La resa

di
genere
feticismo

Le corde di seta nera scivolarono tra le dita di Francesca con una precisione quasi chirurgica, ogni giro attorno alle caviglie di Marco stretto abbastanza da immobilizzarlo, ma non da tagliargli la circolazione. Valentina, in ginocchio accanto a lei, annuì con un sorrisetto malizioso mentre stringeva il nodo finale, assicurandosi che i piedi dell’uomo fossero bloccati.

«Guarda come trema», sussurrò Valentina, passando un’unghia laccata di rosso lungo la volta plantare di Gianluca, tracciando un solco invisibile che lo fece sobbalzare. «Sa già cosa sta per succedere, poverino.» Francesca rise, un suono basso e vibrante, mentre si alzava in piedi, i talloni che affondavano leggermente nel materasso ai lati del suo viso. «E tu, tesoro, sei pronto a servire come si deve?» Non aspettò una risposta. Con un movimento fluido, si sollevò la gonna attillata fino ai fianchi, rivelando l’assenza di biancheria intima, e si abbassò su di lui, le cosce che si chiudevano attorno alle sue orecchie come una morsa di seta calda.

Il primo contatto fu umido, soffocante. Il peso di lei lo schiacciò contro il letto, il respiro che gli sfuggiva in un gemito strozzato quando la figa di Francesca si premette contro la sua bocca, le labbra gonfie e già lucide di eccitazione che si aprivano su di lui senza preavviso. «Leccami», ordinò, affondando le dita tra i suoi capelli per tenerlo fermo. «E fallo bene, altrimenti Valentina ti farà pentire di essere nato.» Marco obbedì istintivamente, la lingua che si allungava per tracciare un solco lento tra le pieghe bagnate, assaporando il sapore aspro e dolce di lei mentre le narici si riempivano del suo profumo muschiato. Ogni leccata era una supplica silenziosa, ogni suzione un tentativo di guadagnarsi un briciolo di clemenza in quel gioco crudele.

Nel frattempo, Valentina non stava a guardare. Si era spostata ai piedi del letto, dove Monica e Alessandra erano già all’opera, le loro bocche che si alternavano sul cazzo di Marco con una sincronia quasi ipnotica. Monica, con le labbra strette attorno alla corona, faceva scivolare la lingua lungo il frenulo, mentre Alessandra, più audace, ingurgitava metà dell’asta in un solo movimento, la gola che si contraeva attorno alla carne dura. «Dio, guardate come pulsa», mormorò Valentina, accarezzando con un dito il pacco di Marco, sentendo i testicoli contrarsi sotto la pressione. «Se viene ora, gli strappo le palle a morsi.» Rise, ma il tono era tagliente, una promessa che non lasciava spazio a dubbi.

Marco sentiva tutto e niente allo stesso tempo. La figa di Francesca che lo soffocava, le dita di Valentina che gli torcevano i capezzoli fino a fargli male, le lingue di Monica e Alessandra che lo leccavano come se fosse l’ultimo gelato dell’estate. Ogni sensazione era amplificata, ogni tocco un coltello che gli affondava nella pelle e lo faceva sanguinare piacere. «Ti piace, vero?» sussurrò Alessandra, staccandosi per un istante, la saliva che colava lungo l’asta mentre lo guardava con occhi semichiusi. «Ti piace essere la nostra troietta, usata come ci pare.» Non aspettò una risposta. Tornò a succhiarlo con voracità, le guance che si incavavano mentre Monica leccava le palle di Marco, la punta della lingua che si insinuava nello spazio tra lo scroto e l’ano, facendolo sussultare.

«Attento, tesoro», avvertì Francesca, premendo il suo peso su di lui con più forza, costringendolo a respirare attraverso il naso mentre la sua lingua lavorava senza sosta. «Se senti che stai per venire, devi dircelo. Altrimenti…» Lasciò la minaccia sospesa nell’aria, ma il messaggio era chiaro. Marco gemette contro di lei, le labbra che si muovevano in preghiere inarticolate, il corpo teso come una corda di violino sul punto di spezzarsi. Ogni cellula del suo essere urlava per il rilascio, ma la paura di ciò che sarebbe successo dopo lo teneva in un equilibrio precario, sospeso tra l’estasi e la tortura.

Valentina, non più soddisfatta di guardare, si unì al gioco. Con un movimento rapido, si sfilò i collant, lasciando i piedi nudi e sudati che puzzavano di cuoio e sale. «Apri la bocca, schifo», ordinò, posizionandosi sopra il viso di Marco mentre Francesca si spostava di lato, lasciando spazio alla sua compagna. Lui non ebbe il tempo di reagire. Il piede di Valentina si abbatté sul suo viso, il tallone che gli schiacciava le labbra contro i denti, l’alluce che gli premeva contro la lingua. «Leccami i piedi», ringhiò, muovendo il piede avanti e indietro, costringendolo a pulire ogni centimetro di pelle sudaticcia, ogni callosità, ogni spazio tra le dita. «E ringraziami per l’onore.»

Monica e Alessandra, nel frattempo, avevano intensificato i loro sforzi. Le loro lingue si avvolgevano attorno al cazzo di lui in un abbraccio bagnato, le labbra che si sfioravano mentre si passavano l’asta l’una all’altra, come se fosse un premio da condividere. «Senti come trema», ansimò Monica, staccandosi per un istante, la mano che stringeva la base del suo membro mentre Ale si dedicava ai testicoli, succhiandoli uno alla volta nella bocca calda. «Sta per esplodere.» Alessandra rise, un suono gutturale che vibrò contro la pelle sensibile di Marco. «Allora facciamolo impazzire.»

Francesca tornò al suo posto, questa volta con una crudeltà calcolata. Si abbassò su di lui con tutto il peso, la figa che gli copriva naso e bocca, costringendolo a respirare attraverso di lei, attraverso il calore umido e il sapore metallico della sua eccitazione. «Respira, impazzisci», ansimò, muovendo i fianchi in cerchi lenti, strofinandosi contro di lui come se fosse un giocattolo usa e getta. «Respira e leccami, altrimenti ti faccio soffocare.» Marco ubbidì, la lingua che si muoveva in modo convulso, le narici che si riempivano del suo odore, la testa che girava per la mancanza di ossigeno e l’eccesso di sensazioni.

Era troppo. Le bocche, i piedi, le mani, le parole—tutto si fondeva in un turbine di piacere e umiliazione che lo stava consumando vivo. Sentiva il cazzo pulsare come un cuore impazzito, le palle che si stringevano, pronte a scaricare tutto il suo essere in un’esplosione di disperazione. «Vi prego», riuscì a gemere, la voce distorta dal piede di Valentina che gli premeva sulla guancia. «Non ce la faccio più.» Le risate delle donne risuonarono nella stanza come una condanna. «Oh, ma noi sì», rispose Monica, stringendo la base del suo membro con una presa ferrea, quasi dolorosa. «E tu farai esattamente quello che ti diciamo, o giuro su Dio che ti faremo pentire di essere nato.»

In quel momento, Marco capì. Non era solo eccitazione, non era solo sottomissione. Era qualcosa di più profondo, di più oscuro—un bisogno viscerale di essere distrutto e ricostruito dalle loro mani, di perdere ogni briciolo di controllo e affidarsi completamente al loro volere. E mentre le lingue di Monica e Alessandra si avvolgevano attorno al suo cazzo come un laccio emostatico, mentre i piedi di Valentina gli toccavano il viso e la figa di Francesca lo soffocava, si rese conto che non avrebbe mai più voluto essere libero. Perché la libertà, in confronto a questo, era solo un’illusione noiosa. E lui, ora, era loro. Completamente. Irrevocabilmente.

Potete contattarmi alla mail alessandrofetish@libero.it per suggerimenti, commenti, scambi di opinioni.
scritto il
2025-08-26
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