel figlio di papà capriccioso incapace di fare il suo lavoro, mentre tu sei la gran donna così brava…”
“Ma…” provo ad interloquire lei. Marco alzò un dito, facendo il gesto di far silenzio.
Serena tacque immediatamente.
“Ed ora, salta fuori che la gran signora, così brava, risulta essere una troia… ma pensa un po…”
Ancora Serena tentò di intervenire, e ancora Marco non le permise di parlare.
“Le tette, prego. Voglio vederle ora. O devo provvedere a consegnare quella busta?”
Il tremito di Serena era ormai evidente. La testa ancora cercava scampo guardando a destra e sinistra, in quell’antro fuori vista…
Nella sua mente, cercava una via di fuga che non le sovveniva.
Un ultimo sguardo al viso di lui.
Espressione dura, ma sempre calma.
Serena abbasso le mani, fino all’orlo inferiore della maglia… si soffermò un secondo…
“Ma se entrano clienti ora, io… noi…”
“Se accade, ce ne occuperemo. Le tette. Ora.” Sentenziò lui.
Lenta…. Impacciata… ma iniziò ad alzare la maglia, tirandola piano fin sopra il reggiseno, e già rivelando il seno voluminoso coperto solo da un reggiseno azzurro.
Ora doveva compiere solo l’ultimo passo… abbassare le coppe e magari Marco si sarebbe accontentato di…
“Non ci siamo capiti” esordì lui, avvicinandosi alla donna fino ad esserle davanti, a mezzo metro di distanza.
“Togliti proprio la maglia, e di seguito il reggiseno. Appoggia tutto sulla scrivania.”
Ricevette l’ordine a testa china.
Proseguì l’opera.
Sfilò la maglia, e con movimenti lentissimi, la appoggiò alla scrivania.
Vide Marco sorridente…
Bastardo… stronzo bastardo…
Si limitava però a pensarlo, e niente più, mentre le mani andavano al gancetto del reggiseno e aprivano la chiusura.
Sfilò l’indumento, e mentre con una mano l’appoggiava sulla scrivania, con l’altro braccio tentava l’ultimo gesto di pudore… coprendosi alla bell’e meglio.
Una volta riposto il reggiseno, strinse entrambe le braccia al petto, guardando ostinatamente da un lato.
“Su su…” bisbigliò il ragazzo “sappiamo bene che ti piace mostrarle… le mani sopra la testa, prego.”
Ora Serena singhiozzava apertamente, mentre si spogliava dell’ultima difesa.
Senza guardarlo, assunse la posizione che le era stata indicata.
Le lacrime cominciavano a rigarle il viso, mentre sentiva gli occhi dello stronzo sul suo seno.
Non era possibile… non era possibile essere in quella situazione…
Solo mezz’ora prima sorrideva al pensiero di lui che poteva solo guardare e non toccare… ed ora…
“L’originale come sempre dà tutto un altro effetto…” disse ghignando Marco.
Serena d’istinto fece il gesto di riportare le braccia sul petto, umiliata da quelle parole.
Lui intervenne subito.
“No no, miss puttana” disse prendendole delicatamente i polsi, una presa che lei sentì stringersi immediatamente quando tentò di fare resistenza.
“Le braccia le tieni come ti ho detto… mi piace guardarti così, a disposizione…da puttana, appunto.” e lo diceva mentre le accompagnava i polsi nella posizione precedente.
Serena si mise come lui voleva, sconfitta… la chiamava puttana, la guardava come una puttana, e non poteva fare nulla. E quell’atteggiamento di lui… ora stava lì, con quel sorriso del cazzo sul viso!!
Guardava ogni centimetro di pelle esposta, soddisfatto… Oppure…
Oppure no? Non lo era ancora?
“Scusami solo un istante, puttana” disse Marco, passandole un dito sul viso.
Ancora lo schifo che quel ragazzo le faceva ebbe il sopravvento, e lei tentò di sottrarsi a quel semplice tocco, arretrando con il capo e abbassando le braccia.
E lo sguardo di Marco si fece cupo. Fu un istante.
La prese per i capelli, portando il viso di lei a tre centimetri dal suo.
“E’ meglio che tu cominci a capire alcune cose, troia. Se io voglio toccarti, lo faccio” e mentre lo diceva, le tirava la mano il capo all’indietro, mentre l’altra andava direttamente su l seno di lei.
Serena tentò dapprima di divincolarsi.
“No! Mi stai facendo male!” disse quasi urlando.
“Allora io credo sia il caso tu sia ubbidiente, troia, capito?” Le scrollò nuovamente il capo mentre lo diceva, mentre al contempo affondava le dita nella carne morbida della tetta.
Serena era in lacrime, spaventata, incapace adesso di reagire, vuoi per la stretta del ragazzo, vuoi per la semplice considerazione che non aveva scampo… Doveva assecondarlo… per forza… le carte in mano le aveva lui… carte che potevano distruggerle la vita…
Assecondarlo… almeno per il momento, almeno fin quando fosse arrivato magari un cliente che avrebbe costretto Marco a fermarsi… o magari l’inizio del turno di Paola! Ecco, sì! A mezzogiorno sarebbe arrivata, e Marco senz’altro avrebbe interrotto quell’assurdità!!
“Dicevo, troia, hai capito?”
“S-sì…” bisbigliò lei, remissiva.
“Ottimo” disse lui, permettendole di divincolarsi.
Serena lo fissò… stupefatta di come quell’espressione di lui cambiasse così rapidamente….
Adesso era tornata quella faccia sorridente del cazzo…
“Come ti stavo dicendo, devi scusarmi un minuto. Mi attenderai qui, con le tue belle tettone al vento, e le mani sempre sulla testa…”
“Ma… ma dove devi andare??” chiese lei, sconcertata.
“Poco lontano… sistemo solo una cosa in negozio, e sono tutto per te, mia puttana…”
Pronunciava le parole mentre lentamente riavvicina le dita al viso di lei…
“Le mani…” sussurrò lui, e Serena non potè far altro che riassumere la posizione. Le dita di Marco intanto scendevano dal viso, che ostinatamente lei continuava a tenere voltato, al collo…
I singhiozzi di Serena le scuotevano il corpo, mentre il tocco scendeva lungo il seno di sinistra… un tocco leggero… a scendere… verso il capezzolo, che lui strinse appena…
Marco sorrise. Nonostante il tentativo di nasconderlo, Serena non era riuscita a nascondere il lieve sussulto generato da quel tocco…
“Bene, pensò lui, ci sarà da divertirsi parecchio”.
Le prese il broncetto tra due dita “Torno subito, mia puttana, mi raccomando, rimani in posizione, se non vuoi che io perda la mia gentilezza…”, e si girò, rientrando nel negozio, lasciandola lì, sconvolta e schoccata.
Si trovava mezza nuda, alla mercè di un uomo che al suo confronto era un ragazzino, un ragazzino che si stava permettendo di… no! Voleva gridargli quanto schifo facesse, quanto gliela avrebbe fatta pagare…
Ma…
Nemmeno si azzardava ad abbassare le braccia. Questa era la realtà.
Rimaneva lì, in piedi, niente maglia, niente reggiseno. Esposta, come gli era stato ordinato.
Serena chiuse gli occhi… pensando a cosa potesse significare lo scoprire un tradimento da parte di suo marito… No! Sarebbe stato oltremodo terribile…
Assecondare Marco… per ora, solo per ora… che giocasse per oggi, poi gliel’avrebbe fatta pagare…
I suoi pensieri vennero interrotti dal rumore della serranda che si abbassava. Era fatta a griglia, chiudeva perfettamente, seppur lasciando completa visuale al pubblico che passava lungo il centro commerciale dell’interno del punto vendita.
E Marco la stava chiudendo.
Lacrime, che rigavano il viso di Serena.
Nessuno ora poteva entrare a disturbare quello stronzo…. Ma Paola…. Sì, mezz’ora ancora, al massimo quaranta minuti e Paola sarebbe arrivata, avrebbe riaperto, sicuramente, aveva le chiavi….
Rumori.
Di attaccapanni. Cosa faceva lo stronzo? Prendeva roba dall’esposizione?
Perché?
Marco ricomparì venti secondi dopo, un piccolo fagotto in mano, che appoggiò per terra.
Sorrise guardando Serena, e ritrovandola nella posizione che le era stata imposta.
“Brava puttana… vedo che cominci ad imparare… ma gli insegnamenti saranno lunghi…”
Serena, alzò il viso di scatto verso di lui.
Che intendeva? Cosa voleva dire?
Marco non le lasciò il tempo di pensare.
“La saracinesca è abbassata ora, mia puttana, puoi spogliarti completamente.”
Serena mosse le labbra… voleva obbiettare, dire qualcosa, ma ne uscì soltanto un balbettio…
“co-co-cosa? Io…” tentò.
“Nuda. Non penso sia molto diverso qui da una camera d’albergo con il tuo amante.”
Parole come pugnalate che raggiungevano il segno.
Non le rimase che rivolgergli uno sguardo implorante, ricambiato da un’occhiata ferma che confermava semplicemente l’ordine….
Come poco prima, quando si era tolta il reggiseno, le mani tremavano mentre scossa dai tremiti Serena toglieva dapprima le scarpe, poi i pantaloni.
Da implorante, il viso di Serena si fece avvilito, mentre osservava Marco ritto in piedi, braccia conserte, che in maniera assolutamente ferma attendeva che lei completasse l’operazione.
Le mutandine scesero… un ultimo gesto del piede… e fu completamente nuda, una mano nell’altra, raccolte sul grembo.
Marco le si fece vicino, prendendola nuovamente per i capelli, ma senza strattonarla, invitandola con fermezza ad alzare il capo verso di lui, senza causare dolore…
E lei eseguì, tenendo gli occhi chiusi, stretti quasi a farle male… nuda… umiliata…. Le pareva quasi di poter escludere il mondo, tenendo gli occhi chiusi…
Ma non era così… non mentre la mano di lui ricominciava a passare sul suo corpo…
“La mia puttana cura bene la sua fighettina…” disse Marco, apprezzando la corta peluria tra le cosce di Serena, mentre la mano riprendevano possesso del capezzolo della donna.
Lo rigirava piano, quasi con dolcezza e nel mentre bisbigliava all’orecchio di lei…
“Ora inginocchiati…”
“Non puoi… non puoi farmi… Ah!” fu il piccolo grido di Serena, quando il capezzolo venne stretto.
Sortì l’effetto voluto.
Sempre con la mano di lui tra i capelli, Serena piegò le ginocchia, fino a farle aderire al pavimento.
La stretta le imponeva di alzare il capo, Marco le imponeva di guardarlo bene in viso.
E Serena si ritrovò a fissare ancora quel dannato sorriso sulla faccia di lui.
“Mia puttana, ora cominciano le lezioni un po più serie… mani dietro la schiena, per prima cosa.” Sentenziò.
Serena si sentiva persa. E sconfitta.
Si era detta di assecondare… ma… doveva uscirne, doveva tentare…
Gli riuscì solo di implorare.
“Non farmelo fare… Marco, ti scongiuro!” disse supplicando senza ritegno.
Lui non si scompose, con la mano libera cercò nella cartelletta… un foglio in particolare.
Cominciò a leggere “Ho voglia di incontrarti… anche ora, subito!”
Serena inorridì. Spezzoni della chat… Stava leggendo quegli scritti dannati!
Tentò di rialzarsi, per acciuffare quelle pagine, ma la stretta di Marco la inchiodava in ginocchio.
E intanto proseguiva nella lettura…
“Ah sì? E cosa mi farai appena mi vedi?” “Te lo succhierò, te lo succhierò fino a farti godere”
Marco allentò la presa tra i capelli di lei, che ricadde prona a terra, piangendo.
Le sue colpe… sbattute in faccia…
Lui intanto riponeva il foglio nella cartella.
“Devo andare avanti, o iniziamo le lezioni, puttana?” chiese ghignante.
Nessuna difesa.
Nessuna possibilità di uscirne.
Serena si erse sulle ginocchia, totalmente annientata.
Fissava davanti a sé, tra le lacrime, la patta dell’uomo.
Le mani si posizionarono dietro la schiena.
L’unica speranza era farla finire il prima possibile.
Dal canto suo, Marco se la godeva… Ne aveva inghiottiti di rospi con quella donna, e all’inizio
Non era stato facile digerire quell’atteggiamento da signora che lo trattava da lattante…
Non era stato facile?
Lui era stato carico di rabbia… per l’atteggiamento di lei, per la chiusura che poi Serena aveva
Messo nei suoi confronti, mentre lui l’avrebbe scopata ovunque… e che diavolo, era il figlio del capo, e otteneva ciò che voleva!
Era stato furioso…
Poi, si era delineato un piano… non certo così corretto ed integerrimo… ma non gliene era importato nulla.
Voleva Serena.
Per vendicarsi dei suoi atteggiamenti.
Per insegnarle il suo posto.
Perché adorava il suo corpo e lo voleva.
Perché così doveva essere.
Il piano… difficile da eseguire, ma che era stato possibile anche grazie a qualche aiuto sorprendente…
Ed ora, l’inizio del suo piccolo trionfo…
Inginocchiata davanti a lui… in suo potere… completamente nuda…
Con quel viso che l’aveva calamitato fin da subito… con quelle tette pronte ad essere usate…
E l’avrebbe fatto, oh sì, e lei non poteva nemmeno immaginare in che delirio l’avrebbe trascinata…
La sua mano tornò fra i capelli di Serena, mentre l’altra apriva piano la zip dei pantaloni.
Marco estrasse il suo cazzo, ponendolo a tre centimetri dalla bocca di Serena.
Un nuovo attacco di pianto da parte di lei.
Ma quando glielo spinse sulle labbra, lei non ebbe altra scelta che dischiuderle ed iniziare a succhiare.

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