La vita si schiava Fulvia parte VI
di
schiava_fulvia
genere
dominazione
L'EQUILIBRIO DEL FUOCO
Francesco aveva 52 anni e un’aura che imponeva rispetto ancor prima di aprir bocca. Ogni suo gesto era misurato, ogni parola scelta con la precisione di chi ha imparato che il vero potere non ha bisogno di alzare la voce. Era un uomo che amava il controllo, in ogni cosa: nel lavoro, nelle abitudini, e soprattutto nelle relazioni. Per lui, dominare non era una posa, ma una vocazione. Con una carriera consolidata e una personalità forte, non era uno che amava perdere tempo con chi non fosse disposto a seguirlo..
Fulvia era l’opposto in apparenza, ma molto più simile di quanto volesse ammettere. I capelli ricci e rossi come il peccato, occhi miele intelligenti e vivaci, e un corpo esile, nervoso, fatto per il movimento, non per la quiete era giovane, bella, e con un fuoco dentro che le ardeva da sempre, era 160 cm di puro spirito ribelle. A 29 anni era già stata tutto: amante, padrona, guida. Una ex mistress che aveva scelto, per ragioni sue, di lasciarsi alle spalle il ruolo di chi comanda per cercare qualcosa di diverso. Qualcuno capace di tenerle testa. Qualcuno che non si lasciasse sedurre facilmente, ma che sapesse leggere il fuoco dietro il suo sguardo. La sua vita era una continua ricerca di limiti da oltrepassare, e in Francesco vedeva l’opportunità di testare non solo i suoi limiti fisici, ma anche quelli emotivi. Non le piaceva seguire, anzi, il più delle volte aveva bisogno di sentirsi sfidata per sentirsi viva.
Si conobbero in una chat BDSM, Francesco non era lì per cercare, ma per osservare. Fulvia, invece, lo notò subito: non era uno qualunque. Lo provocò, come faceva sempre. Da lì nacque un gioco sottile, fatto di incontri, piccoli atti di sfida e lunghi momenti di tensione . Fulvia, abituata a essere al comando, si scoprì attratta da quell’uomo che non aveva bisogno di domarla per farla piegare. Le offriva una nuova forma di resa: volontaria, lucida, profonda. Non era più solo questione di corpo, ma di mente.
Lei abbassò lo sguardo. Per la prima volta, sentì che sottomettersi non significava perdere potere, ma ritrovarlo. In un modo più sottile, più autentico. Con lui non doveva recitare, non doveva controllare nulla. Doveva solo essere.
E fu in quella fragilità nuova, nella ribellione che si piegava senza spezzarsi, che iniziò la loro vera storia: una danza di ombre e luce, di dominio consapevole e sottomissione scelta. Un patto tra due spiriti affilati, che si riconoscevano uguali, pur nel loro opposto.
Nei giorni successivi, iniziarono a sentirsi con una certa frequenza. Fulvia lo provocava in ogni modo, cercando di testare la sua pazienza, di spingerlo a fare qualcosa che lo mettesse fuori equilibrio. Ma Francesco, con la sua calma glaciale, la osservava. L’unica cosa che lo faceva arrabbiare era l’impulsività della giovane donna. “Non è il momento di giocare, Fulvia,” le diceva spesso. Eppure, la sua autorità non sembrava mai pesare troppo su di lei; piuttosto, la stimolava, la incitava a fare di più.
Il feeling tra i due cresceva, in un equilibrio instabile di dominanza e resistenza. Ogni incontro diventava una partita mentale, una danza fatta di sguardi, parole non dette, e silenzi carichi di significato. Fulvia voleva vincere, e Francesco sapeva che solo una persona capace di sfidarlo avrebbe potuto ottenere la sua attenzione.
E così, la loro storia continuò, in un equilibrio perfetto tra resistenza e dominio, in cui nessuno dei due era mai completamente sottomesso o completamente dominante, ma entrambi si sfidavano a diventare la versione migliore di sé stessi.
Francesco aveva 52 anni e un’aura che imponeva rispetto ancor prima di aprir bocca. Ogni suo gesto era misurato, ogni parola scelta con la precisione di chi ha imparato che il vero potere non ha bisogno di alzare la voce. Era un uomo che amava il controllo, in ogni cosa: nel lavoro, nelle abitudini, e soprattutto nelle relazioni. Per lui, dominare non era una posa, ma una vocazione. Con una carriera consolidata e una personalità forte, non era uno che amava perdere tempo con chi non fosse disposto a seguirlo..
Fulvia era l’opposto in apparenza, ma molto più simile di quanto volesse ammettere. I capelli ricci e rossi come il peccato, occhi miele intelligenti e vivaci, e un corpo esile, nervoso, fatto per il movimento, non per la quiete era giovane, bella, e con un fuoco dentro che le ardeva da sempre, era 160 cm di puro spirito ribelle. A 29 anni era già stata tutto: amante, padrona, guida. Una ex mistress che aveva scelto, per ragioni sue, di lasciarsi alle spalle il ruolo di chi comanda per cercare qualcosa di diverso. Qualcuno capace di tenerle testa. Qualcuno che non si lasciasse sedurre facilmente, ma che sapesse leggere il fuoco dietro il suo sguardo. La sua vita era una continua ricerca di limiti da oltrepassare, e in Francesco vedeva l’opportunità di testare non solo i suoi limiti fisici, ma anche quelli emotivi. Non le piaceva seguire, anzi, il più delle volte aveva bisogno di sentirsi sfidata per sentirsi viva.
Si conobbero in una chat BDSM, Francesco non era lì per cercare, ma per osservare. Fulvia, invece, lo notò subito: non era uno qualunque. Lo provocò, come faceva sempre. Da lì nacque un gioco sottile, fatto di incontri, piccoli atti di sfida e lunghi momenti di tensione . Fulvia, abituata a essere al comando, si scoprì attratta da quell’uomo che non aveva bisogno di domarla per farla piegare. Le offriva una nuova forma di resa: volontaria, lucida, profonda. Non era più solo questione di corpo, ma di mente.
Lei abbassò lo sguardo. Per la prima volta, sentì che sottomettersi non significava perdere potere, ma ritrovarlo. In un modo più sottile, più autentico. Con lui non doveva recitare, non doveva controllare nulla. Doveva solo essere.
E fu in quella fragilità nuova, nella ribellione che si piegava senza spezzarsi, che iniziò la loro vera storia: una danza di ombre e luce, di dominio consapevole e sottomissione scelta. Un patto tra due spiriti affilati, che si riconoscevano uguali, pur nel loro opposto.
Nei giorni successivi, iniziarono a sentirsi con una certa frequenza. Fulvia lo provocava in ogni modo, cercando di testare la sua pazienza, di spingerlo a fare qualcosa che lo mettesse fuori equilibrio. Ma Francesco, con la sua calma glaciale, la osservava. L’unica cosa che lo faceva arrabbiare era l’impulsività della giovane donna. “Non è il momento di giocare, Fulvia,” le diceva spesso. Eppure, la sua autorità non sembrava mai pesare troppo su di lei; piuttosto, la stimolava, la incitava a fare di più.
Il feeling tra i due cresceva, in un equilibrio instabile di dominanza e resistenza. Ogni incontro diventava una partita mentale, una danza fatta di sguardi, parole non dette, e silenzi carichi di significato. Fulvia voleva vincere, e Francesco sapeva che solo una persona capace di sfidarlo avrebbe potuto ottenere la sua attenzione.
E così, la loro storia continuò, in un equilibrio perfetto tra resistenza e dominio, in cui nessuno dei due era mai completamente sottomesso o completamente dominante, ma entrambi si sfidavano a diventare la versione migliore di sé stessi.
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