Body Count #3
di
Lorenza Dono
genere
incesti
So benissimo a cosa pensano i maschietti. Noi donne non possiamo esprimere i nostri desideri senza essere etichettate come “troie”. Il problema è che se a un uomo viene detto di essere un “porco” è un vanto. Mentre la donna additata come troia, è sempre un insulto, qualcosa di disdicevole, che va bene quando ci sono le luci rosse e a letto ma non certo dalle altre parti.
Un uomo che la pensa queste cose era proprio mio padre. Ho pensato che è il momento di confrontarmi con lui. Anche lui è un porco e ha certe pulsioni che non può controllare, così inizio a fare la troietta davanti a lui.
Lui molte volte lavorava di notte perché faceva il camionista, mentre mia madre ha fatto sempre orari d’ufficio. Un giorno ho finto di stare male e sono rimasta a casa, sapendo che lui sarebbe stato tutta la mattina a casa a dormire, che poi non dorme ma guarda i porno sul suo pc. Non cancella la cronologia così so esattamente quali che siano i suoi gusti.
Vado in bagno ma non chiudo la porta a chiave fino a quando lui non ha avuto bisogno così ha aperto credendo che sia libero invece mi trova a strusciarmi la passera.
«Ma tu che ci fai qui non dovresti essere a scuola?» mi chiede con un tono autoritario. Io ho un asciugamano arrotolato addosso. Lui è in mutande con il suo bel pancione sferico e peloso. Si tocca il pacco e non riesco a capire se è perché se la sta facendo addosso o perché nel vedermi in bagno gli ha provocato una certa reazione.
«Sbrigati che devo pisciare» mi dice in modo sgarbato come è suo solito.
Uso tutta la mia seduzione. «Entra pure pà, e fai quello che devi fare, non ti vergognerai mica di me?» gli dico. «Io devo fare una doccia.»
«No, no, ma che vergogna, da bambina camminava sempre nuda» afferma ma è in evidente disagio.
Sì, coglione però sono passati almeno quindici anni e certe cose sono cambiate.
Si pianta davanti al cesso e tira fuori il suo uccello semieretto e piscia.
Quando vado per tirare la tenda della doccia faccio finta che mi cade l’asciugamano sul pavimento. Rimango per un attimo ignuda, a un metro da lui che sta pisciando. Sono di spalle. Mi chino lentamente e gli mostro il mio didietro. Nel sollevarmi dalla posizione in cui tutti gli uomini desiderano che siano le donne, sbircio mio padre. Ha gli occhi piantati sul mio culo. E il suo pisellone cicciottello quasi si drizza del tutto e piscia fuori dal vaso.
Io lo osservo sorridendo.
«Papi, ma stai pisciando dappertutto! La mamma poi si arrabbia»
«Lascia che si arrabbi» mi risponde, ha un tono di voce lussurioso.
Non mi stacca lo sguardo da addosso, non ci riesce proprio. Io lo assecondo, gli sorrido. Sposto la tenda entro in doccia, apro l’acqua e lascio la tenda aperta mentre il flusso dell’acqua copre il mio corpo. Lui non può fare a meno di sbirciare, il porcellone. Se lo mena davanti a me, ha perso la testa, le palpebre si abbassano e capisco che è in preda alla lussuria.
È così fuori di testa che si gira verso di me e se lo mena mentre io lo guardo.
«Vieni dentro che ti lavo la schiena come quando ero bambina.»
Non se lo fa dire due volte. Si lascia cadere le mutande e si sfila la maglietta bianca buttandola dietro la lavatrice. Entra in doccia e di colpo diventa più pudico. Mi da le spalle. Io inizio a insaponarlo. Passo la mano sulle sue spalle grosse e pelose, da dietro arrivo fino al petto e passo la mano sulla sua panza sferica. Presto arrivo al pube fino a quando glielo prendo in mano. Lo masturbo. Avere il suo cazzo cicciotto tra le mani mi da una sensazione di potere. Lui geme. China la testa all’indietro, tiene gli occhi chiusi. Sempre da dietro affondo una mano tra le sue natiche. Lo sento sussultare. Noto che gli tremano le gambe. Lo faccio girare e lo sciacquo. La saponata fluisce nel chiusino. Io mi inginocchio e glielo prendo in bocca. Glielo succhio. Lui si appoggia alla parete e geme più forte. Io glielo meno di più, e ancora di più, con tutta la forza che ho. Mi do anche da fare a leccare la punta, questa sua cappella rovente e scendo a leccargli le palle bagnate.
Lui ansima, così forte che sembra un toro. A un certo punto inizia a rantolare, sento che i polpacci diventato come corde di violino ed emette suoni gutturali. Un primo fiotto di sborra calda mi colpisce sulla guancia, altri finiscono sull’occhio destro, per poi colare nel chiusino assieme ai residui di bagnoschiuma nel piatto doccia. Lecco le gocce che sono rimaste sulla sua cappella e sento lui allo stremo accasciarsi ad occhi chiusi. Non ha il coraggio di guardarmi. Io invece sì.
Un uomo che la pensa queste cose era proprio mio padre. Ho pensato che è il momento di confrontarmi con lui. Anche lui è un porco e ha certe pulsioni che non può controllare, così inizio a fare la troietta davanti a lui.
Lui molte volte lavorava di notte perché faceva il camionista, mentre mia madre ha fatto sempre orari d’ufficio. Un giorno ho finto di stare male e sono rimasta a casa, sapendo che lui sarebbe stato tutta la mattina a casa a dormire, che poi non dorme ma guarda i porno sul suo pc. Non cancella la cronologia così so esattamente quali che siano i suoi gusti.
Vado in bagno ma non chiudo la porta a chiave fino a quando lui non ha avuto bisogno così ha aperto credendo che sia libero invece mi trova a strusciarmi la passera.
«Ma tu che ci fai qui non dovresti essere a scuola?» mi chiede con un tono autoritario. Io ho un asciugamano arrotolato addosso. Lui è in mutande con il suo bel pancione sferico e peloso. Si tocca il pacco e non riesco a capire se è perché se la sta facendo addosso o perché nel vedermi in bagno gli ha provocato una certa reazione.
«Sbrigati che devo pisciare» mi dice in modo sgarbato come è suo solito.
Uso tutta la mia seduzione. «Entra pure pà, e fai quello che devi fare, non ti vergognerai mica di me?» gli dico. «Io devo fare una doccia.»
«No, no, ma che vergogna, da bambina camminava sempre nuda» afferma ma è in evidente disagio.
Sì, coglione però sono passati almeno quindici anni e certe cose sono cambiate.
Si pianta davanti al cesso e tira fuori il suo uccello semieretto e piscia.
Quando vado per tirare la tenda della doccia faccio finta che mi cade l’asciugamano sul pavimento. Rimango per un attimo ignuda, a un metro da lui che sta pisciando. Sono di spalle. Mi chino lentamente e gli mostro il mio didietro. Nel sollevarmi dalla posizione in cui tutti gli uomini desiderano che siano le donne, sbircio mio padre. Ha gli occhi piantati sul mio culo. E il suo pisellone cicciottello quasi si drizza del tutto e piscia fuori dal vaso.
Io lo osservo sorridendo.
«Papi, ma stai pisciando dappertutto! La mamma poi si arrabbia»
«Lascia che si arrabbi» mi risponde, ha un tono di voce lussurioso.
Non mi stacca lo sguardo da addosso, non ci riesce proprio. Io lo assecondo, gli sorrido. Sposto la tenda entro in doccia, apro l’acqua e lascio la tenda aperta mentre il flusso dell’acqua copre il mio corpo. Lui non può fare a meno di sbirciare, il porcellone. Se lo mena davanti a me, ha perso la testa, le palpebre si abbassano e capisco che è in preda alla lussuria.
È così fuori di testa che si gira verso di me e se lo mena mentre io lo guardo.
«Vieni dentro che ti lavo la schiena come quando ero bambina.»
Non se lo fa dire due volte. Si lascia cadere le mutande e si sfila la maglietta bianca buttandola dietro la lavatrice. Entra in doccia e di colpo diventa più pudico. Mi da le spalle. Io inizio a insaponarlo. Passo la mano sulle sue spalle grosse e pelose, da dietro arrivo fino al petto e passo la mano sulla sua panza sferica. Presto arrivo al pube fino a quando glielo prendo in mano. Lo masturbo. Avere il suo cazzo cicciotto tra le mani mi da una sensazione di potere. Lui geme. China la testa all’indietro, tiene gli occhi chiusi. Sempre da dietro affondo una mano tra le sue natiche. Lo sento sussultare. Noto che gli tremano le gambe. Lo faccio girare e lo sciacquo. La saponata fluisce nel chiusino. Io mi inginocchio e glielo prendo in bocca. Glielo succhio. Lui si appoggia alla parete e geme più forte. Io glielo meno di più, e ancora di più, con tutta la forza che ho. Mi do anche da fare a leccare la punta, questa sua cappella rovente e scendo a leccargli le palle bagnate.
Lui ansima, così forte che sembra un toro. A un certo punto inizia a rantolare, sento che i polpacci diventato come corde di violino ed emette suoni gutturali. Un primo fiotto di sborra calda mi colpisce sulla guancia, altri finiscono sull’occhio destro, per poi colare nel chiusino assieme ai residui di bagnoschiuma nel piatto doccia. Lecco le gocce che sono rimaste sulla sua cappella e sento lui allo stremo accasciarsi ad occhi chiusi. Non ha il coraggio di guardarmi. Io invece sì.
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