Il mio ragazzo a luci accese.

Scritto da , il 2015-11-02, genere sentimentali

Appena arrivata al locale andai alla finestrella per fargli la sorpresa: mi sentivo bella e pronta a stupirlo con la mia presenza inaspettata.
Ero felice solo soltanto a guardarlo.
Quella piccola fossetta al sorridere, quel naso lentigginoso, quelle labra rossastre dall'aspetto sano e vispo. Parlava con un collega-amico, sogghignava e starnazzava in una ilarità contagiosa. Faceva quella cosa; un piccolo balzo in avanti con testa e collo, accompagnato da un'inequivocabile espressione facciale che richiamava quel suo perfetto sorriso, che tratteneva con trasporto e naturalezza. I suoi denti semicoperti dal fine labbro superiore e incorniciati dal colore del morbido e spesso labbro inferiore che portava l'attenzione sullo spazio che vi era fra la fila di denti superiore e quella inferiore.
L'inarcamento degli occhi, quelle piccole borse che comparivano solo col riso e le soppraciglia inarcate di un rosso acceso che decoravano il suo viso pallido. Quelle corte e graziose rughe attorno ai suoi occhi tondi al sorridere; quelle sporadiche ditate di farina nel naso o gli zigomi; quel punto di incontro tra mascella, vasette ed orecchio; quell'ombra sotto il suo naso puntuto faceva pensare solo a cose allegre e buone.
Quel viso mi rendeva felice.
Portava quella bandana di cotone grigia all'indietro per coprire i suoi capelli mentre lavorava: le sue mani e braccia danzavano con l'impasto con grande abilità e armonia. Mentre impastava aveva un aria serena, sommata al suo naturale e permanete ghigno mordace.
Stendeva l'impasto sulla teglia dolcemente, con le sue dita bianche, con le nocche sporgenti al punto giusto, con le falangi del mignolo e annulare piegati in modo diverso e il palmo rilassato e morbido.
La camicia da cuoco sul celeste scuro ormai bianca dalla farina e sotto un grembiule corto da barista bianco e un "cencio" che pendeva da una delle numerose tasche nei suoi pantaloni beige.
E per finire in forno. La salda impugnatura della pala; la fronte strofinata con l'avanbraccio e il labbro inferiore risucchiato da quello superiore per poi venire risputato più gonfio e lucido.
Un dolce sbuffo che mi ricorda che respira, che è reale, che è lì davanti e che il suo cuore batte. Guarda in basso mentre strofina tra le mani lo straccio preso dalla tasca.
Si accorge di avere una spettatrice che si sporge dalla finestrella che dava sul salone.
Che bello vedere l'espressione facciale riacquistare la magia dell'allegria. Si volta verso di me ancora un po affatticato e quando mi vede, come d'incanto il suo volto si illumina in un diverso tipo sorriso, più dolce, forse più attenuato: lo vedo inspirare ma non espirare, con le stesse borse sotto gli occhi e le stesse fossette vicine alla bocca ma i suoi denti riesco solo a intravederli. Le sue sopraciglia non sono inarcate ma sollevate dall'estremità in mezzo. Si avvicina lentamente come se avesse paura di spaventarmi e senza parlare sta già guardando le mie labbra. Le porgo il mio viso con gli occhi quasi chiusi e lui mi solletica col respiro. Mi bacia. Con uno schiocco mi riempe di calore e solletico. Mette le sue mani farinose attorno al mio viso e piega a sinistra il volto cogliendo la mia bocca aperta, e sporgendosi il più possibile dalla finestrella. Si staccò e mi poggiò la fronte nella mia e guardandomi negli occhi disse con il volto commosso: gli occhi già lucidi e le labbra già più confie e rossastre. faccio io con un po di ritardo. dissi io mentre lui cercava di scrollarmi la farina dal viso e dai capelli. mi disse mentre mi prendeva le mani. Sentì come una forte vibrazione alle gambe a sentirmi chiamare così e al vedere le sue dita calde coprire le mie.
Lo tirai verso di me dai polsi e lo baciai con più trasporto, colta da un impeto irresistibile. E quando mi staccai lui fece quella cosa che mi piace tanto: non aprì gli occhi e spontaneamente sbuffò con le labbra rilassate in una frazione di momento, per poi tornare via da quel trance e sorridermi con sincerità.
mormorò all'improvviso al mio orecchio, senza darmi il tempo di riprendermi dagli effetti che aveva il sussurro era già lì a guradarmi negli occhi un po dal basso per chiedermi se l'aspettavo. risposi mentre espiravo un respiro trattenuto a lungo senza accorgermene.
gli chiesi mentre si allontanava di mezzo metro per controllare la pizza. fece lui sperando comunque che a me non importasse. Allora come un razzo mi precipitai in cucina e richiusa la porticella del forno mi disse > e battè la mano su una parte della mensola. Con un piccolo salto mi sedetti dove mi disse e mentre preparava delle foglie di basilico guardava le mie gambe accavallate. mi chiese. risposi, volevo andare via con lui. Annuì senza guardarmi ma sorridendo. Tirò fuori una delle pizze e impiattandola la portò alla finestrella e chiamò un collega che la portò via.
Si girò nuovamente e sembrava che fosse diretto verso di me ma invece andò a preparare una scatola per le pizze a portar via.
A quel punto cambiai la posizione accavallando le gambe nell'altro senso mentre lui stava poggiato sul bancone con le dita avvolte ai bordi: continuava a percorrermi con lo sguardo. Le piacevo e io lo capivo per il modo in cui mi guardava. Lui se ne stava lì, inconsapevole del suo corpo robusto e tiepido. Le sue anche, le sue gambe, il suo petto gonfio e le sue spalle consistenti.
Scesi dal bancone con un salto e poggiai la mia mano sul suo petto, affondando le dita nei bottoni della giacca da cheff. Lo baciai sulla guancia e lo vidi sorridere. Baciandolo continuai a scorrere dall'angolo della bocca al lato della mascella, a quella parte sottile vicino all'orecchio e quando tirò sù la testa in cerca di più, lo baciai scendendo su tutto il collo fino alla giuntura col petto, mentre le mie dita scivolavano nel suo torace e mi regalò un sospiro e quando lo guardai negli occhi vidi che fissava le mie labbra mentre mordeva le sue. Uh... che brivido!
La porta si aprì ed entrò il collega. salutai cortese. gli chiese mentre lui si schiariva la voce per dire

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