Uccidi Uribe - Cazzeggi in vacanza - 09
di
XXX-Comics
genere
pulp
Ho dormito due giorni di seguito rifocillata ad orari regolari. Non male la cucina di bordo, molto meglio però gli antidolorifici e le cremine lenitive ed idratanti. Ora sto bene. Oddio, sto bene come chi è prigioniera in una cabina di lusso e non conosce la propria sorte.
Anche lo yacht in questi due giorni è stato in un dormiveglia continuo: viaggiava di notte e si riposava di giorno come deve fare la casa di un milionario in vacanza. Ma sempre nel silenzio più totale. Non un anima, solo il cameriere filippino che apriva la porta tre volte al giorno con vassoio in mano ed il povero Tuttostanco che gli toccava slegarmi e controllarmi. Credo sia sordomuto. O finge benissimo.
C'è stato però qualche traffico sospetto, come quando nella notte abbiamo abbordato un peschereccio, probabilmente per svuotare il congelatore. Già, Vargas, il mio micione. E mi sembra d'aver sentito un elicottero, ma è stato quando ero KO.
Due giorni di una palla incredibile! Ma non sono sola, i ragazzi del centro si fanno vivi con continui bip nell'orecchio. Davanti allo specchio ho anche chiacchierato con Steven, ma solo muovendo le labbra, ci sono telecamere e microfoni nascosti che mi spiano H24. L'ho ringraziato d'avermi salvata, è stato superbo con la nazifetente e gli ho promesso una vacanza romantica in baita nello Yosemite Park. In risposta ho ricevuto tenerissimi bip.
Ma questa sera, dopo il tramonto, lo yacht s'è risvegliato.
No nessun party od orgia da ricchi sul ponte, solo movimenti e voci, ed i motori che rombano a tutta forza come se avesse finalmente un posto dove andare. Sono scema, questo senso di potenza e velocità mi dà la carica, anche se so che per me saranno solo casini.
Ma all'improvviso si ferma e resta ondeggiante. Vedo le luci di una costa lontana e poi il rumore di un elicottero che s'avvicina, sempre più forte fino a far tremare tutto. Vola via subito e lo yacht riparte tutta birra.
E non è una grande sorpresa quando s'apre la porta ed appare il vassoio con grigliata di pesce e sadoallegra invece del filippino. Mi sorride come un'amica di sempre mentre lo poggia sullo scrittoio a parete. “Sei pallida, dovevi prendere un po' di sole.”
Grazie al cazzo! Ma va' a lavorare, stronza!
S'è messa sportiva, leggings mezza coscia dipinti sulla figa e sulle chiappe di marmo e top bianco abbagliante con i capezzoli chiodati in rilievo, uno schianto di figonanera che stordisce maschietti e femminucce. Oggi vuole fare la civettuola con me, mi fissa tenendo la mano poggiata sul fianco buttato in fuori. Sì, sei figa, ma non è proprio storia.
“Sei incazzata con me?!! Dovevo farlo, lo sai.”
Questa stronza m'ha massacrata e fatta maciullare un'intera notte e vuole pure essere ringraziata, “Già è il tuo lavoro.” dico e non aggiungo altro.
“Sì, è il mio lavoro.” Si china come per baciarmi, ma mi sfiora appena le labbra. Vuole annusarmi. “Forse ho esagerato un poco...”, mi scocca un sorriso di complicità, “... ma per colpa tua.”
Cazzo, questo è amore!
È a dieci centimetri da me e nei suoi occhi neri rivivo in un solo istante le due ore in palestra. Mi si arroventa il pube al ricordo di ogni singola follia.
Socchiudo le labbra.
Perché non mi bacia?
“Sei qui per lavoro?”
Ride, sono una che la diverte. “No, mi sono presa un giorno di mare... Fammi vedere come va.”
E chi cazzo la riconosce più? È diventata una lesboinfermiera. Con una delicatezza allarmante slaccia il moschettone che mi tiene bloccata le mani dietro la schiena e mi leva il pigiamino frou-frou celeste. “Va molto molto meglio.” Dice sorpresa valutando ogni livido e segno.
Mi slaccia anche i polsini di ecopelle, un sollievo incredibile! La pelle è raggrinzita, ma non mi hanno scarnificato i polsi.
La bonasamaritana me li friziona con olio profumato. “Questo è miracoloso, stenditi.” Non mi guarda mai negli occhi mentre mi massaggia il corpo. La tigre ha perso le sue unghie e quelle mani mi regalano un benessere che non vorrei; mi ricordo bene di cosa è capace questa degenerata e cerco d'essere fredda e distaccata. Passiva come l'impasto della frolla.
Mi rigira sul letto e mi mette nella posizione preferita dai porci: a gattoni, ginocchia larghe, culo ben alzato e figa a disposizione. La mano ora è un po' meno delicata, insiste a lungo dove e come non farebbe un bravo massaggiatore.
Non resiste, la lesboninfo è troppo ninfomane. Dapprima mi lecca la figa abbracciata alle mie chiappette, poi mi s'incolla a ventosa e succhia peggio di un aspirapolvere fuorigiri. Cazzo, così mi svuota il cervello.
Allento ogni precauzione e penso solo a godere; mi scordo della missione, dei chip al cervello e dei guardoni al Centro e sogno d'essere in vacanza su uno yacht, chiusa in cabina con una magnifica pantera da sesso.
Mi fa sentire i denti, le unghie affondano nei glutei, urlo strozzata come se non avessi mai avuto un orgasmo. Quasi piango riconoscente.
È soddisfatta, si strappa via il top e le bocce esplodono fuori.
S'allunga sul letto, cazzo che schianto di figa!, i leggins glieli levo coi denti e grufolo fra le sue cosce.
Con una mano prende il vassoio e se lo rovescia addosso, un'intera grigliata di pesce sui suoi addominali tesi. La maionese la usa come detergente intimo. È una maledetta bastarda, poi sono sempre gli altri a dover pulire!
Maialeggio sulla sua pelle unta, limoniamo masticando crostacei, divoriamo il pesce tra i nostre cosce e in piena beatitudine ci frizioniamo le fighe con le gambe a forbice.
La fame vien mangiando.
“Tu sei una cazzodipendente.” La mia amante mi trascina per i capelli e mi porta sul ponte.
Il più felice di rivedermi è il bel brasiliano tatuato. Mi leva un gamberetto dai capelli e mi pulisce la chiappetta dalla maionese, io sono meno romantica, gli cerco l'uccellone nei bermuda. Mi zompa all'istante tra le cosce e mi sbatte sul mio ex-divano che hanno coperto con un orribile telo azzurro. Quasi non lo riconosco, non è più il noioso trivellatore professionista ma un folle scopatore. E' festa caraibica.
Whow, mi sento rinascere ma provo anche un senso in colpa per la mia lesboamante, con un cazzo è tutta un'altra cosa, ma lei mi capisce, non se la prende, è ninfocagna cazzodipendente anche lei ed ha già giù per l'esofago il cazzone pendente di Tuttostanco.
Ne viene fuori un'orgia di quelle allegre, di fine vacanza. Ho i bipbip in testa e il culetto che balla la samba da solo.
Tuttostanco è solo per figadititanio, pazienza, il bel brasiliano e il potente vichingo mi spalmano in un sandwich godurioso che a confronto il McKane's BigFish è eccitante come uno yogurt.
---
L'oceano è calmo, c'è aria di fine vacanza.
Sento che è l'ultimo giorno.
La panterafiga è malinconica, non le va di parlarne, ogni tanto fissa lo sguardo all'orizzonte e poi torna a ridere, ma si vede che è triste e s'incazza da bestia se cerco di far breccia nei suoi pensieri.
Ha deciso d'essere in vacanza: tanto sole sul ponte, bagni in una baia smeraldo, sonnellini e pranzetto su una spiaggia bianca. Zero pensieri, oziamo e cazzeggiamo coi peni dei nostri atleti da coito.
“Come ti chiami?”
“Io non esisto.”
E al fresco delle palme mosse dalla brezza facciamo l'amore come se il mondo non esistesse.
Vorrei che non finisse mai questa giornata.
Ma ovviamente arriva le sera. Torniamo sullo yacht e vedo la figamanager dar disposizioni all'equipaggio.
“Mi porti da Uribe? Perché?”
“Perché è così, non fare la cretina.”
“Ma com'è lui?”
“Lo conoscerai.” Distoglie lo sguardo. “... Ha tanti casini, non è... è stressato, non è più come prima.”
“Non ti capisco.”
“Cazzo c'è da capire?”
“Tu non sei così.”
Ride schifata. “Non capisci proprio un cazzo! Ricordatelo bene: tu sei la merda che devo portare a Uribe!... Va' a dormire, domani si comincia presto!”
In cabina ho un groppo di delusione in gola.
I bipbip mi rimproverano e mi richiamano all'ordine, io devo essere come la lesbofetente.
È il mio lavoro.
- - -
Siamo attraccati ad un porticciolo in una baia disabitata sotto una montagna verdissima. È l'alba.
Entra la lesboguerriera in tenuta da mercenaria, mimetica e cinturone con fondine. Una Laracroft mozzafiato.
Dà ancora una controllata al mio stato, sempre più sorpresa che segni e lividi del lavoretto in palestra siano già quasi del tutto scomparsi. È un segreto del dottor Hiroshige, non posso svelarlglielo.
Mi passa da vestirmi. “Mettiti questi.”
“Dove andiamo?”
“Fa' presto!” Anche lei ha i suoi segreti.
Indosso una camicia militare di tre misure più grande, un cappellaccio, calzettoni ed anfibi che mi calzano a pennello. Niente slip e pantaloni, gambe nude e figa al vento. Brutto segno, qui le zanzare massacrano, ma la mia padrona ci tiene a rimarcare i ruoli dopo la vacanza di ieri.
Sul pontile c'è il cambio: i tre stalloni personali della ninfotroia ci affidano a quattro mercenari che temono la lesbozapatista più di me, ma che, per come sono carichi di armi, sarebbe meglio non incontrare nella giungla. I quattro mi sorridono storti e si atteggiano a veri uomini vissuti mentre valutano attentamente la fica yankee: lo sguardo che odio.
Tre sono giovanissimi, l'altro ha superato i trent'anni e gli è già andata bene. È il capetto, io i coglioni li riconosco al primo sguardo. Anche la Laracroftnera è preoccupata per quelli che le hanno mandato.
Ma abbiamo fretta.
Il sentiero s'inerpica subito in un bosco verde, caldo e umido. Mi toglie il fiato, i mercenari invece parlottano tra loro della chica yankee.
Dopo quindici minuti di marcia in colonna, a zigzag in salita sul fianco della montagna, la lesbocomandante ferma tutti e mi lega abbracciata ad un albero. “Ragazzi, qui non si scherza, niente cazzate! Io non le perdono. Quindi occhi aperti ed orecchie tese, non dovete assolutamente distrarvi con la cagna.”
M'annusa il collo da dietro, cercandomi il capezzolo, e torna a parlare in inglese: “So che ti eccitano questi ragazzi, ma resisti, non fare la cagna anche con loro, non me li devi distrarre. Capito?” Le unghie stringono il capezzolo facendomi sgorgare una lacrima, ma nessun lamento. “Conviene anche a te che stiano ben attenti, credimi, se succede qualcosa sarai tu la prima a rimetterci.”
La figonanera perde colpi, ha appena ammesso che eccito i soldati più di lei. E vuole vendicarsi. Mi lecca la guancia. Mi parte una scossa quando fa così.
Alza la voce, in spagnolo. “Facciamo una pausa, scaricatevi adesso.”
I quattro esultano massaggiandosi i pacchi. La ninfoinvidiosa ci tiene a tradurmi in inglese quello che ho già capito.
Il primo cazzo mi risale in figa. Abbracciata al tronco fisso il mare duecento metri sotto di noi, turchese fra le foglie verdi. Al Centro questa volta devono accontentarsi della ripresa un po' mossa, su e giù, di un bel panorama caraibico.
È quel rincoglionito del caposquadra, gli tintinnano le armi. Dà una manata tra le scapole per mettermi giusta a novanta, mi rivolta la camicia sulla schiena, afferra le natiche e mostra alle tre reclute come un vero guerrigliero narcos si sbatte una puttanella yankee. Io gli concedo la stessa partecipazione di un materasso, non un gemito e sguardo spazientito all'orizzonte, ondeggio soltanto.
Così non va! Senza fermarsi passa mitra e pistole ai compari e una volta alleggerito me lo picchia da buttarmi giù nel mare azzurro. M'aggrappo più forte al tronco. Cazzo se è un pirla, muggisce da toro mentre sborra.
Coi tre ragazzi è tutta un'altra storia, sono una stronza anarchica. Il capetto guarda disgustato e se ne va a far la guardia sul sentiero. Gemo, squittisco, tremo e dimeno il culo, urlo soy una puta e fuck me mentre m'inseminano estasiati.
La zapatistanera non sorride. Richiama il capetto che arriva atteggiandosi da gran bravo capetto: armi in pugno, munizioni incrociate su petto e sguardo costantemente a caccia di movimenti nella foresta.
“Okay, se ci fai arrivare al campo senza noie te la lascio una notte.”
Il narcosranger è un vero leader, “E i ragazzi?”, chiede.
“Decidi tu.” Gli risponde con il tono di un mavvafanculopirla.
Anche lo yacht in questi due giorni è stato in un dormiveglia continuo: viaggiava di notte e si riposava di giorno come deve fare la casa di un milionario in vacanza. Ma sempre nel silenzio più totale. Non un anima, solo il cameriere filippino che apriva la porta tre volte al giorno con vassoio in mano ed il povero Tuttostanco che gli toccava slegarmi e controllarmi. Credo sia sordomuto. O finge benissimo.
C'è stato però qualche traffico sospetto, come quando nella notte abbiamo abbordato un peschereccio, probabilmente per svuotare il congelatore. Già, Vargas, il mio micione. E mi sembra d'aver sentito un elicottero, ma è stato quando ero KO.
Due giorni di una palla incredibile! Ma non sono sola, i ragazzi del centro si fanno vivi con continui bip nell'orecchio. Davanti allo specchio ho anche chiacchierato con Steven, ma solo muovendo le labbra, ci sono telecamere e microfoni nascosti che mi spiano H24. L'ho ringraziato d'avermi salvata, è stato superbo con la nazifetente e gli ho promesso una vacanza romantica in baita nello Yosemite Park. In risposta ho ricevuto tenerissimi bip.
Ma questa sera, dopo il tramonto, lo yacht s'è risvegliato.
No nessun party od orgia da ricchi sul ponte, solo movimenti e voci, ed i motori che rombano a tutta forza come se avesse finalmente un posto dove andare. Sono scema, questo senso di potenza e velocità mi dà la carica, anche se so che per me saranno solo casini.
Ma all'improvviso si ferma e resta ondeggiante. Vedo le luci di una costa lontana e poi il rumore di un elicottero che s'avvicina, sempre più forte fino a far tremare tutto. Vola via subito e lo yacht riparte tutta birra.
E non è una grande sorpresa quando s'apre la porta ed appare il vassoio con grigliata di pesce e sadoallegra invece del filippino. Mi sorride come un'amica di sempre mentre lo poggia sullo scrittoio a parete. “Sei pallida, dovevi prendere un po' di sole.”
Grazie al cazzo! Ma va' a lavorare, stronza!
S'è messa sportiva, leggings mezza coscia dipinti sulla figa e sulle chiappe di marmo e top bianco abbagliante con i capezzoli chiodati in rilievo, uno schianto di figonanera che stordisce maschietti e femminucce. Oggi vuole fare la civettuola con me, mi fissa tenendo la mano poggiata sul fianco buttato in fuori. Sì, sei figa, ma non è proprio storia.
“Sei incazzata con me?!! Dovevo farlo, lo sai.”
Questa stronza m'ha massacrata e fatta maciullare un'intera notte e vuole pure essere ringraziata, “Già è il tuo lavoro.” dico e non aggiungo altro.
“Sì, è il mio lavoro.” Si china come per baciarmi, ma mi sfiora appena le labbra. Vuole annusarmi. “Forse ho esagerato un poco...”, mi scocca un sorriso di complicità, “... ma per colpa tua.”
Cazzo, questo è amore!
È a dieci centimetri da me e nei suoi occhi neri rivivo in un solo istante le due ore in palestra. Mi si arroventa il pube al ricordo di ogni singola follia.
Socchiudo le labbra.
Perché non mi bacia?
“Sei qui per lavoro?”
Ride, sono una che la diverte. “No, mi sono presa un giorno di mare... Fammi vedere come va.”
E chi cazzo la riconosce più? È diventata una lesboinfermiera. Con una delicatezza allarmante slaccia il moschettone che mi tiene bloccata le mani dietro la schiena e mi leva il pigiamino frou-frou celeste. “Va molto molto meglio.” Dice sorpresa valutando ogni livido e segno.
Mi slaccia anche i polsini di ecopelle, un sollievo incredibile! La pelle è raggrinzita, ma non mi hanno scarnificato i polsi.
La bonasamaritana me li friziona con olio profumato. “Questo è miracoloso, stenditi.” Non mi guarda mai negli occhi mentre mi massaggia il corpo. La tigre ha perso le sue unghie e quelle mani mi regalano un benessere che non vorrei; mi ricordo bene di cosa è capace questa degenerata e cerco d'essere fredda e distaccata. Passiva come l'impasto della frolla.
Mi rigira sul letto e mi mette nella posizione preferita dai porci: a gattoni, ginocchia larghe, culo ben alzato e figa a disposizione. La mano ora è un po' meno delicata, insiste a lungo dove e come non farebbe un bravo massaggiatore.
Non resiste, la lesboninfo è troppo ninfomane. Dapprima mi lecca la figa abbracciata alle mie chiappette, poi mi s'incolla a ventosa e succhia peggio di un aspirapolvere fuorigiri. Cazzo, così mi svuota il cervello.
Allento ogni precauzione e penso solo a godere; mi scordo della missione, dei chip al cervello e dei guardoni al Centro e sogno d'essere in vacanza su uno yacht, chiusa in cabina con una magnifica pantera da sesso.
Mi fa sentire i denti, le unghie affondano nei glutei, urlo strozzata come se non avessi mai avuto un orgasmo. Quasi piango riconoscente.
È soddisfatta, si strappa via il top e le bocce esplodono fuori.
S'allunga sul letto, cazzo che schianto di figa!, i leggins glieli levo coi denti e grufolo fra le sue cosce.
Con una mano prende il vassoio e se lo rovescia addosso, un'intera grigliata di pesce sui suoi addominali tesi. La maionese la usa come detergente intimo. È una maledetta bastarda, poi sono sempre gli altri a dover pulire!
Maialeggio sulla sua pelle unta, limoniamo masticando crostacei, divoriamo il pesce tra i nostre cosce e in piena beatitudine ci frizioniamo le fighe con le gambe a forbice.
La fame vien mangiando.
“Tu sei una cazzodipendente.” La mia amante mi trascina per i capelli e mi porta sul ponte.
Il più felice di rivedermi è il bel brasiliano tatuato. Mi leva un gamberetto dai capelli e mi pulisce la chiappetta dalla maionese, io sono meno romantica, gli cerco l'uccellone nei bermuda. Mi zompa all'istante tra le cosce e mi sbatte sul mio ex-divano che hanno coperto con un orribile telo azzurro. Quasi non lo riconosco, non è più il noioso trivellatore professionista ma un folle scopatore. E' festa caraibica.
Whow, mi sento rinascere ma provo anche un senso in colpa per la mia lesboamante, con un cazzo è tutta un'altra cosa, ma lei mi capisce, non se la prende, è ninfocagna cazzodipendente anche lei ed ha già giù per l'esofago il cazzone pendente di Tuttostanco.
Ne viene fuori un'orgia di quelle allegre, di fine vacanza. Ho i bipbip in testa e il culetto che balla la samba da solo.
Tuttostanco è solo per figadititanio, pazienza, il bel brasiliano e il potente vichingo mi spalmano in un sandwich godurioso che a confronto il McKane's BigFish è eccitante come uno yogurt.
---
L'oceano è calmo, c'è aria di fine vacanza.
Sento che è l'ultimo giorno.
La panterafiga è malinconica, non le va di parlarne, ogni tanto fissa lo sguardo all'orizzonte e poi torna a ridere, ma si vede che è triste e s'incazza da bestia se cerco di far breccia nei suoi pensieri.
Ha deciso d'essere in vacanza: tanto sole sul ponte, bagni in una baia smeraldo, sonnellini e pranzetto su una spiaggia bianca. Zero pensieri, oziamo e cazzeggiamo coi peni dei nostri atleti da coito.
“Come ti chiami?”
“Io non esisto.”
E al fresco delle palme mosse dalla brezza facciamo l'amore come se il mondo non esistesse.
Vorrei che non finisse mai questa giornata.
Ma ovviamente arriva le sera. Torniamo sullo yacht e vedo la figamanager dar disposizioni all'equipaggio.
“Mi porti da Uribe? Perché?”
“Perché è così, non fare la cretina.”
“Ma com'è lui?”
“Lo conoscerai.” Distoglie lo sguardo. “... Ha tanti casini, non è... è stressato, non è più come prima.”
“Non ti capisco.”
“Cazzo c'è da capire?”
“Tu non sei così.”
Ride schifata. “Non capisci proprio un cazzo! Ricordatelo bene: tu sei la merda che devo portare a Uribe!... Va' a dormire, domani si comincia presto!”
In cabina ho un groppo di delusione in gola.
I bipbip mi rimproverano e mi richiamano all'ordine, io devo essere come la lesbofetente.
È il mio lavoro.
- - -
Siamo attraccati ad un porticciolo in una baia disabitata sotto una montagna verdissima. È l'alba.
Entra la lesboguerriera in tenuta da mercenaria, mimetica e cinturone con fondine. Una Laracroft mozzafiato.
Dà ancora una controllata al mio stato, sempre più sorpresa che segni e lividi del lavoretto in palestra siano già quasi del tutto scomparsi. È un segreto del dottor Hiroshige, non posso svelarlglielo.
Mi passa da vestirmi. “Mettiti questi.”
“Dove andiamo?”
“Fa' presto!” Anche lei ha i suoi segreti.
Indosso una camicia militare di tre misure più grande, un cappellaccio, calzettoni ed anfibi che mi calzano a pennello. Niente slip e pantaloni, gambe nude e figa al vento. Brutto segno, qui le zanzare massacrano, ma la mia padrona ci tiene a rimarcare i ruoli dopo la vacanza di ieri.
Sul pontile c'è il cambio: i tre stalloni personali della ninfotroia ci affidano a quattro mercenari che temono la lesbozapatista più di me, ma che, per come sono carichi di armi, sarebbe meglio non incontrare nella giungla. I quattro mi sorridono storti e si atteggiano a veri uomini vissuti mentre valutano attentamente la fica yankee: lo sguardo che odio.
Tre sono giovanissimi, l'altro ha superato i trent'anni e gli è già andata bene. È il capetto, io i coglioni li riconosco al primo sguardo. Anche la Laracroftnera è preoccupata per quelli che le hanno mandato.
Ma abbiamo fretta.
Il sentiero s'inerpica subito in un bosco verde, caldo e umido. Mi toglie il fiato, i mercenari invece parlottano tra loro della chica yankee.
Dopo quindici minuti di marcia in colonna, a zigzag in salita sul fianco della montagna, la lesbocomandante ferma tutti e mi lega abbracciata ad un albero. “Ragazzi, qui non si scherza, niente cazzate! Io non le perdono. Quindi occhi aperti ed orecchie tese, non dovete assolutamente distrarvi con la cagna.”
M'annusa il collo da dietro, cercandomi il capezzolo, e torna a parlare in inglese: “So che ti eccitano questi ragazzi, ma resisti, non fare la cagna anche con loro, non me li devi distrarre. Capito?” Le unghie stringono il capezzolo facendomi sgorgare una lacrima, ma nessun lamento. “Conviene anche a te che stiano ben attenti, credimi, se succede qualcosa sarai tu la prima a rimetterci.”
La figonanera perde colpi, ha appena ammesso che eccito i soldati più di lei. E vuole vendicarsi. Mi lecca la guancia. Mi parte una scossa quando fa così.
Alza la voce, in spagnolo. “Facciamo una pausa, scaricatevi adesso.”
I quattro esultano massaggiandosi i pacchi. La ninfoinvidiosa ci tiene a tradurmi in inglese quello che ho già capito.
Il primo cazzo mi risale in figa. Abbracciata al tronco fisso il mare duecento metri sotto di noi, turchese fra le foglie verdi. Al Centro questa volta devono accontentarsi della ripresa un po' mossa, su e giù, di un bel panorama caraibico.
È quel rincoglionito del caposquadra, gli tintinnano le armi. Dà una manata tra le scapole per mettermi giusta a novanta, mi rivolta la camicia sulla schiena, afferra le natiche e mostra alle tre reclute come un vero guerrigliero narcos si sbatte una puttanella yankee. Io gli concedo la stessa partecipazione di un materasso, non un gemito e sguardo spazientito all'orizzonte, ondeggio soltanto.
Così non va! Senza fermarsi passa mitra e pistole ai compari e una volta alleggerito me lo picchia da buttarmi giù nel mare azzurro. M'aggrappo più forte al tronco. Cazzo se è un pirla, muggisce da toro mentre sborra.
Coi tre ragazzi è tutta un'altra storia, sono una stronza anarchica. Il capetto guarda disgustato e se ne va a far la guardia sul sentiero. Gemo, squittisco, tremo e dimeno il culo, urlo soy una puta e fuck me mentre m'inseminano estasiati.
La zapatistanera non sorride. Richiama il capetto che arriva atteggiandosi da gran bravo capetto: armi in pugno, munizioni incrociate su petto e sguardo costantemente a caccia di movimenti nella foresta.
“Okay, se ci fai arrivare al campo senza noie te la lascio una notte.”
Il narcosranger è un vero leader, “E i ragazzi?”, chiede.
“Decidi tu.” Gli risponde con il tono di un mavvafanculopirla.
7
voti
voti
valutazione
7.4
7.4
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Uccidi Uribe - ... e la mattina è peggio - 08racconto sucessivo
Uccidi Uribe - Arrivano i nostri! - 10
Commenti dei lettori al racconto erotico