Monica

di
genere
tradimenti

La mia vita è cambiata il giorno delle mie nozze con Luca. Per sempre.
Quando mi sono sposata, credendo di coronare il mio sogno d'amore, avevo 35 anni.
La sala del ricevimento era avvolta in un'atmosfera di festa, con risate che risuonavano tra le pareti decorate e il profumo di fiori freschi che si mescolava al dolce aroma del vino.
Ero felicissima, e stupenda, nel mio abito bianco. Un abito semplice, stretto, che metteva in risalto il mio seno abbondante ed il mio culetto sodo, scolpito dalla palestra e dall'attività fisica. Mi sono sempre presa cura del mio corpo, ed è proprio in palestra che ho conosciuto mio marito Luca, di alcuni anni più grande di me.
Mentre ballavo con lui, il mio sguardo, per puro caso, si posò su uno degli invitati.
I miei occhi si riversarono nei suoi con una intensità assurda, come se quell'uomo avesse una forza di attrazione alla quale è impossibile sfuggire. Ed io, infatti, non riuscii a sfuggirgli. Un brivido di eccitazione mi scosse come un terremoto e sentii il calore del desiderio irradiarsi dalle viscere più profonde del mio corpo.
Il motivo? Non lo so, non so spiegarlo, e nemmeno successivamente sono riuscita a comprenderlo appieno.
Con la scusa di non sapere chi fosse, cosa vera, alla fine, chiesi lumi a mio marito, il quale mi spiegò che quell'uomo si chiamava Marco, ed era un suo amico d'infanzia. Erano cresciuti praticamente insieme, avevano fatto praticamente tutte le scuole insieme per poi, come tanti, prendere percorsi universitari diversi. Ma non avevano mai smesso di sentirsi, frequentarsi. Si scusò con me per non aver mai avuto occasione di presentarmelo. Io sorrisi e lo baciai con dolcezza, perdonandolo per quella sua mancanza.
Non riuscii però, a staccargli gli occhi di dosso, a Marco. E lui ad un certo punto, se ne accorse.
Iniziò a ricambiare i miei sguardi, a sorridere, a muovere le labbra con quell'aria da predatore consumato che ha appena adocchiato la sua preda e sa che quella stessa preda si sta per infilare da sola nella sua trappola..
Io mi sentivo inspiegabilmente eccitata ed accaldata. La mia fica aveva iniziato a pulsare continuamente, come se stesse chiamando a se il maschio che doveva scoparla.
Mi sentivo di impazzire, in quel vortice di pensieri e desideri. Mi ero appena sposata, mio marito era accanto a me ed io flirtavo a distanza con un altro uomo, che ricambiava, desiderandolo, perdendomi in pensieri osceni e sconci su come mi sari fatta volentieri sbattere da lui.
Iniziai a chiedermi come fosse il suo cazzo, se era grosso, piccolo, lungo, corto, se era circonciso o meno, se preferiva la fica o il culo, se magari gli piacesse leccare la fica, cosa che a mio marito non piace per nulla, ad esempio.
Ed io invece adoro essere leccata.
Ho iniziato ad immaginarmi sul tavolo, a cosce spalancate, con la testa di Marco tra di esse.
A leccarmela, succhiarmela, mordermi il clitoride e farmi impazzire di piacere.
Mentre mi perdevo in quei pensieri osceni, lo persi di vista. Lo cercai ovunque, nella sala, ma non lo vidi più.
Andai in panico quasi, e mio marito, accanto a me, si accorse che qualcosa non andava.
Lo rassicurai, con un sorriso, dicendogli che non ero abituata a bere così tanto e ne approfittai per alzarmi ed allontanarmi, dicendogli che sari andata un attimo a rinfrescarmi e prendere una boccata d'aria. La verità è che uscii dalla sala perchè volevo cercare Marco.
Lo trovai al bar, all'esterno della sala, con un bicchiere di whisky in mano.
Quando mi vide, sorrise compiaciuto, come se mi stesse aspettando, come se sapesse che sarei arrivata lì da lui. I miei occhi spaziarono su tutto il suo corpo, famelici, voraci, desiderosi. Mi morsi le labbra senza nemmeno accorgermene, ed il mio sguardo diventò una supplica silenziosa verso di lui.
Finì il contenuto del bicchiere che posò sul bancone, e senza dire nulla si avviò lungo un corridoio, senza voltarsi indietro. Io mi guardai attorno, spaesata, impaurita ed eccitata allo stesso tempo. In cuor mio sapevo che dovevo tornare in sala. Sapevo che stavo per fare la cazzata più grande della mia vita. Nel giorno del mio matrimonio.
E la cazzata, la feci. Lo seguii, a passo svelto, raggiungendolo, senza dire una parola, tallonandolo, con il fuoco tra le cosce e la fica che ormai era un martello per come pulsava. Il perizoma di pizzo che avevo indossato per l'occasione era zuppo dei miei umori. E non era per mio marito, ma per il suo amico d'infanzia. Che banalità la mia. Mi trovai a sorridere al clichè in cui mi stavo infilando. Io che mi reputavo speciale ero invece banale come tantissime altre.
Il bagno. Mi condusse al bagno ed aprì la porta per farmi entrare. Il tutto senza dirci una parola. Aprì poi la porta del cubicolo e mi spinse dentro con rudezza, come si farebbe con una puttana da due soldi.
Lo ero. Mi sentivo una puttana da due soldi che fa le marchette nei cessi della stazione.
"Ti prego..." esordii ansimando, con voce flebile "fai attenzione al vestito..." il mio pensiero lucido, in quel momento, fu per il vestito che indossavo. La purezza del bianco, in quel giorno speciale, sicuramente non la meritavo. Unico appiglio ad una normalità che ormai era andata a farsi fottere. Ancora prima che mi facessi fottere io da Marco, in quel bagno.
"Stai tranquilla, non se ne accorgerà nessuno di quanto sei troia" disse lui mentre mi afferrava il vestito da sotto, alzandolo lungo le mie cosce guantate dalle autoreggenti bianche, fino a farmelo salire in vita, scoprendo il mio perizoma di pizzo bagnato fradicio.
Troia. Nessuno mi aveva mai appellata in quel modo. Nessuno si era mai permesso. Eppure al pensiero di esserlo, ero ancora più eccitata. La mano di lui palpò la stoffa zuppa dei miei umori per poi sorridere "Non vedevi l'ora eh, puttanella?" la sua voce, il suo tono, erano sprezzanti. Umilianti. E mi faceva impazzire che mi umiliasse.
Si tirò giù la zip del pantalone nero e dopo aver armeggiato con l'intimo che indossava, tirò fuori il suo cazzo. Un gran bel cazzo, devo ammetterlo. Più grosso di quello di mio marito. Più largo. Circonciso, non ancora in tiro, eppure già di dimensioni ragguardevoli.
"Succhia, troia. Io non mi eccito subito con le affamate di cazzo come te" disse lui.
Da lasciarlo lì a farsi una sega da solo, per il disprezzo che aveva usato verso di me.
Glielo presi in bocca e glielo iniziai a succhiare, con foga, desiderosa di farglielo indurire, di sentirlo crescere nella mia bocca, per orgoglio, desiderio, per dimostrargli quanto fossi brava ed eccitante. Mani a strizzare le sue palle gonfie e bocca a lavorare, su e giù, con il movimento del capo. Bocca larga a scendere e labbra serrate nel risalire, con un risucchio che, da come aveva iniziato a gemere, doveva piacergli parecchio.
Ed infatti dopo pochi minuti sentivo la cappella del suo cazzo durissimo sbattermi in gola, per come era diventato grosso, ora che era tutto duro, turgido e pulsante.
"Brava la puttanella...ora fatti scopare come si deve" disse lui, staccandomi a forza dal suo cazzo.
Lo guardai, desiderosa, leccandomi le labbra. Aveva un buon sapore, lui. Un sapore che mi inebriava totalmente, ubriacandomi ancora più del vino.
Il vino. Ebbi quel pensiero fugace cercando nell'aver bevuto un bel po' la giustificazione per il mio comportamento, per il mio essere lì, con lui.
Un flebile tentativo di aggrapparmi a qualcosa, pur di non ammettere la realtà.
Che ero una troia.
Lui mi prese la gamba, alzandola ed aprendola, in quello spazio ristretto dove mi trovai per un attimo sospesa mentre lui mi scostava il perizoma. E mi infilava senza troppi riguardi il suo grosso cazzo nella fica spugnata dei miei umori.
Restai senza fiato, per come mi sentii piena di lui. Mai provata una sensazione così, con mio marito.
Iniziai subito a gemere, mentre lui spingeva, entrando ed uscendo, con foga. Avevo la schiena contro il muro ed ero così aperta, offerta a lui, come un giunco, mentre mi sbatteva. "Vedi di non sporcarmi il vestito con i tuoi umori, stronza".
Quanto era stronzo, eppure pendevo dalle sue labbra e dal suo cazzo che mi stava portando in paradiso.
"Più forte...rompimi ti prego" mi trovai a supplicarlo.
"Come vuoi troia" rispose lui che non se lo fece ripetere due volte. I colpi si intensificarono, così come il ritmo. Era selvaggio, rude, davvero mi stava spaccando la fica e sentivo la cappella sbattere contro la mia cervice ad ogni colpo, come se volesse sfondarla. E la sua mazza, le sue vene così grosse che strusciavano contro il mio clito.
Ormai mancava poco.
Iniziai a stringere la fica, a mungerlo, a succhiarlo mentre mi scopava, facendogli capire che ci sapevo fare.
E lui, a modo suo, apprezzò.
"Mhmh...allora un po' ci sai fare troietta...brava, mungilo così che ti farcisco di sborra"
La sborra. Per un attimo ebbi un barlume di lucidità. Non prendevo la pillola, costringevo Luca al preservativo.
Eppure non mi opposi, anzi. Lo desiderai con tutta me stessa "Riempimi" dissi.
E lui lo fece, qualche attimo prima del mio orgasmo che si mischiò al suo. Fiotti densi, abbondanti, si riversarono nella mia fica, sparati da quel cazzo pulsante e durissimo, mentre rivoli di umori mi scivolavano tra le cosce, e le mie mani tappavano la mia bocca che avrebbe voluto urlare al mondo tutto il suo piacere.
Lui lo sfilò via subito, appena svuotato, scostando di nuovo il perizoma che diventò una fugace barriera per quella sborra che colava.
"Ora te ne torni da tuo marito con la fica piena della mia sborra. E stasera, quando ti concederai a lui, anche se a lui non piace, gli chiederai di leccartela. Non ti dirà di no...è la prima notte di nozze" disse lui soddisfatto, con disprezzo, autorità.
Io ero ancora stordita e lo guardavo a bocca semichiusa per il piacere che ancora sconvolgeva il mio corpo.
Mi sentivo piena di lui, sporca, e non solo per la sborra che ora scivolava sul perizoma.
"Lo saprò se non lo farai, non ti conviene" disse lui ed io realizzai che era vero, probabilmente l'avrebbe saputo. Ed annuii senza dire una parola, completamente sottomessa a lui, in quel momento.
"Brava la mia puttana" disse lui che prima di andrsene, con me in quel cubicolo, ancora a cosce aperte, pisciò nel cesso, umiliandomi ulteriormente. Prese la carta igienica, si pulì il cazzo che infilò di nuovo nei pantaloni ed uscì, senza dire una parola.
Io ci misi un po' a riprendermi. Il perizoma davvero ora era zuppo della sua sborra. Ne sentivo l'odore e non l'avrei sentito solo io. Lo tolsi e lo gettai nel bidoncino nel bagno, presi della carta igienica anche io e mi pulii un po' la fica.
Mi sistemai alla meno peggio e tornai in sala, sedendomi accanto a mio marito.
Che avevo già tradito, il giorno stesso delle nostre nozze.
scritto il
2025-05-22
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