Force Interarms Combat Approvvigionamento e Sollazzo

Scritto da , il 2010-06-08, genere dominazione

Questo racconto è una cazzata spaziale.
Oggi, in compagnia di un fiasco di vino di una pessima vigna, ho scritto questa cagata.
Perdonatemi.

Oggi il mio Uomo, il mio Signore e Padrone verrà a trovarmi e io sono indecisa: meglio attenderlo nuda, con le tette già legate e pronta a soffrire per lui o solo con un po’ di intimo e una ampia scelta di frustini in mano? E con quanti clienti verrà? Non che importi molto, mi frusteranno in ogni caso a sangue e sarò violentata, legata, inculata, ridotta a implorare e a piangere, poi, finalmente Lui si farà pagare, tornerà da me nella stanza delle torture, mi consolerà con un bacio dicendomi: “Sei stata brava, guarisci che domani torno con un paio di amici che pagano bene”. Amo il mio Uomo, anche perché non posso farne a meno: IO SONO FICAS e sono programmata per amarlo.
Sono solo una macchina e questa parte della mia vita è cominciata con quella che doveva essere la mia fine, ovvero una sentenza della Corte Suprema che decideva la mia rottamazione senza tener conto che la scienza mi aveva creata per essere usata come pezzi di ricambio all’infinito.
Eccovi uno stralcio della sentenza:

Annus domini 2210, Senatus Popolusque Romanorum:
Decisione collegiale su Ficas, Force Interarms Combattimento Approvvigionamento e Sollazzo usata nelle missioni di pace.
Se da una parte si può dichiarare che la funzione di Approvvigionamento svolta da tale unità è stata esemplare (716 vite umane salvate e 4.818 pezzi di ricambio non vitali riprodotti), l’attività di Sollazzo per le alte cariche militari non è stata ben accolta particolarmente dalle mogli elette al Congresso.
Si dichiara pertanto che la costruzione delle unità Ficas venga completamente cessata e l’unico esemplare costruito sia dismesso dall’esercito e rottamato.
Decisione approvata all’unanimità.

Per tre anni hanno cercato invano di smaltirmi (riesco a riformarmi anche da un solo atomo) fino a quando non arrivò Lui, il mio amore, che si fece pagare dal Governo per smaltirmi come “Rifiuto tossico”.
Col cazzo che mi ha “smaltita”! Quando non mi dimostra il Suo amore portandomi dei clienti, vende i miei organi a varie associazioni “umanitarie”.
Ma voglio raccontarvi la giornata di oggi, di come si svolgerà per dimostrarvi quanto Lui mi ami.
Mi sono svegliata prestissimo per prepararmi al Suo arrivo e mi sono legata le tette con 2 di quelle cinghie elastiche da auto con i ganci. Naturalmente ho piantato i ganci direttamente nella carne ed è stato dolorosissimo ….
(Già, non ho pensato di ricordarvi che l’errore più grosso del progetto Ucas1 è che io soffro il dolore, lo soffro tantissimo e per me non esistono anestetici. Immaginatevi il dolore che ho sopportato durante le 4.818 volte in cui mi hanno asportato braccia, gambe, occhi per trapiantarle ai militari feriti in azioni “di pace” e di quelle 716 in cui mi hanno asportato cuore, polmoni, reni e quanto altro. Per fortuna la velocissima ricrescita non è dolorosa. Almeno quello mi è risparmiato)
Non so cosa il mio amore e i suoi clienti vorrebbero trovarmi nascosto nella fica e decido per un qualcosa di non troppo soft:
In casa ho delle grosse e lunghe viti a legno da 8 cm, di quelle di una volta con delle grosse teste piatte e taglienti: le unisco saldandole a metà della loro lunghezza su un fil di ferro leggero: vite, 5 cm di filo, vite e così via. Mettendo le viti alternate testa piede ottengo un cilindro facilmente (o quasi) inseribile nella fica e lascio fuori solo un pezzetto di filo dotato di una maniglietta di spugna (non vorrei mai che il mio amore o uno dei suoi clienti si facesse male).
Soffrendo come una cagna riesco a inserirmi dentro la fica un cilindro da 25 viti ma ora mi riesce difficilissimo anche respirare: ad ogni più piccolo movimento le teste delle viti si infilano nella carne causandomi fortissime fitte di dolore, a causa del dolore mi muovo …. E innesco una catena infinita, ma penso alla sorpresa e alla felicità del mio amore e dei suoi clienti.
Tette e fica sono a posto, mi rimane solo il culo libero, ma stamani non ho proprio idee su come farmelo torturare. Muovendomi cautamente mi affaccio alla finestra: in strada stanno lavorando e ci sono quei grossi cunei di plastica che potrei poggiare su una sedia e …
Muovendomi con cautela mi metto un vestitino, scendo in strada e recupero uno di quei cunei spaventosi.
Sono quasi le 14, fra poco arriverà il mio amore con i suoi clienti, ho la fica in fiamme, le tette viola, gonfie ed estremamente doloranti ma decido ugualmente di indossare un push-up e un vestitino, preparo gli ultimi ritocchi nella stanza insonorizzata: sul tavolo un gatto a nove code di quelli veri con pezzetti di fil di ferro e ami legati alle corde in modo che ad ogni frustata vengano strappati brani di pelle e carne (tanto, a parte il dolore, a me la carne ricresce subito), flessibili aste di bambù, innumerevoli cazzi di tutte le forme, da quelli metallici a spigoli a quelli enormi con pompa, in un angolo la gogna che rende disponibile sia il mio culo che la fica e i chiodi per bloccarmi le tette in modo che non possa agitarmi troppo quando li usano per violentarmi.
Accanto al tavolo, davanti al divano per i clienti, metto la sedia con il cuneo: sono convinta che il mio amore mi farà sedere proprio lì sopra per il sollazzo suo e dei suoi clienti.
E il dolore che mi travolgerà, che mi farà piangere ed urlare, che mi farà maledire il mio amore per lui e il fatto di essere una macchina costruita solo per i pezzi di ricambio e il sollazzo di pochi.
Le 14,30: un lungo squillo perentorio mi avvisa che il mio amore è arrivato e la mia lunga serata di dolore sta per cominciare. Apro. Tremo vedendo che i clienti sono ben 5: ogni cliente è dolore in più da sopportare.
Il mio amore mi da un bacio e una strizzata ad una tetta, al mio mugolio di dolore sogghigna, mi presenta ai clienti dicendo solo “lei è Ficas, sarà vostra, farà tutto, subirà tutto. Amore, fai vedere loro cosa hai preparato” Così dicendo mi apre il vestitino e mostra le tette violacee ai cinque, poi mi alza la gonna, scopre la maniglina e tira con violenza e curiosità. Non riesco a trattenere un urlo mentre dalla fica mi escono le prime due viti in orizzontale e una terza resta incastrata a tenermela oscenamente aperta.
(è ovvio che non perdo sangue, troppo truculento per stà cazzo di storia già fin troppo truculenta, un pezzo di ricambio al massimo può perdere un po’ d’olio!)
Il mio amore mi molla uno schiaffo “Cretina, cosa cazzo urli qui dove tutti ti possono sentire?” e rivolto ai tipi: “Andiamo di là che intanto la troia ci prepara il caffè”.
Caracollo lentamente e dolorosamente verso la cucina mentre uno dei cinque tenta di seguirmi ma viene bloccato dal mio amore: “Niente anticipi, prima la grana”. Quanto mi ama quell’uomo, quanto è protettivo nei miei confronti …..
Preparo il vassoio e porto il caffè nella stanza delle torture, il mio amore mi accoglie con un altro schiaffo “cosa cazzo pensavi di fare con questo cuneo?” “credevo che vi avrebbe fatto piacere vedermi impalare lentamente mentre parlate” “tu non devi credere o pensare - e giù un altro schiaffo – devi solo soffrire, piangere e sollazzarci. Vero ragazzi? Il culo te lo rompiamo noi, quando vogliamo noi e come vogliamo noi, chiaro?”
Rimango in piedi dolorante mentre loro trattano il mio prezzo fino a quando il mio amore dice “Siedi” “dove, amore mio?” “su quel cuneo, cretina”.
Il mio amore si è accorto che mi stavo stancando e si dimostra veramente premuroso. Mi siedo cautamente stando a gambe larghe davanti a loro e ben attenta a che quel coso di gomma mi entri nel culo facendomi il meno male possibile, ma la cosa è impossibile, sia perché il cono è tutto meno che liscio, sia perché le viti nella fica mi dilaniano, in particolar modi quella mezza fuori che mi si è piantata nel clitoride. Comincio a piangere silenziosamente per quella lenta ma dolorosa penetrazione ma, fortunatamente, il mio amore si accorge della mia sofferenza e, protettivo come sempre, passa alle mie spalle. Per far cessare quella lenta tortura si appoggia con tutto il suo peso sulle mie spalle e fa sprofondare almeno 10 cm di cuneo nel mio povero culo sfondato.
Urlo con tutto il mio fiato, i cinque sogghignano, guardano il mio amore e uno dice: “D’accordo. Da qui a stasera se li sarà meritati tutti, cominciamo”. Afferra una delle viti e comincia a tirare verso l’alto mentre un altro continua a spingermi sul cuneo che mi spacca praticamente in due, il dolore è lancinante, urlo e piango mentre lentamente le viti escono una dopo l’altra dilaniandomi la fica che si squarcia per un bel pezzo verso l’alto.
L’ultima vite si porta via anche il clitoride e il bastardo, ignorando i miei urli, mi schiaffa dentro il suo cazzo mentre il mio amore, forse un po’ preoccupato, mi toglie il cuneo dal culo e incita un cliente: “dai infilaglielo dentro ora che sente male: fra pochissimo comincerà a ristringersi il buco del culo e sentirai che goduria!”
Se il dolore a fica e culo sta lentamente passando grazie alla velocissima cicatrizzazione bionica, un terzo bastardo, dopo aver atteso l’orgasmo dei primi due, mi agguanta per una delle tette che, essendo ormai legata da più di un paio d’ore, fa male solo a guardarla e mi trascina un po’ in ginocchio e un po’ a gattoni alla gogna. A niente valgono i miei urli e le mie lacrime, in due mi alzano tirandomi per le tette e le appoggiano sul legno.
Il mio amore, visto che mi agito troppo e forse per non farmi soffrire di più, mi viene davanti, mi dà un bacio e pianta un chiodo di quelli da carpentieri a passare la tetta destra. Rimango senza fiato dal dolore e, prima che riesca a cacciare un urlo, mi trovo anche la tetta sinistra inchiodata alla trave. Il mio amore passa chiodi e martelli ai clienti che si danno da fare a martellare con molto ardore e poca perizia le mie tette. In effetti, dopo 10 minuti di questa tortura, sono moltissimi i chiodi torti piantati nella carne e ben pochi quelli che mi tengono inchiodata alla trave. Fra l’altro sono state anche più le martellate che mi hanno preso i capezzoli che quelle che hanno beccato la testa dei chiodi. Per tutto il tempo urlo senza sosta e chiedo pietà senza ritegno, poi il mio amore interviene nuovamente consegnando frustini di bambù ai miei persecutori che iniziano a colpirmi con grande entusiasmo sul culo e sulle tette che, nonostante il processo di cicatrizzazione, somigliano a degli hamburger.
I due che mi frustano sulle tette scommettono fra di loro a chi riuscirà a beccarmi un capezzolo e magari a staccarmelo, ma il dolore più insopportabile me lo procura il quinto: il gran bastardo si è posto dietro al mio culo e colpisce con la forza di uno scaricatore e con la pazienza e la precisione di un monaco certosino sempre ed esclusivamente il buco del culo.
Tanto dolore lo avevo sopportato solo in un’altra occasione quando, in un’azione di pace, i nostri avevano bombardato per sbaglio delle scuole e un ospedale. Purtroppo era l’ora di pranzo, le nostre truppe erano affamate e il cuoco decise di procurarsi delle bistecche alcune con l’osso ed altre senza amputandomi velocemente le tette, i glutei e le gambe e ricavandone ottime bistecche cotte sulla brace per i nostri militari. Ricordo ancora, mentre vivevo in quel limbo di dolore, la voce del cuoco che si lamentava con un capitano di me: la carne non mi ricresceva abbastanza velocemente per nutrire tutta la truppa e mi agitavo troppo per ottenere dei tagli decenti. Fra l’altro siccome urlavo troppo per il dolore e la cosa lo disturbava, il cuoco mi strappò svariate volte anche la lingua.
Quando la sera lo stesso cuoco venne da me per farsi sollazzare avrei voluto rifiutarmi di fargli un pompino e leccargli l’uccello, ma la vita nell’esercito, anche in quelli di pace, è così: bisogna obbedire ed eseguire gli ordini. Chissà se il centinaio di amputazioni consecutive che subii quel giorno sono nel novero dei 4.818 ricambi ottenuti dal mio corpo.
Scusate la digressione.
Riesco ad alzare gli occhi e a vedere che sono quasi le cinque, ancora tre, quattro ore al massimo e poi tutto finirà. Almeno fino alla prossima volta.
I miei torturatori si sono stancati di frustarmi, tirando, strappando e bestemmiando tre di loro mi tolgono chiodi e elastici dalle tette, un quarto si diverte nel frattempo a cacciarmi in culo un qualcosa e il quinto vorrebbe farsi fare una pipa. Per fortuna che il mio amore interviene di nuovo “ragazzi, Ficas comincia ad essere un po’ stanca: organizziamo un giochino, anzi una giostra cavalleresca in cui lei farà il bersaglio”.
Il mio amore ha tante idee di merda, ma questa se la poteva proprio risparmiare: in pochi secondi mi trovo a buopunzoni (la videoscrittura segnala Buopunzoni come parola sconosciuta. Va meglio a buoritto? Neanche. Evvabbene, cambio: a giovane mamma d’agnello). Allora, continuo: in pochi secondi mi trovo a pecorina sul divano, culo e fica ben in vista, a turno ai cinque viene fornito un manico di scopa con un cazzo di plastica di notevoli dimensioni fissato da una parte, tre rincorse a testa e vince chi me lo infila nel culo per più volte, in caso di parità chi è riuscito a infilarcene più cm., se nessuno becca il culo, conta la fica.
Giochino facile facile ma mica tanto divertente per chi deve stare a buco punzoni! Per fortuna i primi quattro sono già così ubriachi che riescono solo a distruggere il divano, il quinto, il bucaiolo che mi frustava sul culo, purtroppo è astemio: mi centra il culo perfettamente come se niente altro mai avesse fatto nella vita e con una forza tale che l’urlo di dolore che stavo per lanciare mi rimane soffocato in gola a causa del cazzo di gomma che mi esce dalla bocca. Nonostante l’assurda posizione “a porchetta” che quel palo mi ha costretta ad assumere e il fortissimo dolore a culo e bocca, mi viene quasi da ridere nel vedere la paura che si dipinge sulla sua faccia. Per fortuna c’è il mio amore che interviene togliendomi il cazzo dalla bocca e il palo dal culo. E’ anche un pochino cattivello perché ne approfitta per infilarmi tutta la mano nel culo e farmi un male boia, ma ha ragione: sono stata cattiva, non si possono spaventare i clienti.
Comunque l’astemio stronzo ha vinto la tenzone e deve decidere quale premio riscuotere e mentre ci pensa io mi riposo un po’ dal dolore fra le braccia degli altri quattro. A dire la verità più che fra le braccia mi ritrovo fra mani curiose che mi si infilano in tutti i buchi con il massimo della cattiveria, cazzi ritti da leccare e sempre il solito bel tomo che cerca di infilarmi in culo, fra una mano e l’altra, qualcosa di grosso, freddo e duro.
Finalmente ha deciso: mi benda, mi stende di schiena sul tavolo e mi lega caviglie e mani con culo e fica ben esposti, poi comincia ad armeggiare per la stanza delle torture raccogliendo un sacco di cose. Comincio ad avere un po’ di paura, forse mi frusterà sulla fica, e lì fa veramente male, intanto sento ridacchiare e all’improvviso mi arrivano una decina di scudisciate fortissime proprio tutte sul clitoride. E daccapo piango e urlo e imploro, poi sento la voce del mio amore: “Ficas, piantala di piagnucolare. Il nostro amico vuole fare un esperimento”. Non ha ancora finito di parlare che mi sento sfondare il culo da uno dei cazzi di plastica dura. Non è fra i più grossi e il dolore è quasi sopportabile. Ma ora ce ne stanno forzando un altro, ed un altro. Ed un altro ancora. Il dolore è allucinante, non riesco neanche più ad urlare. Sento un rumore strano come di un ramo che si spezza. Ancora oggetti nel culo, altri nella fica, ancora dolore e urla e pianti. Sento intorno a me gente che ride, frusciare di banconote, una persona che urla e piange, ancora rumore di rami spezzati, E cazzi nel culo, e nella fica …
Non so quanto tempo è passato, sono persa nel dolore, poi sento qualcuno che mi slega, la voce del mio amore che sussurra: “cazzo, sei uno spettacolo. Ti hanno rotto un bel po’ di ossa, ma, anche se avevo scommesso che tu ci saresti riuscita, non pensavo proprio che ci saremmo riusciti noi ad infilarti tutti i vibratori. Buona, che adesso te li levo” Sento che conti sottovoce, verso i trenta sento le ossa che si ricompongono, a quaranta il dolore comincia a diminuire. “52! Ti lascio l’ultimo bello grosso nella fica, adesso girati e dammi il culo”. Godi di me, poi me lo infili in bocca fino alla gola per fartelo leccare e ripulire. “Domani torno dopo cena con un paio di amici. A questi piace solo frustare e inculare. Fatti trovare nuda”. Oh il mio amore, quanto è dolce, quanto si preoccupa per me.

Il benci@tiscali.it

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