La mia nuova segretaria

di
genere
etero

Le promozioni nelle grandi aziende comportano sempre dei pro e dei contro. In questo caso sono stato inviato ad aprire una nuova filiale, e per questo sarò costretto a passare qualche mese lontano dalla mia città, e quindi dalla mia famiglia. Si tratta sicuramente di una buona occasione di carriere, e come primo atto incontrerò le persone che dovrebbero comporre il mio staff. Ho scelto di far la riunione di venerdì, così avrò il fine settimana per organizzare i nuovi assetti. In effetti non si tratta di una nuova attività, visto che l’azienda ha rilevato una struttura che verrà assorbita. So già le persone che incontrerò saranno diffidenti, capita sempre così: quelle che occupano posti dirigenziali saranno scostanti perché temono per la loro posizione, le altre cercheranno di piacermi per conquistare una posizione migliore nel nuovo organigramma. L’incontro si svolge nella sala riunioni, mi presento e chiedo ai presenti di fare lo stesso; mentre ascolto e prendo appunti, vengo attirato da una ragazza sui 30 anni, mora, capelli lunghi e lisci; è seduta in prima fila e continua a guardarmi, ma ogni volta che i nostri sguardi di incrociano lei abbassa lo sguardo. Trovo questo atteggiamento molto eccitante, e il gioco rivitalizza questa pallosissima riunione. Intanto il giro delle presentazioni continua fino ad arrivare a lei.
“Mi chiamo Mara, dottore, sono la segretaria del direttore.” Poi si corregge: mi scusi… del’ex direttore. Lavoro qui da circa 7 anni e… “ Io continuo a fissarla, e lei ora ricambia lo sguardo – non potrebbe fare altrimenti. Ha occhi neri, due labbra carnose, poco truccata, nessun accento particolare; parla con sicurezza e questo atteggiamento è in contrasto con quello precedente. Sento che continua a parlare, ma io non la sto più ascoltando la guardo e penso che sarà la mia nuova segretaria, e alle ore che passeremo insieme.
La riunione finisce e tutti escono, compresa Mara che non fa in tempo ad arrivare alla porta perché la chiamo: “mi scusi Mara, potrebbe restare, le devo chiedere alcune cose”. Lei torna indietro e resta in piedi davanti a me. Porta un tailleur blu, con camicetta bianca, e scarpe con un po’ di tacco; sarà alta meno di un metro e settanta, un bel corpicino proporzionato. Si muove con eleganza e sicurezza.
“Mi dica dottore, cosa posso fare per lei?” “mi è stato detto che posso utilizzare un appartamento di nostra proprietà, lo vorrei vedere; e poi le chiedo di dedicarmi questo fine settimana per capire meglio la situazione dell’ufficio; spero che questo non le crei problemi con la famiglia.”
Mara mi guarda, abbozza un sorriso poi mi dice: “Nessun problema, lo faccio con piacere. L’appartamento è a qualche isolato da qui; mi sono permessa di farlo pulire. L’arredamento non è dei migliori, ma si tratta di un ultimo piano con vista sulla città. Vedrà che le piacerà.”
In effetti l’appartamento si trova a due passi dall’ufficio. Lo raggiungiamo in meno di dieci minuti. Mara aveva ragione, non è un gran che, ma ha una vista mozzafiato. Facciamo un rapido giro, poi lei mi porta davanti alla grande finestra del salone. “Vede quel palazzo giallo” mi indica in palazzo a circa 50 metri. “io abito li: la finestra del quarto piano è la mia camera da letto; quello la giù, invece, è il nostro ufficio.” Questa seconda frase lascia quasi cadere la prima, ma nella mia mente resta un piccolo tarlo: perché mi avrà voluto far vedere dove abita. A questo punto la congedo, disfo i miei bagagli e inizio a prendere possesso dell’appartamento. I mobili sono un po’ retrò, stile anni ottanta, ma sicuramente di pregio; la casa profuma di pulito. Apro l’armadio per mettere dentro i miei vestiti e sul ripiano noto una custodia in pelle nera; è pesante, la apro e dentro c’è un grosso binocolo. Lo avranno dimenticato qui, penso, lo sposto in un mobile in soggiorno, metto a posto i miei abiti, e poi esco.
Faccio un rapido giro per la città, scelgo un posto dove cenare e poi torno a casa. Ormai è notte, e dalla grande finestra del salone vedo la città davanti a me, illuminata di mille luci tremolanti. Ci avete mai fatto caso: di notte anche le città più insignificanti acquistano fascino, e io rimango incantato da quelle fiammelle. Così decido di prendere una poltrona, metterla davanti alla finestra, spegnere la luce e godermi questo piccolo spettacolo, ma in quel momento il telefono segnala che è arrivato un messaggio: “buonanotte. Mara”. Le rispondo: “grazie, anche a Lei… stavo guardando il panorama notturno”. Di nuovo un messaggio: “si goda lo spettacolo”. Guado d’istinto verso il suo palazzo, e vedo che la finestra della sua camera da letto si illumina, e lei passa davanti; non riesco a vederla molto bene, ma noto che da quella posizione si vede una buona parte del letto. Lei si siede sul bordo e inizia a spogliarsi. Rimango ipnotizzato dalla scena. Certo da questa distanza non vedo chiaramente, ma intuisco che si è tolta la camicetta, si alza e lascia cadere la gonna. Cavolo: porta delle calze autoreggenti e lingerie nera. Inizio ad eccitarmi, poi un flash illumina la mia mente: il binocolo. Mi alzo e vado a penderlo, metto a fuoco e lei mi appare come una dea in tutto il suo splendore. Ora si sfila lentamente le calze, slaccia il reggiseno libera due fantastiche tette. Riesco a vedere il contrasto tra la pelle chiara e i capezzoli scuri. Gran bel binocolo – penso tra me – poi lei si alza, e scompare dalla mia visuale, ma dopo un istante vedo qualcosa volare sul letto… le mutandine. Percepisco con delle lievi ombre che lei si sta muovendo nella stanza, ma non la vedo, questo aumenta la mia eccitazione. Il mio sesso preme nei pantaloni, e quasi mi fa male. Decido di liberalo, poso il binocolo e mi spoglio, tolgo la camicia i pantaloni e resto con i boxer, la vedo tornare, e riprendo subito il binocolo. Ora indossa un asciugamano. “Ha fatto la doccia – penso tra me – le laverei volentieri la schiena”; i pensieri si susseguono nella mente senza che li possa controllare, mentre lei si siede sul letto, lascia cadere l’asciugamano, prende della crema e inizia a spalmarla sul corpo. Penso di impazzire, prendo in mano il mio cazzo e inizio a segarmi, mentre con l’altra mano tengo il binocolo. Le sue mani scorrono sulla gambe, le massaggiano, le accarezzano, poi i piedi, la pancia, il seno. Noto i capezzoli turgidi, sotto le sue dita; poi la sorpresa. La sua mano scivola tra le cosce e si ferma sull’inguine… la vedo muoversi ritmicamente, e percepisco cosa sta facendo: si sta masturbando. Si butta indietro, apre le gambe e ora si percepisce meglio il movimento. Le dita entrano ed escono ritmicamente, mi sembra quasi di sentirne il rumore, mischiato al suo ansimare. La mia eccitazione è al massimo, la mia mano si accorda al suo ritmo, il tempo si ferma, e il piacere aumenta finché non la vedo inarcare la schiena ed esplodere in un violento orgasmo liberatorio; in quello stesso momento un potente fiotto di sperma si va ad infrangere sulla finestra, seguito da altri due, tre, quattro… poi cado indietro sulla poltrona e mi abbandono. Da questa posizione lo sperma sul vetro copre la sua finestra, e sembra un quadro di Pollock. Ci metto qualche minuto a riprendermi, poi mi alzo e riprendo il binocolo, guardo nella direzione, vedo che lei è in piedi alla finestra; sta chiudendo la tenda, e per un istante i suoi occhi incrociano i miei, come era successo qualche ora prima, ma ora sono io che d’istinto abbasso il binocolo, e la vedo scomparire dietro la tenda che si chiude come un sipario.
Vado a fare una doccia, e mentre sono sotto il getto caldo penso che mi aspetta un lungo weekend.
Continua…
di
scritto il
2016-02-28
8 . 8 K visite
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.