Il corso virtuale
di
Pensieriliberi
genere
etero
La luce soffusa dello schermo illuminava il volto di Matilde, accendendo riflessi nei suoi occhi. La sua stanza, con le tende socchiuse e il rumore lontano del traffico, sembrava un mondo a parte.
Sullo schermo del laptop, la chat della "classe virtuale" pulsava di un’energia che non aveva nulla di accademico. Era l’unico corso che Matilde non avrebbe mai saltato.
Daniele, il professore, era un romano di qualche anno più giovane di lei.
Il suo stile profondo, riempiva sempre il cuore di Matilde come un comando che non ammetteva repliche. "Matilde," disse, "Hai completato il compito che ti ho assegnato ieri?"
Matilde deglutì, sentendo un calore improvviso salirle alle guance. Non era un saggio, né un’analisi letteraria. Daniele non era un professore qualunque. Le sue lezioni, nate in una chat sul web, erano un gioco di potere, un mix di ordini e desideri che Matilde aveva accettato con una curiosità che la spaventava e la eccitava allo stesso tempo.
"Io... sì, professore," rispose. Aprì la galleria del suo telefono, esitando. L’ultima richiesta di Daniele era stata audace: una foto di lei in intimo, scattata davanti allo specchio del suo bagno, con la luce che accarezzava le curve del suo corpo.
Non era stata la prima. La settimana precedente, lui le aveva chiesto un’immagine sotto la doccia, con l’acqua che scivolava sulla sua pelle, il vetro appannato a malapena a nascondere i dettagli.
"Inviamela. Ora," ordinò Daniele, Matilde cliccò sul tasto "invia", il cuore che le martellava nel petto.
La foto apparve nella chat privata, e per un istante il silenzio fu assordante. Poi, lui tornò con il solito atteggiamento autoritario.
"Brava, Matilde. Ma sai che pretendo di più."
Lei si morse il labbro, il respiro corto. "Cosa vuole che faccia, professore?" chiese, sapendo che ogni compito era un passo più in là, un confine che Daniele spostava con maestria.
"Stasera," disse lui, appoggiandosi leggermente allo schienale della sedia, il suo sorriso appena accennato, "voglio che tu scriva una lettera. Non per me, per te stessa. Descrivi cosa provi quando esegui i miei ordini. Ogni dettaglio. E poi... scatterai un’altra foto. Voglio vederti mentre la scrivi, Matilde. Solo il tuo reggiseno, la penna in mano, la carta davanti a te. Capito?"
Matilde annuì, incapace di distogliere lo sguardo dallo schermo. La sua autorità la inchiodava, la faceva sentire vulnerabile e potente allo stesso tempo. "Sì, professore,"
"Bene," concluse Daniele, molto soddisfatto. "Non deludermi." La conversazione si interruppe, lasciando Matilde sola con il battito del suo cuore e il peso del prossimo compito, già immaginando la penna che scorreva sul foglio e lo scatto dell’ennesima foto che avrebbe sigillato la loro lezione.
Qualche tempo dopo.
Matilde non avrebbe mai creduto che sarebbe successo davvero. Le lezioni virtuali con Daniele erano state un segreto, un gioco proibito custodito nella solitudine della sua stanza. Ma quando lui le aveva scritto, due settimane dopo l’ultima foto, proponendo un incontro a Roma, il cuore le era balzato in gola. "Voglio vederti, Matilde. Non solo attraverso uno schermo," aveva detto, con quella voce romana che le faceva tremare le ginocchia anche a chilometri di distanza.
Ora era lì, davanti a un piccolo caffè nei vicoli di Trastevere, con il battito accelerato. Indossava un body nero trasperente, semplice ma aderente, e un jeans che valorizzava le sue curve. Lei lo aveva indossato e mostrato nella prima settimana del corso.
I capelli le cadevano morbidi sulle spalle, e un tocco di rossetto rosso le dava piu coraggio. Era la prima volta che avrebbe visto il professore di quello strano corso di persona, e l’idea la spaventava quanto la eccitava.
Lui apparve all’improvviso, come materializzato dall’ombra. Daniele, era più imponente di quanto lo schermo lasciasse intuire. Alto, con spalle larghe e un completo grigio che sembrava fatto su misura, si muoveva con l’autorità che Matilde conosceva bene. I suoi occhi la trovarono subito, e un sorriso lento, quasi predatorio, gli incurvò le labbra. "Matilde," disse, la voce bassa e strascicata. "Sei più bella di quanto immaginassi."
Lei arrossì, abbassando lo sguardo. "Grazie, professore," mormorò, sentendosi di nuovo l’allieva sotto il suo controllo.
"Chiamami Daniele, almeno stasera," rispose lui, sfiorandole la schiena per guidarla nel caffè. Quel tocco, caldo attraverso il tessuto, le mandò un brivido lungo la schiena.
La serata scivolò via tra parole e sguardi. Seduti a un tavolo appartato, con l’aroma di espresso e il suono lontano di una fisarmonica di strada, parlarono di tutto e di niente. Ma ogni frase di Daniele era carica di sottintesi, ogni gesto un promemoria del potere che esercitava su di lei. Quando le sfiorò la mano, prendendo il bicchiere di vino, Matilde sentì il calore propagarsi come una corrente.
"Ho preso una casa," disse lui a un certo punto, gli occhi fissi nei suoi, senza lasciarle scampo. "Una casa qui vicino. Vieni con me?" Matilde annuì, incapace di dire di no, sapendo che quel passo avrebbe cambiato tutto.
L'appartamento era discreto, a pochi passi dal locale, con un’eleganza sobria che sembrava fatta per incontri come il loro. Situata al terzo piano aveva un letto ampio, illuminato dalla luce calda di una lampada. Non appena la porta si chiuse, l’aria si fece densa. Matilde si fermò al centro del soggiorno il respiro corto, mentre Daniele si avvicinava lentamente, assaporando ogni secondo.
"Sei nervosa?" chiese, fermandosi a un passo da lei. Il suo profumo, la avvolse.
"Un po’," ammise lei, la voce tremula. Ma non era paura. Era desiderio, puro e inarrestabile.
Daniele le sfiorò il viso con le dita, seguendo la linea della guancia fino al mento, sollevandolo per costringerla a guardarlo. "Hai fatto tutto quello che ti ho chiesto, Matilde," sussurrò. "Ogni compito, ogni foto. Ora voglio vedere te. Tutta te."
Le sue parole la sciolsero. Si avvicinò, e quando le loro labbra si incontrarono, il bacio fu lento, e le fece dimenticare il mondo esterno. Le mani di Daniele scivolarono sulla sua schiena, tirandola contro di sé, mentre i vestiti di Matilde cadevano a terra. Lei si abbandonò, le sue mani che cercavano la camicia di lui, slacciandola con dita tremanti.
Non ci furono parole, solo il suono dei loro respiri e il calore dei loro corpi che si intrecciavano sul letto. Daniele la guidava con l’autorità delle loro lezioni virtuali, ma con una dolcezza inaspettata nei tocchi, una cura che contrastava con il suo controllo. Le sue mani esploravano la pelle di Matilde, accendendo scintille ovunque la sfiorassero, mentre lei rispondeva con una passione che non sapeva di possedere. Fu un crescendo lento, un’unione di desideri che li lasciò senza fiato, avvolti l’uno nell’altra nella penombra della stanza.
Quando tutto finì, rimasero lì, stretti in silenzio, il cuore di Matilde che batteva contro il petto di lui. "Sei stata perfetta," mormorò Daniele. E per la prima volta, Matilde non si sentì solo un’allieva, ma qualcosa di più.
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