Vacanze in Grecia

Scritto da , il 2016-09-06, genere etero

Vacanze in Grecia



Convivevo con una una bella donna da 5 o 6 anni, andavamo d'accordo, specialmente a letto. Lei era fredda all'inizio, poi non c'era modo di fermarla, avevo scoperto che con un po di alcool in corpo l'avvio di certi giochetti era più facile e veloce. Per fortuna ero giovane e le risorse fisiche non mancavano mai.

Correva l'anno 1981, per me le vacanze estive si godevano nel mese di giugno.
Le giornate lunghissime favorivano il vagabondaggio tra spiaggette e bar.

Quell'anno decidiamo di andare in Grecia, in una isoletta con poco turismo, Spetzae. A sud del Pireo, due ore di aliscafo.
Isola poco abitata, poche strade, quasi tutte di terra. Il motorino era il mezzo giusto per muoversi, per la quiete dei turisti vi era il fermo totale del traffico dalle 12 alle 16. Per cui eri obbligato a stare al mare o in albergo.

Amavo ricercare angoli nascosti anche camminando sugli scogli per mezz'ora o più. Ci piaceva stare isolati e divertirci, nuotare o dormicchiare tutti soli, eravamo profondamente innamorati, e non sentivamo la necessità di condividere con altri i nostri desideri un po strani che tutte e due volevamo esaudire.

Per cui ogni mattina fatto il borsone da mare con cibo acqua asciugamano maschera ci avviavamo alla scoperta di scogli isolati dove fare gli affari nostri, ovvero scopare a più non posso.
Avete letto bene? Non ho scritto costumi. Infatti sotto ai vestiti estivi non mettevamo nulla, tutte le mattine quando il portiere ci vedeva uscire si dava da fare per aiutare la mia compagna. E ti credo, a me si vedeva il pisello che dondolava, ma a lei si vedeva di tutto. Io impazzivo a vederla mezza nuda, e lei più di me si divertiva a farsi vedere o meglio a far intravedere di tutto.
Canottiere aperte di lato che non coprivano nulla e le tette stavano più di fuori che di dentro, allora aveva una quarta misura gonfia di gioventù. Per pantaloni usava quelli larghi e sgambati da corsa, come lei diceva, faccio prendere un po' d'aria alla mia passera.
A quei tempi non le permettevo di tagliare i peli, allora volevo che la sua fica fosse coperta da peli lunghissimi che la coprissero totalmente. Mi piaceva pettinarglieli, cercare le labbra della fica in una foresta bionda. Chiunque fosse posizionato al suo fianco avrebbe visto peli uscire dai pantaloni, non ti dico quando saliva e scendeva dal motorino, la metteva in mostra a tutti.

Arrivati ad una spiaggia con un ristorantino dove si mangiava da dio, ci incamminavamo sugli scogli. Scarpe da ginnastica per non scivolare, e via. Talvolta facevamo a gara a chi faceva i salti più lunghi, un po pericoloso e stupido, ma aveva un suo perché.
Una volta fuori della vista dei turisti ci spogliavamo nudi e così rimanevamo fino al ritorno.
Ci conoscevamo perfettamente, ognuno di noi due sapeva tutto dall'altro, ma quello che ci eccitava , in quelle lunghissime camminate sugli scogli, era il cambio continuo della visuale del corpo anche nei suoi aspetti più intimi.

Sapevamo entrambi di essere un po esibizionisti, ci piaceva farci vedere, ma in questo caso era un esibizionismo più intimo, esclusivamente nostro.
Io cercavo sempre di stare sotto di lei quando saltava da uno scoglio all'altro. La scrutavo da sotto e mi eccitavo a vedere come la vagina si allargava e si allungava quando doveva allargare le gambe al massimo possibile. Così anche per il suo lato B, che non era fantastico, ma aveva l'ano molto in fuori, e come apriva le gambe le vedevo il mio desiderio vivente. Ero un guardone della mia ragazza che si divertiva a rimanere a gambe spalancate tra due rocce, talvolta si accucciava per meglio esporsi e si masturbava, poi si lasciava leccare da sotto la fica ed il culo umidi del sudore, e dei propri umori.
I nostri sguardi si incrociavano e restavano bloccati, consapevoli del piacere che ci procuravamo l'un l'altro, sguardi maliziosi, provocatori e perversi.
Mi riempivo l'anima di quei profumi e di quei sapori.
Lei faceva altrettanto, ci scambiavamo la posizione, io correvo sulle rocce più alte e lei si insinuava nei passaggi più bassi e quando capitavano le rocce giuste, io mi accucciavo e lei mi lappava il culo con mio sommo gaudio, succhiava i coglioni, se ne riempiva la bocca, per poi passare a leccare il cazzo che pendeva tra le gambe.

E come per me, lei adorava sentire ed leccare il sapore forte del culo sudato. Eravamo fatti così, eravamo coscienti e felici di quello che facevamo.

Trovato un posticino adatto a passare la giornata, stavamo al sole come le lucertole, per ore.
In acqua trovavamo sempre il modo di giocare, di toccarci. I suoi seni gonfi erano preda delle mie mani e della mia lingua. I suoi capezzoli erano piccoli ma sensibilissimi, come li pizzicavo con le dita di una mano non facevo in tempo a toccarle la fica che era già piena di dolcissimo umore. Mi divertivo a stringerle i capezzoli mentre era in piedi per vedere dopo pochi secondi colare dal folto dei peli un quantità incredibile di liquido che le si appiccicava sulle gambe, o se la costringevo a stare a gambe larghe scendere direttamente a terra.

Dopo varie perlustrazioni avevamo trovato un posto che faceva per noi, uno scoglio piatto sovrastato da un immenso roccione che formava una vasta zona ombrosa, coperta a possibili sguardi esterni.
Li tornammo per il resto della settimana.
Ci eravamo ben sistemati, e chiesi a Nina, questo il suo vero nome, di trovare un gioco nuovo, un po perverso, come piaceva a noi.
Certo il luogo non poteva essere di aiuto, ma la mente delle donne e' perversa di natura, e un suo sorrisino mi fece capire che avesse in testa qualcosa.

Proprio vicino al nostro rifugio vi erano due enormi alte rocce distanziate tra loro di quel tanto da permettere giusto il passaggio di una persona.
Mi chiese di salire sopra e di mettermi accucciato come al solito per farmi leccare il culo.
Così iniziò a passarmi la lingua, prima delicatamente, avanti fino allo scroto poi indietro. Con la punta mi stimolava lo sfintere.
Nina era una maestra in questi giochetti, e lei sapeva che io ero sensibile ed godevo da matti quando mi toccava e stimolava la zona perianale.
Lo stimolo mi saliva dal l'ano sino al cervello, per poi scendere fino al cazzo che si gonfiava in pochi secondi.
Più lei leccava più ero eccitato e cominciai a masturbarmi. Essendo circonciso la cappella era rosso fuoco e gonfia, sarei venuto in pochi minuti, ma non era questa l'intenzione di Nina.
Piano piano cominciai a sentire che intorno al mio culo c'erano due cose, la lingua e un dito, che Nina delicatamente infilo' nel mio sfintere, non era la prima volta. Ma infilo' tutto il dito e continuo' a leccare lo sfintere allargato, poi inserì il secondo forzando il muscolo anale.
Comincio a trastullarmi con due dita, su e giù , e la lingua che addolciva, il godimento mi arrivava nel cervello, mentre io continuavo a masturbarmi, stavo per venire. Chiamai Nina sotto di me, lei aprì' la bocca ed io col pisello piegato verso il basso le schizzai in faccia e le riempii la lingua protesa, senza mai perdere i suoi diabolici occhi verdi.
Nina non si scompose, anzi mi sfilo le dita dall 'ano e mi chiese di scendere e di leccarle la faccia, cosa che feci ben volentieri, non ingoio' nulla ma appena fui a portata di bocca mi diede un bacio pieno del mio sperma che condivisi con avidità e amore.
Ci perdemmo in un abbraccio infinito, due corpi sudati e coperti dei propri umori, le sue coscie erano fradicie del suo liquido vaginale. Aveva goduto più di me a leccarmi il culo e a infilarmi nel sedere le sue dita. Mi confidò in un orecchio che avrebbe voluto fare di più metterci qualcosa di grosso.
Aveva capito quanto mi piaceva essere stimolato di dietro e che sarei stato disponibile a farci giocare lei e qualcun'altro al momento giusto. Solo l'idea di un cazzo nel mio culo la eccitava talmente tanto che veniva come un uomo.
Passo' un po' di tempo, facemmo una nuotata, insomma tutto quello che normalmente si fa al mare.
Il sole ormai cominciava a scendere e già pensavamo a rientrare, a me non tornavano i conti, prima di rientrare volevo rendere a Nina quanto lei aveva perversamente fatto a me.
Le chiesi di salire sugli scogli come io avevo fatto in mattinata.
Stessa posizione accucciata e da sotto in piedi le potevo leccare tutta la fica pelosissima, bagnata, larga e calda.
Il suo sfintere in quella posizione era totalmente esterno e leggermente allargato di suo, leccavo e leccavo come fosse un gelato, tanta saliva si mescolava con i suoi liquidi, avevo il viso ed il petto bagnati.
Nina durante i rapporti anali raggiungeva l'orgasmo in pochi minuti ed era violentissimo, la scuoteva tutta e le faceva serrare lo sfintere tanto di avere l'impressione che fosse stretto da due mani fortissime. In quel buchetto posteriore che avevo aperto centinaia di volte, ci infilai le mie dita, come lei aveva fatto a me.
Nina cominciava a dimenarsi, come suo solito, più si agitava più il suo ano si allargava, più si allargava più dita mettevo dentro, quattro ne misi alla fine.
Infilai anche due dita nella fica, ma tanto era calda e larga che non se ne accorse, allargai ancora, forzai e ci misi tutta la mano, mentre leccavo la fonte di dolcissimi umori.
Ero letteralmente ricoperto di dolce succo di Nina. Avevo ricevuto fiotti di liquido ad ogni suo orgasmo, ne avevo perso il conto, tra quelli provocato leccando il clitoride e quelli provocati con le mia dita nel suo posteriore.
La lascia tranquilla un minuto per calmarsi e riprendersi. Lei era estasiata nel vedere il mio corpo coperto dal prodotto del suo piacere, ne godeva profondamente . Vidi i suoi occhi verdi guardarmi lucidi di goduria, ma perversi. Mi chiese di rimanere a guardarla da sotto, piaceva a tutti e due.
I miei occhi si perdevano tra le pieghe del l'ano ed i peli che nascondevano il motivo della mia perdizione. Allargai le labbra per leccarla ancora, ma Nina mi blocco', chiudi gli occhi mi disse, e lentamente mi inondò il viso ed il corpo di una caldissima pioggia dorata.


Se la lettrice, protagonista di questa reale avventura, leggendo rivedesse un pezzetto della propria vita e mi volesse contattare, può farlo scrivendo a leolapil@gmail.com.




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