Castità
di
Ongrid zorti
genere
etero
Erano dieci anni, dieci lunghi anni che non avevo rapporti. Mio marito non mi aveva più voluta...noia, routine, qualcuna più nuova di me... chissà, fatto sta che era finita da un giorno all' altro. Poi la menopausa non aveva aiutato e mi ero ritrovata come una suora. A volte non ci pensavo, ma c'erano momenti in cui avrei solo voluto essere sbattuta, senza conoscersi, senza parole, senza complicazioni...essere dvopata fino a non poterne più.
Fino ad implorare pietà.
Era uno di quei momenti, ero in montagna, su un lettino davanti al bar a prendere il sole, con una coca. Il sole mi faceva sempre da stimolatore, specialmente quando mi scaldava lì, in mezzo alle gambe.
Avevo le cosce semiaperte e sentivo le labbra pulsare. Cominciai a sentir colare gli umori, avevo bisogno di toccarmi. Lasciai il lettino ed entrai un po' nel bosco, sentivo le mutandine bagnate. Dietro due grosse siepi, c'era un pezzetto di prato verde ed un grosso sperone di roccia. Mi appoggiai con le spalle alla roccia, sedetti sull'erba e infilai una mano nei pantaloni. Li slacciai e scostai le mutande di lato, ero bagnata, parecchio. Filtrava poco sole fra gli alberi e si sentivano un sacco di versi strani. Speriamo che non escano cinghiali...cominciai a massaggiarmi il clitoride che diventò subito più duro e a passare le ditafono alla vagina, sube giù sjlle piccole labbra fino a che infilai indice e medio dentro sfregando il punto g, mentre col pollice stuzzicavo il clitoride. L'eccitazione mk accelerava il respiro e mi faveva chiudere gli occhi, finché riaprendoli, non mi trovai davanti il proprietario del bar. Mi paralizzai per la vergogna, cercai di sfilare la mano dai pantaloni, ma lui mi disse;"Continua". Lo tirò fuori, e cominciò a massaggiarlo finché mon fu dritto. Era messo decisamente bene...non riuscivo a staccare lo sguardo.
Le dita nella vagina scivolavanocome non mai ed il pensiero andava a come sarebbe scivolato bene dentro que cazzogrosso e duro.e lo avvicinò alla bocca e lo presi fra le labbra e la lingua, leccandolo un po' e mandandolo dentro.
Quant'era che non facevo un pompino....secoli. Il barista sospirava e respirava veloce, mentre sentivo delle gocce salate uscirgli da qquel meraviglioso uccello. Spinsi la punta della lingua dentro la fessura, allargandola un po'; emise una sorta di lamento ed assaporai un piccolo fiotto salato. Sì allontanò, mi tirò su e mi girò, facendomi mettere a quattro zampe, poi mi tirò d
Giù fino alle ginocchia, pantaloni e mutande. Non potevo crederci...dopo dieci lunghi anni, stava per succedere..e come avevo sempre desiderato.
Mi sfilò i pantaloni facendomi alzare prima una gamaba e poi l'altra, poi mi allargò le gambe con le mani e da dietro cominciò a leccarmela. Ero in paradiso...talmente tanto che schizzai un po' di liquido, che lui leccò golosamente. Poi si alzò e si infilò dentro di me con ina certa forza, facendomi uscire un grido strozzato.
Mi scopò come un animale selvatico, senza pause, snza delicatezza, senza parole, ansimando e sbattendo forte contro le mie natiche. Lo sentivo spingere dentro, con forza e lamentandomi sussurravo"piano, ti prego".
Ma puano non esisteva nel suo vocabolario ed il ritmo aumentò, fino ad emettere un urlo ed una serie di versi animaleschi e sentii un fioro caldo dentro di me, mentre continuava a lamentarsi e a venirmi dentro. Mi strofinai con forza il clitoride e venni anch'io,mentre lui ancora spingeva e mi teneva ancorata per i fianchi.
Crollammo a terra, si sfilò via e rimanemmo on silenzio vicini.
Riprendemmo una frequenza respiratoria normale, mentre dalla figa mi usciva un rivolo di sperma ed umori. Poi mi abbracciò e mi baciò fra i capelli. "Sei proprio una porcella...come ti chiami? "
""Ingrid" risposi. "Piacere, Luigi, ero venuto a cercarti, è pericoloso stare al bosco da sole..." Scoppiammo a ridere.
Presi i fazzoletti e cominciai a ripulirmi...
Fino ad implorare pietà.
Era uno di quei momenti, ero in montagna, su un lettino davanti al bar a prendere il sole, con una coca. Il sole mi faceva sempre da stimolatore, specialmente quando mi scaldava lì, in mezzo alle gambe.
Avevo le cosce semiaperte e sentivo le labbra pulsare. Cominciai a sentir colare gli umori, avevo bisogno di toccarmi. Lasciai il lettino ed entrai un po' nel bosco, sentivo le mutandine bagnate. Dietro due grosse siepi, c'era un pezzetto di prato verde ed un grosso sperone di roccia. Mi appoggiai con le spalle alla roccia, sedetti sull'erba e infilai una mano nei pantaloni. Li slacciai e scostai le mutande di lato, ero bagnata, parecchio. Filtrava poco sole fra gli alberi e si sentivano un sacco di versi strani. Speriamo che non escano cinghiali...cominciai a massaggiarmi il clitoride che diventò subito più duro e a passare le ditafono alla vagina, sube giù sjlle piccole labbra fino a che infilai indice e medio dentro sfregando il punto g, mentre col pollice stuzzicavo il clitoride. L'eccitazione mk accelerava il respiro e mi faveva chiudere gli occhi, finché riaprendoli, non mi trovai davanti il proprietario del bar. Mi paralizzai per la vergogna, cercai di sfilare la mano dai pantaloni, ma lui mi disse;"Continua". Lo tirò fuori, e cominciò a massaggiarlo finché mon fu dritto. Era messo decisamente bene...non riuscivo a staccare lo sguardo.
Le dita nella vagina scivolavanocome non mai ed il pensiero andava a come sarebbe scivolato bene dentro que cazzogrosso e duro.e lo avvicinò alla bocca e lo presi fra le labbra e la lingua, leccandolo un po' e mandandolo dentro.
Quant'era che non facevo un pompino....secoli. Il barista sospirava e respirava veloce, mentre sentivo delle gocce salate uscirgli da qquel meraviglioso uccello. Spinsi la punta della lingua dentro la fessura, allargandola un po'; emise una sorta di lamento ed assaporai un piccolo fiotto salato. Sì allontanò, mi tirò su e mi girò, facendomi mettere a quattro zampe, poi mi tirò d
Giù fino alle ginocchia, pantaloni e mutande. Non potevo crederci...dopo dieci lunghi anni, stava per succedere..e come avevo sempre desiderato.
Mi sfilò i pantaloni facendomi alzare prima una gamaba e poi l'altra, poi mi allargò le gambe con le mani e da dietro cominciò a leccarmela. Ero in paradiso...talmente tanto che schizzai un po' di liquido, che lui leccò golosamente. Poi si alzò e si infilò dentro di me con ina certa forza, facendomi uscire un grido strozzato.
Mi scopò come un animale selvatico, senza pause, snza delicatezza, senza parole, ansimando e sbattendo forte contro le mie natiche. Lo sentivo spingere dentro, con forza e lamentandomi sussurravo"piano, ti prego".
Ma puano non esisteva nel suo vocabolario ed il ritmo aumentò, fino ad emettere un urlo ed una serie di versi animaleschi e sentii un fioro caldo dentro di me, mentre continuava a lamentarsi e a venirmi dentro. Mi strofinai con forza il clitoride e venni anch'io,mentre lui ancora spingeva e mi teneva ancorata per i fianchi.
Crollammo a terra, si sfilò via e rimanemmo on silenzio vicini.
Riprendemmo una frequenza respiratoria normale, mentre dalla figa mi usciva un rivolo di sperma ed umori. Poi mi abbracciò e mi baciò fra i capelli. "Sei proprio una porcella...come ti chiami? "
""Ingrid" risposi. "Piacere, Luigi, ero venuto a cercarti, è pericoloso stare al bosco da sole..." Scoppiammo a ridere.
Presi i fazzoletti e cominciai a ripulirmi...
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Commenti dei lettori al racconto erotico