Ancillare - il giorno dopo
di
Bernye 60
genere
dominazione
Questo racconto è il sequel di un racconto già pubblicato da tuttobirba. Mi sono ispirato al suo stile che mi era piaciuto moltissimo.
Mi svegliai all’alba, con il sapore di dominio ancora vivo nella mente e il corpo appagato.
Dal piano di sotto giungeva un debole tintinnio di stoviglie: la casa era già viva, le mie ancelle all’opera.
Alle 7 in punto, come da regola, sentii bussare leggermente alla porta.
«Entra», ordinai con voce ancora roca di sonno.
Bea si affacciò timidamente, splendida nella tenuta da serva: nude sotto un grembiule di seta sottile, calze nere autoreggenti, tacchi alti e lo sguardo basso come addestrato.
Portava il vassoio del caffè con entrambe le mani, le braccia tese, la schiena leggermente inarcata a mostrare la curva perfetta del suo corpo giovane.
Mi avvicinò il vassoio inginocchiandosi ai piedi del letto.
Dietro di lei, a breve distanza, intravedevo Mirna, che aspettava in posizione di riposo: inginocchiata, mani sulle cosce, petto in fuori e i lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta.
«Avete rispettato il regolamento?» domandai sorseggiando il caffè caldo.
«Sì, mio Signore», risposero in coro con un filo di voce.
Mi venne voglia di un piccolo test.
«Bea, dammi il motivo per cui dovrei farti piacere oggi.»
Lei, senza esitare, abbassò ulteriormente lo sguardo.
«Perché la sua serva è inutile se non la usa come desidera, mio Signore. Il suo piacere dà senso alla mia esistenza.»
Il mio sorriso fu appena accennato, ma loro lo notarono subito come un premio.
Appoggiai il vassoio sul comodino e feci cenno con un dito a Mirna.
«Oggi cominceremo un nuovo addestramento,» dissi.
«Voglio che impariate l’arte della competizione: la più brava avrà il privilegio di dormire ai piedi del mio letto. L’altra… sul tappeto fuori dalla porta.»
Le vidi fremere di eccitazione mista a tensione.
«Preparatemi il bagno,» ordinai.
«Voglio essere servito da due schiave perfette.»
Bea e Mirna balzarono in piedi senza nemmeno sfiorare i vestiti. I loro corpi nudi, lucidi di eccitazione, si mossero rapidi verso il bagno come due sacerdotesse devote, pronte a contendersi il mio favore.
Mentre sorseggiavo lentamente il mio caffè, già pensavo alle prove che le avrebbero attese: obbedienza, sensualità, spirito di sacrificio.
Sarebbe stata una giornata molto lunga… e molto, molto divertente.
Perfetto, allora entriamo nella scena del bagno.
Te la scrivo mantenendo il tono erotico, sensuale, ma sempre elegante e carico di tensione.
Ancillare – Il Bagno delle Serve
Quando entrai nel bagno, trovai l’acqua già pronta: il vapore profumato di lavanda e sandalo riempiva l’aria, creando una nebbia sottile che avvolgeva ogni cosa in un alone ovattato e intimo.
Bea era inginocchiata accanto alla vasca, il corpo nudo che si rifletteva tremolante sulla superficie dell’acqua.
Con delicatezza, versava nell’acqua delle essenze profumate, mentre Mirna stava in piedi accanto a lei, reggendo un grande asciugamano bianco.
Mi osservavano entrambe in attesa del primo ordine, come due predatrici addestrate in cerca del minimo cenno.
«Spogliatemi», dissi, la voce bassa e ferma.
Bea si avvicinò per prima, le mani tremanti di eccitazione. Con gesti lenti, mi slacciò la camicia facendo scivolare il tessuto dalle mie spalle, mentre Mirna si inginocchiava per abbassarmi i pantaloni, sfiorandomi appena le cosce con le labbra.
Quando rimasi completamente nudo davanti a loro, avvertii un fremito attraversarmi la schiena: non di freddo, ma di puro potere.
«Entrate nell’acqua», ordinai.
Le due serve si mossero con grazia felina: prima Bea, che immerse il suo corpo snello e giovane scivolando come una sirena tra le onde leggere, poi Mirna, più lenta, più consapevole del suo corpo maturo e opulento, i seni pieni che galleggiavano appena sotto la superficie.
Mi immersi nella vasca, sedendomi con calma contro il bordo.
Il calore dell’acqua mi avvolse subito, e le vidi avvicinarsi da lati opposti come in un antico rituale.
«Cominciate. Ma ricordate: chi mi darà più piacere sarà ricompensata. L’altra… punita.»
Non fu necessario ripeterlo.
Bea si inginocchiò nell’acqua tra le mie gambe, le mani leggere che cominciarono a insaponarmi il petto con movimenti delicati e sensuali, mentre Mirna si posizionò dietro di me, le dita esperte che massaggiavano le spalle, la nuca, le braccia.
Due bocche, due respiri diversi: quello giovane e impetuoso di Bea, che ogni tanto sfiorava la mia pelle con baci fugaci; quello più lento e profondo di Mirna, che sembrava volermi assorbire con la sola vicinanza.
Chiusi gli occhi per un momento, abbandonandomi a quelle attenzioni contrastanti: l’irruenza della giovinezza contro la sapienza della maturità.
Sentii una lingua – Bea – sfiorare lentamente il mio addome, mentre mani esperte – Mirna – scendevano lungo i miei fianchi, sfiorando con una precisione millimetrica ogni nervo vivo della mia pelle.
Aprii gli occhi e li vidi: Bea che mi guardava con adorazione, Mirna che, con lo sguardo basso, attendeva il mio giudizio come una vera serva fedele.
Li lasciai in sospeso, assaporando il piacere di essere servito da due corpi femminili in lotta silenziosa per la mia approvazione.
«Bene», dissi infine, la voce bassa come un ruggito trattenuto.
«Ma ora voglio di più. Mirna, siediti qui davanti a me. Bea, mostra alla tua mamma come si venera il proprio Padrone.»
Le loro espressioni si trasformarono: Mirna arrossì impercettibilmente, Bea sorrise con una luce diabolica negli occhi.
La vera gara stava appena iniziando.
Ancillare – La Devozione delle Serve
Mirna si sedette lentamente nell’acqua, il viso rivolto verso di me, il busto eretto e solenne come una sacerdotessa pronta al sacrificio. Il vapore giocava sui suoi lineamenti maturi, rendendola ancora più vulnerabile e splendida.
Bea le si avvicinò senza esitazione, gattonando nell’acqua come un piccolo animale predatore. La vidi inginocchiarsi tra le gambe di sua madre, lo sguardo acceso da una devozione crudele.
«Guardami», ordinai a Mirna.
Obbedì subito, sollevando gli occhi su di me. Erano occhi pieni di vergogna e di amore: il misto perfetto di emozioni che volevo leggere in lei.
Bea prese a lambire la pelle di Mirna con piccoli baci umidi e lenti, partendo dall’interno delle cosce e risalendo piano, senza fretta. Ogni tocco era una supplica silenziosa, un’offerta di sé attraverso la venerazione della carne altrui.
«Più lento, Bea. Ogni centimetro deve essere adorato come se fosse sacro.»
La ragazza ansimò impercettibilmente, ma rallentò, eseguendo il mio ordine con una precisione commovente. Ogni leccata, ogni carezza, era un atto di fede, un gesto di pura sottomissione al mio volere.
Mirna si irrigidì, ma non osò distogliere lo sguardo dal mio. Tremava, sì, ma non per il freddo: il suo corpo tradiva l’eccitazione che cercava invano di nascondere.
Mi accarezzai lentamente, senza fretta, gustando la scena che avevo creato come un artista ammira la propria opera.
«Brava, Bea», mormorai. «Ma adesso voglio che la tua bocca e le tue mani parlino per te. Dimostra a tua madre chi merita la mia ricompensa.»
Bea emise un piccolo gemito, poi affondò senza più esitazione, la bocca affamata, le mani veloci e decise. Mirna si abbandonò con un sospiro, chiudendo finalmente gli occhi, incapace di sostenere ancora il mio sguardo.
Io non glielo permisi.
«No, Mirna. Devi guardarmi. Devi vedere chi è il tuo unico Signore.»
Strinse i pugni ai lati della vasca, gli occhi lucidi che mi imploravano misericordia, ma non distolse più lo sguardo. Era perfetta. Era mia.
Quando Bea sollevò il viso, bagnata e ansimante, vidi il desiderio e la determinazione brillare nei suoi occhi.
Sorrisi, compiaciuto.
«Ora, unitevi. Abbracciatevi. E adoratemi insieme.»
Come due fiori piegati dallo stesso vento, si strinsero l’una all’altra, i corpi intrecciati nell’acqua, i seni che si sfioravano, le mani che accarezzavano, le bocche che cercavano conforto e ardore.
Io osservavo, immobile, il cuore che batteva lento e pesante nel petto.
Era il momento di scegliere chi delle due aveva vinto.
Ma forse, pensai mentre il vapore avvolgeva ogni cosa come un sipario che cala, la vera ricompensa… era tenerle entrambe.
E non avrei avuto pietà.
Mi svegliai all’alba, con il sapore di dominio ancora vivo nella mente e il corpo appagato.
Dal piano di sotto giungeva un debole tintinnio di stoviglie: la casa era già viva, le mie ancelle all’opera.
Alle 7 in punto, come da regola, sentii bussare leggermente alla porta.
«Entra», ordinai con voce ancora roca di sonno.
Bea si affacciò timidamente, splendida nella tenuta da serva: nude sotto un grembiule di seta sottile, calze nere autoreggenti, tacchi alti e lo sguardo basso come addestrato.
Portava il vassoio del caffè con entrambe le mani, le braccia tese, la schiena leggermente inarcata a mostrare la curva perfetta del suo corpo giovane.
Mi avvicinò il vassoio inginocchiandosi ai piedi del letto.
Dietro di lei, a breve distanza, intravedevo Mirna, che aspettava in posizione di riposo: inginocchiata, mani sulle cosce, petto in fuori e i lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta.
«Avete rispettato il regolamento?» domandai sorseggiando il caffè caldo.
«Sì, mio Signore», risposero in coro con un filo di voce.
Mi venne voglia di un piccolo test.
«Bea, dammi il motivo per cui dovrei farti piacere oggi.»
Lei, senza esitare, abbassò ulteriormente lo sguardo.
«Perché la sua serva è inutile se non la usa come desidera, mio Signore. Il suo piacere dà senso alla mia esistenza.»
Il mio sorriso fu appena accennato, ma loro lo notarono subito come un premio.
Appoggiai il vassoio sul comodino e feci cenno con un dito a Mirna.
«Oggi cominceremo un nuovo addestramento,» dissi.
«Voglio che impariate l’arte della competizione: la più brava avrà il privilegio di dormire ai piedi del mio letto. L’altra… sul tappeto fuori dalla porta.»
Le vidi fremere di eccitazione mista a tensione.
«Preparatemi il bagno,» ordinai.
«Voglio essere servito da due schiave perfette.»
Bea e Mirna balzarono in piedi senza nemmeno sfiorare i vestiti. I loro corpi nudi, lucidi di eccitazione, si mossero rapidi verso il bagno come due sacerdotesse devote, pronte a contendersi il mio favore.
Mentre sorseggiavo lentamente il mio caffè, già pensavo alle prove che le avrebbero attese: obbedienza, sensualità, spirito di sacrificio.
Sarebbe stata una giornata molto lunga… e molto, molto divertente.
Perfetto, allora entriamo nella scena del bagno.
Te la scrivo mantenendo il tono erotico, sensuale, ma sempre elegante e carico di tensione.
Ancillare – Il Bagno delle Serve
Quando entrai nel bagno, trovai l’acqua già pronta: il vapore profumato di lavanda e sandalo riempiva l’aria, creando una nebbia sottile che avvolgeva ogni cosa in un alone ovattato e intimo.
Bea era inginocchiata accanto alla vasca, il corpo nudo che si rifletteva tremolante sulla superficie dell’acqua.
Con delicatezza, versava nell’acqua delle essenze profumate, mentre Mirna stava in piedi accanto a lei, reggendo un grande asciugamano bianco.
Mi osservavano entrambe in attesa del primo ordine, come due predatrici addestrate in cerca del minimo cenno.
«Spogliatemi», dissi, la voce bassa e ferma.
Bea si avvicinò per prima, le mani tremanti di eccitazione. Con gesti lenti, mi slacciò la camicia facendo scivolare il tessuto dalle mie spalle, mentre Mirna si inginocchiava per abbassarmi i pantaloni, sfiorandomi appena le cosce con le labbra.
Quando rimasi completamente nudo davanti a loro, avvertii un fremito attraversarmi la schiena: non di freddo, ma di puro potere.
«Entrate nell’acqua», ordinai.
Le due serve si mossero con grazia felina: prima Bea, che immerse il suo corpo snello e giovane scivolando come una sirena tra le onde leggere, poi Mirna, più lenta, più consapevole del suo corpo maturo e opulento, i seni pieni che galleggiavano appena sotto la superficie.
Mi immersi nella vasca, sedendomi con calma contro il bordo.
Il calore dell’acqua mi avvolse subito, e le vidi avvicinarsi da lati opposti come in un antico rituale.
«Cominciate. Ma ricordate: chi mi darà più piacere sarà ricompensata. L’altra… punita.»
Non fu necessario ripeterlo.
Bea si inginocchiò nell’acqua tra le mie gambe, le mani leggere che cominciarono a insaponarmi il petto con movimenti delicati e sensuali, mentre Mirna si posizionò dietro di me, le dita esperte che massaggiavano le spalle, la nuca, le braccia.
Due bocche, due respiri diversi: quello giovane e impetuoso di Bea, che ogni tanto sfiorava la mia pelle con baci fugaci; quello più lento e profondo di Mirna, che sembrava volermi assorbire con la sola vicinanza.
Chiusi gli occhi per un momento, abbandonandomi a quelle attenzioni contrastanti: l’irruenza della giovinezza contro la sapienza della maturità.
Sentii una lingua – Bea – sfiorare lentamente il mio addome, mentre mani esperte – Mirna – scendevano lungo i miei fianchi, sfiorando con una precisione millimetrica ogni nervo vivo della mia pelle.
Aprii gli occhi e li vidi: Bea che mi guardava con adorazione, Mirna che, con lo sguardo basso, attendeva il mio giudizio come una vera serva fedele.
Li lasciai in sospeso, assaporando il piacere di essere servito da due corpi femminili in lotta silenziosa per la mia approvazione.
«Bene», dissi infine, la voce bassa come un ruggito trattenuto.
«Ma ora voglio di più. Mirna, siediti qui davanti a me. Bea, mostra alla tua mamma come si venera il proprio Padrone.»
Le loro espressioni si trasformarono: Mirna arrossì impercettibilmente, Bea sorrise con una luce diabolica negli occhi.
La vera gara stava appena iniziando.
Ancillare – La Devozione delle Serve
Mirna si sedette lentamente nell’acqua, il viso rivolto verso di me, il busto eretto e solenne come una sacerdotessa pronta al sacrificio. Il vapore giocava sui suoi lineamenti maturi, rendendola ancora più vulnerabile e splendida.
Bea le si avvicinò senza esitazione, gattonando nell’acqua come un piccolo animale predatore. La vidi inginocchiarsi tra le gambe di sua madre, lo sguardo acceso da una devozione crudele.
«Guardami», ordinai a Mirna.
Obbedì subito, sollevando gli occhi su di me. Erano occhi pieni di vergogna e di amore: il misto perfetto di emozioni che volevo leggere in lei.
Bea prese a lambire la pelle di Mirna con piccoli baci umidi e lenti, partendo dall’interno delle cosce e risalendo piano, senza fretta. Ogni tocco era una supplica silenziosa, un’offerta di sé attraverso la venerazione della carne altrui.
«Più lento, Bea. Ogni centimetro deve essere adorato come se fosse sacro.»
La ragazza ansimò impercettibilmente, ma rallentò, eseguendo il mio ordine con una precisione commovente. Ogni leccata, ogni carezza, era un atto di fede, un gesto di pura sottomissione al mio volere.
Mirna si irrigidì, ma non osò distogliere lo sguardo dal mio. Tremava, sì, ma non per il freddo: il suo corpo tradiva l’eccitazione che cercava invano di nascondere.
Mi accarezzai lentamente, senza fretta, gustando la scena che avevo creato come un artista ammira la propria opera.
«Brava, Bea», mormorai. «Ma adesso voglio che la tua bocca e le tue mani parlino per te. Dimostra a tua madre chi merita la mia ricompensa.»
Bea emise un piccolo gemito, poi affondò senza più esitazione, la bocca affamata, le mani veloci e decise. Mirna si abbandonò con un sospiro, chiudendo finalmente gli occhi, incapace di sostenere ancora il mio sguardo.
Io non glielo permisi.
«No, Mirna. Devi guardarmi. Devi vedere chi è il tuo unico Signore.»
Strinse i pugni ai lati della vasca, gli occhi lucidi che mi imploravano misericordia, ma non distolse più lo sguardo. Era perfetta. Era mia.
Quando Bea sollevò il viso, bagnata e ansimante, vidi il desiderio e la determinazione brillare nei suoi occhi.
Sorrisi, compiaciuto.
«Ora, unitevi. Abbracciatevi. E adoratemi insieme.»
Come due fiori piegati dallo stesso vento, si strinsero l’una all’altra, i corpi intrecciati nell’acqua, i seni che si sfioravano, le mani che accarezzavano, le bocche che cercavano conforto e ardore.
Io osservavo, immobile, il cuore che batteva lento e pesante nel petto.
Era il momento di scegliere chi delle due aveva vinto.
Ma forse, pensai mentre il vapore avvolgeva ogni cosa come un sipario che cala, la vera ricompensa… era tenerle entrambe.
E non avrei avuto pietà.
6
voti
voti
valutazione
6.5
6.5
Commenti dei lettori al racconto erotico