Dalle 19 in poi

Scritto da , il 2016-05-18, genere gay

Ore 19:20. La vetrina del negozio di cucine è ancora illuminata. Fanno bella mostra ripiani in laminato, cappe ed accessori vari. Dietro, in parte nascosto da un’ingombrante piano cottura e dal tavolo di lavoro, il tizio del negozio è seduto davanti ad un portatile. Getto un’occhiata attraverso il vetro e mi accorgo che sta guardando un filmino porno. La luce bluastra gli illumina il volto. Un sorrisetto ironico mi increspa le labbra e decido di entrare, senza indugi. Schivo una colonna, dribblo un tavolo con sedie e mi piazzo davanti al tipo. L’odore di sigaretta è molto forte. Il posacenere sul ripiano bianco, ingombro di carte, è pieno di cicche. Il tipo solleva gli occhi dallo schermo e mi guarda, interrogativo. Veste di scuro, ha una barba mal rasata e ispida. Noto il nodo della cravatta sciolto e la camicia sbottonata al collo. Non sembra infastidito dalla mia irruzione. Mi squadra ed, intanto, con il mouse fa un leggero clic. Mi viene da pensare subito alla sua erezione, compressa nei calzoni, e ben dissimulata sotto il tavolo. “Ti stavi eccitando, porcellino?” penso, mentre chiedo il numero di assistenza per una riparazione da fare alla mia cucina.
Il tipo scartabella in una rubrica e mi porge, gentile, un foglietto, compilato in bella calligrafia rotonda. A questo punto, tutto potrebbe essere finito. Basta girare i tacchi ed andare via. Invece, noto che il tipo mi fissa ed attacca bottone dicendo che mi aveva preso per il suo collega, uscito per andare a montare una cucina. “E ritorna?” chiedo. “Penso che a quest’ora sia già andato a casa” risponde. “Giornata lunga. A che ora chiude il negozio?” chiedo. Il tipo fissa l’orologio alla parete e sospira “Alle 20.00…”. Mi guardo intorno. Alle spalle del negoziante si intravede una porta scorrevole semi aperta che nasconde uno sgabuzzino ingombro di scatoloni e depliant. Il tipo segue il mio sguardo ed accenna un sorrisetto. Forse ha già capito. Mi decido a girargli intorno ed a venirgli vicino. Sullo schermo del pc, in una finestrella, girano le sequenze di una tettona che si sta facendo sbattere da un grosso cazzo nero. Geme e ballonzola. Appoggio una mano sulla spalla dell’uomo ed esclamo “Che tette!!” Restiamo a fissare lo schermo in silenzio. “Da fuori si vede…” aggiungo, indicando la vetrina. Il tipo non sembra per nulla stupito. Fa una leggera alzata di spalle. Lo capisco: il suo lavoro deve essere di una noia mortale. Guardiamo la tettona e mi sfioro il pacco, con fare tranquillo. “A me è già venuto duro…” dico. Ci guardiamo, poi mi giro di nuovo verso la porta dello sgabuzzino. Il tipo capisce al volo le mie intenzioni e mi fa cenno di entrare lì dentro. “Ci metto solo un secondo…” aggiunge. Varco la porta, accolto dalla penombra. Lo spazio è davvero angusto. Non accendo la luce. Lascio il cappotto su una pila di scatole, mi sfilo la cravatta e sbottono la camicia fino al terzo bottone. Il negoziante è andato a dare due mandate alla porta ed appendere il cartello ”torno subito”. Entra anche lui nello sgabuzzino e richiude la porta, lasciando appena un piccolo spiraglio per far filtrare un po’ di luce. Lo aspetto addossato alla parete, con la cinta dei calzoni slacciata e la cerniera già abbassata. Appena lo vedo entrare mi stringo l’erezione. Si avvicina, gli passo un braccio intorno alle spalle e lo attiro a me quasi con violenza. Ci baciamo sulle labbra. La barba mi pizzica la pelle. Ha un sapore impastato di nicotina e caffè. Gli tocco l’uccello e lui mi si getta addosso, schiacciandomi contro il muro. Sembra voler condurre la partita e dopo avermi bloccato il volto con una mano mi bacia con foga, spingendo la lingua in bocca. Ho le mani libere ed inizio a slacciargli la cintura. Gli accarezzo e stringo i fianchi. Il bottone dei pantaloni cede di schianto, la cerniera cala lenta ed inesorabile, lungo il binario rigonfio. Infilo la mano nella patta spalancata e la appoggio, aperta, sul membro duro. E’ lungo e tostissimo. Tepore. Lui si calma. Ci baciamo con le lingue che saettano fuori. Anche lui mi tocca tra le cosce. Appoggia la mano sul pacco, lo stringe e preme. Solleva l’elastico dei boxer e lo abbassa, snudando il membro eccitato. Faccio lo stesso con lui, abbassando i calzoni a metà coscia. Si sente subito odore di sessi eccitati. Prepotente, aspro. Gli afferro l’asta e comincio a maneggiarla, avendo cura di strofinargli la base della cappella con il pollice. La sua mano mi stringe decisa il membro. Lo fa rimbalzare contro il ventre, saggiandone resistenza ed elasticità. “Ce l’hai bello tosto” sussurra piano. Per tutta risposta mi lascio scivolare sul pavimento, rimamendo in ginocchio. Tiro ancora giù i suoi calzoni, pochi centimetri perché intanto lui ha divaricato le gambe e, ben piantato per terra, sporge in fuori il ventre nudo e riccioluto. Peli neri, folti, sul pube. La nerchia rosea, fa da contrasto con quella massa scura. Bacio la punta del sesso, la lecco. La cappella è già umida di umori. Le goccioline mi calano sulla lingua, salate. Ispeziono il buchino con piccoli colpetti, mentre con una mano soppeso i coglioni pesanti e pelosi. Lui mi guarda ed ha gli occhi socchiusi: “Succhiamelo” dice. Ma non c’è bisogno d’incitamento. Provo un primo affondo. Arrivo fino a metà. Lo tiro fuori tutto lucido di saliva. Sputo sulla mano e stringo di nuovo l’arnese, lubrificandolo. Adesso scivola meglio: “Ooohh...” si lascia sfuggire un sospiro. Lo spingo di nuovo in bocca, andando più giù. Inizio a pompare, aiutandomi con la mano. “Mmmhh… così….” Gli piace. Le mie labbra aderiscono a ventosa sulla turgida cappella. E’ bollente. Anch’io mi tocco e smanetto l’arnese per non farlo ammosciare. “Mmpff… sglob, sglob… “ Gli schiocchi ed i piccoli risucchi sono gli unici suoni che riempono lo sgabuzzino, misti a sospiri. Aumento il ritmo. Ogni volta che affondo, guadagno un po’ di più in lunghezza. Lo sento premere contro la gola, ingolfarmi la bocca. Lui si muove piano, assecondando il mio ritmo. Mi accarezza la testa di tanto in tanto o lascia le braccia distese lungo il corpo. Si accarezza il petto e schiocca la lingua. Passo una mano sotto, sfiorando la radice del membro ed afferrando le natiche. Vorrei infilargli il pollice su per il culo, ma la posizione è scomoda e rischio di perdere il ritmo. Passo la lingua lungo l’asta e poi gli lecco i testicoli, con piccoli tocchi. I coglioni ondeggiano, liberi e rotondi. Ogni slinguata provoca nel compagno brividi di godimento. Incrocio il suo sguardo beato. “Sei bravo, continua … così… anf, anf ” dice con un filo di voce un po’ in affanno. Forte della sua benedizione, risalgo il membro e ricomincio con gli affondi, deciso, questa volta, a farlo venire. Il tempo a disposizione è poco ed è meglio evitare sorprese. La mia testa ondeggia, sempre più veloce. Il mio campo visivo è occupato per intero da una porzione del ventre, mentre spompino il membro eretto, lungo, duro, coperto di grosse vene bluastre. La cappella preme contro la mia gola e scivola sulla lingua. Ha un sapore aspro ed irresistibile. Lecco, succhio, lascio roteare la lingua intorno, sempre morbida e sinuosa. Lo spingo fino in fondo, aprendo al massimo la bocca e lui entra ed esce con il giusto ritmo. Il commesso emette un lungo verso pieno di goduria: "Ahhhhh... siiiii... succhia ... tu … sii, si, si !". Sento la sua mano spingermi giù. Mi incoraggia e stimola. Dopo un po', quando l'intera asta è coperta di saliva e lunghi filamenti colano giù, l’uomo si stacca: “Voglio venirti dentro…” dice guardandomi fisso. La frase mi coglie impreparato. Mi fa alzare subito e mi scaraventa a faccia avanti contro la parete. Provo a resistere e protestare: “Ma… che fai?” Mi fa divaricare le gambe e comincia a passare il palmo della mano tra le natiche. Carezze lunghe e goduriose. Mi palpa il culo e batte il dito medio contro lo sfintere. “Dai, lascia stare… “ insisto. Niente. “Fermo… aspetta solo un attimo…” Si bagna la mano con la saliva e la passa di nuovo tra le natiche. “No, no!” mi schermisco, senza troppa convinzione. Quello insiste. Lottiamo, in silenzio, per qualche minuto. Strofina il ventre contro il mio culo ed il contatto con la sua verga bollente riaccende il desiderio. Alla fine sporgo il bacino in fuori verso di lui ed inizio ad ondeggiare in modo mansueto. Lo incoraggio, guidando il sesso verso l’orifizio già spalancato. “Bagnalo ancora un po’” gli chiedo. Lui si china e dopo aver divaricato le chiappe slingua il buchino con passione. Una scossa di eccitazione mi risale lungo la schiena. Sento il viso avvampare. Mi mordo le labbra per non esplodere. Sento la punta della lingua umettare la carne turgida e rugosa. Ne prova la resistenza con un dito. Lo sfintere cede subito. “Sei bello pronto, amico!”. Mi artiglia il culo con una presa cattiva e mi allarga al massimo le chiappe, esponendo il mio buco bagnato. Il peso del suo corpo sudato viene premuto contro il mio. Un secondo dopo il suo cazzo scivola dentro, facendomi vedere le stelle: “Ahh…piano …” lo imploro. Il dolore è forte, ma non irresistibile. Inizia ad oscillare con il corpo e finalmente è tutto dentro. “OOOHHHH…” gemiamo in due, avvinghiati. Lui si tiene stretto ai miei fianchi ed inizia ad assestare colpi in rapida successione. Il mio corpo si piega ed ondeggia. Con le mani mi tengo saldo agli scatoloni. “Stunf, stunf, stunf” inesorabile, continuo, feroce. Mi giro verso di lui e lo guardo da sopra la spalla. E’ concentrato sul lavoro, ma ci scambiamo un sorriso. “Ancora un po’, piccolo”. Mi accarezza la testa e riprende a fottere. L’intensità cresce. “Stunf, stunf, stunf”. Fisso la parete vuota davanti a me e mi lascio andare. Il membro scivola dentro e fuori, senza incontrare ostacoli. Deglutisco e chiudo gli occhi. L’uomo accompagna ogni affondo con un grugnito. I muscoli delle gambe tremano per lo sforzo e la tensione. Il membro struscia contro le pareti interne, rosee e delicate e sparisce nel profondo della voragine anale, spalancata. E’ un continuo, formidabile martellamento del cazzo, dentro e fuori. Il commesso, con forza e velocità, muove il basso ventre e il bacino per fottermi con stoccate veloci e profonde. Ad ogni suo affondo, gemo e mi tengo con le palme puntellate contro la parete per non farmi schiacciare del tutto. Lui, dietro, sembra una furia indiavolata. Inizia a gemere ed a sospirare. Il suo respiro diventa corto ed accelerato: “Ecco, ecco… mmmhhh…!!” esclama ed aumenta ancora. “Si, dai…” lo incoraggio “dai…aaahhh.. così…ficcamelo dentro…” “Stunf, stunf, stunf” La penetrazione raggiunge il suo apice con una successione di colpi che mi lasciano senza fiato. “Ti ammucchio…aaahhhh…!!” urla, lasciando partire lo schizzo di sperma. Dentro. Stantuffa ancora, ancora ed ancora. Mi sento invadere e bruciare. Alcuni cataloghi cadono per terra. Gocce di liquido cominciano a colare e quando lo tira via, finalmente, un rivoletto mi scende lungo le cosce. Gocce biancastre lungo la linea che divide le natiche. Schiaffeggia il culo con il membro. Poi, lentamente, tutto si calma. “Vado a prendere dei fazzoletti” dice e scompare per qualche attimo, rinfoderando l’arnese, ma senza rivestirsi del tutto. Quando torna ha una scatola di kleenex in mano. Mi aiuta a ripulirmi. Ci baciamo ancora, con delicatezza. Sfodero la mia faccia da cerbiatto bisognoso. Lui sorride e mi da una pacca: “Siediti qua…” Mi arrampico su uno scatolone ed avverto il ruvido cartone strusciarmi contro le natiche. Divarico le gambe e lui mi prende il membro in mano. Inizia a smanettarlo. Piano e poi aumentando il ritmo. Intanto, ci baciamo come due teneri innamorati. Mi piace la sua presa sicura. Vorrei che me lo leccasse, ma lui si tiene a debita distanza. Va bene anche così. Accarezza il mio petto e mi strizza un capezzolo. Vengo quasi di soprassalto, cercando e trovando ancora una volta la sua bocca. Mentre sparo il mio carico di sborra, le lingue si avvinghiano ed intrecciano. Il mio sospiro di piacere muore in un languore fulgido. Osservo la sua mano sporca di sperma, invischiata ed ancora stretta al membro. Altre gocce sono cadute per terra, macchiando i cataloghi. Ci baciamo un’ ultima volta, prima del distacco che sarà definitivo. Quando riemergiamo dallo sgabuzzino le 20.00 sono passate da un bel pezzo. Saluto, educatamente, e mi avvio verso casa.

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