Galeotti furono i pantaloncini
di
GuessWhoIs
genere
tradimenti
Il divano è lo specchio di un campo di battaglia: lattine aperte, briciole ovunque, la maglia nerazzurra di Tommaso buttata su un bracciolo, quella rossonera di Jack ancora addosso. Il Milan è avanti 1-0 da venti minuti, Pulisic ha fatto gol e Jack non la smette di sfottere l’amico.
C’è la tensione tipica di un derby nell’aria, ma Tommaso sembra sentirla più del solito. Jack lo nota, senza sapere che oltre al risultato c’è dell’altro a renderlo nervoso.
Nel pomeriggio, parlando con Luna, aveva fatto l’errore di dirle che quella sera sarebbero stati soli lui e Jack a casa. Lei, sapendo perfettamente quanto l’amico soffrisse la sua presenza, lo aveva incalzato: «Allora ne approfitto per passare a prendere finalmente quel regalo di compleanno… quei pantaloncini che aspetto da mesi».
Tommaso e Luna, in teoria, non dovevano parlare di certe cose: erano entrambi fidanzati.
Lui tra l’altro con la sua migliore amica. Eppure quella linea era stata oltrepassata da tempo. E a soffrirne era sempre lui. Luna ormai conosceva tutti i suoi segreti, soprattutto quanto desiderasse lei e quanto soffrisse il fatto che lei desiderasse Jack – lo stesso Jack che anni prima l’aveva avuta per una notte sola, lasciandole un sapore di incompiuto sulle labbra.
Tommaso viveva con l’ansia che lei si presentasse davvero.
Non rispondeva ai messaggi, non diceva se sarebbe passata o no. Fino a quando il telefono squillò.
Il sangue gli si gelò nelle vene. Provò a ripetersi che non sarebbe successo nulla anche se l’avesse fatta entrare, ma l’ansia lo stava divorando.
«Allora mi fai entrare o no?» strillò Luna da fuori, al freddo.
«Ma chi è?» chiese Jack.
Tommaso balbettò qualcosa tipo che era un’amica venuta a prendere un paio di pantaloncini, ma la mente gli andava a mille e le parole uscivano a fatica.
Luna entrò come se la casa fosse sua: borsa a tracolla, coda alta un po’ scomposta, jeans chiari e giacca di pelle.
«Ciao ragazzi, come va?»
Lanciò un’occhiata furba a Tommaso, poi si girò verso Jack.
«Ciao, Jack…»
Lo disse lento, assaporando ogni sillaba per sillaba.
Jack alzò appena il mento.
«Luna. Che ci fai qui?»
«I pantaloncini,» rispose Tommaso alzandosi di scatto e lanciandole il sacchetto. «Taglia giusta stavolta, giuro.»
Luna sorrise, si sedette esattamente dove era seduto lui, appoggiandosi allo schienale, a un metro da Jack.
«Ah, vince il Milan?» chiese guardando la TV, ottenendo un grugnito di conferma da entrambi, evidentemente imbarazzati.
«Vuoi qualcosa da bere già che sei qui? O vai via subito?»
Non si era ancora tolta la giacca, come a ripetersi che non si sarebbe fermata.
«No, grazie, ho già bevuto troppo prima. Ora quasi quasi vado…»
Fissò il sacchetto sulle ginocchia, poi alzò gli occhi.
«Maaa... posso provarli subito?»
Tommaso si immobilizzò.
Jack strinse la lattina di birra.
Nessuno rispose. Luna aggiunse, con un sorrisetto:
«Ci metto due minuti.»
Tirò fuori i pantaloncini, li sfregò tra pollice e indice.
«Carini. Vado in bagno?»
Tommaso scrollò le spalle. «Di sicuro non ti cambi qui.»
Jack gli lanciò un’occhiata che avrebbe potuto tagliare il vetro.
Luna alzò un sopracciglio, divertita.
«Sicuro?» disse, con aria di sfida.
Silenzio.
Jack bevve un sorso, occhi sullo schermo.
Luna si girò. Con un calcetto si sfilò le sneakers. Poi i jeans, lentissima. Bottone, zip, il tessuto che scivolava giù come una carezza. Il perizoma nero di pizzo era un filo che colpì i due ragazzi come uno schiaffo. Il culo uscì fuori rotondo, sodo, la pelle liscia illuminata dal riflesso della TV. Jack strinse la mascella così forte da farsi male. Tommaso si sedette, ma fissava solo lei. Entrambi fingevano di guardare la partita, ma con la coda dell’occhio non vedevano altro che lei.
Luna si chinò in avanti per prendere i pantaloncini nuovi. Inutile, poteva restare dritta. Ma si chinò. Il culo si tese. Poi si girò, infilò i pantaloncini corti e attillatissimi. Il tessuto le si appiccicò come una seconda pelle, segnando ogni curva, fermandosi appena sotto il sedere. Si guardò allo specchio del corridoio, si passò una mano sul culo, si girò di lato.
«Allora?»
Fece un giro su se stessa.
Tommaso deglutì. «Mi sa che la taglia va bene…»
Luna si avvicinò, si fermò in mezzo ai due.
«Jack?»
Lui la fissò, scese lento sulle cosce, sul rigonfiamento, poi risalì.
«Stretti.»
«Lo so,» rise lei. «Mi piacciono stretti.»
Fece uno squat e si rialzò soddisfatta.
«Mi sa che in palestra ti guarderanno tutti,» aggiunse Tommaso.
«Dici? Ma guardare come mi state guardando voi?»
«Io non sto guardando,» disse Jack alzando le mani in modo ironico.
«Io sì!» esclamò Tommaso, provocando una risata in entrambi.
Luna non si cambiò più. Rimase con i pantaloncini nuovi a guardare la televisione, ma si sedette sul divano tra i due. C’era spazio, eppure i suoi piedi nudi sfioravano continuamente la coscia di Jack, che guardava gli ultimi minuti di partita con la mascella tesa. Difficile capire se la tensione fosse per il derby o per lei.
Passarono minuti così. Nessuno guardava davvero la partita.
Luna giocava con la coda, si chinava a prendere la birra di Tommaso e ne beveva un sorso. Ogni movimento una provocazione calcolata.
Chi soffriva di più era Tommaso: aveva sperato fino all’ultimo che lei non si presentasse. Non riusciva più a seguire il gioco, teneva sempre la coda dell’occhio su quello che succedeva alla sua destra.
La situazione era sul punto di esplodere. Aveva bisogno di stemperare. Con una scusa si alzò e sparì in bagno.
Non appena Tommaso lasciò la stanza, calò un silenzio pesante. Il cuore di Luna batteva all’impazzata. Era andata lì quella sera per un solo motivo, e non aveva intenzione di andarsene senza.
Si girò verso Jack, lo fissò negli occhi. Tre secondi che sembrarono mille.
Silenzio. Solo il telecronista lontano e il cuore di Jack che martellava.
Luna si alzò, tornò verso la sedia dove aveva lasciato i jeans, si sfilò i pantaloncini nuovi dando le spalle a Jack. Stavolta senza fingere: il culo perfetto in perizoma nero era tutto per lui. Jack non riusciva più nemmeno a far finta di guardare la TV.
Lei si girò. Lo guardò. Non servivano parole.
Si avvicinò lenta, si fermò tra le sue gambe.
«Ti ricordi quella sera di anni fa?» sussurrò.
Jack non parlò.
«Io sì. Me la ricordo bene.»
Si sedette a cavalcioni su di lui e lo baciò.
Le mani di Jack andarono subito su quel culo perfetto. Lo strinsero forte.
«Cazzo, Luna… non possiamo. Sei fidanzata e c’è Tommaso di là…»
Lei si chinò, le labbra a un soffio.
«Dimmi di fermarmi»
Jack respirava pesante. Non disse niente.
Si baciarono. Un bacio affamato, anni di attesa che esplodevano. Le mani di Jack le accarezzavano, le prendevano e le spalancarono il culo, un dito sfiorò l’ano, poi scese. La trovò fradicia.
Luna gemette nella sua bocca, si strusciò sul rigonfiamento duro dei pantaloni.
Si alzò di scatto, gli aprì la zip, tirò giù tutto insieme alle mutande. Il cazzo di Jack schizzò fuori, dritto, spesso, vene in rilievo, cappella larga e già lucida.
«Cristo santo… è ancora più grosso di come lo ricordavo.»
Si abbassò, lo prese in bocca fino in gola. Lo succhiò lento, la lingua che seguiva ogni vena. Jack le afferrò la coda, tirò forte. Lei gemette con la bocca piena, occhi lucidi ma non si fermò.
Durò poco. Sentirlo godere le piaceva, ma aspettava una cosa da troppo tempo.
Si alzò, si girò, si appoggiò al tavolo, culo in fuori.
«Scopami.»
Jack si alzò, pantaloni alle caviglie, li scalciò via. Le afferrò i fianchi. La cappella premette sulla figa bagnata. Entrò con una spinta secca, fino in fondo.
Luna si morse la mano per non urlare.
«Piano, ti prego… cazzo…»
Come se non l’avesse sentita, Jack iniziò a scoparla forte. Il tavolo sbatteva contro le sedie, ogni colpo profondo, il culo che rimbalzava perfetto.
In quel momento la porta del bagno si aprì.
Tommaso uscì. Tre passi e li vide. Si fermò.
Luna lo guardò da sopra la spalla, il viso stravolto dal piacere. Con un solo sguardo gli disse: «Vieni qui.»
Tommaso sapeva che quella era l’unica occasione che avrebbe mai avuto. Si avvicinò. La baciò – il bacio che aspettava da una vita.
Luna gli slacciò i pantaloni, glieli abbassò. Iniziò a segarlo mentre lo baciava, poi si chinò e lo prese in bocca. Ma dopo pochi secondi si staccò da entrambi, si girò verso Tommaso e disse:
«Scopami anche dietro, ti prego»
Jack si fermò.
«Sei sicura?»
«Sono già abituata,» sorrise maliziosa, «ma non così grosso. Fai piano all’inizio.»
Jack non esitò. Si bagnò due dita, le passò sul buco e le provò a spingere dentro piano. Poi fece colare un po' di saliva sulla cappella. La appoggiò e spinse piano.
Luna inspirò forte, si aggrappò al tavolo. La cappella entrò. Stretta, caldissima.
«Cazzo… piano…»
Jack spinse ancora, centimetro dopo centimetro, fino a sparire completamente nel suo culo. Luna tremava, le gambe molli.
Quando fu tutto dentro, rimase fermo un secondo. Poi iniziò a muoversi. Lento, poi sempre più forte. Il culo di Luna lo stritolava, ogni spinta un piacere quasi doloroso.
Tommaso era stato dimenticato. Guardava e si segava.
Dopo qualche minuto Luna lo guardò, occhi lucidi, bocca aperta, lo baciò di nuovo – un bacio complice, di ringraziamento.
Gli prese il pene, lo segò veloce.
Si staccò solo per dire a Jack: «Più forte.»
Jack le afferrò i fianchi, la sbatté con violenza. Il tavolo tremava troppo: la prese in braccio e la buttò sul divano. Due schiaffi forti su ogni chiappa. Il culo rosso, aperto.
«Dimmi chi ti scopa meglio,» ringhiò lui.
«Tu,» ansimò Luna. «Sempre e solo tu.»
Tommaso gemette forte. Si avvicinò di nuovo, cazzo in mano. Lei lo prese in bocca un secondo, baciò la cappella, poi lo spinse via.
«No. Tu guardi.»
Jack sorrise e aumentò il ritmo.
Tommaso la guardò implorante, come a dire “me l’avevi promesso”.
Luna gli prese i capelli, gli spinse la faccia sul clitoride. Lui iniziò a leccare, a pochi centimetri dal cazzo dell’amico che entrava e usciva dal culo della ragazza che desiderava da anni. E la cosa assurda era che gli piaceva.
Pochi minuti e Luna esplose: la combinazione di lingua sul clitoride e cazzo nel culo le causò un orgasmo violento, un urlo strozzato, il corpo che si contraeva.
Jack la seguì subito con un grugnito animalesco, tirò fuori e venne su tutto il corpo di Luna, qualche schizzo finì anche sul viso di Tommaso.
Tommaso, l’unico che ancora non era venuto, ci mise tre secondi: Luna lo baciò, addirittura raccogliendo con il dito quegli schizzi che gli avevano colpito la faccia, gli prese il pene e lo segò veloce. Tommaso venne sulla sua mano e sul pavimento.
Luna, senza più dire una parola si alzò, si pulì con un fazzoletto, sparì in bagno.
La partita era finita da un pezzo, nessuno sapeva il risultato.
Quando uscì dal bagno era in ordine, capelli di nuovo a posto, aria soddisfatta ma stanca.
Sorrise.
«Grazie per il regalo, Tommaso.» Gli diede un bacio sulla guancia, vicinissimo alle labbra.
«Grazie anche a te,» disse a Jack, seduto dall’altra parte della stanza.
Prese la borsa ed uscì senza voltarsi.
Jack e Tommaso rimasero lì, in silenzio.
C’è la tensione tipica di un derby nell’aria, ma Tommaso sembra sentirla più del solito. Jack lo nota, senza sapere che oltre al risultato c’è dell’altro a renderlo nervoso.
Nel pomeriggio, parlando con Luna, aveva fatto l’errore di dirle che quella sera sarebbero stati soli lui e Jack a casa. Lei, sapendo perfettamente quanto l’amico soffrisse la sua presenza, lo aveva incalzato: «Allora ne approfitto per passare a prendere finalmente quel regalo di compleanno… quei pantaloncini che aspetto da mesi».
Tommaso e Luna, in teoria, non dovevano parlare di certe cose: erano entrambi fidanzati.
Lui tra l’altro con la sua migliore amica. Eppure quella linea era stata oltrepassata da tempo. E a soffrirne era sempre lui. Luna ormai conosceva tutti i suoi segreti, soprattutto quanto desiderasse lei e quanto soffrisse il fatto che lei desiderasse Jack – lo stesso Jack che anni prima l’aveva avuta per una notte sola, lasciandole un sapore di incompiuto sulle labbra.
Tommaso viveva con l’ansia che lei si presentasse davvero.
Non rispondeva ai messaggi, non diceva se sarebbe passata o no. Fino a quando il telefono squillò.
Il sangue gli si gelò nelle vene. Provò a ripetersi che non sarebbe successo nulla anche se l’avesse fatta entrare, ma l’ansia lo stava divorando.
«Allora mi fai entrare o no?» strillò Luna da fuori, al freddo.
«Ma chi è?» chiese Jack.
Tommaso balbettò qualcosa tipo che era un’amica venuta a prendere un paio di pantaloncini, ma la mente gli andava a mille e le parole uscivano a fatica.
Luna entrò come se la casa fosse sua: borsa a tracolla, coda alta un po’ scomposta, jeans chiari e giacca di pelle.
«Ciao ragazzi, come va?»
Lanciò un’occhiata furba a Tommaso, poi si girò verso Jack.
«Ciao, Jack…»
Lo disse lento, assaporando ogni sillaba per sillaba.
Jack alzò appena il mento.
«Luna. Che ci fai qui?»
«I pantaloncini,» rispose Tommaso alzandosi di scatto e lanciandole il sacchetto. «Taglia giusta stavolta, giuro.»
Luna sorrise, si sedette esattamente dove era seduto lui, appoggiandosi allo schienale, a un metro da Jack.
«Ah, vince il Milan?» chiese guardando la TV, ottenendo un grugnito di conferma da entrambi, evidentemente imbarazzati.
«Vuoi qualcosa da bere già che sei qui? O vai via subito?»
Non si era ancora tolta la giacca, come a ripetersi che non si sarebbe fermata.
«No, grazie, ho già bevuto troppo prima. Ora quasi quasi vado…»
Fissò il sacchetto sulle ginocchia, poi alzò gli occhi.
«Maaa... posso provarli subito?»
Tommaso si immobilizzò.
Jack strinse la lattina di birra.
Nessuno rispose. Luna aggiunse, con un sorrisetto:
«Ci metto due minuti.»
Tirò fuori i pantaloncini, li sfregò tra pollice e indice.
«Carini. Vado in bagno?»
Tommaso scrollò le spalle. «Di sicuro non ti cambi qui.»
Jack gli lanciò un’occhiata che avrebbe potuto tagliare il vetro.
Luna alzò un sopracciglio, divertita.
«Sicuro?» disse, con aria di sfida.
Silenzio.
Jack bevve un sorso, occhi sullo schermo.
Luna si girò. Con un calcetto si sfilò le sneakers. Poi i jeans, lentissima. Bottone, zip, il tessuto che scivolava giù come una carezza. Il perizoma nero di pizzo era un filo che colpì i due ragazzi come uno schiaffo. Il culo uscì fuori rotondo, sodo, la pelle liscia illuminata dal riflesso della TV. Jack strinse la mascella così forte da farsi male. Tommaso si sedette, ma fissava solo lei. Entrambi fingevano di guardare la partita, ma con la coda dell’occhio non vedevano altro che lei.
Luna si chinò in avanti per prendere i pantaloncini nuovi. Inutile, poteva restare dritta. Ma si chinò. Il culo si tese. Poi si girò, infilò i pantaloncini corti e attillatissimi. Il tessuto le si appiccicò come una seconda pelle, segnando ogni curva, fermandosi appena sotto il sedere. Si guardò allo specchio del corridoio, si passò una mano sul culo, si girò di lato.
«Allora?»
Fece un giro su se stessa.
Tommaso deglutì. «Mi sa che la taglia va bene…»
Luna si avvicinò, si fermò in mezzo ai due.
«Jack?»
Lui la fissò, scese lento sulle cosce, sul rigonfiamento, poi risalì.
«Stretti.»
«Lo so,» rise lei. «Mi piacciono stretti.»
Fece uno squat e si rialzò soddisfatta.
«Mi sa che in palestra ti guarderanno tutti,» aggiunse Tommaso.
«Dici? Ma guardare come mi state guardando voi?»
«Io non sto guardando,» disse Jack alzando le mani in modo ironico.
«Io sì!» esclamò Tommaso, provocando una risata in entrambi.
Luna non si cambiò più. Rimase con i pantaloncini nuovi a guardare la televisione, ma si sedette sul divano tra i due. C’era spazio, eppure i suoi piedi nudi sfioravano continuamente la coscia di Jack, che guardava gli ultimi minuti di partita con la mascella tesa. Difficile capire se la tensione fosse per il derby o per lei.
Passarono minuti così. Nessuno guardava davvero la partita.
Luna giocava con la coda, si chinava a prendere la birra di Tommaso e ne beveva un sorso. Ogni movimento una provocazione calcolata.
Chi soffriva di più era Tommaso: aveva sperato fino all’ultimo che lei non si presentasse. Non riusciva più a seguire il gioco, teneva sempre la coda dell’occhio su quello che succedeva alla sua destra.
La situazione era sul punto di esplodere. Aveva bisogno di stemperare. Con una scusa si alzò e sparì in bagno.
Non appena Tommaso lasciò la stanza, calò un silenzio pesante. Il cuore di Luna batteva all’impazzata. Era andata lì quella sera per un solo motivo, e non aveva intenzione di andarsene senza.
Si girò verso Jack, lo fissò negli occhi. Tre secondi che sembrarono mille.
Silenzio. Solo il telecronista lontano e il cuore di Jack che martellava.
Luna si alzò, tornò verso la sedia dove aveva lasciato i jeans, si sfilò i pantaloncini nuovi dando le spalle a Jack. Stavolta senza fingere: il culo perfetto in perizoma nero era tutto per lui. Jack non riusciva più nemmeno a far finta di guardare la TV.
Lei si girò. Lo guardò. Non servivano parole.
Si avvicinò lenta, si fermò tra le sue gambe.
«Ti ricordi quella sera di anni fa?» sussurrò.
Jack non parlò.
«Io sì. Me la ricordo bene.»
Si sedette a cavalcioni su di lui e lo baciò.
Le mani di Jack andarono subito su quel culo perfetto. Lo strinsero forte.
«Cazzo, Luna… non possiamo. Sei fidanzata e c’è Tommaso di là…»
Lei si chinò, le labbra a un soffio.
«Dimmi di fermarmi»
Jack respirava pesante. Non disse niente.
Si baciarono. Un bacio affamato, anni di attesa che esplodevano. Le mani di Jack le accarezzavano, le prendevano e le spalancarono il culo, un dito sfiorò l’ano, poi scese. La trovò fradicia.
Luna gemette nella sua bocca, si strusciò sul rigonfiamento duro dei pantaloni.
Si alzò di scatto, gli aprì la zip, tirò giù tutto insieme alle mutande. Il cazzo di Jack schizzò fuori, dritto, spesso, vene in rilievo, cappella larga e già lucida.
«Cristo santo… è ancora più grosso di come lo ricordavo.»
Si abbassò, lo prese in bocca fino in gola. Lo succhiò lento, la lingua che seguiva ogni vena. Jack le afferrò la coda, tirò forte. Lei gemette con la bocca piena, occhi lucidi ma non si fermò.
Durò poco. Sentirlo godere le piaceva, ma aspettava una cosa da troppo tempo.
Si alzò, si girò, si appoggiò al tavolo, culo in fuori.
«Scopami.»
Jack si alzò, pantaloni alle caviglie, li scalciò via. Le afferrò i fianchi. La cappella premette sulla figa bagnata. Entrò con una spinta secca, fino in fondo.
Luna si morse la mano per non urlare.
«Piano, ti prego… cazzo…»
Come se non l’avesse sentita, Jack iniziò a scoparla forte. Il tavolo sbatteva contro le sedie, ogni colpo profondo, il culo che rimbalzava perfetto.
In quel momento la porta del bagno si aprì.
Tommaso uscì. Tre passi e li vide. Si fermò.
Luna lo guardò da sopra la spalla, il viso stravolto dal piacere. Con un solo sguardo gli disse: «Vieni qui.»
Tommaso sapeva che quella era l’unica occasione che avrebbe mai avuto. Si avvicinò. La baciò – il bacio che aspettava da una vita.
Luna gli slacciò i pantaloni, glieli abbassò. Iniziò a segarlo mentre lo baciava, poi si chinò e lo prese in bocca. Ma dopo pochi secondi si staccò da entrambi, si girò verso Tommaso e disse:
«Scopami anche dietro, ti prego»
Jack si fermò.
«Sei sicura?»
«Sono già abituata,» sorrise maliziosa, «ma non così grosso. Fai piano all’inizio.»
Jack non esitò. Si bagnò due dita, le passò sul buco e le provò a spingere dentro piano. Poi fece colare un po' di saliva sulla cappella. La appoggiò e spinse piano.
Luna inspirò forte, si aggrappò al tavolo. La cappella entrò. Stretta, caldissima.
«Cazzo… piano…»
Jack spinse ancora, centimetro dopo centimetro, fino a sparire completamente nel suo culo. Luna tremava, le gambe molli.
Quando fu tutto dentro, rimase fermo un secondo. Poi iniziò a muoversi. Lento, poi sempre più forte. Il culo di Luna lo stritolava, ogni spinta un piacere quasi doloroso.
Tommaso era stato dimenticato. Guardava e si segava.
Dopo qualche minuto Luna lo guardò, occhi lucidi, bocca aperta, lo baciò di nuovo – un bacio complice, di ringraziamento.
Gli prese il pene, lo segò veloce.
Si staccò solo per dire a Jack: «Più forte.»
Jack le afferrò i fianchi, la sbatté con violenza. Il tavolo tremava troppo: la prese in braccio e la buttò sul divano. Due schiaffi forti su ogni chiappa. Il culo rosso, aperto.
«Dimmi chi ti scopa meglio,» ringhiò lui.
«Tu,» ansimò Luna. «Sempre e solo tu.»
Tommaso gemette forte. Si avvicinò di nuovo, cazzo in mano. Lei lo prese in bocca un secondo, baciò la cappella, poi lo spinse via.
«No. Tu guardi.»
Jack sorrise e aumentò il ritmo.
Tommaso la guardò implorante, come a dire “me l’avevi promesso”.
Luna gli prese i capelli, gli spinse la faccia sul clitoride. Lui iniziò a leccare, a pochi centimetri dal cazzo dell’amico che entrava e usciva dal culo della ragazza che desiderava da anni. E la cosa assurda era che gli piaceva.
Pochi minuti e Luna esplose: la combinazione di lingua sul clitoride e cazzo nel culo le causò un orgasmo violento, un urlo strozzato, il corpo che si contraeva.
Jack la seguì subito con un grugnito animalesco, tirò fuori e venne su tutto il corpo di Luna, qualche schizzo finì anche sul viso di Tommaso.
Tommaso, l’unico che ancora non era venuto, ci mise tre secondi: Luna lo baciò, addirittura raccogliendo con il dito quegli schizzi che gli avevano colpito la faccia, gli prese il pene e lo segò veloce. Tommaso venne sulla sua mano e sul pavimento.
Luna, senza più dire una parola si alzò, si pulì con un fazzoletto, sparì in bagno.
La partita era finita da un pezzo, nessuno sapeva il risultato.
Quando uscì dal bagno era in ordine, capelli di nuovo a posto, aria soddisfatta ma stanca.
Sorrise.
«Grazie per il regalo, Tommaso.» Gli diede un bacio sulla guancia, vicinissimo alle labbra.
«Grazie anche a te,» disse a Jack, seduto dall’altra parte della stanza.
Prese la borsa ed uscì senza voltarsi.
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