Giacinto e Apollo

di
genere
gay

Giacinto era principe di Sparta e in quel pomeriggio di fine estate si trovava nei boschi limitrofi alla polis laconica, impegnato ad eseguire i quotidiani esercizi fisici. Uno spartano non poteva e non doveva oziare; la prestanza fisica era la priorità e benché fosse appena ventenne il suo corpo iniziava ad acquisire le forme che hanno i soldati; ma era pur sempre un principe e gli agi e i privilegi lasciavano la sua pelle delicata e fanciullesca.
All'ombra degl'alberi correva, saltava, sollevava tronchi e pietre, eseguiva esercizi a corpo libero. Indossava calzari ed un corto chitone, senza cintura per agevolare i movimenti. Non era molto alto ma le proporzioni erano perfette. Aveva capelli corti e ondulati, occhi scuri con ciglia folte, barba appena accennata e sul corpo, dal roseo incarnato, una leggera peluria che decorava braccia, gambe e petto.
Mentre si allenava, nei pressi di un prato illuminato dal sole pomeridiano, udì un suono assai gradevole; una musica di corde pizzicate. Guardò attraverso i fusti e vide un uomo, seduto sul prato con la schiena appoggiata ad un platano, che con le dita faceva uscire da una lira quel suono sublime. Non volle avvicinarsi ulteriormente ma dalla sua visuale poteva notare lo splendore di questa creatura. Egli era biondo, la pelle era ambrata e ricoperta da una leggera peluria color dell'oro. Non indossava indumenti e il suo corpo tonico e definito era completamente illuminato dal sole. Sembrava quasi che emanasse luce propria.
Giacinto pensò che costui non poteva essere umano, ma doveva essere una divinità. Non aveva mai visto nulla di simile e le sue orecchie non avevano mai udito un suono così divino.
Il Dio era Apollo, Dio del sole e della musica, venerato in tutta la Grecia.
Egli, benché intento a suonare la sua lira, si accorse del bel giovane nell'ombra della foresta e cosí provó alcuni accordi insegnatali da Eros.
Le prime note giunsero all'orecchio di Giacinto e una strana sensazione pervase il suo corpo. Un intenso piacere partì dal perineo salendo verso la schiena, passando in mezzo alle natiche, lungo tutta la colonna vertebrale ed arrivò alla nuca.
Giacinto emise un gemito, le ginocchia si piegarono e si appoggiò con entrambe le mani ad una quercia. Senti il suo ano inumidirsi e il pene indurirsi leggermente sollevando la tunica.
Apollo, non pago, effettuò un'altro accordo e stavolta la sensazione di piacere partì dai capezzoli turgidi del ragazzo, scese verso l'addome scolpito e si infilò nel cazzo, il quale ebbe un sussulto e si irrigidí completamente.
Giacinto si accasció sulle ginocchia, era stordito, ansimava e con gli occhi sbarrati continua a guardare Apollo. Il suo pene pulsava, gli indumenti stavano stretti, li tolse. Completamente nudo, il suo cazzo sentiva l'aria proveniente dalle fronde degli alberi e mostrava una cappella rossastra e lucida. Con una mano lo stringeva e si masturbava ma voleva di più; voleva avvicinarsi al Dio, voleva toccarlo, voleva farsi toccare...avrebbe osato tanto?
Si fece coraggio ed uscí dall'ombra. Stava in piedi a pochi metri dal Dio il quale smise di suonare ed appoggiò la lira a terra. Apollo non si alzò, rimase con la schiena contro il tronco dell'albero, pieghó le ginocchia verso di sé e inarcó un po' il bacino in avanti mostrando il roseo ano. Era un chiaro invito.
In questa posizione il pene di Apollo appoggiava sul suo addome. Lo scroto era gonfio e l'asta iniziava ad indurirsi ma il glande non aveva ancora fatto capolino.
Il giovane principe si avvicinó, e al cospetto del Dio senti di doversi inginocchiare. Questo piacque ad Apollo che già pregustava la sottomissione del mortale. Quando furono vicini si guardarono negli occhi e il desiderio pervase entrambi. Giacinto chinó la testa sull'inguine di Apollo ma non lo toccó;  inspiró forte e senti l'odore del Dio, composto da zolfo e zagare.
Apollo chiuse gli occhi attendendo una fellazio che però non avvenne.
Apri gli occhi e vide Giacinto in piedi davanti a lui, con lo sguardo fisso e il cazzo duro a pochi centimetri dalle sue labbra. Con una mano gli accarezzava i capelli e con l'altra indirizzava l'asta verso la bocca.
Apollo non oppose resistenza. Egli sa che nell'amore si è uguali e l'estasi non conosce ruoli.
Apri la bocca e l'asta turgida dello spartano entrò.
"Aahh, cazzo!!" Esclamó Giacinto. Era tutto dentro e avvolto dalla lingua divina.
Il principe muoveva il bacino avanti e indietro; rivoli di saliva colavano dalle labbra di Apollo il quale, ormai eccitatissimo, si menava il cazzo duro.
Giacinto era esterrefatto; era già stato spompinato da alcune ancelle di palazzo ma mai così bene e con tale intensità. Il Dio era vorace, il cazzo entrava tutto e le palle gli sfioravano il mento.
Apollo pose la mano libera sulla coscia di Giacinto e con  le dita sfiorava l'incavo tra le natiche. Questo gesto risultò quasi fatale. Lo spartano si irrigidí, rallentó il movimento poiché dal basso ventre sentí l'orgasmo sopraggiungere. "Così mi fai venire! Non voglio sborrare subito! AAAAAHHH CAZZO!!
Così dicendo indietreggió e tolse subito la nerchia pulsante e umida dalla bocca di Apollo ma una lacrima lattiginosa usci dal glande. Le gambe gli cedettero e cadde all'indietro.
Avreste dovuto vederlo questo ragazzo inerme, nudo, seduto sull'erba, ansimante e con il cazzo al limite dell'eruzione.
Il Dio del Sole si alzò e gli tese la mano. Quando furono entrambi in piedi si abbracciarono e si baciarono con intensa passione; i loro corpi erano caldi umidi di sudore.
"Non ho mai provato nulla di simile." Disse Giacinto. "Ancora pochi attimi e ti avrei riempito la gola con il mio seme. Ma adesso voglio essere io a farti godere."
Apollo sorrise e posizionó il suo cazzo tra le coscie serrate del giovane e iniziò a simulare una penetrazione. Giacinto aveva gambe forti e muscolose e più le stringeva più Apollo ansimava.
Il cazzo del Dio era molto umido, sgocciolava; ma le coscie del principe erano leggermente pelose e creavano un attrito non del tutto piacevole. "Devo sentire la morbidezza e il calore della tua bocca." Disse Apollo.
Erano le prime parole divine che Giacinto udì.
Si inginocchiò, afferró la nerchia di Apollo e la contempló come si contempla un idolo sacro. Il pene di Apollo sembrava scolpito nell'alabastro; un'asta perfetta, rosea e setosa, incorniciata da una peluria bionda. Non sapeva come procedere, non aveva mai succhiato un cazzo in vita sua; quindi lo avvicinó alle labbra e con la punta della lingua raccolse una goccia di liquido trasparente. Aveva un sapore dolciastro e accattivante. Non poteva più aspettare, aprí la bocca inizió a succhiare il cazzo con dedizione: lo ingoiava fino alla base, si soffermava sul glande, aspirando come a voler fare uscire più liquido di quel che già usciva; passava da leccare lo scroto al cazzo e con la mano destra lo segava.
Apollo era in estasi. Le gambe gli si fecero molli e dovette sedersi ma Giacinto non si staccó neanche per un istante. Il Dio ansimava e si contorceva sull'erba. I gemiti si fecero sempre più intensi fino a quando il principe senti un urlo e avverti un getto sul palato. Subito si staccò e vide che dal cazzo di Apollo uscivano copiosi zampilli perlacei che ricadevano sul ventre e sul petto del Dio.
"Cazzo Giacinto, mi hai fatto sborrare! Sei stato molto devoto." Disse Apollo.
Lo spartano sputó lo sperma che aveva in bocca. "Ora tocca a me venire", disse.
Il Dio rispose: "non è tempo per te; la sera non è ancora giunta e voglio farti provare altre delizie".
"Ma non so quanto ancora riesco a resistere, sento che ho molto liquido che vuole uscire; vedi come sono gonfie le mie palle?"
Apollo non accettava scuse, si mise a carponi e mostrò a Giacinto il roseo ano. "Ora leccalo e non toccarti il cazzo, a quello penserò io più tardi". Giacinto obbedí. Appoggiò le mani sulle natiche di Apollo e leccó a fondo il buchino; con la punta della lingua varcava la soglia poi infilò una falange e la sensazione di calore e morbidezza di quel culo gli piacque particolarmente.
Il Dio gemeva ma tutto ad un tratto si spostó.
"Sdraiati con il cazzo al cielo." Gli disse.
Giacinto ormai era in balia degli eventi. Assunta questa posizione, Apollo gli mise il culo in faccia e allungandosi in avanti afferró il pene del principe e riprese il pompino interrotto tempo prima.
Farsi succhiare il cazzo in questa posizione era ancora più piacevole. Giacinto strizzava le natiche di Apollo, leccava con foga il culo, gemeva e si contorceva. "Aspetta, aspetta....fermati un momento, è troppo intenso!" Così il Dio si scostò e si concentrò a godere degli affondi di lingua al suo ano. Ansimava mentre si strizzava i capezzoli con le dita umide di saliva; il cazzo era semiduro ma il buchino era bagnatissimo. Stava godendo da dietro in modo superlativo. Il giovane allargava le natiche con entrambe le mani e leccava il buco che pulsava e si dilatava. Apollo era in estasi. "Continua così, non ti fermare! AAAHHH SIIII!! Continua, infila la lingua dentro, sto godendo con il culo. CAZZOOO!!!!  Sento che arriva!! ECCOMIII, DAIII, SIIII, COSII COSII, SBORROOOOOO!!! AAAAAHHHHHH!!! SIIIIIII!!!!
E dalla nerchia di Apollo sgorgó copioso il latte caldo e denso che ricoprì il petto di Giacinto che esterrefatto esclamò: "sei venuto ancora?? E senza toccarti il cazzo! Come cazzo ci sei riuscito??"
"Sono una creatura divina, figlio di Zeus, sono immortale. Ho un inizio ma non ho una fine. Così è per la mia esistenza e cosí è per il mio corpo. Il mio cazzo può sborrare infinitamente".
"Dev'essere meraviglioso godere all'infinito", disse Giacinto.
"La meraviglia la proverai tu quando finalmente tutto lo sperma che si sta accumulando uscirà dal tuo pene in un orgasmo esplosivo. Io posso venire molte volte ma il piacere che provate voi umani è molto più intenso".
"Ti prego fammi sborrare...non ne posso più, devo liberarmi di tutto questo sperma".
Apollo si mise a carponi con le gambe divaricate mostrando l'ano umido e voglioso e Giacinto si avvicinó con l'intenzione di leccarlo ma il Dio lo interruppe. "È già abbastanza umido; ora devi infilarci il cazzo!"
Giacinto era attonito, non aveva mai messo il proprio pene dentro un orifizio anale ma quel buchino era talmente invitante che non esitó. In principio appoggiò la cappella e vide che la fessura si allargava; poi con una spinta dei lombi infilò tutta l'asta. Apollo emise un lungo gemito e Giacinto, nel percepire il suo pene avvolto dalle mucose calde e umide di quel culo esclamò: "SANTO OLIMPOOO! CAZZO QUANTO È BELLOO"!! Dopodiché afferró il Dio del sole per i fianchi e iniziò a muoversi avanti e indietro, facendo uscire il glande di pochi millimetri per poi spingerlo nuovamente dentro.
Apollo per l'estasi gemeva rumorosamente, con i pungni strappava i ciuffi d'erba; la schiena possente era inarcata e le natiche tremavano sotto i colpi dello spartano. Il pene divino era rigido ed un filo di liquido usciva dal glande.
Giacinto aumentava il ritmo e grugniva mentre affondava il suo cazzo marmoreo dentro Apollo.
Per migliorare la prestazione posizionó i piedi bene a terra e si alzò con il bacino. In questa posizione entró ancora più a fondo stimolando  punti che fecero tremare di piacere Apollo.
"SIIII COSIIIII CAZZOOO!!! TI SENTO TUTTO, FINO IN FONDO!!! AAAHHH COME GODOO!!"
"Sto godendo anche io...CAZZO!! È bellissimo!!"
Giacinto era matido di sudore, dalla fronte e dai capelli scendeva la rugiada; dal centro della schiena un rivolo correva e si infilava tra le natiche toniche. Improvvisamente una folata di vento leggero soffió alle sue spalle e gli accarezzò l'ano umido...provó sollievo e piacere allo stesso tempo.
Apollo era ebbro di piacere. "MMMMHHH!! AAAHH! MI FAI VENIREEE!! ANCORAAA!!! AAAAAAAAHHHHH!!!!!!" Non poteva più contenersi e tutto ad un tratto, dal suo cazzo che non aveva neanche sfiorato, uscirono copiosi getti di sperma. Le contrazioni anali dovute all'orgasmo strinsero il pene del giovane principe che oramai non poteva piu trattenersi. "Oddio!!! Ora ti riempio!"
Dagli arti sentí partire un brivido caldo; le tempie pulsavano e le mani stringevano con forza i fianchi del dio. Dal basso ventre e dal perineo sentí arrivare tutta la potenza dell'orgasmo; urlava di piacere: "STO VENENDO! CI SONOOO!!! SIIIII!!! CAZZO È BELLISSIMOOOOO!!! AAAAHHHH!!! SBORROOOOOOOOHHHHAAAAHHHH!!!!!!!
Il primo colossale getto riempí la cavità di Apollo ma la potenza del godimento lo spinse indietro e il cazzo uscí mentre ancora fiottava copiosi schizzi di sperma che ricaddero sulla schiena del dio.
Giacinto si accasció a terra gemendo e tremando e il suo pene non cessava di rilasciare seme.
Che orgasmo titanico stava provando, tutto il suo corpo ne era impregnato. Gli girava la testa e la vista era annebbiata; non ricordava più dove si trovava.
Rimase sdraiato sull'erba fresca ansimando per qualche minuto, poi si alzò come destandosi dal riposo. Era solo. Apollo non era piu li e il crepuscolo stava per giungere.
Notò sui fili d'erba l'omaggio che il dio del sole aveva lasciato e senza riflettere ne raccolse una goccia e la portò alla bocca. Poi si rivestì e ritornò a Sparta.




scritto il
2025-09-20
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