Il futuro - cap 1 introduzione

di
genere
fantascienza

Ogni fatto raccontato è, naturalmente, frutto di fantasia, ad ispirato da numerosi libri, film e serie tv, in particolare un episodio di black mirror, ma anche blade runner, Nirvana, Matrix.

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Guardo fuori dalla finestra, il cielo grigio scuro, i palazzi dello stesso colore.
Mi sono sempre rifiutato di usare i vetri ad ologrammi, non me ne frega niente di vedere panorami meravigliosi, paradisi tropicali o montagne ghiacciate quando attiene a me c’è solo la squallida, immensa metropoli. Decine e decine di metri sotto la finestra la strada rumoreggiava, violenta, sporca, reale. Tornai con lo sguardo al tavolo e al pacco che vie era appoggiato. Cartone, anonimo, niente mittente, niente destinatario, portato da un drone. Avevo quasi paura ad aprirlo, sapevo che potevi passare dei guai, ma sapevo anche che il contenuto avrebbe cambiato la mia vita. Mi decisi e lo aprii, con attenzione. Un po’ di imballaggio, e dentro quella che sembrava una scatola trasparente, i bordi neri, un braccio meccanico, un piccolo supporto dove appoggiare qualcosa, una ragnatela di cavi sulla parte posteriore. Quella cosa era stata dichiarata illegale nel 2131, tre anni fa. Addirittura era stato chiesto di definirla utile a compiere crimini contro l’umanità, ma questo non era passato, ma comunque le poche centinaia di esemplari esistenti erano state messe al bando e distrutte il più possibile. Ma eccola qua, davanti a me, semplice, minimale. Dovevo provarla. La collegai alla presa elettrica, toccai il minuscolo pulsante sotto la pelle della mia tempia, il software nel mio cervello la rilevò, dopo essermi assicurato di essere temporaneamente disconnesso dalla rete mi connettei alla scatola. E non successe niente. Letteralmente, buio, silenzio. Per una attimo rimasi perplesso, avvertii la leggera vertigine di quando si passa dal cyberspazio ad una rete secondaria, e po capii. Che stupido, se non creavo qualcosa per farla era vuoto. Onestamente a questa parte non avevo pensato, ma andai sul semplice, classico. Un salotto, riccamente arredato, poltrone, divani, quadri, tappeti. Per ora non serviva molto altro. Provai ad aggiungere una stanza, per curiosità, come per tutto il resto bastò il pensiero. Una camera da letto, un grande letto a baldacchino. Non riuscivo a pensare ad altro per ora, ma ero più che sicuro che le cose sarebbero arrivate man mano, con la necessità. Ora però la parte più importante, dovevo occuparmi di lei. Mi disconnettei, presi il campione che avevo rubato, un pochino di saliva da un bicchiere usa e getta, messa al sicuro da un tampone in una provetta. Appoggiato il tampone nel vano il braccio meccanico si azionò, silenziosamente, muovendosi fluido verso la sua preda, afferrandola, appoggiando piccoli sensori, microscopici, sulla sua superficie, raccogliendo il dna. Era un momento emozionante, la stava analizzando, interpretando, ricostruendo. Speravo davvero che funzionasse a dovere. Dopo un minuto si accese una piccola luce verde, aveva finito, e non mi restava che andare a vedere se avevo avuto successo o avevo creato un abominio.
Mi connettei nuovamente, e la stanza che avevo creato poco prima comparve attorno a me, ancora spoglia, improvvisata. Ma quello che mi interessava davvero era sul divano di fronte a me. Vedendola non mi sembrava vero, avrei voluto urlare di gioia, ma mi trattenni. Rimasi però a guardarla, bellissima, i capelli rossi mossi fino alle spalle, la pelle candida, qualche lentiggine, gli occhi verdi. Aveva un paio di jeans e una maglietta blu. L’algoritmo come aveva deciso cosa farle indossare?non ci avrò pensato, probabilmente deve aver attinto anche in questo caso dai suoi ricordi. Sono uscito dalla mia strana trance al suono della sua voce. “Dove cazzo sono?e tu chi sei?” Oh cazzo, ci siamo. A questo momento avevo pensato invece, e a lungo. Ok, era il momento. “Ciao Alba, non ti preoccupare, ora ti spiegherò tutto” “come cazzo fai a saper Dio mio nome?fammi uscire di qui!mi hai rapita?” “Calmati, non ti ho rapita, ma ho molto da spiegarti. Questo posto non esiste, è una minuscola realtà virtuale, una piccola sacca isolata nel cyberspazio. Irraggiungibile dall’esterno, impossibile per chi è de tro da lasciare, se non per l’amministratore”. “Ma che cazzo dici?non sono connessa”
“Lo so Alba, è qui arriviamo alla parte importante. Tu non sei una persona, sei un’intelligenza artificiale”
“Me sei scemo?vaffanculo, fammi andare via” e si alza dal divano. Dovevo farla ascoltare, e serviva qualcosa di deciso. Optai per una scossa elettrica, niente di serio ma abbastanza da farla desistere. La vedi sussultare, tremare un attimo, e accasciarsi sul divano. Anche in questo caso era bastato un pensiero. Fantastico.
“Alba, per favore, resta seduta e ascolta. Tu non sei umana, sei un ia. Lo so perché ti ho creata io, più o meno. Diciamo che sei uno spin off di te stessa. Ho preso un campione del tuo dna, della Alba reale, umana, e ho utilizzato uno strumento per raccogliere tutto il suo corredo genetico, compresi ricordi, carattere, qualsiasi cosa, e creare in entità virtuale in questa simulazione, esattamente come lei in tutto. Come se ad un certo punto si fosse sdoppiata, e l’ombra di lei avessi preso forma qui. E quella sei tu”. Mi guardava attonita, credula.
“Ora, vorrei fosse chiara una cosa. Tu, questa realtà virtuale, tutto quello che è il tuo mondo adesso, è completamente in mio potere. Qui io sono Dio, anche per quel che ti riguarda. Posso cambiare tutto quello che voglio con un pensiero”.
“Tu sei pazzo…se questo è vero come me ne vado da qui?e cosa vuoi da me?” La voce era rotta dalla preoccupazione, dalla paura, stava per piangere.
“Vedi, mi sei sempre piaciuta, ma non mi hai mai degnato di uno sguardo. Così ho deciso di…attirare la tua attenzione in un certo senso. E ho creato la mia Alba, virtuale, ma qui dentro in tutto e per tutto come se fosse reale.”
Una lacrima le scese sulla guancia.
“E sul perché sei qui…perché sei la mia schiava, il mio giocattolo. Sei qui per essere scopata, sottomessa, spezzata, torturata. Qui non puoi morire, quindi posso farti letteralmente qualsiasi cosa, anche la più estrema e perversa, che non avrai via di fuga. In qualsiasi istante, per quanto possa averti torturata, mutilata, distrutta…posso ripristinarti alla condizione attuale, e ricominciare. Ancora e ancora, per sempre”.
Ora piangeva copiosamente, disperata, e questo fu abbastanza da provocarmi un’erezione.
scritto il
2025-06-08
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