Un viaggio qualunque
di
stendhal
genere
feticismo
Si incontravano ogni due settimane, circa. Vivevano lontano, avevano due vite, si desideravano profondamente. Un desiderio che non nasceva dalla sintonia sessuale intensa, ma dalla sintonia mentale intensa. Sembravano fatti l’uno per l’altra, ma non erano mai riusciti a rendere il loro rapporto esclusivo e stabile. Una instabilità pericolosa. Tutto poteva finire improvvisamente, ma il senso di precarietà rendeva ogni incontro assoluto. Riuscivano ad escludere il resto del mondo dai loro incontri ed a vivere poche ore come una vita intera.
Si davano appuntamento su un treno, lui partiva prima e la aspettava ad una stazione intermedia. L’eccitazione diventava già irresistibile qualche giorno prima e definitivamente dolorosa quando la vedeva sulla banchina. Lei calma, sorridente, con gli occhiali scuri. Vestita casualmente, come se stesse andando in un posto qualunque e da sola. Si salutavano con un bacio, spesso fuggevole, come due cari amici. Iniziavano a conversare delle loro passioni: arte, spettacolo, politica. A volte si infervoravano, ma lei sapeva tenerlo a bada. Lui spesso trascendeva nelle sue opinioni, esagerava per cercare di vincere la sua resistenza e avere la meglio nella discussione. Lei lo prendeva in giro per le sue opinioni a volte conformiste e la discussione finiva con un’allegra risata.
Ma quel giorno lui era salito sul treno con la voglia di essere lì per lei e voleva dimostrarglielo. Si era messo un collare di velcro da cui partiva una lunga catenella che scendeva giù per agganciarsi ad un anello di silicone che costringeva il suo pene e i suoi testicoli in una morsa dolce, ma dolorosa in qualche posizione. Il tutto era ben dissimulato dalla camicia, ma anche facile da raggiungere. Ma non era ancora ora.
Il viaggio durava un’ora e mezzo. Dopo un po’ erano entrambi stanchi di stare seduti. Andavano sempre al bar nella carrozza numero tre. Era il loro modo di sentirsi normali. Di considerare quel viaggio uno come tanti, un semplice trasferimento in cui ingannare il tempo con le cose che fanno tutti. La sosta al bar era la scusa per un aperitivo improvvisato: lo spumante che c’era, le noccioline da viaggio, poco più.
E durante l’aperitivo l’impazienza di lui cominciava a crescere. Si sarebbe messa a ridere del suo costrittore? Avrebbe apprezzato? L’avrebbe considerata una stravaganza da guardare con condiscendenza? Quando l’alcool cominciava a fare effetto si aprì un po’ la camicia e mostrò il collare. Lei non reagì subito, sembrava abbastanza fredda, quasi disturbata da quell’intermezzo che interrompeva la loro routine. Non si muoveva, non parlava, manteneva solo un sorriso enigmatico. Allora lui incominciò a parlarle. La sua voce era profonda ed aveva sempre una certa efficacia su di lei. Le chiese di immaginare a cosa fosse collegata la catenella e poi le chiese di afferrarla e di tirarla con forza. Lei non fece resistenza, ubbidì e diede uno strattone vigoroso, ma non forte. Il dolore si dipinse sul volto di lui e lei lasciò andare la catenella senza fretta, gustando il momento ed il potere che aveva. Evidentemente aveva gradito il pensiero. Aveva capito che il dono era per lei, per dimostrare l’appartenenza e la necessità di essere lì, in quel momento, con lei.
Non ci furono molte parole dopo quel momento, lei chiese qualcosa sul dolore, lui rispose che la sua virilità era intrappolata da ore, che i suoi testicoli erano probabilmente gonfi. Uno dei complimenti che lei gli faceva più spesso era di avere “le palle belle sode”. Lui non aveva mai capito cosa volesse dire, però era chiaro che quella parte del suo corpo le piaceva tanto, qualunque fosse il motivo. Probabilmente in quel momento erano più sode che mai. Quindi le suggerì di verificare, aveva allargato le gambe e toccava quelle di lei con le sue dato che erano seduti su due sgabelli vicinissimi uno di fronte all’altro. Lei fece un mezzo sorriso, ma non indugiò a lungo. Allungo la mano destra e lo accarezzò in mezzo alle gambe, prima come un a vera carezza, poi quasi soppesando ciò che aveva in mano. Il tutto durò un solo istante.
Quello che successe dopo lo sorprese. Lei si alzò e gli disse di seguirla. Non diede spiegazioni, non fece neanche apprezzamenti su quello che aveva toccato, semplicemente: “andiamo”. Lui capì cosa aveva in mente subito dopo, quando uscirono dalla porta della carrozza bar. Lei si fermò di scatto, come posseduta, aprì la porta alla sua destra e gli disse di seguirla.
Erano nel piccolo bagno del treno. Un wc sulla sinistra, un mini lavandino con lo specchio sulla destra. Lei continuava a sorprenderlo. Non perse tempo a parlargli, non gli disse proprio nulla. Non gli dedicò neanche un istante per baciarlo, abbracciarlo o altro. SI girò subito verso lo specchio, si calò pantaloni e mutandine fino alle caviglie senza toglierli ed inizio ad inarcare la schiena. Non c’era molto da capire. Era come se, nel momento in cui aveva toccato il suo inguine, una scarica elettrica l’avesse percorsa da capo a piedi per fermarsi tra le sue cosce e farle scorrere la voglia. Lui si spogliò allo stesso modo esponendo il suo costrittore e un pene duro ormai da troppo tempo. Si sedette dove poteva afferrando le maniglie che sembravano messe lì a bella posta. Lei modificò la sua posizione e lo prese con un solo colpo, andò fino in fondo e poi iniziò a cavalcare senza metodo, ma con gran vigore. Lo cercava con un misto di disperazione e voglia di dominare. Mugolava come non l’aveva mai sentita, quasi lo sferragliare del treno non riusciva a coprire i suoi lamenti. Venne in pochi minuti, senza una parola, rallentò e cominciò a cercare il suo pene con più metodo e regolarità. Lui era allo spasimo, era rimasto cosi sorpreso da quando era successo che non aveva avuto tempo di permettere ad un orgasmo di crescere. Ma adesso si rendeva conto di quanto fosse eccitato e definitivamente pronto per lasciarsi andare. Afferrandosi meglio alle maniglie, cominciò a trovare un modo per spingere, pur in una posizione infelice, e lei lo assecondava sempre meglio. Fissò quel momento nella sua mente, capiva che avrebbe ricordato quel viaggio per sempre, che stava vivendo un atto d’amore che capita una volta sola tra due persone. Poi cedette, l’orgasmo crebbe rapidamente e rapidamente si riversò dentro di lei. Lei si staccò da lui con indolenza, ma non cambiò posizione. Così lui potè godere della vista di lei che gocciolava il suo piacere finendo nelle sue mutandine.
Si ricomposero con una calma infinita. Anche ora non ci furono molte parole. Lei disse qualcosa come: “bisognava proprio farlo” ed il viaggio riprese come il solito viaggio qualunque.
Si davano appuntamento su un treno, lui partiva prima e la aspettava ad una stazione intermedia. L’eccitazione diventava già irresistibile qualche giorno prima e definitivamente dolorosa quando la vedeva sulla banchina. Lei calma, sorridente, con gli occhiali scuri. Vestita casualmente, come se stesse andando in un posto qualunque e da sola. Si salutavano con un bacio, spesso fuggevole, come due cari amici. Iniziavano a conversare delle loro passioni: arte, spettacolo, politica. A volte si infervoravano, ma lei sapeva tenerlo a bada. Lui spesso trascendeva nelle sue opinioni, esagerava per cercare di vincere la sua resistenza e avere la meglio nella discussione. Lei lo prendeva in giro per le sue opinioni a volte conformiste e la discussione finiva con un’allegra risata.
Ma quel giorno lui era salito sul treno con la voglia di essere lì per lei e voleva dimostrarglielo. Si era messo un collare di velcro da cui partiva una lunga catenella che scendeva giù per agganciarsi ad un anello di silicone che costringeva il suo pene e i suoi testicoli in una morsa dolce, ma dolorosa in qualche posizione. Il tutto era ben dissimulato dalla camicia, ma anche facile da raggiungere. Ma non era ancora ora.
Il viaggio durava un’ora e mezzo. Dopo un po’ erano entrambi stanchi di stare seduti. Andavano sempre al bar nella carrozza numero tre. Era il loro modo di sentirsi normali. Di considerare quel viaggio uno come tanti, un semplice trasferimento in cui ingannare il tempo con le cose che fanno tutti. La sosta al bar era la scusa per un aperitivo improvvisato: lo spumante che c’era, le noccioline da viaggio, poco più.
E durante l’aperitivo l’impazienza di lui cominciava a crescere. Si sarebbe messa a ridere del suo costrittore? Avrebbe apprezzato? L’avrebbe considerata una stravaganza da guardare con condiscendenza? Quando l’alcool cominciava a fare effetto si aprì un po’ la camicia e mostrò il collare. Lei non reagì subito, sembrava abbastanza fredda, quasi disturbata da quell’intermezzo che interrompeva la loro routine. Non si muoveva, non parlava, manteneva solo un sorriso enigmatico. Allora lui incominciò a parlarle. La sua voce era profonda ed aveva sempre una certa efficacia su di lei. Le chiese di immaginare a cosa fosse collegata la catenella e poi le chiese di afferrarla e di tirarla con forza. Lei non fece resistenza, ubbidì e diede uno strattone vigoroso, ma non forte. Il dolore si dipinse sul volto di lui e lei lasciò andare la catenella senza fretta, gustando il momento ed il potere che aveva. Evidentemente aveva gradito il pensiero. Aveva capito che il dono era per lei, per dimostrare l’appartenenza e la necessità di essere lì, in quel momento, con lei.
Non ci furono molte parole dopo quel momento, lei chiese qualcosa sul dolore, lui rispose che la sua virilità era intrappolata da ore, che i suoi testicoli erano probabilmente gonfi. Uno dei complimenti che lei gli faceva più spesso era di avere “le palle belle sode”. Lui non aveva mai capito cosa volesse dire, però era chiaro che quella parte del suo corpo le piaceva tanto, qualunque fosse il motivo. Probabilmente in quel momento erano più sode che mai. Quindi le suggerì di verificare, aveva allargato le gambe e toccava quelle di lei con le sue dato che erano seduti su due sgabelli vicinissimi uno di fronte all’altro. Lei fece un mezzo sorriso, ma non indugiò a lungo. Allungo la mano destra e lo accarezzò in mezzo alle gambe, prima come un a vera carezza, poi quasi soppesando ciò che aveva in mano. Il tutto durò un solo istante.
Quello che successe dopo lo sorprese. Lei si alzò e gli disse di seguirla. Non diede spiegazioni, non fece neanche apprezzamenti su quello che aveva toccato, semplicemente: “andiamo”. Lui capì cosa aveva in mente subito dopo, quando uscirono dalla porta della carrozza bar. Lei si fermò di scatto, come posseduta, aprì la porta alla sua destra e gli disse di seguirla.
Erano nel piccolo bagno del treno. Un wc sulla sinistra, un mini lavandino con lo specchio sulla destra. Lei continuava a sorprenderlo. Non perse tempo a parlargli, non gli disse proprio nulla. Non gli dedicò neanche un istante per baciarlo, abbracciarlo o altro. SI girò subito verso lo specchio, si calò pantaloni e mutandine fino alle caviglie senza toglierli ed inizio ad inarcare la schiena. Non c’era molto da capire. Era come se, nel momento in cui aveva toccato il suo inguine, una scarica elettrica l’avesse percorsa da capo a piedi per fermarsi tra le sue cosce e farle scorrere la voglia. Lui si spogliò allo stesso modo esponendo il suo costrittore e un pene duro ormai da troppo tempo. Si sedette dove poteva afferrando le maniglie che sembravano messe lì a bella posta. Lei modificò la sua posizione e lo prese con un solo colpo, andò fino in fondo e poi iniziò a cavalcare senza metodo, ma con gran vigore. Lo cercava con un misto di disperazione e voglia di dominare. Mugolava come non l’aveva mai sentita, quasi lo sferragliare del treno non riusciva a coprire i suoi lamenti. Venne in pochi minuti, senza una parola, rallentò e cominciò a cercare il suo pene con più metodo e regolarità. Lui era allo spasimo, era rimasto cosi sorpreso da quando era successo che non aveva avuto tempo di permettere ad un orgasmo di crescere. Ma adesso si rendeva conto di quanto fosse eccitato e definitivamente pronto per lasciarsi andare. Afferrandosi meglio alle maniglie, cominciò a trovare un modo per spingere, pur in una posizione infelice, e lei lo assecondava sempre meglio. Fissò quel momento nella sua mente, capiva che avrebbe ricordato quel viaggio per sempre, che stava vivendo un atto d’amore che capita una volta sola tra due persone. Poi cedette, l’orgasmo crebbe rapidamente e rapidamente si riversò dentro di lei. Lei si staccò da lui con indolenza, ma non cambiò posizione. Così lui potè godere della vista di lei che gocciolava il suo piacere finendo nelle sue mutandine.
Si ricomposero con una calma infinita. Anche ora non ci furono molte parole. Lei disse qualcosa come: “bisognava proprio farlo” ed il viaggio riprese come il solito viaggio qualunque.
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